I cieli del Messico
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I cieli del Messico

I cieli del Messico

(diario di viaggio in Messico 27 ottobre – 14 novembre 2006 di Marco)

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Dopo averlo rincorso per vari anni, finalmente riusciamo ad organizzare il nostro primo viaggio in Messico.
Il viaggio è completamente (come tutti i nostri viaggi) auto-organizzato, acquisto del biglietto e prenotazione dell’albergo per la prima e l’ultima notte, tutto il resto lo abbiamo fatto in loco.
Questo il resoconto, alla fine indicherò i dettagli

Itinerario: Mexico D.F., Oaxaca, Zipolite, San Cristobal e dintorni, Palenque e dintorni, Tulum

28 – 31 ottobre 2006, Città del Messico

Dopo lunghe ore di volo arriviamo finalmente a Città del Messico, sono le 6.30 del mattino ed è ancora buio; in aeroporto cambiamo qualche soldo ed acquistiamo i biglietti per il taxi.
È la prima volta che vado in una città sopra i 2000 metri e con 25 milioni di abitanti, non ci posso credere! Sia io che Ale non sembriamo risentire dell’altitudine, e per quanto riguarda lo smog siamo stati fortunati perché ha piovuto tanto fino a questa notte e si è pulita l’aria.
Dopo aver lasciato i bagagli in albergo ci avventuriamo subito nello Zocalo, la piazza immensa e più famosa di Città del Messico, visitiamo il Templo Mayor e il museo annesso, molto interessante; la Cattedrale e il Palacio Nacional con gli affreschi di Diego Rivera, veramente stupendi, e poi ci perdiamo a zonzo per il dedalo di viuzze che partono da calle Moneda, dove tutto si sta trasformando in un immenso mercato.
A prima impressione la città a noi piace anche parecchio, per il suo via vai di gente, per le sue bancarelle colorate e profumate, colorate per la varietà di frutta (ci ha un po’ deluso il sapore), profumate dall’odore dei loro piatti tipici, che puoi mangiare comodamente seduto al ristorante o insieme a decine di persone in piedi vicino alla metro o in mezzo a una via. Secondo noi la cosa più bella di un viaggio è mescolarsi con la gente del posto e quando è possibile vivere i loro ritmi, così a noi è piaciuto molto fermarci a queste bancarelle e mangiare di tutto e sottolineo di tutto.

Domenica, in Messico i musei sono gratuiti, e ne approfittiamo. Per arrivarci dal nostro albergo dobbiamo allontanarci dal centro, cosi abbiamo la possibilità di prendere qualche bus e confonderci con la gente del posto. La giornata è bella ed è piacevole anche camminare, incontriamo una corsa podistica, ci verrebbe voglia di buttarci dentro.
Il Museo Nacional de Antropologia è grande e interessante, racconta la nascita e la storia del popolo messicano, il piacere è vedere intere famiglie visitare e prendere appunti nelle molte sale del museo. Uscendo, nel giardino adiacente al museo abbiamo visto lo spettacolo dei Voladores, mentre ci gustavamo un bel bicchiere di frutta tagliata e sbucciata.
Tornando indietro ci fermiamo alla Torre Latinoamericana a goderci il panorama della città, da qui ci si rende conto di quanto sia immensa! Ci torneremo anche dopocena per rivedere il panorama al buio.
Lungo le viuzze del centro ci imbattiamo in alcune rappresentazioni delle varie etnie indigene, riti comunque legati ai festeggiamenti per il Dia de Los Muertos.
Fino ad ora non ho parlato del nostro albergo, Hotel Isabel, grazioso, con un bel patio e tutte le stanze intorno; la stanza è un po’ vecchiotta ma molto spaziosa, in compenso ha la vista su una strada piena di bancarelle, perciò molto viva e mi ritrovo a fissarla per parecchi minuti. La colazione non è inclusa, e noi ci siamo organizzati: abbiamo scoperto una pasticceria fantastica, la Pasteleria Ideal, c’è di tutto ed è economicissima.
La sera per la cena non abbiamo mai avuto problemi per trovare un posto grazioso dove mangiare. La cucina messicana è una cucina molto varia e come è noto un po’ piccante, ma a noi piace molto.

Lunedì: questa mattina è dedicata alla visita di Teotihuacàn, l’importante sito archeologico situato a 50 km da città del Messico. Per arrivarci bisogna prendere la metro fino al Terminal Norte, poi un pullman che porta all’ingresso del sito.
Entrando nel sito le cose che colpiscono di più sono l’immensità e la pace (è un giorno feriale). C’è un viale centrale con a destra la Piramide del SOL, molto bella e affascinante, lo spettacolo che si vede dalla cima merita lo sforzo che serve per raggiungerla.
Il panorama e il silenzio rendono questo posto veramente mistico, e il visitatore ne rimane colpito, al punto che io e Ale ci siamo levati le scarpe per camminare a piedi nudi, come ci avevano consigliato, per incamerare vibrazioni positive. Ma la cosa straordinaria è che quei pochi visitatori che erano lì ci hanno copiato.
Proseguendo per il viale in fondo c’è la Piramide della Luna, un po’ più bassa, ma allo stesso modo molto affascinante. Comunque è un posto da visitare assolutamente se state qualche giorno a Città del Messico.
Per quanto riguarda i venditori ambulanti, che ogni guida descrive come petulanti, a noi non sono sembrati così, basta dire la parola magica “no gracias” e loro si ritirano tranquillamente. Uscendo dal sito c’è capitato un episodio in cui un viaggiatore non vorrebbe mai incappare (per lo meno noi): c’erano dei simpatici ragazzi che, come capita spesso qui, cercano di convincerti ad andare a mangiare nel ristorante dove lavorano, con tanto di menù, e parlando è uscito che eravamo italiani, e allora via ai luoghi comuni tipo PIZZA, PASTA, CALCIO e non ci posso credere ci hanno detto, sentite sentite, MANDOLINO!!!

In Messico la festa dei morti è molto sentita, addirittura qualcuno ci ha detto che è più importante del Natale! E così la città si prepara alla festa con vetrine addobbate con scheletri vestiti in tutte le maniere, usano fare delle vere e proprie rappresentazioni, tipo i nostri presepi, il bello di tutto questo che è allegro e ti coinvolge, non come da noi che bisogna essere tristi nel ricordo dei nostri cari, qui è una festa vera e propria.

Martedì: visita alla casa di Frida Kahlo. Dal nostro albergo per arrivarci abbiamo attraversato mezza città, il quartiere si chiama Coyoacan, è tranquillo con vari villini e un parco dove ci sono dei percorsi per correre e attrezzi per allenarsi. La “Casa Blu” è un villino molto carino con un bel giardino, dove c’è una piccola piramide ed una fontana, anche qui logicamente c’è un angolo dedicato ai morti con il ritratto di Frida e molti colori sgargianti. In casa purtroppo è vietato fare foto, ci sono dei quadri della padrona di casa, e di altri autori; la cucina e la camera da letto sono rimaste arredate come allora (cosi dicono). La cosa emozionante è vedere le foto di Frida e Diego Rivera e addirittura quelle di Trotzky.
Al ritorno passiamo per la Zona Rosa, per arrivarci da qui bisogna rifare un altro po’ di strada, ma a noi questo non dispiace perché è una bellissima giornata, inoltre siamo abituati a camminare. Nel passeggiare notiamo un localetto (di quelli che stanno fuori gli uffici dove mangi e scappi via) che ha attratto Ale perché nel menù esposto fuori c’è un piatto che le ha consigliato un’amica, si chiama “alambre”, è un tipo di preparazione che si può fare sia di carne che di pesce. Comunque qui lo abbiamo preso di carne ed era buonissimo!!! Lo abbiamo accompagnato con un’altra novità, Agua Alfa Alfa, che cosa è? A prima vista sembra un minestrone frullato in realtà è una bevanda buonissima di erbe, insomma una scoperta dopo l’altra piacevoli.
La Zona Rosa è un bel quartiere pieno di negozi e di uffici, lo si nota anche dai molti locali dove ci si può fermare a pranzo.

Questa sera partiamo per Oaxaca, in questi giorni c’è in corso una violenta protesta, che ha portato a grossi scontri tra manifestanti e polizia, ma decidiamo di andare lo stesso. Siamo riusciti a prendere il biglietto per il pullman delle 23.30 (molte linee sono state cancellate per motivi di sicurezza) così lasciamo i bagagli in custodia in albergo e andiamo a cena. Finito di cenare è ancora presto per l’appuntamento con il taxi che ci deve portare alla rodoviaria, decidiamo di fermarci in un locale sotto il nostro albergo per prenderci due birre, è un locale un po’ vecchiotto, frequentato da persone non giovani, la maggior parte appoggiata al bancone, come si conviene a una tipica “cantina” messicana. Per completare il quadro entra un vecchietto con la fisarmonica e incoraggiato da una signora venezuelana inizia a cantare cielito lindo, la cosa simpatica è stato il coro che è partito subito dopo le prime note.

E’ arrivato il taxi, è ora di avviarsi verso la rodoviaria, a malincuore lasciamo quell’atmosfera, ma il viaggio prosegue. Il Terminal Norte è una delle grandi stazioni di pulman di Città del Messico, c’è un via vai impressionante e la cosa è molto suggestiva, si vede gente di tutti i tipi, dai contadini che sono venuti in città a trovare i parenti o a comprare qualcosa che forse nei loro villaggi non si trova, alle persone di ceto medio/alto che usano il pullman per arrivare in luoghi dove non arriva l’aereo. Come mezzo di trasporto è molto usato e per questo ben organizzato, ci sono molte compagnie che si dividono le zone, e ci sono tre tipi di classe: economica, la prima, e la de luxe. Visto che ci aspettano sei ore di viaggio decidiamo di prendere la prima classe. Prima di salire a bordo nella ressa generale i passeggeri, specialmente gli uomini, vengono perquisiti e viene controllato il contenuto del bagaglio a mano, tutto questo perché in questi lunghi percorsi ci sono delle zone molto isolate, dove si verificano a volte delle rapine.
La strada che abbiamo preso sovrasta la città, cosi riusciamo ad avere l’ultima bellissima cartolina di Città del Messico, con tutte quelle luci di questa città immensa. Il viaggio scorre via piacevole, ma in piena notte vegliamo svegliati da un posto di blocco della polizia, ci sembra di essere in un set cinematografico perché i poliziotti si presentano con i passamontagna calati sul viso e pistole alla mano. Il tempo di controllare qualche passeggero e ripartiamo subito, ma passati un po’ di chilometri incontriamo un altro posto di blocco, stessa scena ma questa volta sono un po’ più scrupolosi, mi perquisiscono il bagaglio e mi fanno qualche domanda, da lì capiamo che hanno aumentato i controlli su questa strada, per i problemi che ci sono a Oaxaca. A conferma di tutto ciò avvicinandosi alla città troviamo anche un posto di blocco dell’esercito.

1 – 2 novembre, Oaxaca

Sta albeggiando e l’autista ci avverte che se ci sono dei problemi in città, non arriverà fino alla stazione e dovremmo scendere prima. Lo scenario che ci si presenta in periferia ci da l’idea di quello che è successo solo due o tre giorni fa e del timore dell’autista, carcasse di autobus e macchine in mezzo alla strada, posti di blocco ad ogni incrocio. Riusciamo ad arrivare alla stazione, qui pare tutto tranquillo e non ci sono neanche poliziotti in giro, così prendiamo i bagagli e ci avviamo alla nostra posada, che si trova proprio vicino alla stazione dei pullman, anche se un po’ lontana dal centro. E’ uno stabile molto carino con un grande cancello come entrata, e ti aspetti che ad aprirlo, dopo aver suonato, venga il cameriere muto di Zorro, invece viene un ragazzo giovane molto gentile e ospitale; la stanza non è molto grande ma graziosa, si affaccia su un patio dove ci sono sedie e un tavolo dove possiamo fare colazione e fumarci una sigaretta prima di andare a dormire. Lasciati i bagagli, usciamo subito, come al nostro solito, curiosi di vedere tutto e subito. Come già detto non siamo in centro e perciò dobbiamo fare un po’ di strada a piedi.
Oaxaca a prima vista ci piace, è una cittadina con case basse e colorate di quei colori caldi piacevoli alla vista. Il primo contatto che abbiamo con i manifestanti avviene in piazza Santo Domingo, è emozionante sembra una città nella città, ci sono gruppi di uomini e donne che discutono sotto teloni messi per proteggere dal sole (che qui è molto forte come in seguito mi accorgerò) o dalla pioggia, poi ci sono bambini che giocano tranquilli e spensierati come se nulla fosse, ci sono bancarelle che vendono frutta e generi alimentari, chi raccoglie firme e fondi per le famiglie che hanno avuto un lutto, perché scopriamo che ci sono stati anche dei morti tra cui un giornalista statunitense.

Il mio primo istinto è stato di andare a donare qualcosa, quello di stare dalla loro parte. In questa piazza c’è la chiesa di Santo Domingo e sembra che si siano radunati qui cercando protezione dopo che li hanno sgombrati dallo zòcalo (la piazza centrale delle città messicane). Spostandoci verso il centro si vedono gli effetti della guerriglia che c’è stata nei giorni precedenti, e più ci avviciniamo allo zòcalo più sono numerosi, scritte sui muri, vetrine spaccate e la cosa più evidente sono i posti di blocco con le macchine rovesciate e date alle fiamme, addirittura un autobus bruciato usato come blocco per impedire alla PFP (polizia federale preventiva) di entrare nella piazza. Adesso lo zocalo è controllato dalla PFP che ha chiuso tutti i varchi, e per entrare bisogna passare in un piccolo spazio dove vieni squadrato dalla testa a i piedi, è una situazione molto strana e particolare, perché dopo aver visto film su questi argomenti, e cercato di immaginare i suoni il rumore l’eccitazione, ci siamo dentro e questo in qualche modo ci coinvolge, perché mi piace vedere un popolo che lotta per le sue idee e le sue libertà, cosa che in Italia si è perso perché ormai si lotta solo per il nostro orticello. Comunque la situazione è ancora molto tesa e lo si vede dal viso dei poliziotti (alcuni di loro molto molto giovani) e da quello della popolazione. I pareri su questa situazione cambiano a seconda delle persone con cui parliamo, un tassista è contro queste manifestazioni perché fanno scappar via i turisti, così come contrari sono i negozianti del centro a cui qualche “scalmanato” ha distrutto le vetrine, ma da quello che si capisce molti sono dalla parte dei manifestanti.

Tornando a fare i viaggiatori, lo zòcalo di Oaxaca è bello, ci sono dei portici con ristoranti e negozi, al centro c’è un palco in ferro battuto dove immagino i giorni di festa suoni la banda. L’Alameda che è vicino allo zocalo è un altro punto di ritrovo, qui c’è la cattedrale in stile barocco. È una di queste vecchie chiese dove entrando si sente l’odore dell’incenso e ci sono le vecchie signore coperte da uno scialle nero, che chiacchierano e pregano allo stesso ritmo. Abbiamo notato, non solo per le molte chiese che ci sono, ma anche per gli atteggiamenti, che i messicani sono molto religiosi, ma non per questo rinunciano alla loro origini, perciò c’è un connubio cristiano-pagano. Non ci si deve meravigliare di vedere uomini e donne, vestiti con “vecchi” costumi indigeni, per altro molto belli e colorati con molte piume, riunirsi e celebrare dei riti, vicino alla stessa chiesa dove la mattina sono andati a pregare.
Un’altra cosa particolare e bella è la festa dei morti. Come prima cosa dura due giorni, uno è dedicato ai bambini morti, il secondo agli adulti, poi come già detto tutte le città e i paesini sono addobbati a festa, e ogni casa ha il suo altarino per ricordare il defunto, con sopra tutto quello che a lui piaceva, dolci, frutta, alcool, sigarette, e l’immancabile dolce dei morti, una specie di pane dolce. Anche la nostra posada all’entrata ha il suo altarino, è dedicato a padre di Martin, il proprietario. Martin ci ha intercettato nel pomeriggio mentre stavamo facendo due chiacchiere, seduti comodamente nel patio davanti la nostra stanza, è passato ci ha visti e con un sorriso ci è venuto incontro, una volta presentatici ci ha detto di aspettarlo lì, e io ho subito capito le sue intenzioni e ho detto a Ale che sarebbe tornato con qualcosa da bere e cosi è stato. Si è presentato con una bella bottiglia di mezcal fatto in casa, e parlando del più e del meno …tra un bicchiere e un altro siamo venuti a sapere che è stato per un periodo in Italia, è rimasto affascinato da tutto specialmente dalle donne.
Per quanto riguarda la situazione in Oacaxa, Martin sta con i manifestanti nonostante lui sia un proprietario. Continuando a parlare e bere, ci rendiamo conto che tutto il mondo è paese, perché anche lui si lamenta della scarso interesse dei giovani verso questi problemi, presi purtroppo anche qui (in tono minore) dal consumismo. Comincio a vederci doppio, anche perché noi dobbiamo ancora cenare, così convinciamo Martin a lasciarci andare con la promessa che saremmo tornati più tardi, per la festa. Ci accorgiamo che qui a Oaxaca, forse per gli scontri, i ristoranti chiudono presto, così ci siamo dovuti accontentare di un panino. Girando per la città abbiamo visto vari festeggiamenti con carri e maschere, e la gente era molto divertita e gioiosa, tutti ballavano per strada, bambini e vecchi insieme rapiti dalla musica. Tornati in albergo come promesso, troviamo il portone spalancato, e all’entrata c’era un tavolino pieno di cose da mangiare e bere, Martin appena ci ha visto ci ha sorriso con un viso radioso come se fosse la sua festa (in fondo lo era). C’erano bambini mascherati che correvano avanti e indietro, e tutti i vicini e gli ospiti che si scambiavano sorrisi come se si conoscessero da anni. Mentre Martin ci offriva l’ennesimo bicchierino di mezcal, da fuori sentiamo una musica che piano piano si avvicina e con nostro stupore scopriamo che la musica è dal vivo, ci sono tre uomini alle trombe uno con un contrabbasso e un violino, ma la cosa che ci stupisce di più e che non è la musica che uno si aspetta di sentire in Messico, ma è un tipo di musica che si avvicina a quella gitana, è bellissima e io e Ale ci emozioniamo. Insieme alla musica arriva un sacco di gente mascherata, c’è un medico, un prete, una morte col sombrero, il diavolo e altre maschere. La musica si interrompe, inizia la rappresentazione della morte e ad ogni battuta dei bambini, (sono loro che recitano) parte la musica festosa, e dopo l’ultima battuta si scatena un tipo di danza sfrenata che non ci saremmo mai aspettati in Messico. La “combriccola” ora si sposterà in un altro posto dove è stato messo l’altarino dei morti e così via per tutta la notte.

Questa mattina andiamo a visitare il sito archeologico di Monte Alban, si trova a 400 metri di altitudine sopra Oaxaca, era l’antica capitale zapoteca. Per arrivarci ci sono un paio di modi, il primo è andarci con il taxi, il secondo è con un autobus che si prende davanti ad un albergo, Hotel Rivera del Angel. Noi per l’andata abbiamo scelto il taxi perché la differenza di prezzo non è così grande e poi la fermata dell’autobus è molto lontana dalla nostra posada.
Arrivati al sito c’è un bel panorama della città, invece entrando sembra di entrare in un set cinematografico: il silenzio è sovrano, tutto intorno colline, condor che planano cercando le correnti più propizie, e infine una luce abbagliante (abbiamo trovato una giornata stupenda). Monte Alban è un sito non molto grande ma ottimamente tenuto. La particolarità di questo sito sono i Danzantes, incisioni che dovrebbero rappresentare i capi sconfitti dei popoli vicini; i geroglifici che accompagnano queste immagini costituiscono la più antica testimonianza conosciuta in Messico. Per tornare a Oaxaca decidiamo di prendere il bus, e strada facendo notiamo che dalla parte nord della città c’è fumo, e un elicottero che gira su degli edifici dove ogni tanto ci sono dei riflessi di luce, presumiamo che qualcuno da terra con degli specchietti voglia accecare il pilota, poi dalla radio sul bus scopriamo che la polizia ha attaccato l’università per sgombrarla dai manifestanti. Arrivati alla fermata, incamminandoci verso la nostra posada, sentiamo un odore forte di cacao, girato un angolo scopriamo una via dove ci sono vari negozi che lo vendono e lo tostano con dei vecchi macchinari, tutta l’operazione la si può guardare gustando una buona tazza di cioccolato, quello alla cannella è eccezionale.

3 – 4 – 5 novembre, Zipolite

Partiamo la mattina presto per Zipolite, sulla costa del Pacifico, si trova 50km a sud del più famoso Puerto Escondido. Il mezzo di trasporto è un pulmino da 15 posti, un servizio che abbiamo preferito all’autobus di linea perché quest’ultimo ci mette circa 8 ore (facendo una strada un po’ più pianeggiante) mentre il nostro ce ne mette 5/6, facendo la statale 175 che attraversa la sierra. Con un po’ di apprensione notiamo che i bagagli vengono legati sul tetto, ci sono altri due stranieri e il resto sono locali. La strada che percorriamo è bellissima, ci arrampichiamo fino a 2700 metri per poi scendere in picchiata fino al mare. La sierra che attraversiamo è una cosa stupenda, tanto verde e ogni tanto un paesino con la gente che si ferma a guardare il nostro passaggio e non ci negano mai un sorriso, che bella gente. Arriviamo a Pochutla dopo circa 6 ore, scendiamo e ci investe quel caldo umido tropicale che non avevamo ancora incontrato, lo sbalzo di temperatura è grande, anche perché l’ultima volta che siamo scesi dal pulmino eravamo in montagna e faceva decisamente freddo. Dobbiamo trovare un mezzo che ci porti fino a Zipolite, decidiamo di prendere un taxi, perché sinceramente non ci stiamo capendo nulla, fra il caldo e i tassisti che ti tampinano, così cediamo, ci facciamo praticamente “rapire”.
La strada per Zipolite è bella, si alterna tra colline verdi e viste sul Pacifico… Pacifico, per noi è normale girare un angolo e vedere il mare visto che ci viviamo, ma quando ti rendi conto che il mare che hai sotto di te è l’Oceano Pacifico ti vengono i brividi. Attraversiamo una cittadina che si chiama Puerto Angel, qui c’è anche un porticciolo di pescatori, e un mercato.
Zipolite è in pratica una strada ai cui lati ci sono dei negozi di alimentari, internet point, ristoranti e bar. Dove dormiamo noi si chiama Las Casitas, è gestita da due italiani, è un posto bellissimo immerso nella foresta, le cabanas in pratica sono mini appartamenti, c’è un angolo cottura, e una zona pranzo, bagno e staccato dal resto la camera da letto (uno spettacolo).
Ci cambiamo al volo per fare il primo bagno nel pacifico, sotto di noi c’è un ristorante con cabanas che si chiama Alquimista e si affaccia su una spiaggetta graziosa con ai lati delle scogliere che la dividono dalla spiaggia principale di Zipolite. Ci accorgiamo subito che è una situazione particolare, sembra di essere tornati negli anni 70: ci sono nudisti, hippies, e gente che sta in meditazione, a noi piace molto. Ci tuffiamo e con nostra piacevole sorpresa l’acqua è calda, non so perché ma eravamo convinti di trovarla fredda, bisogna stare molto attenti perché la corrente è forte, ma il piacere di andare a prendere le onde è irresistibile, è divertentissimo farsi sballottare da una parte all’altra.
La sera decidiamo di mangiare all’Alquimista, dove ci accoglie un’atmosfera piacevole, ci sono dei tavolini sulla spiaggia con delle belle lampade sopra, e delle fiaccole sui scogli, il cibo è buono e fanno anche degli ottimi cocktails.

La mattina dopo è in programma una gita a Playa Ventanilla, è una località dove si possono fare delle escursioni in una laguna piena di uccelli acquatici, su un’isoletta ci sono delle vasche con dentro dei coccodrilli, rimaniamo un po’ delusi perché speravamo di vederli allo stato brado.
Per arrivare qui abbiamo preso un mezzo di trasporto per noi nuovo, il pesero, è una sorta di furgoncino con il telone dietro dove si accomodano i passeggeri, il bello di questi peseros è che si può conoscere tanta gente, aiutando la signora a salire, o il ragazzo a tirare su un grosso zaino e così via. Noi abbiamo conosciuto una coppia di marsigliesi e un romano (Remo, non poteva che essere romano) che incontreremo ancora. Tornando verso Zipolite ci fermiamo in una spiaggia che si chiama Mazunte, è molto bella con delle cabanas che si affacciano proprio sul mare, con le amache sulla veranda.
La sera andiamo a mangiare in un locale consigliatoci da Daniela, la proprietaria delle cabanas dove dormiamo. Il posto si trova all’inizio di Zipolite, non sulla strada principale ma in un vicolo poco illuminato, la proprietaria ha una bella faccia simpatica. Il locale si chiama Pedra de Fuego e praticamente è un’osteria a cielo aperto, ma le portate di pesce sono ottime e per di più molto economiche.

Questa mattina mi sono alzato e sono andato subito a fare il bagno, bellissimo.
Fatto colazione nella nostra cucina, decidiamo di prendere un taxi e di andare a Puerto Angel; arrivati ci facciamo un giro a piedi, non è un granché, sarà che è domenica ed è tutto chiuso. Scendiamo in una spiaggia, carina e piena di ristoranti, infatti appena ci hanno avvistati sono usciti dal nulla cinque o sei ragazzi con il solito menù in mano, ad offrirci le migliori pietanze dei ristoranti dove lavorano.
Ci facciamo convincere a prendere solo un succo di frutta dopo di che ci godiamo un po’ di sole. Ripartiamo alla volta di Mazunte, alla fine della spiaggia ce n’è una più piccola chiamata El Rinconcito dove ci facciamo subito il bagno e prendiamo le onde, ormai è diventata un’abitudine, ci viene fame e andiamo a mangiare in un locale dove al piano terra ci sono le cabanas e sopra c’è il ristorante; con nostra gradita sorpresa nel menù c’è l’alambre di pesce che subito ordiniamo, squisito!
La vista è molto gradevole, da una parte ci sono dei pescatori che riparano le reti, dall’altra si vede uno squarcio di Pacifico fra due palme. Abbiamo il pullman per San Cristobal in serata, perciò ci avviciniamo alla nostra cabana. Però, prima di partire mi voglio fare l’ultimo bagno, per salutare il Pacifico.
Un taxi ci porta a Pochutla da dove parte il nostro pullman, qui incontriamo Remo che farà il viaggio con noi.

6 – 7 novembre, San Cristobal

Dopo un viaggio di 11 ore piuttosto comodo arriviamo a San Cristobal. Scendendo dal pullman, anche qui sembra di tornare indietro nel tempo, si incrociano dei volti antichi e anche se vestiti da campesinos hanno dei lineamenti nobili, regali e fieri della loro storia. La città a prima vista ci piace, sembra molto viva anche se è presto. Ci salutiamo con Remo, e ci avviamo alla ricerca di un alloggio. Come ho già detto le strade sono molto affollate, e notiamo delle file lunghissime di campesinos fuori dalle banche (ancora chiuse), indossano abiti tradizionali, specialmente le donne, e per noi è tuffarci per l’ennesima volta in un mondo con altri ritmi e altre usanze molto distanti dalle nostre, ma molto affascinanti. Il nostro albergo, Posada Margherita, è molto carino, con il patio con un pozzo in mezzo, anche le stanze sono comode e ben arredate. Si trova su una delle strade principali, dove ci sono molti negozi e agenzie turistiche. Ci cambiamo e usciamo, la cosa che ci salta subito agli occhi è che rispetto agli altri posti visitati finora è piena di turisti. Sarà che qui non ci sono manifestazioni, ma San Cristobal sembra molto più attiva di Oaxaca, le strade sono un continuo via vai, turisti che entrano e escono dalle molte agenzie, residenti che svolgono le loro comuni attività, le strade sono sempre piene di gente ed è un piacere immergercisi dentro.
Dopo aver visitato la cattedrale diamo uno sguardo alle bancarelle situate di fronte, ci sono cose interessanti di manifattura locale, cosi in parte abbiamo risolto il discorso regali.
Abbiamo prenotato le escursioni per i prossimi giorni. Sono tre, una per Chamula, il trasferimento per Palenque e la visita ai siti di Yaxchilan e Bonampak, e passiamo il resto della giornata a zonzo.

Partiamo per Chamula, piccolo paesino vicino a San Cristobal caratteristico perché c’è una chiesa dove si svolgono dei riti a metà tra il sacro ed i profano. La prima cosa che notiamo alle porte del paese è il cimitero, anche questo particolare, sulle tombe ci sono sparsi molti aghi di pino, e le tombe come ci spiega Luis (la nostra guida) sono familiari, a questo punto qualcuno si potrà chiedere cosa c’è di strano? C’è che la fossa è comune, perciò sono uno sopra l’altro e in ogni tomba c’è più di un crocifisso. Sempre Luis ci diceva che una volta gli Tzotzil (il nome degli indios che abitano qui) i loro cari defunti li seppellivano sotto le loro capanne.
Gli Tzotzil che abitano a Chamula non sono molto ospitali, ti guardano con diffidenza e il sorriso, caratteristica che fino ad ora ci ha seguito lungo il viaggio, lo si può vedere solo sul viso di qualche bambino. Per arrivare alla famosa chiesa c’è un mercato molto carino e pieno di colori, lì incontriamo Remo, che è venuto da solo con un autobus di linea, ci mettiamo d’accordo per vederci più tardi per la cena. Prima di entrare in chiesa ci sono le raccomandazioni di Luis su come comportarci dentro. Appena entrati veniamo accolti da un forte odore d’incenso mischiato all’odore degli aghi di pino, di cui il pavimento è pieno. La sensazione che ho è quella di inquietudine, ci sono molte persone sedute in circolo per terra, con un curandero in mezzo, che sfregano corpi dei pazienti con uova o ossa. L’atmosfera è surreale, famiglie intere con bambini e vecchi fanno questi riti con noi che gli camminiamo vicino, ma è come se non esistessimo. Le statue dei santi esposte hanno una particolarità, ci sono quelle in “punizione” (senza paramenti, in pratica spoglie), e altre invece tutte addobbate, che sono i loro santi preferiti. Anche le statue dietro l’altare hanno una particolarità, non c’è il Cristo come noi siamo abituati a vedere in tutte le chiese del mondo, ma c’è San Juan che domina al centro con la Madonna un po’ più in basso e il Cristo anche lui relegato ai suoi piedi.
Usciamo un po’ storditi dalla chiesa e ci dirigiamo a piedi verso il pullman, incontriamo altre persone che si dirigono verso la chiesa per compiere i loro riti, delle vere processioni, c’è anche la musica.
Ora ci dirigiamo a Zinacantan, un paese vicino dove vivono degli Tzotzil più gentili e accoglienti, e una famiglia ci accoglierà nella propria casa. Ci aspettano tutti all’entrata per offrirci un liquore fatto in casa a base di melograno molto buono, poi inizia la visita, nel primo ambiente dove siamo stati accolti, ci sono tre letti e un piccolo altare, perché il padrone di casa don Mariano era un “majordomo”, cioè un custode dei santi buoni; continuando il giro usciamo in giardino dove c’è la vendita dei loro manufatti.
La visita, anche se interessante, e a quanto ci dice Luis a scopo benefico, perché il ricavato va in parte ad una associazione per la difesa degli Tzotzil, è un po’ “forzata” e turistica, la cosa più naturale è la timidezza di don Mariano che sta in disparte in un altro cortile, lo raggiungo e lui un po’ timidamente mi fa vedere le sue bestie e il suo raccolto, sembra molto spaesato, ha un sorriso tenero, riesco pure a convincerlo a fare una foto insieme. L’altra cosa naturale sono le tortillas fatte lì per lì dalle donne della casa, io e Ale ne abbiamo mangiate molte, buonissime.
La sera ci incontriamo con Remo e andiamo a cena in un ristorante che avevamo notato il pomeriggio. Remo ci racconta che è nato a Roma ma vive a Frascati. Ci racconta dei suoi viaggi, Oriente, Sud America, e confrontiamo le nostre esperienze. Remo è innamorato del Messico e ogni anno si ritaglia un po’ di tempo per tornarci e siccome riesce a stare fuori minimo tre mesi quest’anno ci aggiunge anche il Guatemala. Remo è una persona particolare, ha viaggiato molto da est ad ovest, ed è uno che si integra benissimo, perciò siamo rimasti colpiti quando, nel momento di ordinare, se ne è uscito con la richiesta di un piatto di pasta in bianco, e ha anche specificato al cameriere la durata della cottura! Il mondo è bello e la gente ancor di più.

8 – 9 – 10 novembre, Palenque

Partiamo per un’altra escursione che in realtà è il trasferimento a Palenque.
La strada che percorriamo comincia a cambiare, c’è molto più verde e meno villaggi. La prima sosta è per la colazione, ci fermiamo in un locale all’aperto, dove il panorama è una bella vallata verdissima. Verso l’ora di pranzo arriviamo finalmente alle cascate di Agua Azul, che troviamo molto belle. Percorriamo tutti i sentieri ai lati delle cascate fino in cima, dove ci premiamo con una mega spremuta d’arancio, poi riscendiamo giù in fondo dove acquistiamo un casco di banane da alcune bambine, e mi faccio il bagno in uno dei laghetti creati dalle cascate.
La sosta successiva è alle cascate di Misol Ha, anche questo proprio un bel posto, dove purtroppo ci fermiamo solo una ventina di minuti perché sembra che siamo in ritardo (inconvenienti delle gite organizzate!) e non possiamo fare il bagno.
Raggiungiamo Palenque verso le tre, qui lasciamo il resto del gruppo all’ingresso del sito (noi abbiamo deciso di visitarlo autonomamente un altro giorno) e ci facciamo lasciare davanti El Panchan. Questo posto lo ha scoperto Ale leggendo un racconto su internet, la descrizione letta non tradisce, e l’emozione di chi lo ha scritto colpisce anche noi. El Panchan in pratica sembra un villaggio vacanza in mezzo alla giungla, non come i soliti, ma per viaggiatori fai da te, infatti il pulmino ci lascia in una specie di piazzetta in mezzo al fango e da li si decide in quale delle varie cabanas andare a dormire. Troviamo una stanza da Margarita & Ed, e lasciate le nostre cose andiamo a fare un giro a Palenque paese, dove arriviamo con un pesero. Il paese è caotico e polveroso, giusto una base di partenza per il sito archeologico.
A cena proviamo Don Mucho’s, sempre a El Panchan, c’è una bella atmosfera, gente di tutto il mondo, ottima cucina e musica dal vivo.

Risveglio traumatico! Abbiamo appuntamento alle 6 per l’escursione a Yaxchilan e Bonampak ma non sentiamo la sveglia: a scapicollo arriviamo al luogo dell’appuntamento e invece è il pulmino a presentarsi con quasi un’ora di ritardo.
In qualche modo comunque si parte, il viaggio è piuttosto lungo, la compagnia è composta da irlandesi, olandesi e australiane (oltre a noi). Il pulmino ci lascia sulle sponde del Rio Usumacinta, il fiume che per un tratto segna il confine tra Messico e Guatemala. In circa quaranta minuti di barca raggiungiamo il sito archeologico di Yaxchilan. Il posto, pur non molto grande, è suggestivo, in mezzo alla vegetazione, con i gridi delle scimmie urlatrici ad accompagnarci, e tra l’altro non è affollato di gente come altri siti archeologici, non sono ancora in molti a spingersi fino quaggiù.
Sosta pranzo in un locale vicino al fiume, molto in stile “gita delle pentole”, e si riparte alla volta di Bonampak. Quest’ultimo, la cui gestione è affidata ai Lacandones, è un sito ancora più piccolo, e non particolarmente importante, però si rivela comunque un posto molto piacevole da visitare. La strada del ritorno verso Palenque attraversa dei bellissimi paesaggi di foresta e collina nel sud del Chiapas.

Oggi è il giorno della visita a Palenque, dove arriviamo in mattinata dopo essere passati in paese per delle commissioni. Già entrando si capisce l’importanza di questo sito rispetto agli altri, anche per il notevole numero di visitatori presenti. Il sito è bellissimo, a mio parere il più bello tra quelli visitati, e nonostante il gran caldo e l’umidità di oggi ci arrampichiamo su qualsiasi edificio su cui sia permesso salire. Dopo aver visitato la parte più importante e agevole, cominciamo ad esplorare le zone del sito più nascoste, alcune di esse scoperte da poco. Attraverso una discesa piuttosto ripida accediamo ad una zona del sito che probabilmente era ad uso amministrativo e abitativo, qui è tutto in mezzo alla foresta e in alcuni casi gli alberi hanno posto le loro radici proprio sopra gli edifici. Il posto è cupo e misterioso, affascinante. Siamo in pochi ad arrivare fin qui, solo noi e un gruppetto di francesi. In fondo scorre anche un fiumiciattolo e c’è una bella cascata. Risaliamo nella zona principale del sito attraverso una salita ripida e faticosissima, ormai è l’ora di pranzo e fa un caldo boia, nel sito non c’è più anima viva. Mentre ci riposiamo sotto un albero ci avvicina un ragazzo, venditore di souvenir, che ci offre una breve escursione nella foresta adiacente. Accettiamo, una camminata in più che sarà mai! Ci porta fuori del sito attraverso il bosco e ci mostra altri edifici nascosti dalla vegetazione, ci dice i nomi di vari alberi (ne ricordassi uno!) e tenta di farci vedere le scimmie urlatrici che stanno ben nascoste, poi ci mostra un’altra cascatella.
Finito il giro torniamo a El Panchan, dove incrociamo un tale, probabilmente Ed delle nostre cabanas, e non so come esce fuori il discorso delle scimmie, così ci porta verso una specie di rimessa delle cabanas, e lì, appollaiate su un albero, a pochi metri dalla scala del magazzino, c’è un’intera famiglia di scimmie urlatrici! Tutto il giorno a cercare di vederle e le avevamo sotto casa!
Ci riposiamo un po’ prima della partenza, alle 21 abbiamo il pullman per Tulum, ceniamo a Palenque paese, stasera siamo veramente stremati e fa ancora molto caldo. Alla partenza del pullman ci addormentiamo quasi all’istante.

11 – 12 – 13 novembre, Tulum

Arriviamo Tulum in mattinata, e con un taxi ci facciamo portare alla cosiddetta zona hotelera, la strada che dalle rovine va verso Boca Paila, dove si susseguono cabanas di ogni tipo. Troviamo una stanza al Luna Maya, posiamo le nostre cose ma prima di andare al mare andiamo subito a noleggiare le bici, giusto perché volevamo riposarci un po’ questi ultimi giorni. Con le bici percorriamo un bel tratto di strada fino quasi alle rovine, ed entriamo in una bella spiaggia (scopriamo poi essere la tanto decantata Playa Paraiso), dove ci fermiamo un po’. La sabbia è talmente compatta che proseguiamo il nostro giro in bici lungo la riva.
Concludiamo la giornata con un’ottima cena al ristorante delle cabanas Zahra, vicino alle nostre.

Mi sveglio presto e faccio subito un bagno prima di colazione, poi ci trasferiamo alle cabanas Zahra per l’ultima notte qui. Ho prenotato un’escursione alla barriera corallina, Ale decide di non venire e se ne va in bici al supermercato San Francisco de Asis a fare un po’ di spesa, quando torno dalla barriera mi fa trovare il pranzo. E’ la mia prima volta su una barriera corallina e devo dire che l’esperienza mi è piaciuta molto.
Andiamo di nuovo in spiaggia, stavolta in direzione sud, poi nel pomeriggio, sempre in bici, andiamo a visitare le rovine di Tulum. E’ domenica e quindi anche qui l’ingresso al sito è gratuito. E’ un bel sito, anche se niente a che vedere con Palenque, ma rispetto a tutti quelli finora visitati è in assoluto il più affollato, con intere comitive di turisti all-inclusive.

Questa mattina, dopo il consueto bagno e colazione, di nuovo in sella alle nostre fedeli bici (due catorci, non hanno nemmeno il cambio!) per andare al Gran Cenote. La LP dice che si trova al terzo chilometro della strada per Cobà, dall’incrocio del supermercato. Effettivamente le indicazioni sono precise. Il cenote è bello, immagino ce ne siano anche di migliori ma come prima volta ci piace! L’acqua è limpidissima ma gelata, ci vuole un po’ ad abituarsi. C’è una grotta buia e profonda dove dei sub temerari vanno ad immergersi, noi preferiamo la parte alla luce del sole. Qui rincontriamo una coppia di simpatici giovani liguri che avevamo conosciuto sul pullman da Palenque a Tulum, scambiamo due chiacchiere e qualche foto e ci salutiamo, noi stasera ripartiamo.
Tornando a Tulum ci fermiamo di nuovo al supermercato dove facciamo scorta di sigarette da portare in Italia, riconsegniamo le biciclette e passiamo la parte restante del pomeriggio a crogiolarci in spiaggia. Sta cominciando a piovere quando alle 5 prendiamo il pullman che ci porterà a Cancun per l’ultima notte prima della partenza. Abbiamo avuto l’infelice idea di viaggiare in bermuda e maglietta, in questo pullman l’aria condizionata è al massimo, tre ore di viaggio in frigorifero!
A Cancun abbiamo giusto il tempo di posare i bagagli e andare a cena, abbiamo la sveglia alla quattro e mezza del mattino per andare all’aeroporto. In queste ultime ore valutiamo un po’ questa parte caraibica del Messico, la più conosciuta dalla maggioranza dei nostri connazionali, che sicuramente ci è piaciuta, Tulum è un posto molto bello, ma a dire la verità la costa del Pacifico ci è piaciuta di più, non so dire esattamente perché ma è rimasta incisa indelebilmente nei nostri ricordi.

14 novembre, ritorno

Ultimissime ore, il volo Mexicana da Cancun a Mexico DF è comodo e puntuale, qualche ora ancora prima del volo intercontinentale ed è finito, anche questo viaggio è giunto a conclusione, sempre troppo presto. E’ stato un viaggio intenso e anche stancante, ma molto molto bello, c’è ancora tantissimo che vogliamo vedere in questo paese dove sicuramente torneremo presto

Alloggi:
Città del Messico: Hotel Isabel, centro storico, 300 pesos la doppia
Oaxaca: Hostal San Martin, vicino alla stazione dei pulman, 350P
Zipolite: cabanas Las Casitas, 350P
San Cristobal: Posada Casa Margarita, Real de Guadalupe 34, 300P
Palenque: Margarita & Ed Cabanas, loc. El Panchan (a circa metà strada tra Palenque paese e il sito archeologico), 170P (la stanza matrimoniale, hanno diversi tipi di alloggi a diversi prezzi)
Tulum: Luna Maya (la prima notte), 600P con colazione; Zahra (la seconda notte) 700P senza colazione
Cancun: El Rey del Caribe, circa 530P (non ricordo di preciso), senza colazione

Da segnalare:
-Mexico DF ristorante Potzolcalli, 5 de mayo, ottimi i pozoles; pasteleria Ideal, Rep. De Uruguay; bancarella di tacos all’uscita del Terminal Norte (vicino alla scala per scendere nella metro)
-Oaxaca chocolateria Majordomo
-Zipolite ristorante El Alquimista, si mangia bene e fa ottimi cocktails
-Mazunte, playa el rinconcito, c’è un ristorante al primo piano di un edificio (si vede da sotto) che fa un alambre di pesce squisito
-San Cristobal ristorante Maya Pakal (mi pare) sulla Madero, ottima la Sopa Azteca.
Da segnalare inoltre a San Cristobal il negozio “Lagrimas de la selva”, Av. Miguel Hidalgo 1-C , hanno dei bei gioielli in argento e ambra rossa (tipica del Chiapas), personale gentile, accettano anche la carta di credito ma se pagate in contanti fanno un piccolo sconto
-Palenque ristorante Don Mucho’s, El Panchan, buona cucina e bella atmosfera (anche musica dal vivo)
-Tulum il ristorante delle cabanas Zahra fa un buonissimo Ceviche di pesce

Acqua: la minerale non è particolarmente economica, conviene sicuramente comprare i bottiglioni da 3.75lt. Noi abbiamo scelto sempre la Bonafont, sia perché più buona, sia perché le altre due più diffuse sono una del gruppo Nestlé e l’altra del gruppo coca cola.

Birra: la nostra preferita la XX (dos equis), seguita dalla Pacifico. Da provare anche la “michelada”



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