SUDAFRICA FLY & DRIVE
(diario di viaggio 2 – 19 agosto di Letizia)
Itinerario: Kapama, Sabie, St. Lucia, Port Elizabeth, Knysna, Oudtshoorn, Swellendam, Hermanus, Paarl, Penisola del Capo, Tablemountain, Capetown
Ven 1 agosto: Firenze-Zurigo-Johannesburg
Finalmente si parte!
Lasciamo Firenze alla solita temperatura da forno crematorio e ci sembra impossibile che il nostro sarà un “volo per l’inverno”!
…. difficile mettere il piumino in valigia quando ci sono 38° !!
Il volo Firenze-Zurigo è un lampo… ma poi cerco di prepararmi psicologicamente a 10 ore in notturna; so già che non chiuderò occhio, ma mi sono attrezzata con libri ed auricolari per la programmazione cinematografica.
Strano il “pubblico” di questo aereo, riesco a scorgere solo due persone di colore (ce ne sono di più in centro a Firenze), per il resto sembra un volo per gli States ..
Arriviamo a Jo’burg (si abbrevia così) in perfetto orario e, nell’attesa della connection per Hoedspruit (East Gate Parco Kruger) mi guardo intorno alla ricerca di qualcosa di “africano”, ma ormai la globalizzazione è arrivata anche qui, e l’aeroporto è standard come un McDonald! Vengo solo colpita dall’insegna del “check-in per le armi” (con tanto di icona del pistolone) … te lo immagini, uno arriva qui col kalashnikov e lo deve cortesemente passare al “controllo”…
Ci alziamo in volo verso il Parco Kruger, guardo dal finestrino alla ricerca di villaggi, capanne, che so’, ma forse la mia mente è un po’ troppo stereotipata… per il momento si vedono solo ordinate zone residenziali e tantissime piscine private!!
L’aereoporto di Hoedspruit ci porta formalmente nell'”Africa per il turista” … capanne di “paglia”, tappezzeria leopardata, artigianato locale e “trofei” appesi ovunque .. ma la vegetazione è quella vera: siamo in mezzo all’arida savana invernale.
Iniziamo a vedere anche persone di colore, piante ed uccelli particolarissimi, e la fresca aria pulita ci fa subito sentire molto lontani da ieri.
Non volendo eccedere nell’avventura, ma desiderosi di incontrare i mitici big five (leone, leopardo, bufalo, rinoceronte, elefante), abbiamo pernotato 3 notti in una riserva privata (Kapama Lodge), esperienza all’insegna del lusso esclusivo: 20 bungalow in mezzo alla savana, pensione completa a buffet e 2 safari (o games) al giorno su anfiteatri-fuoristrada da 9 posti.
Appena arrivati al lodge (campeggio/villaggio) si parte subito per quello del pomeriggio… sarà che siamo stanchi del viaggio e non abituati a questa temperatura, ma fa un bel freddo!! Comunque non siamo soli.. ad un certo punto la guida distribuisce coperte di pile a tutta la compagnia.
Il safari attraversa la savana su un percorso sterrato che sembra un labirinto in mezzo alla brulla vegetazione (ma come fanno ad orientarsi?): su un predellino sulla ruota anteriore c’è il tracker, l’avvistatore, mentre il guidatore (driver) si scambia “dritte” via radio con gli altri equipaggi.
Passiamo subito accanto ad un’incurante giraffa e avvistiamo branchi di impala / antilopi che, invece, saltano via impaurite. Lo spettacolo continua .. rinoceronti, zebre, bufali, istrici, e poi finalmente anche.. il re della foresta ! Non sembra tanto aggressivo questo leone, ci osserva sornione e spalanca la bocca solo per fare grandi sbadigli .. ci dicono che ha già mangiato, e che comunqe caccia solo quando è solo .. con noi si limita a farsi accompagnare lungo un sentiero e, di tanto in tanto, “segna il territorio”.
Anche le zebre che incontriamo appaiono più impaurite dalla nostra Jeep che da lui, ma i denti ancora macchiati di sangue ed il ruggito che riceviamo in saluto fanno una bella impressione!
Sulla via del ritorno al lodge ci troviamo in mezzo ad un piccolo branco di elefanti che, per sfamarsi, distruggono letteralmente quel che resta dell’arida savana: con la proboscide, le zanne e tutta la loro mole, abbattono piccoli alberi per potersi cibare di radici. Freedom, il nostro driver, ci dice che il numero di questi pachidermi è controllato nella riserva, se no si mangerebbero tutto!!
La serata si conclude “da copione”, con drammatico tramonto sulla siluette scura di questi alberi scheletrici, e caldi colori africani. Al Kapama ci aspetta una cena sotto le stelle, riscaldata da fuochi tutti intorno a noi e da un grande bracere centrale .. è il braai, il barbecue dei pionieri boeri (quelli di origine olandese, boer in olandese significa contadino) …. che giornata!! … ma non ce la facciamo proprio più, il sonno incombe ed il freddo e la stanchezza pure: ci addormentiamo in un letto con zanzariera a baldacchino, sotto un piumone bianchissimo che sembra proprio una nuvola.
I giorni al Kapama trascorrono tra cibo, relax e safari emozionati .. ad un certo punto ci rendiamo conto che le nostra unica preoccupazione è riuscire ad avvistare il leopardo … siamo proprio in vacanza !!
Martedì 5 agosto: Kapama – Sabie
La mattina dell’ultimo giorno siamo svegliati dal ruggito del leone .. è quello solitario con la criniera nera, ormai un amico… sarà venuto a salutarci..
Veniamo scaricati – armi & bagagli – all’aeroporto di Eastgate, dove ci attende una Mercedes Classe C grigia metallizzata, era l’unica con il cambio automatico, per cui abbiamo dovuto fare “questo sacrificio” .. sì perché in Sudafrica si guida all’inglese, e se della marcia a sinistra ci si abitua quasi subito (è un po’ come essere al lunapark), il cambio è davvero un problema, meglio evitare!
Sbrighiamo velocemente le formalità, saliamo in macchina e ci troviamo in strada … ora comincia un’altra avventura! Come sarà questo Sudafrica, quello vero?
La nostra guida lo definisce “il mondo in un paese”, e davvero sembra che sarà così .. già dopo pochi chilometri a sud la savana lascia il passo ad aree verdissime, coltivazioni intesive di arance (è inverno) e poi enormi vivai di pini che sembra più di essere in Canada o nella Foresta nera.
Le strade sono larghe e in ottimo stato (non c’è una buca!), ma soprattutto zero traffico!
Noi andiamo verso sud (rientreremo in Italia da Capetown), passeremo il resto della giornata lungo il Blyde River Canyon, una riserva naturale di 30 km attraversata da questo fiume “della gioia” che vi ha creato cascate e suggestive gole; si prende la strada 532 (o panoramic route) che costeggia tutto il canyon con diversi affacci spettacolari. Sia chiaro, non si tratta delle cascate islandesi o dei canyon nordamericani ma, visto che si trovava di strada, un’occhiata non ci è dispiaciuta, anche se siamo stati più impressionati dai personaggi e dai colori di quelle zone, veramente da togliere il fiato.
Dormiremo a Sabie ma – già che ci siamo – facciamo anche una piccola deviazione sulla R533 (verso ovest) per visitare Pilgrim’s Rest: “caratteristico villaggio” che riporta ai leggendari tempi della corsa all’oro ed al drammatico momento in cui la popolazione fu decimata (“rest”) dalla malaria … in realtà non c’è proprio niente! .. Dopo un quarto d’ora siamo di nuovo in macchina, “alleggeriti” di 40 Rand (in realtà meno di 4 Eur) per un parcheggio che si è rivelato essere un lavauto abusivo :-). A proposito, a parte questo episodio limite, ovunque in Sudafrica ci sono “parcheggiatori” (con tanto di gillet giallo fosforescente) che ti aiutano a trovare il posto e ti informano che vigileranno sulla tua auto … al momento di ripartire è opportuno dargli qualcosa, le guide turistiche parlano di 2-3 Rand.
Anche Sabie non dice niente, è la capitale del legname industriale del Sudafrica (ora capisco tutti questi boschi!!), ma ce lo aspettavamo… ci serve solo da tappa per avvicinarci più possibile allo Swaziland, che attraverseremo in un’unica giornata.
Troviamo subito “Villa Ticino”, il B&B prenotato (come tutti gli altri) attraverso portfoliocollection.com (ottimo !!!), dove ci accolgono i simpatici Felix (di Zurigo) e Ute (tedesca, ovviamente). La casa è enorme (c’è anche la sala da biliardo ed uno spledido giardino con piscina) ma l’architettura un po’ barocca (mosaici, statue di pietra, ferro battuto) ed un'”originale” arredamento la rendono abbastanza tetra .. ricorda la villa della Famiglia Addams! Io e Lore scherziamo su cosa potrebbe accadere nella nottata..
Felix ci “adotta” subito e ci attacca un bottone interminabile, però rivede tutto il nostro viaggio, suggeredoci itinerari, strade non acora sulla mappa, località dove dormire, mangiare ecc… una vera forza della natura!!
Abbiamo una gran fame … se chiediamo a lui una dritta finiremo per mangiare a mezzanotte … ma alla fine va abbastanza bene, anche perché accettiamo subito la sua prima proposta per un ristorante proprio lì accanto, “The wild fig tree”: la cucina è davvero ottima (direi nouvelle cuisine africana), io prendo uno spiedino di coccodrillo, albicocche e timo buonissimo … (in realtà la carne di coccodrillo non sa praticamente di niente – gusto, colore e consistenza del pollo – ma il mix di ingrediente lo rende davvero gustoso).
Stasera abbiamo messo anche benzina che, ovviamente, anche qui costa meno che in Italia, ci sono distributori sempre aperti (con persone, non selfservice) ma tutti accettano solo contanti (mancia inclusa, ovviamente).
Mercoledì 6 agosto: Sabie – St. Lucia
L’attraversamento dello Swaziland (stato monarchico, incluso nel Sudafrica, un po’ come il nostro SanMarino) potrebbe essere evitato, se non fosse che si trova sulla strada più breve per arrivare a St.Lucia, sull’oceano indiano.
Sono circa 700 km di niente, l’unica cosa che si nota è lo stacco di povertà rispetto al Sudafrica, che fa pensare: forse la popolazione originaria, una volta finita (almeno “di diritto”) l’apartheid (primi anni ’90) ci ha pensato bene a rovesciare il sistema economico vigente (come molti temevano, vedi anche Hong Kong quando è tornato alla Cina), perché una fuga massiccia di capitale “occidentale” avrebbe fatto sprofondare il paese nella situazione poco incoraggiante di tutti gli altri stati africani.
Quindi, è vero che – di fatto – la “separazione” non è finita: ovunque le attività sono gestite esclusivamente da bianchi, dove i neri sono autisti, camerieri, domestici, ecc., ma forse sempre meglio che nelle baracche in mezzo alla savana!
Credo che il processo di affrancamento sarà lungo, non poteva essere implemetato solo da una legge … forse il problema avrà una soluzione “demografica”: i bianchi – già al 25% della popolazione – sono meno prolifici dei neri; i nuovi arrivati non sono coloni europei, ma immigrati (spesso clandestini) che premono all’africa subsahariana … magari non ci sarà una fuga, ma sicuramente un'”estinzione”.
Arriviamo a St. Lucia che il sole sta per tramontare (in questo periodo alle 17:30 è buio, ed è impossibile circolare perché non c’è l’illuminazione stradale … ma persone ed animali ovunque).
Non troviamo il “caratteristico villaggio di pescatori” che ci attendavamo, ma una via di mezzo tra il ClubMed ed una periferia residenziale americana: una decina di strade in tutto, con nomi da bungalow (Pellican Street, Dolphin Ave etc) e villette (la maggior parte sono B&B) con piscina e prato all’inglese; una sola via principale con ristoranti, pompe di benzina e negozi con articoli da pesca e da surf.
Noi abbiamo prenotato 3 notti al “Bhangazi Lodge”, ottimo in tutto: arredamento in stile “safari”, accesso ad Internet, parcheggio … e gestore disponibilissimo.
Ci ha fatto il bucato ed ha prenotato per noi il Whale watching (letteralmente avvistamento delle balene) che ci aspetta alle sei di domani mattina.
Giovedì 7 agosto: St. Lucia (Whale watching)
La sveglia suona alle 5 .. dopo i safari al Kapama ci siamo abituati, tanto la sera alle 9 al max si dorme .. e già a cena cominciamo a “ciondolare”.
Vestizione con tutto quello di più pesante che abbiamo, e arrivo all’appuntamento che è ancora buio pesto (bisognerà aspettare le 7 per il sole che, però, quaggiù sale velocissimo): ci raccatta una specie di camionetta militare che si dirige subito verso la spiaggia, dove “incontriamo” la nostra barca montata su un rimorchio … la carovana si dirige direttamente verso l’acqua, il trattore fa 2 manovre e siamo pronti a salire a bordo.
Ci fanno indossare ceratone e giubbotti salvagente, ci tolgono borse, macchine fotografiche .. anche gli occhiali ! .. tutto viene chiuso nella stiva a tenuta stagna… la cosa si fa seria, soprattutto quando il nostro pilota ci informa sadicamente che non si stratterà di una crociera, ma di una vera avventura ! Detto questo, parte alla ricerca della balene, lanciando l’imbarcazione a velocità folle contro onde di 6 metri.
La sensazione più simile che mi è venuta in mente è quella di quando a Mirabilandia ci si butta con un barcone da uno scivolo, con tonfo di atterraggio e cascata d’acqua che ti sommerge: davvero 2 ore di terrore puro a prendere vento e acqua da tutte le parti, aggrappati dove possibile per paura di essere sbalzati fuori.
Le balene c’erano, ed è stato anche bello vederle saltare vicino a noi, ma questa esperienza è stata davvero troppo estrema!
Al rientro siamo bagnati ed infreddoliti … fino all’anima! .. non basterà neanche una doccia ed una bella colazione .. ho bisogno di caldo e sole!!! Per fortuna è una bellissima giornata, così andiamo a riposare (e a scaldare) le nostre membra a Cape Vidal (sì, quello della pubblicità del cavallo che corre sulla spiaggia), all’interno del Wetland Park, il parco naturale che circonda St. Lucia.
Mega cena di pesce anche questa sera, al Braazi, mentre ieri eravamo stati al famoso Quarterdeck: qui si mangia davvero con pochissimo, 15-20 Eur in 2!!
Venerdì 8 agosto: St. Lucia (Khula village)
Questa mattina Andreas (il nostro oste) ci ha prenotato la visita ad un autentico villaggio Zulu, visto che siamo nella regione originaria di questa etnia (KwaZulu-Natal). Siamo un po’ scettici .. vuoi vedere che è la solita cosa fintissima da turisti, ma lui ci ha garantito l’autenticità e l’interesse del tour.
Viene a prenderci a casa un pulmino sul quale ci sono già altri 5-6 turisti, la guida lungo il tragitto ci spiega le origini del villaggio che, in pratica, è una riserva: il governo ha assegnato questa terra alla tribù per cacciarla dalla zona dove viveva che, evidentemente, era di maggior interesse economico.
Subito nessun dubbio che si tratti di una situazione “autentica”: in giro non ci sono maschere, gonnellini di paglia e stregoni, ma qualcosa di simile ad un campo nomadi, solo che al posto delle roulottes ci sono abitazioni che vanno dalle baracche a case in muratura (qui le case vengono costruite dai promessi sposi, a seconda delle diverse condizioni econonomiche).
Facciamo subito il giro di tutte le scuole, in quella che dicono essere l’ora di ricreazione.
All’asilo una quarantina di bambini coloratissimi è in cerchio e canta varie filastrocche in inglese: cantando e giocando imparano la lingua del loro “futuro”.
Alle elementari ed alle superiori siamo impressionati dalle loro divise perfette – camicia inamidata, pantaloni con la riga, cravatta – ma poi vediamo che la merenda (una specie di riso servito in piatti di metallo) la mangiano con le mani, e molti di loro sono .. scalzi!
Inutile dire che ci sentiamo parecchio al centro dell’attenzione, ed anche un po’ imbarazzati a scattare le fotografie, ma poi vediamo che loro si divertono a mettersi in posa, e soprattutto a rivedersi nel display … ed è subito gioco!
Il tour prosegue con la visita ad alcune abitazioni, dove ci viene mostrata la produzione di oggetti di artigianato che vengono poi venduti ovunque, ai margini delle strade del Sudafrica.
In una “casa” viene anche improvvisato uno spettacolino con tamburo, canti e balli … questo davvero turistico e un po’ triste: tre massaie per l’occasione si avvolgono in foulard “etnici” e calzano pendagli sonori fatti con la parte superiore delle lattine.
Alla fine si va al sodo, la nostra guida ci parla dell’AIDS (al 20% in questa regione, fra la popolazione indigena) e delle tradizioni che ne amplificano la diffusione.
Gli Zulu, infatti, sono poligami, ogni moglie costa 11 mucche (circa 5,000 Rand) ed il loro numero rappresenta uno status symbol … così se qualcuno è infetto la malattia si trasmette a tutti, bambini inclusi (5-10 a donna).
Sebbene l’orgoglio maschile sia più forte di qualsiasi consiglio o minaccia, le donne Zulu auspicano la fine di questa tradizione, anche perché riconoscono che non è più possibile vivere come al tempo della foresta (“prima si raccoglieva e si cacciava, ora tutto deve essere comprato, e con il petrolio così è diventato tutto carissimo..”)
Durante il rientro alla base sono colpita e pensierosa: sicuramente gli Zulu ora staranno meglio qui che nella foresta, con luce (prepagata, come per il cellulare), acqua (in cisterne), scuole ed un medico che viene una volta a mese … ma il mondo “civilizzato” ha portato questa popolazione ad uno stile di vista “a mezzo”, nel quale non c’è più spazio per le tradizioni, ma neanche disponibilità di benessere.
Nel pomeriggio tour dell’estuario del fiume St. Lucia, fin nell’interno dell’area umida (non a caso “wetland” park), ad avvistare coccodrilli, ippopotami ed uccelli acquatici (anche l’aquila pescatrice) … ci sarebbero anche squali e fenicotteri, ma non sembra essere questa la stagione.
Sabato 9 agosto: St. Lucia – Port Elizabeth
Trasferimento all’aeroporto di Durban, 250 km e 2,5-3 ore da St. Lucia.
Rendiamo la Mercedes e ci imbarchiamo sul volo delle 13 per Port Elizabeth.
Questa località balneare è fatta da due zone: il centro “storico” (stile vittoriano rifatto) con il porto sottostante, divisi dalla sopraelevata N4 … Lore dice che sembra Genova (se non fosse per quella copia del campanile di San Marco costruito in ricordo dell’arrivo dei primi coloni!!) .. insomma, niente da vedere, come del resto aveva già anticipato la guida. Unica nota: il tutto si affaccia sulla Nelson Mandela Bay, così intitolata in onore di questo eroe nazionale (oltre che premio Nobel per la pace e primo presidente “indigeno”) nativo di queste parti.
C’è poi la zona balneare, o “Summerstrand”, chilometri e chilometri di bellissime spiagge ed onde perfette….peccato sia inverno: c’è un vento che fa freddo anche con il piumino, e sul mare si stenta a stare in piedi!!
La maggior parte degli “impianti” è chiusa ed i parcheggi sono praticamente vuoti, ma in mare c’è ugualmente un discreto numero di surfisti abilissimi a cavalcare i “supertubes” di qui (l’onda si chiude orizzontalmente, non verso riva, e viene percorsa lungo tutta la sua cresta).
Entriamo in un caffé del lungomare per un sandwich e ci imbattiamo in un mega partitone di Rugby alla televisione: Sudafrica vs Argentina … quest’ultima viene letteralmente massacrata, 63 a 9, ma poi scopriamo che qui il Rugby è lo sport nazionale, il Sudafrica è stato anche campione del mondo.
A proposito di sport, qui si stanno già preparando per i mondiali di calcio del 2010, con tanto di countdown dei giorni ai vari aereoporti: è la prima volta che questo evento si tiene in un paese africano, e sembra che tutti ne condividano onore e responsabilità.
Il nostro B&B (Beachwalk) è veramente in posizione strategica: sul lungomare del Summerstrand ed a 300 mt dal Boardwalk, una specie di pier ma sulla costa, con ristoranti, negozi ed anche il casinò (pare sia l’unico posto dove si svolge la vita notturna di Porth Elizabeth .. ed è tutto dire..). Facciamo comunque un giretto e sperimentiamo la cucina – veramente ottima – dello Squires Legandary Grill, cosigliatoci dal tipo del B&B.
Domenica 10 agosto: Port Elizabeth – Knysna
Con il tempo Port Elizabeth ha finito per essere considerata l’accesso orientale alla Garden Route, che arriva praticamente fino a Cape Town.
La bellissima N2 in meno di un’ora porta a Jeffreys Bay, capitale mondiale del surf (ogni anno, a giugno, vi si tiene l’importante competizione Billabong-pro).
E’ davvero un posto unico, le onde sono davvero perfette e sarà forse perché il tempo è bellissimo ed è domenica, ma è pieno di gente: chi in mare a surfare, chi a riva a godersi lo spettacolo. Stiamo lì incantati per un bel po’, ovviamente foto a go-go, poi – prima di rimetterci in viaggio – momento di shopping al negozio Billabong sul lungomare (la fabbrica è qui …. praticamente un outlet).
La tappa successiva doveva essere la foce dello Storm, all’interno del parco Tsitsikamma, ma il ponte sospeso nel punto in cui il fiume si getta in mare è chiuso per manutenzione .. riaprirà il prossimo anno.
Così proseguiamo, e dopo poco sosta al mitico Bloukrans River Bridge, dove assistiamo al bungee jumping più alto del mondo (216 mt) … c’è la fila per lanciarsi !!
Per restare in tema di records, raggiungiamo la loc. The Craig dove si trova The birds of heaven, la volieria più grande del mondo: le reti sono oltre la cima degli alberi, e dentro si cammina su un percorso di passerelle di legno che portano sempre più in alto. E’ davvero pienissimo di uccelli di ogni colore e dimensione, e il loro canto è quasi assordante; il tutto è fatto molto bene, e l’ambiente sembra assolutamente naturale.
La giornata si conclude con l’arrivo a Knysna e con spettacolare cene a base di ostriche ed altro pesce freschissimo al The Dry Dock Food Co. (al Waterfront, 44 Eur in 2 !). Le ostriche sono la specialità del posto, sembra che siano raccolte qui nella baia da generazioni di pescatori, e in effetti quelle che abbiamo assaggiato sapevano proprio di mare!
Stasera ci piacerebbe anche vedere le stelle cadenti, così ci piazziamo nel giardinetto dietro al nostro B&B (Bridgewater), ma quasi subito freddo e sonno prendono il sopravvento .. e poi, siamo sicuri che in Sudafrica il 10 agosto c’è lo stesso cielo nostrum??
Lunedì 11 agosto: Knysna – Oudtshoorn
Sveglia con tempo bellissimo… ma temperatura prossima allo zero … ormai ci siamo abituati a queste mattinate (e serate) .. tutto sommato siamo in inverno, anche se durante la giornata il sole brucia parecchio!!
Colazione al Bridgewater (sembra proprio una casetta stile vittoriano) e poi partenza per il tour della laguna. Knysna, infatti, si trova molto arretrata rispetto all’oceano, in fondo ad una grande e profonda insenatura che si apre al mare solo in un tratto strettissimo, tra due roccioni chiamati “the heads”. Visitiamo anche le due penisole, Thesen’s Island e Leisure Isle, entrambe bellessime quanto “fintissime”: vialetti perfetti, graziose casette con giardini dai friori strepitosi … viene in mente “The Truman Show”, però l’effetto ottico è da 10!
Percorriamo anche una bella strada panoramica che sale in collina (in realtà sono dune di sabbia secolari) per riscendere dalla parte dell’oceano a Brenton-on-the-sea: km di spiaggia enorme e scenario da costa azzurra.
Riprendiamo la N2 in direzione di George e .. salutiamo il mare per un paio di giorni.. attraverseremo la zona desertica interna del Piccolo Karoo.
Subito dopo George, la N12 ci porta all’Outeniqua Pass (800mt) dove inizia lo scenario mozzafiato del queste montagne: qui sembrano un’enorme coperta di velluto verde spiegazzata.
Dall’altra parte ci ritroviamo nella magnifica vallata del Karoo; pascoli, boschi, rocce rossastre … sembra la Marlboro Country, manca solo il cavallo .. ma dopo un po’ ecco all’orizzonte .. gli struzzi !!! Nella zona ci sono più di 350 allevamenti, proprio un distretto industriale, visto che di questo animale si usa tutto: piume, carne, uova e pellame.
Anche noi alloggiamo in una struzzo-farm, il “Mooiplaas”, sulla R328 appena fuori dalla cittadina, in direzione Mossel Bay. Deve essersi “allargata” a B&B da poco, visto che la camera è nuovissima e veramente lussuosa: ai piedi del letto c’è un bellissimo divano di pelle nera con tavolinetto coperto di pelle grezza di struzzo.
Nel pomeriggio visitiamo il Cango Wildlife Ranch (sempre sulla R328, ma nella direzione opposta, verso le Cango caves – sono grotte con tanto di stalattiti ecc.): è una specie di parco-zoo, dove facciamo un tour guidato di tutti gli animali sudafricani .. incredibile, ma molti di loro noi li abbiamo già visti live in questi giorni, e quello che prima ci avrebbe impressionato ora sembra proprio artificiale e … siamo quasi annoiati. In realtà quello che ci aveva portato qui è il Cheetah Conservation Fundation, un’organizzazione per la preservazione dei felini a rischio estinzione: è possibile “incontrare” (toccare, coccolare, fotografare) alcuni cuccioli in cambio di una quota a favore della causa. Mi sarebbe piaciuto parecchio abbracciare uno di questi gattini (dice cha fanno anche le fusa..), ma alla fine della visita c’era troppa gente, e rischiavamo di aspettare per il resto del pomeriggio (forse conviene venire solo per questo). Invece andiamo alla vicina Kango Ostrich Farm (sempre sulla stessa strada) e con un tour di 45′ siamo introdotti nel magnifico mondo degli struzzi .. alla fine chi vuole può anche provare a .. cavalcarli !!
Compriamo dei piumini come souvernir (o “curio” come dicono qui, dev’essere la contrazione di curiosity) e ce ne torniamo alla nostra farm, quella vera, dove l’allevatore in persona ci prepara un barbecue di filetto di struzzo davvero indimenticabile.
Martedì 12 agosto: Oudtshoorn – Swellendam
Dopo la colazione (per chi vuole, uova strapazzate con carne di struzzo) gli allevatori (da 5 generazioni) ci fanno fare il giro della fattoria, inclusa visita alle incubatrici delle uova ed alla nursery dei pulcini.
Oggi l’avventura nell’entroterra prosegue con una spedizione al passo Swartberg (sempre sulla R328, dopo le grotte): la strada che sale fino in cima è tutta sterrata e quindi si procede molto lentamente, ma il panorama da lassù è veramente notevole ! Non abbiamo abbastanza tempo per arrivare a Prince Albert (sarebbero altri 19 km ed altrettanti per tornare) e così ci mangiamo il panino (comprato a Outshoorn, lì non c’è niente !!) dietro le pietre miliari del passo – per ripararci da un vento fortissimo – e poi riprendiamo la discesa.
L’idea è di attraversare il Piccolo Karoo, quest’area semi-desertica che offre bei panorami (non a caso la R62 che l’attraversa è detta “panorama route”), vegetazione insolita e, dopo la pioggia, fioriture coloratissime. Io ci speravo tanto di vedere il “deserto fiorito”, ma evidentemente quì è un po’ che non piove, perché il terreno è parecchio arido .. diciamo che – tutto sommato – forse meglio così, visto che da quando siamo arrivati il Sudafrica è in piena alta pressione e non si vedono quasi mai nuvole, speriamo che continui così (penso già alla Table Mountain di Capetown, difficilissima da visitare a causa del maltempo).
Ci hanno consigliato di non prendere la R62 subito da Oudtshoorn, e fra l’altro saremmo stati costretti a tornare completamente indietro; una volta ridisceso il passo, vicino alle grotte c’è un’altra strada sterrata (ma fattibile) che si ricongiunge alla R62 a Calitzdorp e ne vale davvero la pena: si costeggia una riserva e dalla strada si vedono diverse antilopi, poi è la volta delle scimmie, infine attraversiamo un tratto che si chiama Red Stone Hill il cui nome è tutto un programma ! Si passa nel mezzo a curiose formazioni rocciose dal colore rosso acceso, che non sembrano neanche opera della natura.
Arriviamo a Calitzdorp alle 14:30 (avevamo lasciato Oudtshoorn alle 11), cerchiamo un caffè e ci imbattiamo per caso in un posto “casereccio” (proprio sulla strada principale) dove ci fanno le più buone crêpes mai sentite ! .. qui le chiamano pancackes, è la traduzione inglese più affine (il francese mai !!) ma sono crêpes e non le specialità americane da sciroppo d’acero. Qui usano parecchio, sia dolci che salate .. ad averlo saputo avremmo trovato il modo di arrivare qui all’ora di pranzo !!
Lasciamo la Panorama Route a Berrydale e ritorniamo sul versante costiero (attraversando il Passo Tradouws) , dove ci fermiamo per la serata a Swellendam.
Qui siamo in piena zona “boera” (contadini olandesi): toponomastica ed architettura si ispirano allo stile dei ns. Paesi Bassi.. il paesaggio anche qui sembra un po’ finto – specialmente se si pensa dove siamo – ma molto carino.
Abbiamo scelto l'”Old Mill” perché oltre ad essere B&B pare sia anche un noto ristorante .. e in effetti ci viene servita un’ottima cena a la carte (600 Rand mancia inclusa). Il cameriere che ci serve è di colore, ma molto più chiaro e con lineamenti diversi da quelli delle etnie Zulu dell’Eastern Cape: qui nel Western Cape gli indigeni discendono dai Khoisan, presenti nell’area fino dal 3000 a.c…. tutto questo panegirico dottrinale per dire che .. è bellissimo !!
L’alloggio di questa sera è un piccolo cottage con tanto di caminetto … e così finiamo la giornata a riscaldarci in contemplazione del fuoco, pensando ai “nostri” che boccheggiano ai 38° dell’estate italiana.
Mercoledì 13 agosto: Swellendam – Hermanus
Oggi ritorniamo sull’Oceano !! .. da Swellendam prendiamo la R319 verso Bredasdorp, dove si incrocia la R316 per Arniston, sulla Whale Coast (attenzione, questa località è spesso indicata sulle carte stradali con il suo nome in Afrikaans: Waenhuiskrans).
La guida dice che dovrebbero esserci delle caverne sul mare .. ed in effetti troviamo subito le indicazioni per un sentiero che attraversa dune bianchissime ed arriva ad una scogliera a picco su enormi onde verdi e celesti. Tutto molto bello, peccato che dopo aver sceso quasi tutti i gradini visibili sulla roccia, un cartello ci informa che le grotte sono accessibili solo con la bassa marea…. e subito dopo le vediamo da lontano, invase dall’acqua (forse bisogna venirci di pomeriggio??).
Comunque la passeggiata ed il panorama ci hanno soddisfatto ugualmente; prima di ripartire coffee-break sulla terrazza all’aperto dell’Hotel Arniston, da dove riusciamo anche a vedere le evoluzioni di qualche balena nella piccola baia.
La nostra possima distinazione, e tappa principale della giornata, è Capo Agulhas, il vero punto più estremo dell’Africa, dove si incontrano i due oceani Atlantico e Indiano.
In questa zona non esistono strade costiere, anche perché gran parte del litorale è parco naturale spesso non liberamente accessibile, per cui per andare da un punto all’altro occorre ripassare dall’interno. Non vogliamo ritornare fino a Bredasdorp, e così ci affidiamo ad una stradina sterrata che taglia nel mezzo: arriviamo un po’ “shekerati” ma la campagna che attraversiamo lascia senza fiato. Qui non solo l’architettura, i nomi delle strade e le origini degli abitanti di ricordano l’Olanda, ma anche l’incredibile immenso paesaggio agricolo, pascoli e colture sterminate verdi e gialle … solo qualche struzzo ogni tanto ci ricorda che siamo evidentemente altrove!!
A Capo Agulhas c’è la classica “pietra miliare” sugli scogli – davanti ad un mare davvero spaventoso – ed il solito faro (ma questo è adibito a museo – su può salire sulla torcia – e caffetteria).
Da qui dobbiamo proprio tornare a Bredasdorp (25 km da qui) e, poi, seguiamo il consiglio della guida e facciamo tappa per pranzo a Napier (13 km ad Ovest, sulla R316) al Napier Farmastall & Restaurant: è un mix tra un locale ristico naturista (non hanno la CocaCola) ed una vecchia bettola sgarrupata di campagna, oggetti di “modernariato” (vecchi) ed attrezzi da fattoria attaccati ovunque. Diciamo che, ancora una volta, ricorda più l’atmosfera Old England, ma è comunque caratteristico e la cucina davvero ottima (ingredienti “della casa”, incluse molte erbe aromatiche insolite .. ho assaggiato anche i semi di cardamonio!!).
Visto che “lo sterro” ci era piaciuto, decidiamo di “tagliare” di nuovo in mezzo alla campagna, per andare a riprendere la strada costierea R43 a Diedam via Elim .. e anche stavolta sarà un’ottima scelta.
Arriviamo sulla R43 che sono già le 16 passate, il sole è ancora alto, ma abbiamo al max ancora 2 ore per raggiungere Hermanus, così approfittiamo dell’ottima strada completamente deserta per “tirare” un po’…. questa zona è meno arida e intorno a noi il fynbos (l’equivalente della nostra macchia mediterranea) è più rigoglioso e fiorito di quello trovato sin qui, e finalmente vediamo (ovunque !) la mitica protea, il fiore nazionale sudafricano.
A Hermanus ci attende un cielo scuro… ma non è solo più tardi di sempre, ci sono anche parecchi nuvoloni minacciosi, ed infatti dopo poco è pioggia ….. eccoci, ci avvicianiamo a Capetown e inizia la “maledizione della Table Mountain” !!
Se domani continua sperimentaremo la teoria di Felix .. per un paio di giorni possiamo stare dall’altra parte delle montagne, in attesa di condizioni più clementi.
Intanto stasera cena al famoso (citato in tutti i diari di viaggio sul Sudafrica) “Ocean Basket”: in realtà ci sembra un po’ un ripiego, questo McDonald del pesce ce lo tenevamo come ultima spiaggia, ma qui ad Hermanus non sembra davvero esserci niente di meglio.. e infatti il locale è pieno. Devo dire che poi mi sono anche ricreduta: non è proprio un fast-food come immaginavo (si viene serviti ai tavoli, anche se il menù è standard e ci sono le foto dei vari piatti), il pesce non è solo fritto (anche se c’è il classico fish & chips) ma anche grigliato, la qualità sembra notevole ed i prezzi ridicoli, circa 15 Eur a testa con tanta roba che è avanzata.. magari la prossima volta ci organizziamo meglio !
Giovedì 14 agosto: Hermanus – Paarl
Hermanus è la capitale mondiale del Whale Watching .. ogni anno – tra agosto ed ottobre – arrivano le balene .. insieme ai turisti .. ed alimentano tutto un business per l’intera cittadina.
Tra la scogliera e la strada, una passeggiata si snoda tra cespugli di fynbos, fiori (tantissime calle selvatiche!!) e panchine, per consentire l’avvistamento da ogni punto della baia. Pare che il momento migliore sia tra le 9 e le 12.. noi che abbiamo dormito qui abbiamo un po’ di “vantaggio competitivo” rispetto ai gruppi che contianuano ad arrivare con i pulman per tutta la mattina, ed infatti alle 9:30 siamo già in pole position (meno male che la pioggia ha dato tregua e c’è un caldissimo sole).
Dopo poco compare anche il “banditore”, personaggio ufficiale che suona un’ernome corno per annunciare all’arrivo delle balene .. veramente un mestiere singolare !
Sembra quindi tutto pronto, ma di balene non se ne vedono … ne approfittiamo per fare un giretto-shopping (tanto ci avvertirà il corno ..); quando ci riaffacciamo la folla è tutta concentrata a seguire un paio di balena lontanissime, putroppo non riusciremo ad avere di meglio, ma dopo l’incontro ravvicinato di St. Lucia dubito che saremmo rimasti comunque impressionati.
Diciamo che la mattinata al sole trascorsa a scansire la baia è stata comunque piacevole e rilassante .. e alla fine ci “consoliamo” con ricca mangiata di pesce al ristorantino sullo scoglio (“Two seas”), con la scusa di voler restare di vedetta ..
Oggi avremmo dovuto dovuto fare anche il tour delle zone vinicole (pensavo che le balene si vedessero la mattina molto presto), ma a questo punto sarà dura, vuoi l’ora, vuoi l’abbiocco post prandiale … così decidiamo di “giocarci il jolly”: la giornata in più che avevamo tenuto di riserva sulla tabella di marcia, casomai succedeva qualcosa (tempo brutto, cancellazione/ritardo aereo, malori, problemi con l’auto, errori di valutazione su tempi/distanze) – potendo conviene sempre.
Rimandiamo il wineday a domani e facciamo rotta direttamente su Paarl (via N2-R300-R1) – dove è previsto il pernotto – attraversando il bellissimo Sir Lowry’s Pass .. si riscende verso False Bay, sulla quale troneggia la Table Mountain.
Arrivando a metà pomeriggio sappiamo già che non potremo fare molto (anche perché tutte le cantine chiudono intorno alle 16:30) , ma riusciamo comunque ad infilarci un wine tasting a Laborie, una delle principali cantine (si trova proprio in città). Quando tramonta il sole, e non si vedono più i vigneti circostanti, anche Paarl diventa un paesotto squallido … tutti i negozi chiusi e deserto da day after!
Venerdì 13 agosto: Wineday in Sudafrica
Ovviamente il nostro “triangolo del vino” parte da Paarl: alle 10 ci presentiamo alla KWV per un tour ufficiale di circa un’ora, che termina con una mega degustazione oltre 10 specialità. La KWV rappresenta la realtà industriale del vino sudafricano, un consorzio (quotato in borsa) che per primo l’ha fatto conoscere e ne ha avviato la commercializzazione all’estero… oggi si avvale di distributori in tutto il mondo.
Gli ambienti e la struttura sono proprio da corporation, ma Lore trova alcuni vini davvero ottimi, in particolare il Rodberg: un mix di 3 diversi vitigni con un retrogusto di sherry.
Da Paarl la strade del vino R45 ci porta a Franschhoek, fondata alla metà del 1600 dagli ugonotti francesi (protestanti) scappati dalla persecuzione religiosa in patria. Qui è veramente tutto francese, dai nomi, al vino, alla cucina … anche i turisti mostrano una strana concentrazione linguistica ..
Il paesaggio e le cantine sono proprio caratteristici, come quelli che si vedono nelle cartoline: ville settecentesche bianchissime con tetti di paglia e magnifici parchi con viali di querce e fiori ovunque.
Visita e wine-shopping da “La Motte” e pranzo-degustazione spettacolo alla cantina “Haute Cabrière”… ne vale veramente la pena (circa 200 Rand a testa) nouvelle cuisine, tanti piccoli assaggi con vini abbinati in un ambiente strepitoso (anche il camino acceso ..).
Uscendo da Franschhoek, sulla strada verso Stellenbosch, tappa obbligata a “Boschendal” (senza degustazione .. se no chi guida !!), la tenuta vinicola più bella e caratteristiche dell’intera zona.
Stellenbosch “centro” è praticamente monopolizzato dalla cittadella universitaria, per cui si presenta con un’atmosfera ancora diversa .. è piena di studenti che in questa giornata di sole si riversano nei bei viali alberati e nel Braak (considerato il centro di ritrovo, grande spazio verde usato in passato per le parate militari).
Le cantine qui non sono nell’area urbana, ma proprio nella bella campagna circostante. Visitiamo “Neethlingshof”, tra le più antiche dell’area (hanno un servizio di consegna a domicilio anche in Europa.. il vino costa circa 5 Eur a bottiglia e la spedizione il doppio, ma con 15 Eur si ha un prodotto che da noi vale 30-40 Eur), e “Spier” (non tanto per il vino, ma perché è un piccolo villaggio del settecento, oggi adibito ad albergo, spa, centro congressi, caffè ecc. molto caratteristico, con parchi e zone pic-nic lungo un romantico fiume).
Abbiamo quindi raggiunto l’estrema punta meridiale del triangolo del vino, non ci resta che prendere la N2 che passa di lì sotto e fare rotta sparati su Capetown, dove passeremo i prossimi 3 giorni (ed ultimi) di questo viaggio.
Il nostro B&B (uno solo, qui conviene essere in posizione strategica e farvi tappa fissa) è il “GAP”, si trova nella zona di “Gardens”, in fondo a Kloof nek .. ottima scelta, e poi il gestore è titolare di un’agenzia turistica locale e fonte di preziose indicazioni.
Per la prima sera preferiamo cenare in zona, il tipo ci consiglia il “Jimmy’s Prawns” in Kloof Road (è la strada lì dietro, che arriva fino al Waterfront), dove ci sono tutti i ristoranti. Ci andiamo a piedi, ma al ritorno ci facciamo chiamare un taxi .. fortemente consigliato qui .. tariffa minima 20 Rand (2 Eur !!) .. e poi stasera è arrivata la pioggia .. welcome to Capetown!
Sabato 16 agosto: Tour della Penisola del Capo
Tempo inaspettatamente … stupendo !! (solo sulla Table Mountain c’è la solita nuvoletta .. ma questo è un classico..)
Imbocchiamo la M3 verso sud e proseguiamo fino a Muizenberg, antica stazione balneare preferita da Cecil Rhodes (il magnate di oro e diamanti, fondatore della De Beers alla fine del 1800): qui (come del resto dice anche la guida) di interessante ci sono rimaste solo le coloratissime cabine d’epoca sulla spiaggia, ma che valgono sicuramente una sosta fotografica.
Ci fermiamo anche al porticciolo di Kalk Bay, giusto per immortalare qualche caratteristico peschereccio, e poi coffee-break (waffles freschi !!) a Simon’s Town (giusto la strada principale, con le caratteristiche case) … ma la destinazione clou della mattina è la vicina Boulders beach (è parco nazionale, chiedono 25 Rand a testa per entrare, ma soprattutto è a numero chiuso .. in alta stagione conviene arrivarci presto !) dove vive un’incredibile colonia di pinguini africani (detti per l’appunto anche “pinguini del Capo”): sono tantissimi, nuotano e zampettano indisturbati e perniente impauriti ovunque, sulla spiaggia, all’interno del fynbos circostante (dove hanno i nidi).
La piccola baia di Boulders è come una bassa piscina naturale, in mezzo a massoni rotondi … è protetta e ci si può fare il bagno, letteralmente in mezzo ai pinguini !!
Tra foto, spiaggia, parco e sole, restiamo lì fino ad ora di pranzo inoltrata, e così mangiamo qualcosa al ristorantino “ufficiale” (con tanto di pinguino gigante all’entrata) prima di ripartire alla volta dell’estremità meridionale della penisola.
Qui, una volta entrati nell’ennesima riserva naturale, ci sono Cape Point (con il faro, raggiungibile dal parcheggio con una teleferica) e Cape of Good Hope, il mitico Capo di Buona Speranza (si trova in basso, sulla costa … direi che come spettacolo è più bello il primo, ed infatti – con gli immancabili pullman di giapponesi – c’era un’atmosfera da Piazzale Michelangelo la domenica pomeriggio ..).
Rientriamo verso Nord scegliendo, questa volta, il versante occidentale.. così abbiamo praticamente seguito il sole, la mattina ad est ed il pomeriggio ad ovest, conviene fare il tour in senso orario, altrimenti le alte montagne in mezzo alla penisola creano ampie zone d’ombra.
A Noordhoek avremmo voluto imboccare la “Chapman’s Peak Drive”, 15 km di spettacolare (è a pagamento) strada a picco sul mare fino ad Hout Bay, ma la troviamo … chiusa !! (pare per ripristino dei guard-rails).
Non ci resta che “tagliare” per l’interno ed andare a riprendere la M3 … ma ormai ci eravamo affezionati all’idea della cena a Hout Bay al tramonto (per la prima volta sul mare in questa vacanza..) e così facciamo il giro e ci arriviamo via R41 + R63.
Il posto non è niente di speciale, ma il “Mariner’s Wharf” (ristorante consigliatoci dall’Italia !) vale davvero la sosta, anche con strada deviata: sembra di essere all’interno di un vero bastimento d’epoca, con tanto di camerieri vestiti da marinai … cena a lume di candela con pesce strepitoso (350 Rand in 2 .. inclusa la coppa di Champagne !).
Domenica 17 agosto: Table Mountain, Costantia, Hout Bay, Waterfront
Oggi è il “Table Mountain Day” .. abbiamo tutte le previsioni meteo a favore, 21 gradi (ieri 17) e cielo pulito.
Colazione alle 7:30 e poi subito sù al parcheggio ed in coda per il biglietto della funivia (apre alle 8:30 ma è fortemente consigliato arrivare prima).
La cabina è di ultimissima generazione, contiene 50 persone ed ha il pavimento panoramico che ruota mentre sale veloce.. credo ci metta meno di 5′.
C’è chi va a piedi, ma è considerata un’impresa abbastanza estrema (3 ore a salire e 2 a scendere), più che altro per il tempo capriccioso ed inclemente di questa montagna.
Da sù c’è una bella vista a 360°, grazie a diversi sentierini in piano (è davvero “piatta” !) che fanno il giro di tutta l’ampia cima (quello più lungo richiede un’ora circa).
Nel cielo non c’è una nuvola .. ce l’abbiamo fatta !!!
Al rientro decidiamo di completare il tour della penisola… c’è rimasta la parte alta .. ma prima altra esperienza enologica nella zona vinicola di Costantia, proprio alle pendici meridionali della Table Mountain. E’ proprio questo l’insediamento più antico del Sudafrica (1685), prima di quelli oggi più famosi del Wineland (Paarl, Franschhoek, Stellenbosch).
Questa volta niente degustazioni, visitiamo la tenuta di Groot Costantia (ce ne sono tre) ma, “già che ci siamo”, ne approfittiamo invece per uno spettacolare brunch domenicale in mezzo ad uno scenario d’altri tempi.. ne vale davvero la pena !!
Il tour della penisola riprende da dove l’avevamo interrotto ieri, Hout Bay, ad un tiro di schioppo da Costantia…. ma vista la bella giornata, l’ora e l’appesantimento ex tavola, ci concediamo prima una breve “crociera” (45′) nella baia su un battellino che ci porta a Seal Island, l'”isola” della foche. Più che isola è un roccione, subito lì dietro, ma di foche ce ne sono centinaia !!! …. saltano e si tuffano per pescare, completamente incuranti della nostra presenza.
Oggi dev’essere proprio la prima domenica “primaverile” (la stagione cambierà ufficialmente il prossimo 1 settembre) dopo un lungo inverno .. gli abitanti di Capetown sono tutti fuori, sulle spiagge, nei ristoranti.. e anche per strada ! .. sulla costiera che attraversa le località alla moda di Camps Bay Beach e Clifton becchiamo una coda proprio da classico rientro da fine week-end estivo.
Ma per noi va bene così, anche stasera aspettiamo il tramonto, e mentre siamo fermi ci godiamo il panorama, l’architettura del paesaggio e .. il folclore locale.
Una volta “doppiato” Green Point (c’è anche un faro) entriamo nella Table Bay proprio quando la Table Mountain si sta colorando di rosso, e ci infiliamo subito in uno dei tanti parcheggi coperti di Waterfront.
(nota: a Green Point, che è proprio un’enorme area verde sull’estrema punta nord della penisola del Capo, è in costruzione un mega stadio (68 mila posti) per i mondiali di calcio del 2010 … dalla struttura che già si intravede pare che assomiglierà alla Protea, il fiore nazionale sudafricano !!)
Il Waterfront, come immaginato, ha la stessa atmosfera da pier di località marina: malls, ristoranti, artigianato ed artisti di strada…. vale giusto una serata per venirci a cena, niente di più (forse meritava il “Two Oceans Aquarium”, ma chiude alle 18:00 e non ce la siamo sentiti di comprimere i tempi della giornata).
Giriamo un pò per decidere dove mangiare … sembra incredibile in questo posto, praticamente solo ristoranti !! .. è che vogliamo evitare i classici fast-food (qui veramente di basso livello), la cucina “italiana”, ma gli altri locali hanno praticamente tutti gli stessi menu di carne e pesce .. e per essere sinceri, a questo punto, siamo un po’ stanchi .. Poi la fame prende il sopravvento e ci infiliamo al City Grill, attirati dagli spiedoni con i quali la solita “game meat” (carne del safari, facocero, struzzo, antilope, coccodrillo) viene cotta e servita (un po’ alla brasiliana). Devo dire che siamo cascati davvero bene perché, coreografia a parte, la carne è forse la migliore assaggiata in questa vacanza.
Lunedì 18 agosto: City Bowl, Kristenbosch botanical gardens
Il nostro turismo non contempla musei … per cui in genere riusciamo a vedere le città in tempi davvero record, ricorrendo talvolta anche ai classici bus rossi da sightseeing (specialmente se non abbiamo l’auto). Ci sono anche qui, ma non ce n’è bisogno: il City Bowl (il “catino”, fra le tre montagne circostanti – Table Mountain, Devil’s Peak e Lion’s Head – che si affaccia sulla Table Bay) si gira a piedi in una mattinata, vedendo tutto ciò che cita la guida.
Visitiamo solo il Castle of Goop Hope, una fortezza a forma pentagonale che racchiude la costruzione del primo insediamento coloniale in Sudafrica (1679) da parte della Compagnia olandese delle Indie Orientali. I primi avamposti non avevano velleità di conquista, ma dovevano solo servire da sosta di rifornimento per frutta e verdura per le navi diretta in India (per scongiurare lo scorbuto).
Per il resto, niente di particolare … ma più che altro ci interessa farci un’idea generale e respirare l’atmosfera: per essere un lunedì mattina, la città sembra abbastanza rilassata, bel sole, aria pulita, poco traffico, strade e locali ordinati. Mi sa che qui si vive parecchio bene (almeno i bianchi..), un po’ fuori dal mondo (… che potrebbe anche essere un’opportunità) ma non manca proprio niente: servizi ed attrazioni da capitale, ma anche – ad un passo – spiagge, bellissime montagne, tenute vinicole, mare e .. tanto verde !!
A proposito, anche oggi pranzo in collina, nel mezzo all’orto botanico nazionale di Kristenbosch, una delle principali attrattive di Capetown e del Sudafrica.
Per essere ancora inverno (anche se oggi non sembra proprio .. 24° !) c’è già una notevole fioritura, specialmente di calle, protee e sterlizie .. e comunque il giardino è curatissimo e vale sicuramente una visita, anche solo per la sua posizione panoramica tra la Table Mountain ed il mare.
La nostra ultima meta turistica è il Lion’s Head: ci si arriva in macchina da una stradina che parte dalla stessa rotonda vicina alla funivia della Table Mountain, solo che si gira a destra e non a sinistra.
Il breve percorso sale fino a 350 mt slm ad un parcheggio/terrazza attrezzata (area pic-nic, toelettes, furgoncino del gelataio .. tutto molto pulito e ordinato) con la migliore scenic view della città in assoluto: è parecchio più basso della Table Mountain (che è più di 1000 mt) e così sembra di toccare navi e grattacieli, senza perdere la vista sull’insieme !
Per stasera ci siamo fidati di consigli ufficiosi (e ufficiali) e abbiamo prenotato un tavolo da “Mama Africa”: si trova al n. 178 di Long Street, una delle vie principali che dalla Table Mountain scende fino alla baia, forse una delle più turistiche (è piena di B&B economici, quelli per backpackers, come li chiamano qui, letteralmente “quelli che girano con zaino in spalla”) e carateristiche (negozietti di artigianato, antiquari, rigattieri, artisti, case in stile vittoriano con portici e terrazze in ferro battuto smaltato). Sicuramente ambiente diverso dal Waterfront dove, ci ripenso stasera, non sembrano esserci vie intermedie tra fast-food e ristoranti snob.
Il punto forte di “Mama Africa” è la coreografia: il locale è arredato con estremo e ricercato gusto etnico …. c’è anche musica dal vivo, per dire la verità un po’ troppo forte perché, pur dalla parte opposta, facciamo fatica a sentici. I prezzi sono abbastanza contenuti, ed il menù … è il solito ! Riprendiamo lo stesso “game-grill” (oggi senza spiedone) e ci sembra parecchio, parecchio standard .. molto meglio il City Grill di ieri sera.
Martedì 19 agosto: Capetown, Francoforte, Firenze
Alla fine.. il rientro .. facendo l’itinerario da nord a sud si riesce a limitare gli scali aerei: se avessimo iniziato da Capetown avremmo dovuto comunque cambiare a Johannesbourg all’andata, ed il volo sarebbe stato anche più caro.
In queste “poche” ore di viaggio (12 solo per arrivare a Francoforte), visto che è giorno (per fortuna, non devo neanche provare a dormire .. ) ne approfitto per vedere qualche film, leggere, riordinare questi appunti e pensare ad un commento finale su questa bellissima vacanza.
Tutti dicono che il Sudafrica è “il mondo in un paese” .. è sicuramente vero, abbiamo proprio visto di tutto ed abbiamo vissuto esperienze di ogni tipo… casomai, volendo proprio trovare qualche “difetto”.. questa cosa del mondo in un paese è vera anche all’opposto: è difficile trovare caratteristiche distintive del “Sudafrica”, come i suoi abitanti sembra non siano riusciti (o non hanno voluto) a creare architetture e paesaggi specifici …. ovunque si resta meragliati dalle bellezze di questi luoghi, ma ogni volta siamo portati a pensare che “somiglia a..”, “è come ..”, “sembra di essere in ..”.
Ma una cosa è certa “sembra di essere in … ” un gran bel posto !!!
Ultimo aggiornamento 11 Luglio 2024 da cipiaceviaggiare