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Ladakh 2012

Ladakh 2012


INDIA-LADAKH 2012 “atto secondo…”

(diario di viaggio dal 15 agosto al 2 settembre di Gianluca)

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SINTESI del PROGRAMMA di VIAGGIO (19gg.):
Rumtse-Korzok trek e ascensione al MENTOK KANGRY II

15 agosto: PARTENZA: volo MILANO Malpensa – NEW DEHLI (diretto) operato da Jet Airways
16 agosto: Dehli
17 agosto: trasferimento, volo New Dehli – Leh (Ladakh) operato da Jet Airways
18 agosto: Leh
19 agosto: Leh, inizio trekking 1° giorno, trasferimento auto per Rumtse e 1° tappa
20 agosto: 2° giorno trekking
21 agosto: 3° giorno trekking
22 agosto: 4° giorno trekking
23 agosto: 5° giorno trekking
24 agosto: 6° giorno trekking
25 agosto: 7° giorno trekking
26 agosto: 8° giorno salita al Campo Base Mentok Kangry II
27 agosto: 9° giorno salita alla cima del Mentok Kangry II
28 agosto: 10° giorno trekking discesa a Korzok
29 agosto: 11° giorno trasf. Auto a Leh
30 agosto: Leh
31 agosto: trasferimento, volo Leh (Ladakh) – New Dehli operato da Jet Airways
01 settembre: tour a Jaipur (Rajastan)
02 settembre: rientro in ITALIA Dehli – Milano, operato da Jet Airways 

VARIE NOTIZIE SPICCIOLE:

Moneta e cambio:
moneta corrente Rupia Indiana, cambio a circa 63 Rupie per un Euro.
Nessun problema a cambiare Euro o Dollari a New Dehli.
Qui è consigliabile farlo già in aeroporto.
A Leh esistono varie case di cambio e bancomat. Altrove durante il trekking non è possibile cambiare o prelevare. E’ bene avere con se Rupie con tagli non troppo grandi per evitare problemi per eventuali resti. Alcuni negozi a Leh accettano anche pagamento direttamente in Dollari o Euro, ma non risulta conveniente per il cambio applicato sfavorevole. Meglio pagare se possibile direttamente in Rupie.

Carte di credito e bancomat:
normalmente prelievi e pagamenti senza problemi a Dehli. E’ bene per sicurezza però, evitare l’uso della carta di credito soprattutto nei negozi non ben conosciuti, questo per evitare possibili truffe. A Leh le carte di credito non vengono accettate ovunque. Le banche e relativi bancomat presentano spesso lunghe code per accedere agli sportelli. Inoltre i blackout frequenti possono creare problemi per il funzionamento dei pos.

Fusorario:
3,5 ore  in più rispetto all’Italia

Prese corrente:
normalmente hanno la 220v con prese bipolari, ma diverse dalle nostre tradizionali.
Non tutti gli alberghi hanno prese universali pertanto è consigliabile portarsi un adattatore specifico.
A Leh  purtroppo spesso capita di restare senza corrente: blackout temporanei e cali di tensione sono all’ordine del giorno.

Documenti:
richiesto passaporto in regola per espatrio e visto d’ingresso, da ottenere, quest’ultimo, tramite compilazione di un modulo on-line sul sito dell’ambasciata indiana e successiva domanda da inoltrare al consolato di Milano (competenza per il Nord Italia) o all’ambasciata di Roma (a seconda di dove si abita: sud e centro Italia).

Farmaci:
è bene avere con se tutto ciò che occorre in caso dei comuni malanni. In Ladakh non vi sono grosse strutture mediche. Nel trekking soprattutto è importante essere riforniti per ogni evenienza. NON ESISTONO STRUTTURE SANITARIE DURANTE IL TREK.

Telefoni:
copertura cellulare buona a Dehli e dintorni. A Leh la rete per i cellulari esiste, ma è legata ad un operatore che richiede un contratto specifico. In poche parole i nostri telefoni NON PRENDONO e vanno benissimo solo come orologi e sveglie!
Non è possibile telefonare durante il trekking
A Leh non esistono cabine telefoniche.
Vi sono invece molti centri telefonici con accesso ad internet che risulta il più economico per comunicare.

Abbigliamento:
ad Agosto il clima è molto caldo ed umido a Dehli e soprattutto a Jaipur.
Ladakh: a Leh fa caldo durante il giorno, la sera si rinfresca. Se il cielo è coperto però la temperatura cambia notevolmente. Durante il trekking, vista l’altezza mai inferiore ai 4000m, occorre considerare delle forti escursioni termiche tra giorno (sole caldo e molto forte) e la sera dopo il tramonto (si può passare da quasi 30° a 5°-10° o meno ancora). Ma attenzione:  in ogni momento il tempo può cambiare e se si rannuvola in quota (dai 4600 circa in su) può anche nevicare.
Per l’acquisto di attrezzatura da montagna, a Leh vi sono molti negozi. I prezzi seppur convenienti non sono bassissimi e la merce verosimilmente spesso può risultare contraffatta.
Discorso a parte se si decide di fare ascensioni oltre i 6000m.: occorre prestare attenzione all’abbigliamento che diventa ovviamente più tecnico prima di tutto per gli scarponi.
Esiste anche la passibilità di noleggiare in più negozi ed agenzie l’attrezzatura soprattutto quella da alpinismo.

Sicurezza:
non abbiamo avuto nessun particolare problema, salvo la grande difficoltà soprattutto a Dehli a non essere costantemente avvicinati dai conducenti di tuk-tuk, risciò, venditori ecc… Idem dai procacciatori d’affari, molto insistenti, di cui occorre sempre diffidare. Nessuna situazione di pericolo oggettivo, basta allontanare con “molta pazienza” questi invadenti personaggi.
In Ladakh risulta tutto diverso, non vi sono questi tipi di fastidiosi “abbordaggi”. Taxisti e molti negozianti a Leh chiedono se occorre un passaggio o approcciano per la vendita nel secondo caso, ma basta un semplice no e non insistono.

Strade, circolazione e trasporti:
Nelle grandi città soprattutto, occorre porre particolare attenzione a dove si mettono i piedi per non rischiare di farsi male, oltre a calpestare chissà cosa…
Le auto viaggiano a sinistra (stile anglosassone) ed il traffico è veramente indescrivibile. Gli autisti indiani hanno una guida piuttosto “sportiva”, pertanto il cuore dei passeggeri risulta messo a dura prova!
Per “sopravvivere incolumi” bisogna veramente avere 1000 occhi e orecchie.
Per quanto concerne i voli interni: vi sono parecchi controlli al rientro da Leh. Vengono imbarcati in stiva anche i bagagli a mano, specie se più voluminosi. E’ particolare anche la richiesta del riconoscimento dei bagagli al rientro per Dehli.
Abbiamo visto a parecchia gente essere controllate le macchine fotografiche e fatte estrarre le batterie.

Varie:
le mance sono ben gradite ovunque soprattutto per dimostrare in gradimento di un servizio.
La lingua parlata è l’Hindi, ma nel Ladakh la lingua predominante è il Ladakho o l’Hurdu.
Chiunque abbia a che fare con il turismo parla anche l’inglese.

IL VIAGGIO NEL DETTAGLIO:

Ciao.
Anche quest’anno io e Patrizia abbiamo deciso di affrontare una vacanza un po’ fuori dagli schemi.
Destinazione India-Ladakh. Atto secondo perché è il ritorno in questo grande e variegato paese, dopo l’esperienza simile vissuta lo scorso anno. In programma un altro trekking nel meraviglioso Ladakh.
Durata di 8gg tra il villaggio di Rumtse ed arrivo in quello di Korzok, sulla riva del famoso lago Tso Moriri con in aggiunta l’ascensione al Mentok Kangry II, cima di 6210m che si trova nella catena montuosa denominata Korzok Range. Per questo occorreranno altri 3gg aggiuntivi, per un totale di 11.
Trekking impegnativo soprattutto per il dover superare 7 colli tutti a quote comprese tra  i 4650 ed i 5200m circa e l’essere costantemente sempre oltre i 4000m di quota. Un impegno fisico da non sottovalutare per chi come noi vive poco al di sopra il livello del mare. Tutto si amplifica ulteriormente per quanto riguarda l’ascensione al Mentok Kangry II, che richiederà uno sforzo ancora superiore vista l’altezza e le diverse condizioni ambientali: presenza di ghiaccio e clima più rigido.
Il viaggio si svilupperà quasi completamente in Ladakh, con una breve parentesi a Dehli, tappa necessaria per il trasferimento ed un tour di un giorno a Jaipur, Rajastan, toccata e fuga, prima di rientrare nel vecchio continente.
Per l’organizzazione del trekking ci siamo di nuovo appoggiati all’agenzia di Leh Dreamland trek&tour. E’ la stessa dell’anno passato, con cui ci siamo trovati bene. I prezzi ed i pacchetti offerti dalle moltissime agenzie di Leh, sono sempre molto simili. Nel nostro caso, per risparmiare tempo in loco, abbiamo optato per organizzare il tutto dall’Italia. Scelta la formula del trekking privato a date prestabilite e pernottamento in tenda. Quest’ultima tipologia è obbligata: non vi sono alternative non essendoci villaggi e strutture dove dormire durante il percorso. La preparazione del viaggio è durata parecchi mesi. La ricerca di notizie, lo scoprire a poco a poco tante curiosità sui luoghi che si andranno a visitare e lo studio per quanto possibile del percorso. In India predomina la religione induista, con una grande comunità musulmana ed una grossa presenza di buddisti soprattutto nelle regioni a nord, come appunto il Ladakh. Quest’ultimo risulta essere, oltre che stupendo dal punto di vista paesaggistico, anche di grande importanza strategica proprio essendo storicamente il punto di comunicazione fra India e Tibet. Le sue valli sono state per secoli la grande via di comunicazione commerciale, prima di tutto per la seta. Il Ladakh viene definito da  molti come l’ultimo Shangri La.  Ossia l’ultimo resistente e fiero baluardo della libera espressione del buddismo. Ultimo perché geograficamente confina con il Tibet di cui viene considerato religiosamente parlando, parte integrante e dove purtroppo non esiste più la libertà di manifestare il proprio credo. Il Ladakh è conosciuto anche come la regione degli altopiani e degli alti valichi: ovunque l’altezza è costantemente oltre i 3000m. La città di Leh, per esempio, supera i 3500. Questa è il centro abitato principale della provincia, che fa parte dell’estesa regione del Jammu-Kashmir. Essendo un punto strategico anche dal punto di vista militare, qui esiste un aeroporto e pertanto si trovano tutti i servizi necessari per muoversi in zona. Proprio con il volo con cui si raggiunge Leh da Dehli, si gode di una vista meravigliosa su Himalaya e Karakorum. C’è la possibilità di arrivarci anche via terra con il bus da Dehli via Manali. Un lungo trasferimento, che però credo sia un’esperienza stupenda per i paesaggi che s’incontrano, anche se molto faticosa. Qui gli spostamenti in auto sono molto lunghi e disagevoli date le condizioni delle strade, molto tortuose e spesso danneggiate dalle intemperie. Date le altezze considerevoli è consigliabile un buon acclimatamento. Questo soprattutto prima di partire per un qualsiasi trekking in zona. Nel nostro caso a partire dal 17 Agosto (giorno in cui siamo atterrati a Leh) non scenderemo mai sotto i 3500m sino al rientro a New Dehli. Il clima secco e poco piovoso rende il Ladakh ideale meta per escursioni e trekking più o meno impegnativi soprattutto nel periodo tra giugno e settembre. Infatti in questi mesi il tempo risulta essere più bello e stabile con temperature diurne molto alte. Il paesaggio risulta ovunque arido e roccioso, eccezion fatta per le montagne che superano i 5500m circa dove compaiono i primi ghiacciai. Solo lungo i torrenti nel fondo delle vallate, si formano vere e proprie oasi di verde lussureggiante, che in estate si cospargono di fiori. Un contrasto incredibile di colori. Il trekking non è alpinismo, ma camminare per parecchi giorni a quote elevate comporta fatica e  conseguente stress fisico dovuto anche alla riduzione di ossigeno nell’aria (a 5000m se ne conta una riduzione del 50% rispetto al livello del mare). Abbiamo cercato di allenarci quanto più possibile in Italia. Preparazione per affrontare anche al meglio i possibili problemi legati alla quota (mal di montagna) ed all’eccessiva fatica.
Il Ladakh è un gioiello ed è stupenda  la sensazione di calma e serenità che è soprattutto la gente del posto a trasmettere. Il fascino dell’atmosfera buddista e degli stupendi monasteri della regione è indescrivibile. Senso di spazio infinito ed intimo contatto con la natura. Non c’è la minima traccia del “nostro” stress cittadino quotidiano. L’altezza avvicina al cielo, le nuvole sono veramente a pochi metri, tanto da avere la sensazione di poterle toccare.
Tutto ciò non vale ovviamente per Dehli e dintorni.
Quando viene detto che occorre prepararsi all’impatto duro con la realtà di questa città non posso che essere d’accordo. Un mondo lontano anni luce dalla nostra vita quotidiana. Povertà e degrado. Un agglomerato urbano soffocato dalla straripante popolazione in continuo aumento. Idem per le altre grandi città, come ad esempio Jaipur che andremo a visitare e che conta, lei sola, circa 4milioni di abitanti. Il popolo indiano è variegato. Differenze grandi dovute all’estensione del territorio, alle origini culturali e religiose che s’incrociano ovunque. Un forte legame verso le tradizioni.
L’India è una nazione in grande espansione dotata di enormi potenzialità.
Da un lato c’è tutto questo, dall’altro condizioni di povertà estrema e tanta gente che non sa di che vivere.
Dopo queste considerazioni generali passo nel dettaglio alla descrizione del viaggio.

15 Agosto – 16 Agosto (mercoledi-giovedi)
Un ferragosto veramente particolare. Nelle strade semideserte di Torino, inizia il nostro viaggio diretti a Malpensa, dove alle 22 circa abbiamo il volo diretto a Dehli. Volo senza scali e pertanto estremamente comodo.
Finalmente è giunto il momento tanto atteso: domattina saremo in India.
Volo tranquillo senza nessun intoppo.
Sono le 9,30 locali del giorno 16, quando atterriamo a Dehli. Puntualissimi. Svolgiamo le formalità doganali e dopo aver cambiato gli euro in rupie e recuperati i bagagli (che per fortuna arrivano tutti!) possiamo finalmente uscire all’esterno. Il terminal 3 dell’aeroporto Indira Gandhi completato nel 2010 per i giochi del Commonwealth, è bello ed organizzato. Fuori ci attende un auto per il trasferimento in hotel. Abbiamo organizzato tutto dall’Italia appoggiandoci a loro. E’ sempre un bene a mio parere dopo un lungo volo arrivare e trovarsi la comodità di un trasferimento organizzato, senza doverci pensare al momento. Al di fuori dell’aeroporto c’è un folto gruppo di procacciatori d’affari, che attendono i turisti per organizzare trasferimenti, tour e soggiorni. Il problema è che in parecchi casi dietro questi personaggi si celano truffe pericolose.
Il tempo è bello, ma c’è un caldo allucinante e umido. In giro il caos è assicurato. Del resto siamo a metà mattina e la città è in piena attività. Subiamo il duro impatto con la realtà di una metropoli di quasi 13 milioni di persone. Replichiamo le sensazioni già vissute l’anno passato. Nei circa 30-40 minuti di viaggio abbiamo modo di vedere dal finestrino dell’auto uno spaccato della cruda realtà di vita indiana. Arrivo in hotel e sistemazione in camera. Ci riposiamo per riprenderci dal viaggio ed abituarci al nuovo fusorario. Usciremo dall’albergo verso sera per cenare al vicino e sempre affidabile, anche se non economicissimo, Alfa Spice restaurant.
Domattina levataccia per andare all’aeroporto e volare a Leh. Alle 5:40 abbiamo il volo.

17 Agosto (venerdi’)
Noi non siamo scaramantici ma oggi e’…
Sveglia pesante, sono solo le 3,00 quando usciamo dall’hotel diretti in aeroporto.
Il fuso orario non è ancora in “circolo” e fatichiamo a carburare. In italia sono solo le 23,30! Chiudiamo i bagagli e lasciamo il superfluo che non ci servirà in hotel, tanto al rientro a Dehli rialloggeremo qui.
Il nostro volo per Leh è alle 5:40, abbiamo tempo per fare tutto con calma. Preferiamo partire con ampio anticipo per non rischiare intoppi visto che l’aeroporto è a circa 15 km dall’hotel e sappiamo che qui le strade possono riservare brutte sorprese… La città è ancora addormentata, tutte le botteghe sono chiuse, traffico poco e pochi clacson, basta già però quello del nostro taxista che ogni tanto quasi per riflesso condizionato suona nonostante l’ora e la relativa calma intorno a noi. Le strade sono semi buie, ma s’intravedono parecchie persone che anche solo a piedi vanno in giro o dormono per strada: buttati sui bordi o sui marciapiedi. Chi non ha una casa (sono tanti purtroppo…), dorme come capita. A quest’ora in 20 minuti siamo in aeroporto. La metà circa del tempo di quando c’e’ traffico.
Andiamo nuovamente al terminal 3 da cui parte la Jet Airways.
Check-in regolare e senza intoppi. Notiamo che essendo Agosto vi sono parecchi voli per Leh (almeno 5-6…, il nostro è il primo della giornata) anche più di uno della stessa compagnia. Leh è ben servita: 3-4 compagnie volano abitualmente, Jet airways, Air India, King Fisher o la low cost Go Air.
Il volo è sempre stupendo, l’alba sull’Himalaya è un bell’intrattenimento particolarmente suggestivo.
Il lato sinistro dell’aereo è quello migliore per scattare fotografie: si evita  la luce fortissima del sole nascente.
Atterriamo nel piccolo aeroporto di Leh in perfetto orario. C’è un bel sole, caldo e si sente subito l’aria più fine e leggera.
Non possiamo dimenticarci di essere a oltre 3500m di altezza. Recuperiamo i bagagli e compiliamo il foglio d’ingresso richiesto dalla polizia. Anche qui abbiamo il trasferimento organizzato al vicino centro città. Sono poco più di 5 minuti d’auto. Leh e dintorni è sempre affascinante. La ritroviamo con il suo stupendo palazzo reale che domina dall’alto il centro abitato con la sua enorme e possente figura. Andiamo in agenzia e salutati i proprietari che conosciamo già dall’anno passato, ci trasferiamo nel vicinissimo albergo che è sempre di proprietà dell’agenzia, il Dreamland hotel. Un albergo molto semplice e spartano, ma molto economico e che risulta essere centralissimo e comodo per spostarsi a piedi nella città vecchia. Sistemiamo in camera i bagagli e subito usciamo per andare a riscoprire la città. Il suo centro è molto commerciale: tante agenzie, alberghi, ristoranti e negozi e poi vari Tibetan market, mercatini dei rifugiati tibetani che vendono i souvenir tipici della zona. Staremo qui oggi e tutto domani, due giorni per acclimatarci e poter partire per il trekking nelle migliori condizioni. Stiamo bene, non sentiamo per ora nessun problema per lo sbalzo repentino di quota. Per saggiare la nostra “forma fisica” andiamo subito verso il Leh Palace da cui si gode una meravigliosa vista sulla città. Posto ideale per fotografare Leh dall’alto. Vediamo la bella Jama Masjid, la moschea della numerosa comunità musulmana presente in città. Il centro storico da cui si passa per raggiungere il palazzo reale è molto fatiscente: case abbandonate e pericolanti, ma è molto suggestivo. Strada facendo incontriamo anche parecchie mucche ed asinelli che girano liberi ed indisturbati per le strade… Una classica immagine che si conosce dell’India. Vicoli e stradine s’inerpicano sulla collina, intrecciandosi fra loro sino a raggiungere il cospetto di questa imponente costruzione che apparteneva al re del Ladakh e che era nei secoli passati la sua principale dimora. Si può visitare (costo 100 rp), ma l’abbiamo già fatto l’anno passato, per cui non entriamo. Intanto si è fatto quasi mezzogiorno e decidiamo di mangiare qualcosa nella conosciuta German Bakery Pumpernickel, una specie di panetteria-pasticceria, dove si possono comprare un po’ di golose leccornie. Qui si trovano anche i buonissimi succhi di frutta in bottiglia, come quello di mele, specialità del Kashmir. Il pomeriggio passa nel completo  relax. Ammiriamo la catena dello Stok Range, con il celeberrimo Stok Kangri, che con i suoi 6153m è la montagna più alta della zona. Il clima è molto mite, fa caldo ed anche di sera la temperatura è piacevole.
Ci ricordiamo che l’anno passato faceva molto più fresco. Ci dicono infatti, che questa è un’estate particolarmente calda. 

18 Agosto (sabato)
Primo risveglio a Leh. Oggi trascorreremo la giornata in paese. Dedicheremo il tempo alle visite, allo shopping ed all’acclimatamento. Tutto questo in previsione della partenza di domani per il trekking. Il tempo è bello e ci stimola subito dopo colazione ad andare allo Shanti Stupa. Questo si trova in un punto molto panoramico appena fuori città. La sua particolare posizione offre un’ottima vista di Leh e dintorni. Ideale sarebbe recarsi al tramonto, per gli scorci panoramici ed i giochi di luce. Ci andiamo a piedi “ovviamente”, anche se si può comodamente arrivare in auto: una bella passeggiata che alla fine presenta una lunga scalinata, che permette di raggiungere il piazzale dove si erge lo stupa fatto costruire da monaci giapponesi nei tempi passati. La vista da lassù è veramente incantevole. Il sole è forte ed è bene usare creme e cappello per evitare scottature. Rientrando scopriamo angoli e zone di Leh non esplorate lo scorso anno e senza accorgercene ci ritroviamo a fine giornata a chiudere il bagagli e preparate le ultime cose per la partenza di domani. Nel frattempo incontriamo Sidar, il nostro cuoco dello scorso anno con cui ormai siamo amici e che ci accompagnerà nuovamente in questa avventura.
Concludiamo la giornata a cena al Dreamland restaurant, dove come l’anno passato mangiamo bene.

19 Agosto (domenica)
1° giorno di trekking: tappa di trasferimento mista, (in auto) Leh – Rumtse, (a piedi) Rumtse – Kyamar Chorten Sumdo
Al risveglio siamo elettrizzati: oggi finalmente partiamo per il trekking. La lunga attesa è finita. Dalle tende della finestra dell’hotel filtrano i raggi del sole, la giornata promette bene. Facciamo colazione ed alle 8,30 lasciamo Leh su una “specie” di fuoristrada stracarico di tutto ciò che ci occorrerà durante il trekking. Oltre a Sidar il cuoco, c’è anche la guida, Rigzen, che non conoscevamo ancora, giovane ragazzo di 21anni e studente universitario. Manca solo più il pony man e cioè colui che conduce i cavalli che trasportano l’occorrente per noi e per campeggiare. Lo troveremo a Rumtse: villaggio dove giungeremo oggi con l’auto. Da li si proseguirà a piedi. Sarà un viaggio di circa 3 ore per un totale di circa70km. Rumtse è situato sud-est di Leh. La Valle di Rupshu che percorreremo stamattina, è stretta tra il Ladakh (zona del nord), Tibet nell’est e lo Zanskar ad ovest. È una parte dell’altopiano del Changthang che è caratterizzato da piani aridi ed alti, nomadi, pastori e dalle alte cime contraddistinte dalla punta innevata, oltre che dai  laghi azzurro-blu: i più grandi sono lo Tso Kar ed il Tso Moriri a circa 4500 m. Da Leh, il trasferimento a Rumtse è molto bello ed eccitante, con viste della Valle dell’Indo ed i monasteri della zona.
Il primo giorno dovrebbe essere molto tranquillo: è prevista una breve camminata su terreno praticamente pianeggiante che aiuterà l’acclimatamento. Ci accamperemo per  la notte nella località Kyamar. Il trasferimento in auto avviene su una strada tortuosa, soprattutto quando ci addentriamo nella vallata di Rumtse. Arrivati qui e scesi dall’auto sentiamo subito che ci siamo alzati di quota. Siamo a circa 4100m e lo percepiamo dal respiro più faticoso. Scaricata l’auto e salutato l’autista ci avviamo a piedi nel sentiero che segue il fondo valle. E’ quasi mezzogiorno. Siamo in un’ampia vallata molto brulla e attorniata da cime dalla punta arrotondata. Caratteristica questa, che contraddistingue tutta la zona. C’è un bel sole e la salita molto dolce aiuta ad abituarci a camminare a quest’altezza. Patrizia ha qualche difficoltà con la respirazione, speriamo la superi in fretta. Da domani infatti le tappe diventeranno molto più lunghe e dure: saliremo ancora di quota e pertanto in nostro fisico sarà ancora più sottoposto ad un duro lavoro. Dopo circa tre ore di cammino ed  un pranzo al sacco consumato in una delle poche zone erbose incontrate, arriviamo alla spianata verdeggiante denominata Chorten Sumdo e Kyamar. Qui incontriamo anche altri trekkers che saranno coloro con cui condivideremo il percorso nei prossimi giorni. Trattasi di altre due coppie ed una ragazza sola. Come ci aspettavamo non c’è moltissima gente e questo è ciò che sinceramente speravamo per essere ancora più distaccati dal mondo e goderci la natura. Sistemiamo le tende e prepariamo la nostra nuova “dimora” che ci ospiterà per le prossime notti. Il pomeriggio passa veloce, ceniamo alle 19, la prima cena del trekking. Fuori dalla tenda sta facendo buio, il sole cala intorno alle 18…
Abbiamo assistito al primo stupendo tramonto. Socializziamo con i nostri accompagnatori, sempre riservati e garbati. Ormai Sidar lo conosciamo dall’anno passato e con lui il ghiaccio è già rotto. Rigzen, la guida è un gran bravo ragazzo, educato e disponibile. Tutti compreso il pony man, con cui abbiamo meno a che fare. Sono sempre tutti sorridenti, trasmettono serenità e questa è una gran bella cosa: ossigeno puro per noi abituati spesso ad essere attorniati dallo stress. L’aria si rinfresca, ma non fa tanto freddo. Questa sarà la prima delle numerose notti che trascorreremo in tenda. Dobbiamo cercare di riposare bene, domattina la sveglia è alle 6 e ci attende la prima tappa impegnativa con due colli da superare in quota.

Sintesi dati significativi 1° tappa:
Leh (3500m) – Rumtse (4100m), auto 70km, circa 3ore.
Rumtse (4100m) – Kyamar Chorten Sumdo (4400m) circa 3h
Dislivello percorso: +300m
Punto massimo: arrivo Kyamar 4400m
Tempo impiegato complessivo: circa 3 ore
Distanza percorsa approssimativa: 20 km
Difficoltà tecniche e note significative: trasferimento iniziale in auto su strada quasi interamente asfaltata, ma in alcuni tratti particolarmente tortuosa. Seconda parte della tappa a piedi su sentiero privo di difficoltà: ben marcato nel fondo di un’ampia vallata. Salita molto blanda e costante, ottima per acclimatarsi. 

20  Agosto (lunedi):
2° giorno di trekking: tappa Kyamar Chorten Sumdo (4400m) – Tisaling (4700m)
Prima notte in tenda: abbiamo riposato abbastanza bene. I materassini sicuramente non sono comodi come il letto di casa, però ci hanno permesso di dormire a sufficienza. Sono solo le 6,00 quando apro la cerniera della tenda per guardare fuori, anche se la sveglia “ufficiale” è alle 6,30. Fuori il tempo promette bene: c’è un bellissimo cielo azzurro, privo di nuvole.
Il sole sta facendo la sua apparizione giornaliera dietro le cime all’orizzonte e comincia a riscaldare l’aria ancora fresca dalla notte.
Facciamo colazione, preparata impeccabilmente da Sidar che come sempre non ci fa mancare nulla. Dopo aver sistemato le nostre cose ci avviamo. Sono le 7,45 circa. Oggi ci aspetta una lunga tappa, con due colli di 4800 e di 4900m.
Dislivello in salita non eccessivo, ma parecchi km da percorrere e l’altezza considerevole che si fa sentire in qualsiasi movimento.  Iniziamo con un’ascesa graduale verso il nostro primo colle: il Kumur La (4800 m) che dà una prospettiva spettacolare degli altopiani del Changthang ed i suoi colori variopinti. Si percorre il fondo dell’ampia vallata lungo una vecchia pista per fuoristrada che si abbandona dopo circa 2 ore di cammino, imboccando un valloncello laterale che con un aumento di pendenza più marcato conduce al primo colle. Una traccia di sentiero evidente. Il colle è nascosto, pertanto il primo obiettivo del trekking (il primo dei sette che dovremo superare…) si intravede solo negli ultimi metri, contraddistinto dalle caratteristiche bandierine di preghiera. Sono le  11 circa quando giungiamo in cima (3ore di cammino). Qui troviamo alcuni degli altri trekkers che fanno lo stesso percorso. La prima piccola soddisfazione. Ma oggi la strada è ancora lunga. Dal colle c’è una bellissima vista che spazia sino allo Zanskar, sulla sue stupende cime e ghiacciai. Siamo raggiunti dai cavalli con al seguito Sidar ed il pony man. Sono partiti dopo di noi, per smontare tutto e caricare gli animali. Ma come sempre accade, sono di gran lunga più veloci e ci raggiungono superandoci. Si prosegue in mezzacosta sulla destra del colle, in leggera discesa, tagliando in quota un ampio vallone che si perde all’orizzonte. Si supera un costone che fa da spartiacque con altri valloncelli. Scendiamo nel fondo di uno di questi (4650m). Lo percorre un bel ruscello, qui ci fermiamo a pranzare e riposare un po’, sono le ore 11,45 circa. Siamo alla base del prossimo colle. Da qui si riparte con una salita sulla destra orografica e che aumenta di pendenza progressivamente conducendoci alla sua sommità. Patrizia non è molto in forma. Anche oggi sente problemi di respirazione e diventa difficile a quest’altezza la progressione in queste condizioni. Sono le 13 quando giungiamo al secondo ed ultimo colle della giornata, dopo altre 45minuti, il Mandalchan La (4900 m). Possiamo nuovamente apprezzare la vista. E’ un sollievo sapere che la tappa di oggi sta finendo. Dobbiamo ancora camminare almeno un’ora però senza più salire. C’è da percorrere un lungo tratto in mezzacosta sino a raggiungere un’insellatura segnata anch’essa da bandierine di preghiera. Da questo passaggio si vede la vallata dove campeggeremo stanotte. In fondo a quest’ultima scorgiamo il terzo colle: sarà l’unico da superare nella giornata di domani. Dopo una facile discesa in cui ci abbassiamo di circa 200m, giungiamo ai pascoli di Tisaling (4700m). Qui troviamo gli altri trekkers ed i nostri fidi accompagnatori che hanno già montato la tenda cucina. Sono  le 15,30 circa. Io aiuto Rigzen a montare la nostra e finalmente possiamo riposarci sulla stupenda ed invitante erba rasata che ricopre la zona. Il sole è caldo e passiamo la restante parte del pomeriggio nel massimo relax. In lontananza vediamo alcune tende di nomadi con i loro armenti di pecore, capre e yak. Seguirà una meritata ed abbondante cena e lo spettacolare cielo stellato da ammirare. Sarà un appuntamento fisso delle prossime nottate. Una meraviglia che lascia senza parole. 

Sintesi dati significativi 2° tappa Kyamar/Chorten Sumdo (4400m) – Tisaling (4700m):
Dislivello percorso: +700m, -500m
Punto massimo: Mandalchan La 4900m
Tempo impiegato complessivo: circa 7,5 ore
Distanza percorsa approssimativa: 15 km
Difficoltà tecniche e note significative: tappa impegnativa, due colli in quota da superare. Il primo si raggiunge con un primo tratto su una vecchia pista di fuoristrada, nel centro della vallata. Abbandonata la suddetta pista (2ore), si prosegue in un valloncello laterale sulla sinistra idrografica e con un facile sentiero che sale molto gradatamente si guadagna la sommità del primo colle Kumur La(4800m). Da qui  tagliando a mezzacosta per un breve tratto si prosegue in discesa verso il fondo di un vallone laterale raggiungendo la base del secondo colle (4650m 45minuti). Da qui si sale gradatamente sulla destra orografica sino alla sommità del Mandalchan La (45minuti, 4900m). Si continua in un tratto abbastanza lungo semipianeggiante raggiungendo un’altra insellatura non considerata un vero e proprio colle. Si prosegue in discesa su comodo sentiero ben tracciato, alla volta della ben visibile sottostante località chiamata Tisaling, (1,15h 4700m) meta della giornata odierna.  

21 Agosto (martedi):
3° giorno di trekking: tappa Tisaling (4700m) – Pongunagu (4300m)

Nonostante che la sveglia “ufficiale” sia prevista alle 6,30, alle 6,00 siamo già nuovamente svegli come ieri. Del resto andando a dormire molto presto c’è tanto tempo per riposare. Abbiamo dormito bene e questo è di buon auspicio per la giornata. La mancanza del bagliore del sole sorgente attraverso la nostra tenda rossa e gialla non è un buon segno. Fuori sentiamo che c’è il vento molto forte che pare in certi momenti voler strappare la tenda dai picchetti. Mi affaccio aprendo la lampo. La prima impressione non è buona: il cielo è burrascoso, tipico da tormenta, qualche sprazzo di azzurro, ma con le nuvole grigie che si spostano velocemente. A tratti gocciola. Noi però non possiamo stare fermi. Pertanto non ci resta che preparare i bagagli ed affrontare la nuova giornata. Dopo colazione ed armati di buona volontà partiamo. Sono le 8,15 circa, il tempo continua ad essere instabile. Il vento è forte e freddo: disturba un po’. Il colle che affronteremo oggi è la parte più impegnativa della giornata. Si trova all’inizio della tappa. Partiti da Tisaling si sale gradatamente sulla destra idrografica e giunti alla base di una altro colletto che si vede all’orizzonte, lo si ignora proseguendo sotto un costone su una traccia di sentiero poco visibile. Non bisogna sbagliarsi e restare nel centro del vallone, li ci sono molti detriti e la progressione pertanto risulterebbe più faticosa. Con una salita più ripida nell’ultimo tratto, si giunge sul colle. Ampio e molto arido, circondato da parecchie cime tutte dalla punta molto arrotondata. Il vento è sempre forte, ma sembra che nella direzione in cui andiamo noi il cielo sia più sereno. Speriamo. Siamo sul Shibuk La (4950 m, 1ora). Da qui si comincia a scorgere in lontananza il suggestivo lago Tso Kar, il primo e più piccolo dei due che incontreremo lungo il trekking. Breve riposo e visto il clima non proprio favorevole, cominciamo la discesa nella vallata oltre il colle. Una discesa lunga e graduale. Vediamo parecchi asini selvatici che corrono liberi lungo il costone della montagna. Nel frattempo delle nuvole  grigie e minacciose ci appaiono sull’alto costone al di sotto del quale stiamo camminando. Non promettono nulla di buono. Infatti di lì poco comincia a piovere ed a tratti grandina! Si prosegue sperando che finisca in fretta visto che il cielo all’orizzonte è più sereno. Sarà cosi. Infatti dopo mezz’oretta smette ed il sole ricompare attraverso le nebbie per riscaldarci. Nonostante il disturbo, l’effetto prodotto dai giochi di luce è veramente indescrivibile se lo si associa allo stupendo panorama verso il lago Tso Kar. Continuiamo a scendere gradatamente. La vallata nell’ultimo tratto si stringe parecchio, la si percorre su un sentiero ben visibile sulla destra idrografica. Breve pausa per  uno spuntino, sono le 12 circa. Siamo ormai giunti alla fine del vallone che partiva dal colle. Da qui inizia un’enorme spianata che conduce al lago Tso Kar. Il paesaggio qui è incredibile: quasi lunare, aridissimo, desertico. Sfumature di colore particolari accentuate dalla luce del sole. Da questa spianata c’è da percorre un lungo tratto semi pianeggiante che conduce al bacino del lago, dove sorge un’area attrezzata per accogliere i turisti provenienti direttamente da Leh. Qui infatti abbiamo incrociato la strada che la collega con Manali. Questa località prende il nome di Pongunagu. La fatica odierna sta per terminare. Anche oggi le salmerie ci hanno superato e noi siamo rimasti con la nostra guida Rigzen per completare la tappa. Il tempo intanto è nuovamente peggiorato, purtroppo il vento ha di nuovo portato le nuvole e ricomincia a gocciolare. Siamo a poca strada dall’arrivo. Non avremo il tempo neppure di montare la nostra tenda, che si scatena un temporale con tuoni e fulmini nelle cime circostanti. Per fortuna Sidar arrivando prima ha già montato la tenda cucina, per cui troviamo un riparo ed in più un’apprezzatissima minestra di pasta che dopo una giornata cosi risulta un vero toccasana. Sono le 14,30 circa, fuori c’è una mezza bufera! Per fortuna smetterà dopo un’oretta lasciando spazio ad un timido sole che attraverso le rimanenti nubi lascia trasparire le montagne circostanti che con nostro stupore sono imbiancate di fresco. Pongunagu (4300m), la località dove siamo, è conosciuta per essere molto ventosa. Oggi ne abbiamo avuto la dimostrazione!!!! Intanto riusciamo a montare la nostra tenda e a sistemarci dentro. Rinforziamo i picchetti perché il vento mette veramente a dura prova la sua resistenza. Nei paraggi del campo c’è un bellissimo chorten che tra parentesi stanno ristrutturando e quindi abbiamo intorno parecchi monaci buddisti al lavoro. Verso sera per fortuna il cielo si pulisce completamente e ci offre un tramonto incredibile.

Sintesi dati significativi 3° tappa Tisaling (4700m) – Pongunagu (4300m)
Dislivello percorso: +300m, -650m
Punto massimo: Shibuk La (4950m)
Tempo impiegato complessivo: circa 5-6 ore
Distanza percorsa approssimativa: 22 km
Difficoltà tecniche e note significative: tappa di medio impegno, un colle da superare. Salita immediata subito dopo il campo, che conduce all’ampia insellatura battuta da gelide correnti. Dopo aver superato il colle (Shibuk La 4950m, 1ora), si percorre in discesa molto dolce una vallata per alcuni km. Sentiero ben visibile al centro della valle. Alla fine di questa che nell’ultimo tratto si stringe parecchio (2h), si giunge in un ampia spianata semipianeggiante. La si percorre su una traccia di sentiero sulla destra orografica e sino ad intravedere la località Pongunagu, destinazione di oggi (2,5ore), questo dopo aver superato una piccola salita. Il campo dove si piantano le tende si trova quasi sulla riva del lago salato Tso Kar. Poco prima di arrivare a destinazione si attraversa la strada asfaltata che collega Manali con Leh. 

22 Agosto (mercoledi):
4° giorno di trekking: tappa Pongunagu (4300m) – Nuruchan (4350m)
Al risveglio aprendo la lampo della tenda ci rendiamo conto che il tempo è veramente bello.
Il cielo è limpido e l’aria è fresca come ogni mattina. Le cime circostanti sono tutte imbiancate di fresco in cima. Ieri i vari temporali si sono tradotti in neve alle quote più alte. In teoria oggi è un giorno meno faticoso: un lungo trasferimento semi pianeggiante, che ci farà costeggiare dapprima il lago Tso Kar, per proseguire poi su una vecchia pista per fuoristrada che conduce alla zona destinata al campeggio nei pressi del piccolo villaggio di Nuruchan. Quest’ultimo costruito appositamente dal governo indiano per cercare di sedentalizzare i nomadi della zona. Impresa che a quanto pare non sta avendo successo. Si parte dopo la solita abbondante colazione, dopo alcuni minuti giungiamo sulla riva del lago che ci appare imbiancata come se avesse nevicato. E’ il sale contenuto nell’acqua che si deposita e rende l’ambiente assai particolare. E’ molto strano trovare un lago salato a quest’altezza! Ho letto che il livello dell’acqua  in questi ultimi anni è diminuito molto a causa dell’estrazione del minerale. Andando avanti di questo passo, purtroppo, l’acqua scarseggerà sempre più.
Costeggiamo il lago, un bellissimo panorama ci circonda ed i riflessi sull’acqua colorano il blu cristallino d’infinite sfumature. Vari greggi di pecore, capre e mandrie di yak circondano le verdi praterie circostanti. Lasciato il contorno del lago dopo circa 2 ore di cammino, imbocchiamo una pista laterale che sempre su terreno semi pianeggiante prosegue in un’ampia vallata che conduce alla base del colle che sarà la meta più alta della giornata di domani. Qui troviamo vari asini selvatici che corrono liberi su queste terre sconfinate. Nuvoloni neri appaiono minacciosi sulle creste alla nostra destra: se il vento non cambia direzione si stanno spostando verso il punto d’arrivo della tappa. Speriamo che si scarichino prima del nostro arrivo. Infatti cosi avverrà. Scorgeremo di li a poco la pioggia cadere all’orizzonte e per fortuna quando saremo a poca distanza dall’arrivo il cielo sereno avrà nuovamente la meglio. L’ultimo tratto prima dell’ampia radura destinata al campeggio lo percorreremo costeggiando il villaggio di Nuruchan, quello che come scrivevo prima è stato creato per sedentalizzare i nomadi della regione. A vista ci appare praticamente deserto. Arriviamo al campo, già ci hanno preceduto i nostri fidi accompagnatori salvo Rigzen, la guida, che come sempre ci accompagna durante il giorno. Dobbiamo necessariamente guadare il torrente per andare dall’altra sponda. Dopo questo pediluvio rinvigorente nelle gelide acque, finalmente possiamo rilassarci. Sono le ore 13 circa, abbiamo camminato circa 4,5h. Non siamo particolarmente stanchi e ne approfittiamo per goderci il sole e fare un po’ di bucato. Nel frattempo Sidar ci prepara un pranzetto veloce con uno spettacolare riso alle verdure. La giornata prosegue nel dolce far niente, ozio completo che ci concediamo alternando brevi passeggiate o letture. Anche i nostri accompagnatori approfittano del tempo libero a disposizione per fare il bucato. Arriva la serata, il sole cala e la temperatura cambia notevolmente. E’ del resto quello che avviene tutti i giorni. La nostra serata finisce rapidamente: dopo cena ci ritiriamo in tenda velocemente, fa freddo. Al solito è molto presto, sono solo le 20: qui del resto non c’è una gran vita notturna…!!!!!

Sintesi dati significativi 4° tappa Pongunabu (4300m) – Nuruchan (4350m):
Dislivello percorso: +50m
Punto massimo: Nuruchan 4350m
Tempo impiegato complessivo: circa 4,5 ore
Distanza percorsa approssimativa: 18 km
Difficoltà: tappa poco impegnativa, lungo trasferimento semi pianeggiante senza particolari difficoltà su una pista da fuoristrada che conduce al villaggio nella località Nuruchan.
Tratto iniziale lungo il perimetro del lago Tso Kar (1/2 h), successivo ripiego in ampio vallone laterale sulla sinistra orografica (2h). Guado finale indispensabile per accedere alla zona adibita al campeggio (4,5h). 

23 Agosto (giovedi):
5° giorno di trekking: tappa Nuruchan (4350m) – Rajung (4650m)

Risveglio al fresco… La nottata è stata piuttosto movimentata. Il cielo durante la notte si è coperto ed ha piovuto piuttosto violentemente. L’abbiamo udito bene nel tepore dei nostri sacchi a pelo. Mentre ci prepariamo e facciamo colazione, notiamo che all’orizzonte tutte le cime sono nuovamente imbiancate. Per fortuna però, come è già successo altri giorni, via via che passa il tempo, il cielo si rasserena e ricompare il sole. Oggi saliremo il 4° colle del trekking, l’Horlam Kongka La, di 4650m circa: impegno di media difficoltà, salita graduale su facile terreno. Sono le 8,15 circa, quando zaini in spalla partiamo dal campo, costeggiando il corso del ruscello guadato ieri. Bella vallata, molto ampia, ma altrettanto arida. Man mano che ci alziamo verso la sommità del colle, il panorama all’orizzonte si fa sempre più ampio e molto suggestivo. All’orizzonte dal versante da cui proveniamo vediamo la macchia blu cristallina del lago Tso Kar. Saliamo bene, nonostante l’altezza, abbiamo un buon passo che ci permette di raggiungere l’insellatura dopo 1h40 circa. Qui troviamo altri trekkers oltre ai soliti con cui stiamo condividendo giorno dopo giorno il percorso. Breve sosta e proseguiamo percorrendo la breve discesa verso la base del colle, dove arriveremo in mezz’oretta circa (4500m). Incrociamo parecchie persone che salgono il sentiero a ritroso. La giornata è stupenda, un sole forte e molto caldo ci allieta la camminata. Il mio orologio indica circa 30°! Bisogna fare attenzione a non scottarsi.
Quindi prestiamo sempre attenzione ad avere crema, occhiali e qualcosa in testa. Alla base del colle occorre guadare un ruscello di questa nuova vallata che ci accingiamo a percorrere. L’acqua è molto fredda, non da tempo di rilassarsi nell’attraversamento! Sostiamo qualche minuto facendo uno spuntino, per poi ripartire nuovamente sulla sinistra idrografica della valle imboccando una bella pista semi pianeggiante. Da qui in un’ora abbondante, con un lungo trasferimento attraversando vari pascoli di pecore e capre arriviamo al campo, meta della tappa odierna. Località chiamata Rajung. Qui c’è una nutrita comunità di nomadi. Quando i cinesi invasero il Tibet negli anni 60’, questi con i loro animali affrontarono le numerose fatiche ed il freddo pungente  per l’esodo presso queste regioni. Molti di loro persero la vita.
Anche oggi l’altezza non cala, siamo a circa 4650 m. Arrivati sul punto dove Sidar ed il ponyman ci aspettano con tutta l’attrezzatura, provvediamo a dare una mano a montare il campo. Siamo alla base del colle. Ci godiamo la bella giornata con un pomeriggio di pieno relax. Oggi il ponyman ci lascerà: deve rientrare a casa. L’avvicendamento avviene con due uomini provenienti da Korzok, il villaggio che è la meta finale del trekking. Il vecchio ponyman è stato veramente gentile e simpatico. Un ottima persona, sempre sorridente. Quando a fine pomeriggio il sole sta calando dietro le cime, scorgiamo provenire dalle vallate laterali che confluiscono nella spianata dove passeremo la notte, migliaia di pecore, capre e moltissimi yak. Veramente uno spettacolo meraviglioso. Nel giro di un paio d’ore la zona si riempie di animali che costituiscono il tesoro dei nomadi della regione. La temperatura si rinfresca subito appena  il sole cala e si sente la differenza. Vista l’altezza ed il fatto che alle 19 fa già buio, facciamo cena alle 18,30. Sempre prima!!!! Il nostro problema è che mangiando cosi presto è sempre difficile inventarsi qualcosa per il dopo cena… Del resto è altrettanto difficile pensare di andare a dormire troppo presto con la cena sullo stomaco. Allora come sempre ci chiudiamo in tenda impegnando il tempo nella lettura o ascoltando musica e cercando da far passare un’oretta. Domani sarà un giorno impegnativo: due colli da scavalcare, il primo sarà il più alto del trekking intorno ai 5200m circa. In realtà queste tappe del trekking erano programmate in modo diverso. Oggi avremmo dovuto superare due colli, ma con Rigzen, la guida, abbiamo deciso di modificare le tappe successive. 

Sintesi dati significativi 5° tappa Nuruchan (4350m) – Rajung Karu (4650m):
Dislivello percorso: +450m, -150m
Punto massimo: Horlam Kongka La 4800m
Tempo impiegato complessivo: circa 3,45 ore
Distanza percorsa approssimativa: 12 km
Difficoltà: tappa con un colle da superare. Salita allo stesso che comincia subito dopo il campo, molto graduale e senza difficoltà (1,40h). Dal colle Horlam Kongka La (4800m), discesa sul versante opposto di circa 30minuti (4500m).
Imboccare vallata laterale sulla sinistra orografica. Raggiunta la base del colle nell’altro versante, occorre guadare il torrente che scorre nel fondo valle. Da qui si prosegue sulla sinistra idrografica su un facile sentiero in leggerissima salita in brevi tratti sino a raggiungere il sito del campo odierno Rajung Karu (4650m), base del colle Kyamayuru La, il più alto del trek, che affronteremo il giorno successivo.

24 Agosto (venerdi):
6° giorno di trekking: tappa Rajung Karu (4650m) – Gyamar (4800m)
Il buongiorno si vede dal mattino… o no?! Durante la nottata, cominciamo a sentire la pioggia battente ed il vento sempre più forte che si abbatte sul campo. La tenda sembra volersi staccare dai picchetti e sinceramente diventa difficile riposare ulteriormente in queste condizioni. Sono le 5, quando decido di uscire per verificare le condizioni con i miei occhi. Anche perché stiamo campeggiando a lato di un torrente: l’idea che il livello dell’acqua cresca troppo e lo faccia straripare, ci preoccupa alquanto… All’apertura della lampo mi appare dinanzi un paesaggio invernale: nevica e c’è bufera. Il colle che dovremo affrontare è imbiancato e l’unico pensiero va alla speranza che il tempo migliori nelle prossime ore. Attendiamo che albeggi: il vento continua ad essere forte e fastidioso. Alle 6,30 dopo esserci alzati, prepariamo al solito le nostre cose. Per fortuna sembra che piccoli sprazzi di sereno stiano piano piano apparendo attraverso la coltre di nuvole. Sono ormai le 7,30 quando il sole fortunatamente fa la sua attesa apparizione. L’aria si riscalda subito. Intorno a noi è pieno di greggi di pecore e yak. Povere bestie, saranno anche abituate, ma stare cosi all’aperto con un tempo del genere non credo sia piacevole!
Approfittando della comparsa quanto mai gradita del sole, provvediamo a smontare tende ed a prepararci. Il colle è la che ci attende: ricoperto nell’ultimo tratto da un po’ di neve che calpesteremo nelle prossime ore. Sono le 7,45 quando partiamo salendo lentamente verso il primo colle. Oggi infatti sarà una tappa molto impegnativa: due colli da affrontare oltre i 5000m e molte ore di cammino. L’alta quota oggi più che mai  si sente. L’aria sempre più rarefatta di queste altezze considerevoli è un ostacolo non da poco. Dopo 2 ore di cammino raggiungiamo il colle Kyamayur La (5200m circa). La prima fatica di oggi è superata. Siamo ripagati dalla vista e dalla soddisfazione. Fa freddo, la neve caduta ed il vento gelido rendono l’ambiente praticamente invernale e sostiamo al colle solo per pochi minuti. Da quassù c’è una vista strepitosa. Questo passo a nostro parere è il più alto del trekking. Dico a nostro parere, proprio perché la quota è stata ottenuta tramite l’analisi comparativa tra i ns. altimetri ed i dati  della cartina. Affrontiamo la breve discesa verso la spianata molto bella di località Kyagar 4900m circa (-250m ). Un tratto di altopiano particolarmente selvaggio e circondato da cime che superano i 6000m. Anche qui troviamo diversi greggi di pecore e numerose tende di nomadi. Dopo un lungo tratto semi pianeggiante raggiungiamo la base del secondo colle, località Gyamar Barma (1,5 ore da Kyagar). Qui pranziamo sulle sponde del torrente che percorre la vallata e cerchiamo di recuperare l’energia necessaria ad affrontare la seconda fatica. La salita avviene su un mezza costa sulla destra idrografica. Sentiero che prende quota gradatamente, segnato da vari ometti che aiutano a scandire l’ascesa. Dopo alcune centinaia di metri lo stesso piega a destra guadagnando l’insellatura che conduce al colle. Questo è molto ampio ed apre la vista verso un’altra vallata che ci accingeremo a percorrere in parte sino al campo dove trascorreremo la notte. Nessuna difficoltà, salvo la fatica dovuta all’altezza ed alle ore di cammino precedenti. Il colle Kartse La (5100m) è molto pittoresco, la vista da qui spazia a 360° e ci rilassiamo per qualche minuto dinanzi a questo ennesimo meraviglioso panorama. Siamo sempre noi tre, io, Patrizia e Rigzen, nostro “fidato accompagnatore”. Soli a goderci il 6° e penultimo colle del trekking. Domani ci attende il settimo ed ultimo colle: gran finale prima di scendere a Korzok, il villaggio situato sulla riva del lago Tso Moriri, meta conclusiva del trekking. Dal colle scendiamo sulla sinistra e mantenendo la ben visibile traccia di sentiero sino al fondo valle. Qui durante una breve pausa ci raggiungono due bambini. Sarà un incontro molto emozionante. Sono piccoli, maschio e femmina, crediamo fratello e sorella e non avranno più di 5-6anni. Sono curiosi e timidamente si avvicinano. Gli diamo delle caramelle, la gioia nei loro occhi non si può descrivere. L’emozione che si può avere dalle piccole cose. Apprezzare tutto… noi ce ne dimentichiamo troppo spesso. Una lezione di semplicità. Proseguiamo in piano per almeno mezz’ora ripiegando in un’altra ampia vallata a destra, attraversando una zona acquitrinosa al centro della stessa dove occorre fare attenzione a non bagnarsi i piedi. Ci portiamo sul lato sinistro del vallone e proseguiamo sino all’ampia spianata dove sorge il campo dove trascorreremo la nottata. Qui ritroviamo gli altri trekkers ed i nostri fidati ponymen e Sidar che ci ha già preparato la sua fantastica limonata calda. E’ gia fine pomeriggio, ci riposiamo e terminiamo la giornata nella fredda serata godendoci l’ennesimo stupendo cielo stellato.  

Sintesi dati significativi 6° tappa Rajung Karu (4650m) – Gyamar (4800m):
Dislivello percorso: +650m, -500m
Punto massimo: Kyamayur La 5200m
Tempo impiegato complessivo: circa 7 ore
Distanza percorsa approssimativa: 20 km
Difficoltà: tappa lunga ed impegnativa dal punto di vista fisico. Due colli da superare oltre i 5000m. Nessuna particolare difficoltà tecnica. Salita dal campo imboccando il vallone che porta dritto al primo colle salendo su una traccia poco visibile di sentiero. Non si può comunque sbagliare direzione.
Raggiunto l’ultimo tratto sotto il colle, si piega sulla destra orografica, qui la traccia è più netta. Si trova un sentiero marcato che si fa più ripido ed impegnativo. Si taglia in mezzacosta sopra una bastionata di rocce, sino a raggiungere l’ampia insellatura che conduce al colle Kyamayuru La 5200m(2h). Si prosegue in leggera discesa guadagnando il fondo valle sulla sinistra idrografica (45min). Nell’ampio vallone si attraversa senza difficoltà il ruscello che lo percorre e dopo un lungo tratto pianeggiante si raggiunge la base del secondo colle (1h circa). Vi sono qui degli insediamenti di nomadi. La località prende il nome di Gyamar Barma (4950m circa), volendo è una zona adatta a campeggiare se si decide di suddividere le tappe in modo diverso. Si prosegue su sentiero ben marcato sulla destra idrografica salendo gradatamente sino al colle. Sentiero con vari ometti bene visibili. Raggiunto il colle Kartse La (5100m), si prosegue in discesa dolcemente sulla sinistra idrografica lungo un’ampia dorsale sino al fondo di un’altra vallata. Qui si attraversa senza difficoltà un altro piccolo ruscello. Si ripiega a destra in direzione della zona destinata al campo. Attenzione: dopo circa un km, attraversare il vallone e portarsi sull’altro lato, questo onde evitare il centro molto acquitrinoso e fangoso che si trova poco più avanti. Dopo mezz’ora circa si raggiunge il campo già ben visibile da lontano.

25 Agosto (sabato):
7° giorno di trekking: tappa Gyamar (4800m) – Korzok (4540m)
Oggi è l’ultimo giorno di trekking. Infatti con l’arrivo della tappa odierna al villaggio di Korzok termina il percorso a programma. Noi abbiamo ancora l’aggiunta extra dell’ascensione al Mentok Kangry II che prevede altri 3 giorni.
La giornata non è molto bella, il cielo è nuvoloso, c’è nebbia bassa anche nel fondo valle e le cime intorno non sono ben visibili. Peccato. Dopo colazione, cominciamo a salire verso l’ultimo colle del  trekking, il settimo. Si tratta del Yalung Nyaulung La. Salita molto dolce, in una stretta vallata laterale attraversata da un piccolo corso d’acqua. La giornata è molto umida e fresca. Questo sicuramente a causa della nebbia bassa che ci circonda. Non troviamo aimé i fiori che venivano descritti nei vari racconti che abbiamo letto. Evidentemente abbiamo superato il periodo di fioritura. Dopo 2,15 h  siamo incredibilmente già al colle. Ci aspettavamo infatti una gran peggiore fatica. Infatti il dislivello percorso è ben minore di quello descritto sul programma ed indicato sulla carta. Il colle Yalung Nyaulung La, non ci risulta il più alto raggiunto. A nostro parere siamo a quota 5050m. Comunque sia, a prescindere dalla quota in noi c’è una enorme soddisfazione.
Abbiamo raggiunto l’ultimo dei 7 colli e questo ci rende quanto mai felici. Dalle nebbie che ogni tanto si diradano si scorgono alcune belle cime del Korzok Range, la catena montuosa che prende il nome dall’omonimo villaggio. In lontananza cominciamo ad ammirare lo stupendo lago Tso Moriri. Questo si trova alla fine della tappa di oggi. Più precisamente arriveremo nel villaggio di Korzok, dove campeggeremo questa notte. E’ il centro abitato più grande della zona. Qui riavremo il contatto con un la “civiltà”, auto comprese…
Trascorriamo alcuni minuti sul colle per festeggiare il superamento dell’ultima fatica. Procediamo in discesa in direzione di Korzok, superando con un ripido sentiero un ampio canale che scende dal colle. Dopo poche centinaia di metri la vallata diventa molto ampia e raggiunto il fondo valle (1h) lo si percorre per vari km sino al piccolo gruppo di case utilizzate per la stagione estiva dai pastori, località chiamata Korzok Phu (1,5h). Quando la nebbia ancora presente in quota a tratti si dirada,  possiamo ammirare le cime intorno a noi con i ghiacciai che ne ricoprono le pendici. Non riusciamo a vedere il Mentok Kangry: dobbiamo ancora pazientare.  Purtroppo il cielo si chiude ulteriormente e ci rinfrescheremo con un temporale proprio a breve distanza da Korzok. Per fortuna giunti nel villaggio il tempo migliora. (1h). Possiamo montare le tende ed ammirare lo stupendo lago Tso Moriri circondato dalle bianche vette. Siamo scesi un po’ di quota.
Korzok è a “soli” 4500m: un’altezza sempre considerevole, ma più bassa rispetto a quelle di tutti i giorni di trekking. Approfittiamo di tutto questo per riossigenarci in previsione delle salite dei prossimi giorni che ci riporteranno molto in alto. Sidar ci premia con un ottimo piatto di pasta. Trascorriamo il resto della giornata a leggere ed esplorare il villaggio. Qui c’è un grosso gompa (monastero). Inoltre vari alberghetti e campi attrezzati per i turisti che giungono direttamente e comodamente in auto da Leh. La zona adibita al campeggio è abbastanza affollata, vi è anche un numeroso gruppo d’inglesi che hanno fatto un trekking di ben 30giorni! Sembra che domani abbiano anche loro intenzione di salire al campo base del Mentok. La cosa non mi rallegra molto, egoisticamente speravo di trascorrere le ultime giornate nell’assoluto isolamento: io, Patrizia ed i nostri fidi accompagnatori. Pazienza. Oggi al nostro “gruppo vacanze” si unirà un altro personaggio. Si tratta della guida che ci accompagnerà durante la salita al Mentok. E’ uno Sherpa nepalese, anche lui in Ladakh per lavorare durante la stagione estiva. Lo conosceremo solo domattina: arriverà infatti in tarda serata direttamente da Leh.

Sintesi dati significativi 7°tappa Gyamar (4800m) – Korzok (4540m):
Dislivello percorso: +250m, -550m
Punto massimo: Yalung Nyaulung La 5050m
Tempo impiegato complessivo: circa 5,5 ore
Distanza percorsa approssimativa: 18 km
Difficoltà: nessuna difficoltà particolare. Tappa con salita molto dolce e graduale al colle Yalung Nyaulung La. Lo si raggiunge dal campo attraverso una stretta vallata (2,15h). Al colle 5050m, la vista si apre su varie montagne del Korzok range tutte oltre i 6000m. Vista bellissima su Tso Moriri Lake. Discesa verso fondo valle attraverso un ampio canalone, su sentiero ripido, ma ben marcato. Guadagnato il fondo valle (1h) 4600m circa, si percorre un lungo pianoro sino alla località chiamata Korzok Phu (1,5h). Da qui la vallata si restringe ed in 1h circa si raggiunge l’abitato di Korzok (4540m), meta finale di tappa e trekking.

26 Agosto (domenica):
8° giorno di trekking: tappa Korzok (4540m) – campo base Mentok Kangry (5420m)
Oggi è domenica: non ce ne accorgiamo se non guardando il calendario! Nessun riposo, saliremo al campo base del Mentok Kangry. E’ in programma di raggiungerne la cima domani. Al percorso di trekking che come già detto finisce a Korzok,abbiamo aggiunto la salita a questa vetta che richiede in totale 3 giorni in più. Sarà sicuramente un’esperienza stupenda ed entusiasmante. Ci sentiamo bene, il lungo trekking sicuramente è stato propedeutico al notevole sforzo fisico che richiederanno questi giorni. Oggi ci attende una dura salita sino al campo base: saliremo a 5420m. Qui trascorreremo la notte. Sarà per noi la prima volta: non abbiamo mai dormito cosi in alto e mi auguro che l’altezza non ci faccia brutti scherzi. La giornata è molto bella. Facciamo colazione e conosciamo la guida: si chiama Shera. Arriva dal basso Khumbu, la regione alla base della catena dell’Everest. Ha portato con se anche l’attrezzatura necessaria alla salita. Ramponi, corda, piccozze. Abbiamo subito una buona impressione, anche se come avviene solitamente sarà difficile creare un rapporto confidenziale. Noi siamo i clienti e come tali veniamo trattati in maniera sempre molto formale. Ci vuole tempo per rompere questi schemi. Ci rendiamo conto di questo proprio con Sidar, il cuoco: lo conosciamo dall’anno passato ed ormai con lui tutto è più semplice. Lo vediamo molto più rilassato nei nostri confronti. Ha capito che fondamentalmente siamo anche degli amici e non occorre formalizzarsi troppo. Sono le 8,20 circa quando lasciamo Korzok, imboccando a ritroso la vallata da cui siamo arrivati ieri. Dopo circa mezz’ora di cammino, imbocchiamo uno stretto vallone laterale (destra idrografica) da cui parte un sentiero ripido che ci fa guadagnare subito quota. Dopo questo tratto ci troviamo ad attraversare alcuni ampi costoni dove vengono a pascolare i greggi di capre di Korzok. Il sentiero qui si perde(circa 4900m 1,5h dal villaggio): occorre salire a stima conoscendo la destinazione. Il campo base può avere due siti: uno molto più sotto la parete del Mentok Kangry II, quasi all’imbocco del vallone che porta al ghiacciaio del Mentok Kangry I. L’altro (dove siamo diretti) è più spostato sulla destra su un ampio costone morenico. Questi sono gli unici possibili luoghi dove mettere le tende, per problemi dovuti alla mancanza d’acqua e le molte pietre che rendono difficoltoso trovare spazzi erbosi. La vista è spettacolare, più ci alziamo e più il Korzok Range (la catena montuosa alle spalle del villaggio) ci appare in tutta la sua bellezza. Questo è dominato dalle tre cime del Mentok: il primo ed il terzo richiedono una salita alpinistica impegnativa ed attrezzatura specifica. Il Mentok II è il più facile. Occorre sempre l’attrezzatura da alta montagna e da ghiaccio, ma non presenta delle grosse difficoltà tecniche. Tutto dipende molto anche dalle condizioni meteo e stagionali. La presenza di verglas o neve può complicare tutto. Mentok significa in tibetano e ladaco ‘fiore’. In alcune vecchie mappe questa vetta è stata chiamata anche Mata. Arrivati su una zona con molte piante di rododendri e che risulta più pianeggiante (2,5h da Korzok), deviamo sulla sinistra orografica per salire direttamente su un grosso crinale (siamo gia’ oltre i 5200m). Da qui la salita è nuovamente più dolce, anche qui non c’è una traccia, si sale fra rododendri, zolle erbose e rocce detritiche. Vista stupenda a 360°, il lago Tso Moriri da quassù è meraviglioso ed il sole ne risalta i colori blu intenso. Stiamo procedendo bene, anche Patrizia la vedo in forma e questo mi rallegra. Evidentemente tutte le fatiche dei giorni scorsi sono servite per darci la giusta condizione fisica. Del resto abbiamo anche un ottimo acclimatamento. Giungiamo al campo, una spianata erbosa contraddistinta da un ometto con delle bandiere di preghiera. Qui tra le varie rocce presenti ci sono numerose piazzole naturali su cui posizionare le tende. (4h, 5420m). C’è anche un piccolo ruscello da cui attingere l’acqua necessaria. Sicuramente visto lo spazio non molto ampio se giungerà la comitiva inglese che conta almeno 12 tende… sarà  un problema logistico. Intanto noi ci siamo sistemati al meglio con le nostre tre tende: la nostra, la tenda cucina e la terza quella dei ponymen. Sidar ci prepara un bel pranzetto a base di pasta e verdure: una carica di energia. Stiamo bene, nessun sintomo di mal di montagna. Ci godiamo il panorama, il sole è fortissimo e facciamo ben attenzione a non aver la testa scoperta oltre al muoverci sempre con molta calma. In quota si sa, la lentezza è la miglior medicina per evitare inutili stress al nostro corpo. Durante il pomeriggio prepariamo il materiale per domani, ogni cosa deve essere pronta e non ci si può permettere di dimenticare qualche pezzo. Siamo ad un passo dall’ultimo grande impegno. Patrizia decide di rinunciare, è già appagata di tutto ciò che ha fatto e preferisce evitare la salita di domani. Sono dispiaciuto. Con Shera facciamo il check dell’attrezzatura e ci mettiamo d’accordo per gli orari. Partenza prevista alle 3, nel cuore della notte per avvicinarci al ghiacciaio ed affrontarlo all’alba quando le condizioni sono più favorevoli. Il pomeriggio scorre veloce grazie anche al posto meraviglioso dove siamo: soli a goderci la pace della natura. Della spedizione inglese nessuna traccia, non capiamo, evidentemente hanno cambiato destinazione. Il sole tramonta e ci regala uno spettacolo stupendo. Dopo il tramonto fa subito molto più freddo. Stasera si va a dormire molto presto. La sveglia è alle 2…!!!! Il cielo è abbastanza sereno, speriamo in bene. Intanto guardiamo le stelle, stanotte sono ancora più vicine…

Sintesi dati significativi 8° tappa Korzok (4540m) – campo base Mentok Kangry (5420m)
Dislivello percorso: +880m
Punto massimo: campo base Mentok Kangry (5420m)
Tempo impiegato complessivo: circa 4ore
Distanza percorsa approssimativa: 8km
Difficoltà: salita dal villaggio di Korzok possibile da due direzioni diverse, la prima direttamente dopo l’abitato, lungo la strada verso Sud, la seconda che ci è stata consigliata, percorre un pezzetto della pista in direzione Korzok Phu e dopo circa 1,5 km (20-30minuti) s’imbocca uno stretto vallone sulla destra idrografica. Da qui su sentiero si prosegue guadagnando quota rapidamente. Questo per un’oretta circa. Quando la pendenza diminuisce e si raggiungono zone destinate al pascolo delle capre provenienti dal sottostante villaggio, il sentiero si perde (4800-4900m circa). Occorre avere idea di dove si trova il campo base. Si scende in un canalone erboso, lo si risale e da li si prosegue tenendo la sinistra orografica. Non stare sulla destra seguendo le tracce lasciate dalle capre che sembrano definire un sentiero: ci si sposta troppo in direzione del lago. Raggiunta la base di quella che è la morena dei ghiacciai soprastanti (5100m 2,5h), la si risale con una linea perpendicolare ad essa. Guadagnato l’ampio costone lo si percorre sempre in salita, tra massi ed arbusti per raggiungere la zona destinata al campo: una spianata con un piccolo ruscello, ben segnalata da un ometto e da bandiere di preghiera (5420m, 4h). Nessuna difficoltà, se non da porre attenzione all’itinerario da seguire non essendoci un sentiero marcato per buona parte della salita. Altezza considerevole: porre attenzione ai sintomi del mal di montagna.

27 Agosto (lunedi):
9° giorno di trekking: ascensione al MENTOK KANGRY II 6210m
Nottata di dormiveglia, nessun problema di acclimatamento, ma un po’ di agitazione soprattutto per la paura di non svegliarmi in tempo.
Oggi lo definirei il “giorno più lungo…”: come recita il titolo dell’omonimo film. Alle due come da programma suona la sveglia. La temperatura non è proprio estiva ed è difficile uscire dal  tepore del sacco a pelo, Patrizia resta beatamente “sotterrata” dentro il suo… La temperatura fa si che la vestizione sia particolarmente rapida. La tenda si muove un po’ troppo…: si sente infatti  all’esterno che il vento è molto forte e spero non sia troppo fastidioso. Saluto Patrizia ed affronto l’uscita all’aperto: apro la lampo e subito assaggio la temperatura esterna che il freddo vento rende più rigida. Nel buio della notte scorgo qualche stella in cielo: capisco che non è sereno come speravo. Mi dirigo nella vicina tenda cucina dove dormono Sidar, Rigzen e Shera la guida con cui condividerò le prossime ore. Faccio colazione per non partire a stomaco vuoto, anche se non ho una gran fame. Sono le 3 quando accendiamo le frontali e ci dirigiamo nel buio della notte verso la base del ghiacciaio. Il percorso inizia lungo la parte bassa della morena in leggera salita. Non esiste traccia e sicuramente il buio non aiuta ad individuarne una: dopo circa un’ora e mezza di cammino incontriamo degli ometti che indicano la via verso la cresta ed il canalone nel lato più a sud che separa in Mentok I dal Mentok II.
Ad un certo punto abbandoniamo questa direzione puntando in via diretta perpendicolare verso il ghiacciaio. Continua ad essere molto buio anche perché il cielo è parzialmente coperto. La salita è molto ripida e a vista, tra sfasciumi e rocce instabili che rendono tutto molto faticoso. L’altezza infatti si fa sentire, siamo all’incirca a 5600-5700m e lo sforzo di muoversi su questo terreno instabile spezza il fiato già messo a dura prova dall’altitudine. Mi fido di Sheba che conosce il percorso. Non posso fare altro: ovunque ti giri il fascio della lampada illumina solo rocce ed è difficile capire esattamente dove siamo. Sono le 5,30 circa quando arriviamo alla base del ghiacciaio, sta cominciando ad albeggiare. Ci troviamo direttamente sotto il paretone di ghiaccio al di sotto della cima del Mentok II. Fa freddo e l’aria è gelida. Indossiamo ramponi, imbracatura e ci leghiamo in cordata. Tutto non senza difficoltà: le mani nude s’intorpidiscono subito visto che non riesco a fare queste operazioni con i guanti. Purtroppo il cielo è quasi completamente coperto e non promette nulla di buono. Spero che il tempo ci dia tregua ancora per qualche ora. Siamo a circa 5800m: da qui in avanti viene la parte più impegnativa. Cominciamo a salire tagliando il paretone ghiacciato in diagonale per raggiungere la cresta rocciosa sul lato ad esposizione nord est. La progressione è lenta ed ogni passo comincia a pesare sempre più. Il terreno si fa sempre più ripido e sotto un velo di neve dura e compatta su cui i ramponi  mordono a dovere, si nasconde un insidioso strato di ghiaccio lavorato dal sole: crostoso e traditore. Comincio a chiedermi come mai sulle recensioni lette qua e la, questa salita venga definita molto facile. Sono di parere contrario. Occorrono occhi aperti e con condizioni meteo più critiche, tutto si complica ulteriormente. Dopo circa un’ora arriviamo a ridosso della cresta rocciosa. Ne restiamo alla base. Non camminiamo sulle rocce che sono cosparse di pericoloso e traditore verglas. Meglio restare sul ghiaccio a lato, che se pur ripido, permette una progressione più sicura. Da qui non manca moltissimo alla vetta. Siamo a circa 6000m. L’altezza mette a dura prova il fiato, l’aria è sempre più sottile, freddo e fatica rendono la salita sempre più impegnativa. Ma questa non è una novità. Mi aspettavo certe condizioni e sono già contento di essere arrivato sin qui bene. Devo stringere i denti e pensare a raggiungere la meta che ad ogni passo è sempre più vicina… Sheba non mi sembra fatichi più di tanto. I minuti passano, la progressione si fa sempre più lenta, ma manca veramente poco. Passi sempre più brevi per evitare che il cuore salga troppo di battiti. Peccato che la nebbia avvolga la cima e non si possa ammirare ciò che ci circonda. Sono le 8 circa quando poco sotto la cima cambiamo direzione salendo sulla cresta rocciosa e levandoci i ramponi. Gli ultimi metri infatti risulterebbero molto più impegnativi e pericolosi sul ghiaccio. C’è una grande cornice di ghiaccio a sbalzo. L’unica difficoltà presente nell’ultimo tratto è il dover porre molta attenzione nel non scivolare sulle rocce insidiosamente cosparse di una patina di verglas. Alle 8,30 spaccate raggiungiamo l’obbiettivo: una grande e commovente soddisfazione. Siamo circondati da una folta nebbia, non si vede nulla, ma la felicita va ben oltre il non poter ammirare il panorama. Un grande fatica che mi ha svuotato. Ma ce l’ho fatta e questo è ciò che conta. Pochi minuti ed iniziamo a scendere, non è il caso di rischiare visto il tempo inclemente. Recuperiamo i ramponi che però non indossiamo. La discesa avverrà infatti nel canalone molto ampio che divide il Mentok I dal II. Questa può essere la via di salita alternativa che però si sviluppa su un terreno molto instabile: ripido e costituito per lo più di rocce instabili e sfasciume. Altra via è la cresta rocciosa parzialmente percorsa da noi, che presa alla base risulta essere impegnativa essendo ripida, la roccia è poco solida ed in alcuni tratti un po’ esposta. In condizioni più avverse se risulta scivolosa può diventare pericolosa. Sono stanco, anche se ormai siamo in discesa non posso permettermi distrazioni. Il terreno è veramente brutto, tutto sotto i nostri piedi si muove ed a ogni passo c’è rischio di scivolare. Metro dopo metro perdiamo quota e questo eterno canale via via per fortuna sta finendo. Intanto sul versante opposto sentiamo delle pericolose scariche di detriti che non fanno altro che aumentare la voglia di levarci da qua! Alla base del canalone c’è un nevaio che conduce all’attacco del ghiacciaio del Mentok Kangry I. Da lì finalmente si prosegue in mezzacosta procedendo a sinistra e tagliando secondo una linea immaginaria dapprima la base della cresta del Mentok I e poi la morena che conduce al campo. Ritroveremo gli ometti che stanotte indicavano la via. Ho la conferma che conducevano al canalone appena percorso. Il tempo regge ancora, un timido sole fa capolino dalle nebbie, vediamo in lontananza il lago Tso Moriri in tutta la sua imponente grandezza e molto più avanti un puntino rosso: è la tendina del nostro campo, ci appare come fosse un miraggio. Sono le 11,30 quando dopo una lunga traversata vi facciamo ritorno. Sono passate 8ore e mezza da che siamo partiti, sembra un’eternità’. Abbiamo ad accoglierci il comitato di benvenuto al completo.
Sono veramente soddisfatto: ho raggiunto l’obbiettivo che mi ero prefissato, mi dispiace solo di non averlo condiviso con Patrizia. Un grazie doveroso a  Sheba per le sua apprezzata professionalità. Intanto il mitico Sidar ci prepara un ottimo risotto che dopo una faticata del genere è un toccasana. Dopo pranzo ci rifugiamo in tenda per riposare. Intorno a noi purtroppo il tempo è peggiorato, la nebbia avvolge il campo, cade qualche fiocco di neve e questo non promette nulla di buono. Infatti nelle ore successive saremo al centro della bufera: vento, neve e pioggia… Il tempo non migliora, anzi aumenta il vento e la bufera: meno male che non dobbiamo scendere a valle. Speriamo che per domani migliori quando dovremo smontare il campo. Il nostro pensiero va alle spedizioni in Himalaya quando viene raccontato di giorni e giorni passati in tenda senza poter uscire per il maltempo. Immagino quanto possa essere dura far passare le ore in queste condizioni estreme. Si chiude cosi una giornata veramente lunga, ma emozionante ed appagante.

Sintesi dati significativi: ascensione Mentok Kangry II (6210m)
Dislivello percorso: +790m, -790m
Punto massimo: cima Mentok Kangry II (6210m)
Tempo impiegato complessivo: circa 5,5h salita e 3h discesa.
Distanza percorsa approssimativa: 7km
Difficoltà: scala alpinistica F. Salita nella prima parte attraverso una morena, salita graduale sino alla base del ghiacciaio (5800m). Non vi è una traccia evidente solo alcuni ometti di pietra che però vanno abbandonati dopo 2.5h circa per risalire secondo una linea perpendicolare in diretta la morena stessa. Raggiunto il ghiacciaio (1h) lo si taglia in diagonale risalendolo ed evitando la massima pendenza che diventa sempre più ripida (paretona verso la cima). Si raggiunge la cresta rocciosa (circa 6000m 1h) standone alla base e mantenendo la traccia di salita sul ghiaccio sottostante che risulta più sicuro: la cresta è ripida e fatta di roccia instabile ed in caso di tempo freddo e non bello, risulta pericolosamente verglassata e molto scivolosa. Si prosegue mantenendo quest’ultima sulla propria sinistra e sfruttando i tratti di salita molto ripida, ma più dolce rispetto al paretone ghiacciato che inizia dalla sommità. A circa 50m dalla cima conviene abbandonare il ghiaccio per proseguire l’ultimo tratto in cresta, meno esposta seppur probabilmente gelata. Da qui si raggiunge la cima in pochi minuti (6210m tot. 5,5h). Cima rocciosa con classiche bandierine di preghiera. La discesa conviene effettuarla lungo l’ampio canalone che porta alla base del Mentok I. Canale brutto ed un po’ insidioso: ripido e costituito da rocce instabili. Via migliore però, rispetto alla più pericolosa cresta, esposta e fatta da roccia sfaldata, ed in alternativa al ghiacciaio molto ripido (circa 2h). Alla base del canale proseguire in mezzacosta a sinistra su linea immaginaria alla base della morena percorrendo a ritroso l’ultimo tratto lungo il percorso effettuato la notte (presenti alcuni ometti di pietra). Percorso tortuoso tra piccoli canali trasversali, pietroni e rare zone erbose (1h). Campo base raggiunto dopo circa 3ore dalla cima.

28 Agosto (martedi):
10° giorno di trekking: tappa campo base Mentok Kangry (5420m) – Korzok (4540m)
Oggi sarà l’ultimo giorno di cammino, molto più soft, perché ormai si tratta solo di scendere. Il tempo per fortuna è migliorato, anche se la nebbia e le nuvole avvolgono il campo. Almeno non nevica più. Fuori dalla tenda il paesaggio è veramente suggestivo: intorno a noi è inverno… e la neve caduta rende tutto così particolare e diverso dall’arido scenario a cui siamo abituati. Dopo colazione smontiamo il campo e cominciamo ad incamminarci, io Patrizia e Rigzen. Gli altri finiranno di sistemare tutto e caricare i cavalli. Lasciare questo posto comunque ci rende un po’ malinconici: la pace assoluta di cui abbiamo beneficiato in questi giorni sappiamo benissimo sarà difficile da ritrovare. E’ stato il vivere la montagna nel vero senso della parola: silenzio, panorami stupendi, soli. Si tratta senza ombra di dubbio di un sogno realizzato. La discesa avviene rapidamente, il tempo via via migliora e le cime intorno imbiancate di fresco, ci deliziano con degli scorci spettacolari. Siamo ampiamente ripagati dei disagi subiti per il mal tempo. Arriviamo a Korzok dopo circa 2ore di discesa, ritornando a contatto con la realtà più chiassosa, nonostante si tratti di un piccolo villaggio. Il cielo nel frattempo si è schiarito completamente. Il vento lo ha liberato dalle nuvole e si sta proprio bene. Aspettiamo l’arrivo dei cavalli per montare per l’ultima volta i campo. L’attesa si fa lunga … stranamente siamo arrivati molto prima di loro, evidentemente oggi essendo l’ultimo giorno se la prendono con comodo!  E’ mezzogiorno quando riallestito il campo ci congediamo dai due ponyman che con oggi terminano i loro servigi. Passiamo il resto della giornata a girovagare intorno a Korzok a caccia dei migliori scorci fotografici che qui proprio non mancano. Serata conclusiva con “l’ultima cena” preparata dal grande Sidar che per festeggiare la fine del trekking ci cucina anche una deliziosa torta la cioccolato.

Sintesi dati significativi 10° tappa Campo Base MENTOK (5420m) – KORZOK (4540m):
Dislivello percorso: -880m
Tempo impiegato complessivo: 2 ore
Distanza percorsa approssimativa: 8km
Difficoltà tecniche e note significative: nessuna difficoltà, percorso tutto in discesa, seguendo il costone che parte dal campo base sino a ripiegare sulla destra imboccando un’ampia depressione che ci porta verso le zona destinate al pascolo dei greggi di capre di Korzok. Da qui inizia una traccia di sentiero che ci porta in uno stretto valloncello. Quest’ultimo s’innesta nella vallata principale che da Korzok Phu giunge al villaggio tramite una pista per fuoristrada. Da qui Korzok si raggiunge in 15-20 minuti.

29 Agosto (mercoledi):
11° giorno di trekking: tappa KORZOK (4540m) – LEH (3500m)
Oggi è l’ultimo risveglio nella tenda del trekking. Non c’è nessuna fretta, non c’è nessun pensiero rivolto al percorso ed a ciò che dovremo fare… Prepariamo i bagagli per il rientro a Leh. Andremo in auto in un lungo trasferimento di circa 240 km che durerà la bellezza di 6-7ore! Alle 9 puntualissimo arriva l’autista da Leh. Per arrivare qui a quest’ora significa che è partito non più tardi delle 3 di stanotte! C’è un problema: l’auto è un monovolume sette posti, peccato che però i due posti posteriori non si possano utilizzare visto il gran numero di bagagli da caricare. Ci sono 5 posti per 6 persone… Si divideranno il sedile passeggero anteriore le due guide Rigzen e Shera: decidono di fare così, lasciando Patrizia e Sidar sul sedile posteriore. Diamo l’addio a Korzok, al lago Tso Moriri portandoci nel cuore tutte le stupende emozioni vissute in questi 10 giorni indimenticabili. Usciti dal villaggio dobbiamo superare un check point militare in cui vengono richiesti i passaporti ed i permessi che l’agenzia ha dovuto richiedere per transitare in queste zone. La strada per svariati km è una pista sterrata, si procede piano, ma il paesaggio intorno è come sempre stupendo e selvaggio. Si capisce dai lavori in corso che c’è l’intenzione di raggiungere Korzok con la strada asfaltata. Lavori che come sempre se da una parte rendono le comunicazioni più rapide e meno difficoltose, dall’altra vanno un po’ a deturpare l’ambiente. Dopo vari sali scendi raggiungiamo lo strategico ponte sul fiume Indo che attraversiamo per imboccarne la valle che ci condurrà a Leh . Qui c’è un altro posto militare di controllo. Ennesima  sosta che comunque ci permetterà di sgranchire le gambe. Non sono neppure tre ore che viaggiamo, sembra un’eternità’. La strada da qui è un susseguirsi di tratti tortuosi, zone semi franate, lavori in corso e strapiombi a picco sul fiume sottostante in tratti dove la valle si restringe molto e resta stretta da alte e vertiginose pareti rocciose. Qui il cuore è messo a dura prova. La guida sportiveggiante del nostro autista e di quelli che incrociamo, camion compresi, ci fa mancare più volte il fiato. Attimi di panico, senza ombra di dubbio. Dopo più di 6 ore di viaggio e dopo aver ammirato nell’ultimo tratto la stupenda vallata di Leh con i bellissimi monasteri di Stakna, Thiksey, ecc… arriviamo a destinazione. Caos a cui non siamo più abituati. Ci congediamo dai nostri accompagnatori: un momento malinconico: abbiamo trascorso con loro svariati giorni e non possiamo che essere dispiaciuti. Fa molto caldo e ci sentiamo dei “pesci fuor d’acqua” nel caos cittadino con i rumori a cui non siamo più abituati. Rientriamo in hotel dove avremo di nuovo un letto su cui dormire! Dopo esserci sistemati, facciamo un giro in città, telefoniamo a casa dopo essere stati “scollegati” per tutto il trekking… Fine della giornata a cena, seduti comodamente ad un tavolo nel Dreamland restaurant.

Sintesi dati significativi 11° tappa Korzok – Leh  Trasferimento in auto
Tempo impiegato complessivo: 6 ore auto  
Distanza percorsa approssimativa: 240 km

30 Agosto (giovedi):
E’ il primo risveglio del “post- trekking”. Non sembra vero aprire gli occhi in un normale letto e fra le mura di una casa! Facciamo una comoda e rilassata colazione a tavola, molto più tardi rispetto ai giorni passati: ci siamo permessi di dormire fino alle 8…! Oggi non abbiamo nessuna fretta. Dedicheremo la giornata alle ultime compere ed a scoprire scorci di Leh a noi ancora sconosciuti comprese la salita allo Tsemo Gompa dal sentiero alle spalle della collina, via di accesso molto poco frequentata ed insolita. La giornata bella e calda scivola via velocemente, ci ritroviamo velocemente a fine pomeriggio. E’ ormai il momento di preparare i bagagli, domattina alle 8,30 abbiamo il volo per Dehli.

31 Agosto (venerdi):
Sveglia e trasferimento all’aeroporto quando Leh è ancora addormentata… Sono le 6,15 quando il taxi ci viene a prendere in hotel. Preferiamo andare presto in aeroporto, il volo è alle 8,30, ma sappiamo che vi sono vari controlli e non vogliamo avere problemi d’orario. All’aeroporto, che dista meno di dieci minuti d’auto dall’hotel, superiamo i controlli tranquillamente senza intoppi. Ricordiamo dall’anno passato cosa si deve fare per evitare problemi. C’è infatti da prestare attenzione al bagaglio a mano, gli zaini più capienti vengono imbarcati, vogliono a bordo solo borse molto piccole. Pertanto gli oggetti fragili vanno tenuti da parte o dichiarati. Idem per le macchine fotografiche alle quali in certi casi fanno rimuovere le batterie: dipende dallo zelo dei poliziotto. L’aeroporto è piccolo e la sala d’attesa sembra più quella di una stazione degli autobus. Viene richiesto anche, superata la barriera, il riconoscimento visivo del proprio bagaglio. Insomma, qui si capisce che c’è un certo timore per gli attentati che del resto in India sono purtroppo frequenti nelle zone sensibili. Il volo è molto bello nella parte iniziale: la veduta sulla sottostante catena dell’Himalaya è spettacolare.
Arriviamo a Dehli, il clima è già cambiato rispetto a due settimane fa. Ormai il monsone sta perdendo la sua forza ed il bel tempo è sempre più persistente. Ci aspetta l’auto dell’hotel che ci riporterà al Bajaj, dove siamo già stati all’arrivo in India. C’è un caos allucinante, sono ormai  le 11 del mattino e la città è in piena attività.
Il resto della giornata è di riposo: domani andremo a Jaipur nel Rajastan, un tour giornaliero che completerà il nostro viaggio.

01 Settembre (sabato):
Oggi è l’ultima giornata in India, andremo a Jaipur la grande e famosa città del Rajastan a circa 240km da Dehli. Chiamata anche la città rosa. Partenza ore 6,00. Ci accompagna Ganesh, il simpatico autista che ci è venuto a prendere all’aeroporto ieri. Ci vorranno almeno 4-5 ore per arrivarci. Anche se buona parte del tragitto è in autostrada, sappiamo già cosa significa, viste le esperienze dell’anno passato. Il concetto di strada veloce qui è un po’ diverso dal nostro. Trattasi più che altro di strade a pagamento: due corsie per senso di marcia separate da spartitraffico centrale, ma che attraversano il caos incredibile delle città. Si trovano motorini, tuk-tuk con anche dodici persone a bordo! Animali quali capre e mucche, biciclette, auto e camion, anche in contromano! Un vero casino! Ogni tanto si vede un camion ribaltato o schiantato contro un albero o un muro… ci viene detto che sono gli autisti che la notte magari un po’ alticci percorrono la strada e si addormentano al volante. Il viaggio è un’avventura. L’ennesima… Le 4-5 ore diventano 6,5 ore: abbiamo trovato un mucchio di cantieri che creano ingorghi incredibili. Jaipur però vale la visita, almeno per quanto riguarda soprattutto l’Amber Fort, affascinante e che ti fa catapultare nel periodo di massimo splendore dei Maharaja. Imponente e dalla stupenda posizione. Jaipur è enorme, la guida ci dice che ci vivono oltre 7milioni di persone: c’è il sovraffollamento ovunque. Visita molto concentrata purtroppo, dobbiamo correre e meriterebbe la pena fermarsi almeno un giorno in più. Purtroppo poi, la guida ci fa “perdere” tempo nel visitare i negozi di pietre preziose e tappeti. Noi non siamo interessati ad acquistare nulla e queste soste forzate, purtroppo normalmente proposte ai turisti, sono una scocciatura.
Visitiamo il City Palace con il suo museo reale e residenza ancora oggi dell’attuale Maharaja. Ammiriamo la bellissima facciata rosa del Hawah Mahal (Palazzo dei Venti) nella via del bazar, dove sono concentrate le attività commerciali più disparate. Vediamo il complesso architettonico nel quale sono contenuti gli strumenti di osservazione astrologica e non chiamato Jantar Mantar, tutto fatto costruire dai Maharaja. Vediamo al centro del grande lago Mansagar il palazzo Jal Mahal. Siamo stati fortunati, il tempo è bello anche se fa un caldo allucinante, il sole è fortissimo. Partiamo per il rientro alle 16 circa. Sarà un viaggio terribile, molto peggio che all’andata. Camion ovunque, ogni tratto di strada più trafficato comporta code infinite. In più dopo le 18,30 viene buio. Arriviamo a Dehli che sono le 23. Una bella gita, ma molto stancante. Domattina abbiamo il volo di rientro per l’Italia, per fortuna è alle 12,30 per cui non dobbiamo alzarci  troppo presto.

2 Settembre (domenica):
Oggi si rientra a casa.  Abbiamo tempo di fare colazione e chiudere i bagagli con calma.
Così termina questa lunga avventura, una bella esperienza piena di emozioni che ci ha arricchito sotto tutti i punti di vista. L’India sicuramente ha un fascino particolare, e ricorderemo ovviamente il Ladakh  per gli stupendi paesaggi e la gente  cordiale ed ospitale.

Un grazie doveroso conclusivo va a Patrizia, per la sua capacità di adattamento in qualsiasi condizione.

JULLEY India ! 

NUMERI FINALI del TREKKING:
Dislivello in salita (trekking 2650m, Mentok 1670m): TOTALE circa 4320m
Dislivello in discesa (trekking 2350m, Mentok 1670m): TOTALE circa 4020m
Superati 7 colli:
Kumur La 4800m

Mandalchan La 4900m
Shibuk La 4950m
Horlam Kongka La 4800m
Kyamayur La 5200m
Kartse La 5100m
Yalung Nyaulung La 5050m
Altezze max raggiunte: 5200 (passo Kyamayur La), 5420 campo base Mentok, cima Mentok Kangry 6210m.
Distanza complessiva coperta a piedi nei 10gg: più di 125 km trekking e 25 km ascensione Mentok Kangry
tot .150 km

VARIE NOTIZIE SPICCIOLE RELATIVE AL SOLO TREKKING:
Trekking di medio impegno fisico senza particolari difficoltà.
Percorso tutto su sentiero con alcuni tratti su vecchie piste.
E’ indispensabile un buon allenamento, soprattutto per affrontare bene i tratti più faticosi in quota. Allo stesso tempo occorre godere di buona salute proprio per lo stress fisico a cui si andrà incontro.
Acqua e cibo: non è possibile acquistarne durante il trekking, non vi sono villaggi e punti di ristoro, solo all’inizio ed alla fine. Possibile prendere acqua nei ruscelli che s’incontrano durante le tappe. Consiglio al massimo di disinfettarne l’acqua per sicurezza con pastiglie tipo Micropur. Oppure usufruire dell’acqua che viene fornita bollita dagli accompagnatori durante il trekking (salvo nel caso di trek indipendente).

EQUIPAGGIAMENTO durante il trekking:
in estate non ci sono temperature particolarmente rigide durante il giorno, se il tempo è sereno. La sera si rinfresca. Però se c’è vento ed è nuvoloso la temperatura si abbassa subito.
E’ bene pertanto essere ben coperti ed attrezzati, abbigliamento a strati per essere pronti per ogni cambiamento. In caso di maltempo tutto cambia notevolmente e nevica anche a partire dai 4700-4800m.
Consiglio un buon sacco a pelo.

NOTE EQUIPAGGIAMENTO per ASCENSIONE al MENTOK KANGRY II (6240m):
abbigliamento da alta montagna, scarponi pesanti ramponabili, guanti, occhiali, ghette, possibilmente imbracatura, giacca a vento pesante. N.B. piccozza, ramponi, moschettoni, corda ed imbracatura: li fornisce eventualmente l’agenzia con cui si organizza il trek. (scarponi compresi volendo).
Salita impegnativa a livello fisico, richiesta un po’ di dimestichezza con ramponi e progressione in cordata.

Giornata tipo durante il trekking:
–         sveglia ore 6,00-6,30
–         colazione ore 7,00
–         preparazione bagagli e partenza tappa ore 7,30-8,00 circa
–         arrivo in media nel primo pomeriggio (ore 15-16 circa)
–         preparazione del campo e a seguire pranzo o spuntino
–         te’ e merenda alle 17 circa
–         cena ore 18,30-19,00
–         a dormire… intorno alle 19,30-20,30

gtenive@tin.it


Ultimo aggiornamento 26 Giugno 2024 da cipiaceviaggiare

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