Balcani occidentali: Croazia, Bosnia, Montenegro e Slovenia
(diario di viaggio dal 5 al 19 agosto di Valeria)
A spasso fra Croazia, Bosnia, Montenegro e Slovenia, alla scoperta del mare e del patrimonio artistico ma soprattutto della ritrovata convivenza multiculturale.
Io e il mio neo-marito Domenico siamo appena tornati da una stravagante luna di miele che ci ha portato dal 5 al 19 agosto alla scoperta di un itinerario fantastico nei Balcani occidentali.
Abbiamo percorso 3027 km (abitiamo in provincia di Brescia) e abbiamo speso 1.100 euro uscendo a cena tutte le sere e pernottando in campeggio o in camere presso privati. Per entrare in Croazia, Bosnia, Montenegro e Slovenia basta la carta d’identità, l’euro viene accettato quasi ovunque (e comunque gli uffici di cambio e gli uffici postali permettono veloci conversioni a tassi ragionevoli) anche se in Croazia si usa la Kuna (1 € = 7,50 KN) e in Bosnia il Marco convertibile (1 € = 2 MC). È inoltre molto diffusa la carta di credito che viene accettata in quasi tutti i ristoranti ma non nei campeggi.
05 agosto:
giornata da bollino nero sulle autostrade italiane. Decidiamo di partire alle 2.00 (ma è notte o mattina?) e di darci il cambio alla guida. La scelta si rivela molto azzeccata perché oltre ad evitare un po’ il caldo conquistiamo le strade a sud della Croazia, le meno battute, nel primo pomeriggio. Dopo una breve tappa nel centro storico e alle mura di Ston, alle 16.00 siamo già a Orebic (penisola di Peljesac – Sabbioncello) e abbiamo già acquistato il biglietto per il ferry boat diretto all’isola di Korkula (il traghetto è molto frequente e la traversa dura una ventina di minuti, se siete dei patiti dell’organizzazione potete provare a cimentarvi con i criptici orari della compagnia Jandrolijna…). Siamo ufficialmente stanchi, ci sistemiamo in un mini-camping a Lumbarda e ci prepariamo al primo incontro con la cucina croata che si rivela subito molto interessante. Apro una piccola parentesi sul tema mini-campeggio. Ne abbiamo visti tanti e sperimentati un paio. Sono dei piccoli campeggi con i servizi essenziali (bagni-docce-lavandini e un frigorifero in comune) organizzati nel giardino-frutteto di casa del proprietario, accolgono un numero molto limitato di tende e sono di logica conseguenza molto tranquilli: la soluzione ideale per due orsi alpini come noi!
Trascorriamo a Korkula tre giorni di mare direi perfetti, muovendoci in bicicletta alla ricerca degli accessi al mare meno battuti lungo le scogliere (l’isola offre alcune spiagge di sabbia prese d’assalto dalle famiglie che abbiamo accuratamente evitato). Il piccolo capoluogo insulare di Korkula, raccolto nelle mura medievali, merita una visita.
Dopo tre giorni al mare siamo colti dallo spirito zingaro e ripartiamo. Prendiamo una camera per due notti a Trsteno (15€ a notte) in una casa privata e ci lanciamo alla scoperta di Dubrovnik, una città con un’atmosfera magica, accesa dal brillio dei marmi pavimentano le strade e rivestano i palazzi patrizi del centro storico. Sembra impossibile che una simile bellezza sia stata rasa al suolo dai bombardamenti solo 20 anni fa! In città sembra ci sia un certo pudore rispetto al recente passato e solo in un semi-nascosto vicolo laterale troviamo la mostra fotografica sulle guerre nei Balcani segnalata dalla guida. I brividi lungo la schiena non sono l’effetto dell’aria condizionata.
Facciamo un giro delle mura (da non perdere, permette di avere subito un’idea della città) e ci perdiamo nei vicoli dove si aprono un’infinità di ristoranti, bistrot e negozi di lusso. Innamorati delle luce cangiante di questa città meravigliosa (non a caso detta “la bella Venezia”) ci fermiamo a cena sul porto, in un ristorante all’aperto dove mangiamo del pesce squisito cotto alla brace sotto una campana di ferro. È un piatto parecchio diffuso nel sud della Croazia che richiede un paio d’ore di preparazione quindi va prenotato nel pomeriggio per la sera, lo consiglio vivamente. Nota: i bistrot e i ristoranti dei vicoli hanno prezzi notevolmente più alti (gli italiani in vacanza chiacchierano!) e sono spesso caldi e affollati.
Dedichiamo il giorno successivo ad una gita a Kotor, in Montenegro che la Lonely descrive come meta imperdibile e indimenticabile. Sull’indimenticabile non ho dubbi – non capita spesso di assistere alla calata a terra dei passeggeri di 4 maxi-navi da crociera – sull’imperdibile ho qualche riserva in più. Kotor ha la stretta struttura di Dubrovnik, cinta da belle mura medievali ma anziché di marmo è in calcare bianco. Scappiamo dalle migliaia di croceristi con relative guide e andiamo a rilassarci in uno dei tanti golfi del fiordo di Kotor. Assolutamente a caso decidiamo di fermarci in un paesino delizioso, dove abbiamo pranzato da re in una taverna tradizionale. Il nome non lo scrivo perché potrebbero leggerlo i croceristi e nel giro di due anni lo stravolgerebbero.
Breve nota sulla gita a Kotor: la città è davvero carina, noi siamo stati sfortunati incappando nel caos creato dalle navi da crociera. Il passaggio della frontiera fra Croazia e Montenegro è molto lento (controlli con le telecamere, ispezione del bagagliaio ecc.) e ci ha fatto perdere un paio d’ore sia all’andata che al ritorno, se si aggiungono una ventina di chilometri di sterrato dovute ai lavori in corso sulla strada capirete come la gita non ci abbia entusiasmato. Presa in uno spirito migliore (e con qualche inconveniente in meno) un’escursione alle bocche del Cataro potrebbe rivelarsi una bella esperienza anche se il luogo non regge la mirabolante descrizione che ne fa la Lonely.
Rientrando a Trsteno, salutiamo la bella Dubrovnik e concludiamo la serata passeggiando nel suo sorprendente Arboretum.
Ci riprende la voglia di mare e ritorniamo sulla penisola di Peljesac per imbarcarci per Mljet dal porticciolo di Prapratno (un paio di km a sud di Ston) sempre con traghetto Jandroljina. Mentre aspettiamo la barca notiamo un campeggino fantastico affacciato su una bella spiaggia di ciottoli a 200 metri dal molo. Noi non ci siamo fermati ma ha l’aria comoda.
Appena arrivati a Mljet ci accampiamo a Roba in un piccolo campeggio eco-compatibile (inspiegabilmente il grande camping di Babino Poje era chiuso). Saltiamo sulle bici alla scoperta del parco nazionale. È un ambiente magico difficile da descrivere: immaginate una piccola isola con un grande golfo dall’imboccatura così stretta da creare una sorta di lago interno e poi un secondo sotto-golfo che crea un altro piccolo lago che però è sempre mare, il tutto circondato da una folta pineta. Non ci avete capito nulla?… perfetto così ve la andate a vedere di persona e scoprirete quanto è bella!
Il mezzo ideale per spostarsi a Mljet è la bicicletta (noi abbiamo le nostre ma ne affittano in ogni paesino) ma attenzione, fatta eccezione per i pochi chilometri lungo le sponde dei due “laghi” il resto dell’isola è tutt’altro che pianeggiante.
È un piccolo paradiso tranquillo, le acque non solo fra le più limpide della Croazia ma sono ottime per fare snorkeling e ammirare le pinna nobilis (il bivalve più grande del mediterraneo). Vi darò una dritta: percorrendo il sentiero che costeggia il “lago” più grande, ci si porta alle spalle dell’isola-monastero fino a un piccolo molo. In quello stretto braccio di mare ho contato una trentina di pinna nobilis a 5-6 m di profondità. Fuori dal parco, Mljet offre accessi al mare forse un po’ scomodi (ok, parecchio scomodi!) ma spettacolari, è una meta che consiglio.
L’ultima sera sull’isola ci regaliamo una cena nel ristorante Triton a Babino Poje, ambientato in una casa di pescatori e allestito come piccolo museo etnografico. Aggiungete che si mangia bene e si spende davvero poco e capirete perché è meglio fare un colpo di telefono alle bravissime ragazze dello staff che masticano tutte le lingue del globo!
Lasciamo Mljet a malincuore ma la strada ci chiama, entriamo in Bosnia diretti a Mostar dove ci concediamo l’unico vero lusso della vacanza: una stanza nel bellissimo albergo Museo ricavato in una vecchia casa ottomana (Bosnian National Monument Muslibegovic House, B&B 90 €).
Il centro storico è stato completamente ricostruito e brulica di negozietti e ristorantini. Nonostante un po’ di casino l’atmosfera è piacevole. Visitiamo la mostra fotografico allestita sul ponte bombardato (e ora ricostruito con le pietre ripescate da fiume) e guardiamo i video proiettati a ciclo continuo in una libreria lì vicino. Il cielo decide di consolarci un po’ regalandoci un bellissimo arcobaleno sul ponte di Mostar. Appena lasciato il centro storico i segni della guerra sono ben visibili nelle facciate delle case e dei palazzi crivellate dei colpi di mortaio sparati delle colline circostanti. Il segno più tangibile della faticosamente ritrovata convivenza di queste terre viene ancora dal cielo: al tramonto il muezzin annuncia ai fedeli la rottura del digiuno del 20 giorno di ramadan (è il giorno più sacro per i mussulmani che celebrano la rivelazione del Corano al profeta Maometto) a cui risponde il carrillon dell’Ave Maria delle chiese cristiane.
Dopo una notte romantica nella nostra camera da mille e una notte, ripartiamo in direzione Sarajevo. Entriamo in città e ci sistemiamo nella modesta ma comodissima pensione Sebjli che offre anche un parcheggio coperto (abbiamo la macchina carica e abbiamo bisogno di un parcheggio custodito, la scelta si rivela azzeccata perché al bar incrociamo un gruppo di ragazzi che si sono trovati il vetro dell’auto sfondato). Sarajevo è semplicemente bellissima, il quartiere turco della Bascarsija vanta un artigianato del rame di livello eccellente. Salendo alla collina dei martiri di Kopaci, dalla Piazza dei Piccioni, passiamo davanti ad una sala da tè piccola ma accogliente. Il proprietario è vissuto 22 anni in Italia, nel 1992 venne in città per salutare la famiglia restando bloccato dallo scoppio della guerra. È un uomo davvero simpatico e una miniera di informazioni sulla città e sulla sua storia. Doverosa è la visita al museo del “Tunnel for life” che garantì gli approvvigionamenti alla città stretta sotto assedio dall’esercito serbo. Il sito si trova a una decina di km a sud di Sarajevo ed è poco segnalato. Durante la guerra la città era circondata dall’esercito e stretta sotto assedio, solo il piccolo aeroporto era sotto il blando controllo internazionale dell’ONU. Per garantire l’afflusso di generi di prima necessità in città ed evacuare i civili e i feriti i Bosniaci hanno scavato 700 m di tunnel sotto l’aeroporto. Video e fotografie rendono l’idea della drammaticità della vita fra il 1992 e il 1995 e di come la città sia stata messa in ginocchio ma non vinta.
Lo spirito di convivenza interculturale e interreligiosa sembra avere ripreso il sopravvento e chiese e moschee convivono a pochi passi di distanza.
Lasciamo i minareti e i campanili di Sarajevo per una lunga tappa di spostamento che, attraverso il territorio bosniaco, ci riporta in Croazia, a Senj, dove nasce la bora. Lungo il percorso passiamo per i laghi di Plitvice, senza fermarci perché abbiamo già visitato il parco diversi anni fa, senza rimanerne particolarmente entusiasti. Senj è un po’ cambiata rispetto a come la ricordavamo, un po’ più turistica e decisamente meglio attrezzata. Il mare però è sempre lo stesso: limpidissimo, commovente e decisamente freddo.
Ci sistemiamo in un campeggio 4 km a nord di Senj e ci godiamo gli ultimi giorni di mare (se si supera l’impatto con l’acqua gelata questo mare riserva dei fondali fantastici con coralli gialli e banchi di pesci).
Rientriamo in Italia passando dalla Slovenia e fermandoci a visitare le grotte di Postumia (Postojnska jama) e il castello di Castello di Predjama.
Vacanza ed itinerario sono giunti al termine, lasciandoci la sensazione di aver fatto uno dei nostri viaggi migliori!
Ultimo aggiornamento 21 Ottobre 2024 da cipiaceviaggiare