Perchè si DEVE viaggiare con i bambini
(racconto di viaggio di Mara)
Questo post ha un ispiratore inconsapevole (Andrea) che nel nostro incontro nel mondo reale, a Bangkok, mi spingeva a riprendere in mano il mio sito di viaggi (abbandonato da quando ho avuto la mia prima figlia) per parlare della mia esperienza di mamma viaggiatrice e, soprattutto, del mio viaggio in Thailandia, il primo intercontinentale in 4.
La mia risposta è stata: “Questa volta mi sento poco viaggiatrice e tanto vacanziera quindi non mi pare di avere molto da dare in termini di consigli”.
Andrea invece mi ha fatto giustamente notare che il semplice partire e andare in Asia con mia figlia di 4 anni e mezzo e mio figlio di 9 mesi rappresenta un grande incoraggiamento per coloro che pensano che non si possa viaggiare con i bambini o che sia addirittura pericoloso farlo. Concordo con Andrea sul fatto che sia fondamentale far capire che viaggiare con i bambini non è semplicemente il bisogno di un genitore che, amando i viaggi, non vuole rinunciarvi ma è un DOVERE nei confronti dei figli.
Quindi eccomi qui per sfatare qualche luogo comune e incoraggiarvi a partire. Parlo con voi, neogenitori! Conosco già le vostre riserve e le vostre paure e le conosco perché tutte le domande che vi siete fatti voi me lo sono fatte anch’io.
Non illudetevi, difficilmente nel mondo reale troverete persone disposte a rassicurarvi in merito, a dirvi che si può fare (anzi, si DEVE fare!) o ad elencarvi i pregi del viaggiare con dei cuccioli, quindi il mio primo consiglio è: andate a cercare informazioni (e rassicurazioni) nel mondo virtuale. Io faccio parte di una piccola comunità di mamme viaggiatrici e vi garantisco che parlare con loro è rasserenante da un lato ed entusiasmante dall’altro e poi ci sono le contaminazioni reciproche, tipo Tizia che è andata lì con suo figlio e il viaggio ha regalato a tutta la famiglia emozioni incredibili e magicamente ciò che pensavamo non fosse possibile fare con un bimbo lo diventa.
Wow! Allora buttiamoci e godiamoci questa nuova esperienza in questo paese.
I vostri figli vi stupiranno: sono molto più adattabili degli adulti e vedono il mondo con occhi diversi dai nostri, occhi da esploratori, occhi da “prima volta”. Imparerete ad assaporare cose che davate per scontato, a cogliere la magia nelle cose semplici, perché le vedrete con gli occhi di vostro figlio.
SI DEVE VIAGGIARE CON I BAMBINI ED E’ MENO DIFFICILE DI QUANTO POSSA SEMBRARE
I vostri dubbi più ricorrenti? Smontiamoli uno ad uno…
Fuso orario: i bambini non hanno nessun problema di fuso (sono gli adulti ad averne). Più sono piccoli e più si adattano rapidamente al nuovo orario e questo grazie anche al fatto che producono melatonina (insomma è pure provato scientificamente, che volete di più?!? ). Personalmente non ho mai organizzato il fuso prima della partenza (cioè impostando l’orario, anticipando o posticipando il sonno del bambino di un’oretta al giorno) ma l’ho sempre gestito in loco in un’unica soluzione. I bambini si sono SEMPRE adattati PRIMA di noi.
Cibo: non è un problema! Se non lo è per voi non lo sarà di certo per vostro figlio. Certo informatevi un po’ sulla cucina locale per sapere come fare. Ad esempio in Asia la formula magica da recitare quando ordini per i bimbi al ristorante e non vuoi che vadano a fuoco (i piatti asiatici sono piccantissimi) è: “No chili, no spicy”. E poi del buon pesce grigliato si trova ovunque e vogliamo parlare della frutta esotica?
Di solito i bambini la adorano. Ho pure scoperto che la papaia è un ottimo lassativo per i frugoletti che hanno un bisogno quotidiano di verdure il cui reperimento non è sempre facilissimo in alcune zone. Io li ho sempre abituati a mangiare di tutto e, soprattutto, ad assaggiare prima di dire che non è buono. Ora la mia primogenita inizia ad avere i suoi gusti e a rifiutare molte cose ma con i giusti incentivi è un problema aggirabile. Ad esempio: “Se mangi tutto poi compreremo un bel gelato” ;-). Funziona sempre, garantisco. In Thailandia non vedeva l’ora di mangiare cose che NON le piacevano (ma che le facevano bene) per andare a chiedere l’ice cream. E il bello è che la mandavamo da sola così ha dovuto imparare qualche parola e frase in inglese. Gli incentivi all’apprendimento… ;-).
Pianti in volo o in hotel: che vergogna… e se qualcuno si imbufalisce (e pure giustamente visto che il disturbo è oggettivo)? Come ci comportiamo? Qui facciamo una premessa: il pianto di un neonato non sempre si riesce a gestire perché è il suo unico modo di esprimersi e di comunicare con voi e non si riesce ancora a ragionare con lui e a spiegargli bene le cose per calmarlo (il pianto di un bimbo più grande mediamente si gestisce). Fatta la premessa segue una distinzione: un conto è il pianto di un neonato stanco e nervoso con dei genitori che visibilmente fanno di tutto per calmarlo (anche se senza successo) e un altro conto è il bambino che ti prende a calci il sedile per tutta la durata del viaggio o che corre su e giù per l’aereo urlando come un pazzo e disturbando tutti senza che i genitori muovano un dito (ovviamente i maleducati sono i genitori, non il bambino). Ecco, nel primo caso posso garantirvi che troverete la più totale disponibilità e addirittura ci saranno molte persone che accorreranno in vostro aiuto, nel secondo incontrerete (giustamente) persone infuriate e poco accomodanti. Come biasimarle? Nei nostri numerosi viaggi a corto e lungo raggio, in treno, in barca e in aereo posso garantirvi che mi è successo di dover gestire un pianto inconsolabile ma MAI, e sottolineo MAI, qualcuno si è lamentato con me, anzi, ho trovato la più completa comprensione e solidarietà e, nella maggior parte dei miei viaggi, ho ricevuto complimenti per il comportamento dei miei bambini. E mi capita anche di viaggiare da sola con due figli al seguito. Non vi dico il numero di persone che si offrono di aiutarmi. Fanno la fila .
Insomma i problemi e le paure sono solo nostre, non loro. I nostri piccoli sono degli esploratori indomiti e temerari che conquistano le terre straniere a suon di sorrisi, baci e abbracci.
Attenzione io non parlo di viaggi decontestualizzati, dentro una bolla, cioè dentro un villaggio turistico con miniclub ma di viaggi fai da te in totale immersione nel contesto locale. Questo tipo di viaggi dona una ricchezza senza eguali ed è il regalo più grande che voi possiate fare a vostro figlio.
SI DEVE VIAGGIARE CON I BAMBINI PERCHE’ E’ UNA GRANDE SCUOLA DI VITA
Comprategli un gioco in meno e un libro in più (magari del paese che visiterete), comprategli meno ovetti kinder e un bel mappamondo o un planisfero, comprategli meno vestiti e più viaggi.
A scuola si parla di intercultura, voi gliela farete vivere immergendoli nel contesto locale.
A scuola si parla di povertà, concetto astratto e incomprensibile per un bimbo occidentale, lì la toccherà con mano.
A scuola si parla di accettazione del diverso, voi gli farete capire che diversità = opportunità, scoperta, nuovi orizzonti.
A scuola si parla di geografia, voi gliela farete conoscere: mia figlia di fronte all’oceano indiano mi ha detto: “Mamma, ma è mooolto più grande di quello del mappamondo” e cercava l’altra sponda :). Le nostre lezioni di geografia non valgono tanto quanto l’esperienza sul campo. I bimbi hanno bisogno di vedere e toccare per comprendere.
A scuola si desidera il gioco che ha il tuo compagno di banco, lì ci si rende conto che il gioco non serve perché ci si può divertire molto di più con tanta fantasia e oggetti trovati in loco ma, soprattutto, si vede ciò che hanno gli altri bimbi, che è quasi nulla ma sono molto più felici e soddisfatti di un bimbo occidentale. E allora adulti e bambini rimettono in discussione alcuni “valori” della nostra cultura. Soldi e benessere non sono sinonimo di felicità…
Insomma i vostri piccoli viaggiatori apriranno gli occhi e la mente e impareranno a non ragionare per schemi o frasi fatte, avranno una visione cosmopolita, diventeranno cittadini del mondo e cercheranno di comprendere un popolo e rispettarne le tradizioni e la cultura, proveranno ad assaggiare cibi diversi dai nostri (e a capire che il cibo non è così scontato perché ci sono bimbi che non ce l’hanno). Certi capricci assumono una dimensione diversa quando ci si scontra con realtà differenti dalla nostra ed è necessario e doveroso far notare loro certe cose in modo da innescare delle riflessioni.
Questo è il dono che voglio fare ai miei bambini, il dono della felicità e della comprensione. Voglio che imparino a confrontarsi con gli altri e a ragionare con la propria testa e credo che viaggiare possa aiutarli moltissimo in questo percorso.
Il messaggio che vorrei trasmettere è di non farsi paralizzare dalla paura dell’ignoto o dalla paura della fatica. Partite coi vostri bambini! Il pregio di viaggiare coi cuccioli è una maggiore immersione nel contesto locale e un’accoglienza immediata e senza riserve nella comunità. Inoltre, per assecondare i loro ritmi, si abbandona la frenesia, si fa tutto con più calma e, conseguentemente, si assaporano meglio i luoghi e le persone.
UN PAIO DI CONSIGLI PRATICI
Contrariamente a quello che tutti mi dicevano, io ho constatato che più il bambino è piccolo, più è facile viaggiare. I viaggi fatti nei primi 6 mesi di vita sono i più facili: avrete il cibo sempre pronto se allattate (ma anche se prende il latte artificiale è facile da gestire), il piccolo dorme molto, pesa poco (ciò significa che lo potete trasportare facilmente) e ancora non si muove. La fase più delicata è dai 6 mesi ai 12 perché avete il vincolo delle pappe (e quindi dovrete organizzarvi con cucina o fornelletto), il cucciolo che si porta tutto alla bocca, che è in pieno gattonamento (il che significa che dovrete scegliere con cura gli alloggi) e che, mediamente, pesa troppo per essere trasportato in un marsupio. Dai 12-18 mesi si inizia a poter fare quasi tutto ma il bambino non si controlla più così facilmente perché si sposta da solo e rimpiangerete il periodo del passeggino ;-). Ma non demordete! Viaggiare con un figlio solo è facilissimo perché ci sono due adulti che si avvicendano nella gestione.
Un consiglio che mi sento di dare, infine, è sul bagaglio. Viaggiare light è strategico! Ma anche l’adattabilità è fondamentale e pure un po’ di fantasia nella risoluzione di piccole problematiche. Non occorre portarsi tutto: passeggino, seggiolino per mangiare,… più si viaggia leggeri meglio si sta, perché il valigione pesante e i passeggini (soprattutto quando si fanno viaggi itineranti) sono una vera rottura e una fatica e non ripagano dello scarsissimo confort che danno in loco. Quando mia figlia era piccolissima io mi portavo solo il passeggino e lo usavo anche come seggiolone. Poi ho iniziato ad usare sedia con cuscini (forniti dalle varie strutture) e nello Sri Lanka erano molto in voga le sedie impilate per farla arrivare al tavolo: spassosissime per lei! Direi che verso l’anno e mezzo-due si può lasciare il passeggino a casa a meno che, certo, non si prevedano tour serratissimi e camminate che affaticherebbero anche un adulto (in quel caso il passeggino è d’obbligo) ma di solito, coi bimbi, non si fanno cose eccessivamente massacranti. Noi a 18 mesi la facevamo camminare alla grande però il passeggino era utile quando si addormentava così non dovevamo portarla a braccia. Garantisco che un bimbo di 2 anni, se abituato a camminare, può farsi delle bellissime passeggiate e può stupire con la sua resistenza fisica e la sua voglia di scoprire. Quando era molto piccola noi, per non portarci il passeggino al seguito e visto che amiamo molto la bicicletta, abbiamo optato per 2 viaggi in bici: La Digue e Formentera. Certe dormite sul seggiolino che non vi dico e abbiamo esplorato le isole in modo divertente.
EMOZIONI DI UN VIAGGIO IN THAILANDIA CON BAMBINI
Concludo questo post con delle emozioni che riguardano solo la Thailandia e parto dal primo incontro virtuale con Andrea, avvenuto nel dicembre 2012 nel sito TheFamilyCompany, che racconta un po’ anche la mia storia di mamma-viaggiatrice:
La Thailandia era una delle mete probabili di questo inverno ma… essendo incinta del secondo figlio non posso muovermi. Pazienza, andremo il prossimo anno in quattro. Sono una viaggiatrice fai da te da almeno un decennio e, quando è nata nostra figlia (3 anni adesso), non mi sono fatta scoraggiare dall’atteggiamento tipicamente italiano del “coi figli non si può più viaggiare, soprattutto immersi nella realtà locale”. Gli inglesi lo fanno da secoli senza problemi.
Con ciò non voglio dire che sia stato tutto in discesa: il primo intercontinentale con pargola avevo la valigia piena di roba (cibo incluso) e mi ponevo tante domande. Poi ho imparato a viaggiare solo col bagaglio a mano anche con la piccola al seguito.
Be’, che dirvi? Una volta rotto il ghiaccio è stata una passeggiata e vedere mia figlia che dava da mangiare alle testuggini, restava basita di fronte al suo primo elefante (“mamma è enorme!”), veniva trattata deliziosamente e con tutti i riguardi dagli abitanti dei luoghi visitati è stato impagabile. Grazie a lei abbiamo sempre potuto fare un’immersione totale nella cultura locale e siamo sempre stati accettati benissimo e coccolati da tutti.
Al suo attivo ci sono già numerosi viaggi: Pantelleria, Seychelles, Rodi, Formentera, Sri Lanka e Creta. Il viaggio più faticoso? Quello per Pantelleria (in auto da Roma a 12 mesi), tanto per sfatare il mito della fatica dei voli intercontinentali . Insomma questo per dire che non solo si può fare ma vi stupirete della facilità con cui si possa fare. Quando mia figlia si ricorda delle tartarughe delle Seychelles (e aveva solo 18 mesi!) o della gentilezza di Beckie (Sri Lanka) e delle corse fatte con suo figlio per rincorrere pavoni, iguane e granchi e mi chiede quando ci torneremo sono assolutamente certa che sto facendo la cosa giusta perché il suo piccolo bagaglio esperienziale si sta arricchendo e la sua visione del mondo ampliando. Quale migliore regalo potrei farle?
Dopo quasi un anno da questo incontro virtuale con Andrea prenoto il volo a cuor leggero (in fin dei conti è il secondo figlio e ci siamo “fatti le ossa” con la prima) ma, nel corso dei mesi che precedono la partenza, una serie di vicende mi fa mettere in dubbio questa scelta. Arrivo a pochi giorni dalla partenza ansiosa più che mai, prostrata nel corpo e nella mente da quasi 5 mesi di malanni continui e preoccupata per i disordini a Bangkok, e vengo soccorsa (moralmente) da una carissima amica viaggiatrice che mi dice le paroline magiche di cui ho bisogno: “Guarda, da quando ho mio figlio i viaggi sono stati sempre stressanti… prima di partire… poi appena in aereo ci siamo accorti che le ansie erano rimaste a casa. Hey, la stanchezza fa brutti scherzi, non farle prendere il sopravvento! Sarà un viaggio fantastico e me lo racconterai entusiasta… e io vi seguirò da qui!”
Un grazie non esprime a sufficienza la mia gratitudine. È andata proprio così. Ho inondato tutti gli amici di foto e resoconti entusiastici fin dal primo giorno. Certo, abbiamo sentito la differenza tra un baby viaggiatore e due, ma siamo stati ampiamente ripagati dalla fatica.
La nostra primogenita è stata superlativa. Ormai con lei si viaggia benissimo e si possono fare tante osservazioni e riflessioni. Quando la vedevo giungere le manine e fare un lieve inchino per ricambiare il saluto thai (il wai) mi si scioglieva il cuore ed era bello vedere quanto fosse apprezzato questo semplice gesto. E poi le sue domande sul Buddha, sulle strane case, sulla lingua… il suo cervello era in pieno fermento e io mi rendevo conto di non avere il tempo e l’energia necessaria per soddisfare tutte le sue domande perché dovevo occuparmi anche del suo fratellino. Menomale che, stavolta, con noi c’erano due amici meravigliosi (Mariapaola e Maurizio) che si sono spupazzati i nostri bimbi consentendoci di avere dei piccoli spazi di relax e dei momenti in solitaria con ciascun figlio. A loro va il mio più sincero grazie.
Ciuchi ha fatto dei progressi incredibili in quelle 2 settimane ed è stato bello condividerli con loro. Ovunque veniva accolto con grandi sorrisi e tante bananine e c’erano sempre delle braccia che si tendevano per accarezzarlo e prenderlo in braccio. Spesso l’attrazione turistica eravamo noi: degli europei con due figli biondi dagli occhi azzurri. La popolazione locale impazziva.
Non sto dicendo che il volo (con scalo) sia stato una passeggiata o che i primi giorni col fuso da smaltire e i due piccoli da gestire siano stati in discesa. È stata una vera faticaccia ma, una volta ambientati, è stato bellissimo. Ne è valsa la pena e non mi sono pentita della scelta fatta. Ovviamente in questo viaggio siamo stati molto stanziali e il supporto di Maurizio e Mariapaola è stato davvero prezioso. Ed è stato bello condividere anche con loro le sensazioni del viaggio.
Per farvi capire quanto siamo stati bene ecco cosa ho scritto il giorno prima di partire per Bangkok:
Domani lasceremo Phuket, un’isola che conosciamo poco ma che ci ha dato molto, un’isola che ci aspettavamo turistica ma che ci ha regalato un angolo di paradiso, pace e serenità. Torneremo. Bang Tao ci ha regalato la tranquillità di cui avevamo bisogno e la salute dopo quasi 5 mesi di influenze continue. Qui abbiamo collezionato una serie di prime volte (e già solo per questo ci resterà nel cuore): primo viaggione in 4, primo intercontinentale di Ciuchi, prima giocata con la sabbia di Ciuchi (e pure mangiata di sabbia ), primo bagnetto in mare di Ciuchi e primo bagnetto in piscina per entrambi i cuccioli, primi passi per Ciuchi, primo assaggio di frutta tropicale per Ciuchi (mango, papaia, ananas, bananine,…),… Stasera, mentre farò le valigie, non so come riuscirò a trattenere le lacrime. Non vorrei proprio andarmene da questo luogo…
Ed è stato così! Per la prima volta non sono riuscita a trattenere le lacrime mentre facevo la valigia (ero un fiume in piena) e altre lacrime rigavano il mio volto mentre il taxi mi portava all’aeroporto.
E tra le prime volte di Ciuchi ne abbiamo aggiunte altre a Bangkok: il suo primo gelato (che anche Andrea ha condiviso con noi) e il suo primo ‘ciao’ con la manina (sul volo di ritorno circondato dalle hostess che se lo contendevano e gliel’hanno insegnato).
Ed ecco cosa scrivo il giorno dopo il rientro in Italia ai miei amici:
Sono tornata da questo viaggio felice e rinvigorita e con me tutta la mia famiglia. Ho pianto tanto quando ce ne siamo dovuti andare da Phuket e, mai come stavolta, mi è pesato così tanto fare le valigie. Disfarle mi pesa ancora di più perché mi sembra di chiudere il capitolo e non sono ancora pronta a farlo.
Con la testa e con il cuore sono ancora lì: sulla spiaggia di Bang Tao, a pranzo da Momo con Manuela e Salvatore, a cena in quel ristorantino ricco di charme con Andrea… e mentre scrivo queste parole lacrime solcano il mio viso e non mi vergogno a confessarlo. Siamo partiti malaticci, spauriti e provati fisicamente e psicologicamente. Agognavamo questo viaggio. Lo vedevamo come un miraggio e al tempo stesso ci chiedevamo se stavamo facendo la scelta giusta. Sembrava che tutto ci remasse contro (i disordini a Bangkok, le malattie,…) per impedirci la partenza e invece alla fine ce l’abbiamo fatta. Siamo tornati sani, felici, ritemprati, rinvigoriti, commossi dalle nuove amicizie nate sul posto… alla Thailandia non avremmo potuto chiedere nulla di più.
La mia bimba non voleva assolutamente lasciarla e anche ora mi continua a dire che non vuole stare a Roma ma vuole tornare lì. Se questo non è un incoraggiamento per partire ed esplorare il mondo coi vostri bambini non so cosa lo sia. Questa è la mia testimonianza a caldo.
Ringrazio infinitamente Alessandra, viaggiatrice fai da te con un grande cuore, perché mi ha fatta appassionare all’Asia coi suoi reportage e mi ha dato delle grandi dritte per l’organizzazione di questo viaggio. E ringrazio mio marito che mi ha supportata moltissimo in Thailandia comprendendo anche le mie lacrime al momento di andarcene.
Grazie da una mamma in partenza che cercava proprio queste parole!