Mongolia 2013


Viaggio nell’infinito

(racconto di viaggio dal 10 al 27 agosto di Gianluca)

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SINTESI del PROGRAMMA di VIAGGIO (18gg):
10 agosto : partenza da MILANO MALPENSA (operato da AEROFLOT via Mosca)
11 agosto : arrivo ad Ulaanbaatar (Tour citta’: Gandan monastery, Sukhebaatar) (notte: guest house)
12 agosto : (1° giorno tour) Ulaanbaatar – Baga Gazzyn Chuulu (notte: gher famigliare)
13 agosto : (2° giorno tour) Baga Gazryn Chuluu – Ulaan/Tsagaan Suvraga (notte: gher turistica)
14 agosto : (3° giorno tour) Ulaan/Tsagaan Suvraga – Yoliin Am (notte: gher famiglia)
15 agosto : (4° giorno tour) Yoliin Am – Mini Naadam festival – Khongorin Els (notte: gher famigliare)
16 agosto : (5° giorno tour) Khongorin Els – Bayanzag (notte: gher famigliare)
17 agosto : (6° giorno tour) Bayanzag – Ongiin Khiid (notte: gher turistica)
18 agosto : (7° giorno tour) Ongiin Khiid Monastery – Kharkorin (Karakorum) (notte: gher turistica)
19 agosto : (8° giorno tour) Kharkorin – Erdene Zuu Khiid – Shank Khiid – Orkhon valley (notte: gher famigliare)
20 agosto : (9° giorno tour) Orkhon valley – Ulaan Tsutgalan water fall – Tuvkhun monastery – Tsagaan Sum (notte: gher famigliare)
21 agosto : (10° giorno tour) Tsagaan Sum – Tsetserleg – Chuluut gol Tsagaan Nuur lake (notte: gher turistica)
22 agosto : (11° giorno tour) Tsagaan Nuur lake – Khorgo National Park (giorno di sosta) (notte: gher turistica)
23 agosto : (12° giorno tour) Tsagaan Nuur lake – Tsetserleg – Tsenker hot water spring (notte: gher turistica)
24 agosto : (13° giorno tour) Tsenker hot water spring – Ughii Lake (notte: gher famigliare)
25 agosto : (14° giorno tour) Ughii Lake – Khustai National Park (notte: capanna campo attrezzato)
26 agosto : (15° giorno tour) Khustai National Park Ulaanbaatar (notte: guest house)
27 agosto : volo rientro in Italia (operato da AEROFLOT via Mosca)

VARIE NOTIZIE SPICCIOLE:
MONETA, CAMBIO, BANCOMAT, MANCE: moneta corrente Tugrik, cambio ad Agosto 2013: 1euro=1850 Tugrik.
Taglio max in vigore 20000 Tugrik: l’equivalente di circa 12euro (occorre prepararsi a girare con un mucchio di carta moneta in tasca.
Esiste un mercato nero con cambi favorevoli.
Euro: cambiato senza problemi e spesso più conveniente rispetto al dollaro.
Bancomat: si trovano solo nella capitale e nei centri abitati di maggiori dimensioni. Altrove solo contanti. Carte di credito utilizzabili preferibilmente in UB (Ulaambataar), altrove difficilmente vengono accettate.
Mance: normalmente non sono comuni, nei ristoranti solitamente il servizio è già incluso nel conto. Quindi il tutto è a propria discrezione.

FUSORARIO e LINGUA: 6 ore in più dell’Italia.
Lingua parlata e scritta: mongolo. L’ inglese è parlato principalmente dalle guide ed occasionalmente da talune persone che s’incontrano. Buona parte della popolazione conosce oltre il mongolo, solo il russo. Essendo l’alfabeto completamente differente dal nostro risulta incomprensibile leggere qualsiasi cartello o altro.

PRESE CORRENTE: presenti prese bipolari, ma spesso leggermente diverse dalle nostre tradizionali, con 220v. (Consigliato portare kit di adattatori universali). E’ possibile usufruire della corrente senza difficoltà nei centri abitati, difficilmente nelle zone rurali. La corrente elettrica durante il tour c’è soprattutto nelle sistemazioni in gher turistiche.

DOCUMENTI: passaporto in regola con le norme vigenti e visto. Richiedibile quest’ultimo senza grosse difficoltà direttamente al Consolato di Milano o all’Ambasciata di Roma. (https://rome.embassy.mn/italy/).

FARMACI e VACCINAZIONI: non occorrono particolari profilassi, per sicurezza è bene consultare la propria ASL per consigli specifici.
Farmaci: fortemente consigliato un kit che copra il più possibile ogni possibile problema. Fuori dai grandi centri abitati è molto difficile reperire medicinali.

TELEFONI: presente rete GSM dualband, esiste la copertura soprattutto nelle zone più abitate. Molto conveniente e consigliato, acquistare una scheda sim di un operatore mongolo (esempio Mobicom: esiste un grande centro poco distante dai Grandi Magazzini di Stato nel centro di UB). Il costo è basso e conviene molto per telefonare in Italia. I nostri operatori applicano tariffe spropositate. La copertura nelle zone rurali è bassissima, ma incredibilmente vi sono delle zone sperdute in cui il cellulare prende.

ABBIGLIAMENTO: il clima è molto differente a seconda della zona e del periodo, oltre che dipende molto anche dalle condizioni meteo. In agosto fa tendenzialmente abbastanza caldo, soprattutto durante il giorno, come ad esempio nella regione del Gobi. Consigliato abbigliamento a strati (stile “cipolla” per ogni evenienza). Se il cielo è nuvoloso e magari piove, la temperatura si abbassa rapidamente. Consigliato, se si ha intenzione di visitare anche la zona settentrionale, un sacco a pelo che protegga anche da temperature più basse durante la notte. Quest’ultimo serve comunque anche a fornire una sorta di barriera protettiva sia igienica, sia per eventuali “animaletti” ospiti fissi delle gher. Idem per le calzature: se fa caldo nessun problema, ma se piove o si va a camminare è bene avere degli scarponcini da trekking.

SICUREZZA: la Mongolia è un posto sicuro. A tale proposito nella ns esperienza non abbiamo visto nulla di particolare soprattutto durante il tour. Spesso le gher non si possono neppure chiudere dall’interno. Ovviamente è bene come sempre soprattutto nelle grosse città essere accorti e non rischiare inutilmente scippi ecc… che a quanto pare sono anche in aumento.

STRADE: eccetto per Ulaambataar, per le città  più grandi ed alcune arterie principali di collegamento, dove esistono strade asfaltate, altrove vi sono quasi esclusivamente piste sterrate. Queste sono spesso in cattive se non pessime condizioni, pertanto si va incontro a trasferimenti lunghi e faticosi. Quando piove, poi, le piste si riempiono di fango e tutto si complica. Consigliato pertanto un veicolo 4×4 che consente molta più libertà di movimento. Il UAZ è fra tutti quello di gran lunga più affidabile, molto spartano e poco confortevole, ma riparabile in ogni situazione. Cosa molto più difficoltosa per gli altri veicoli utilizzabili nei tour. Gli autisti sono dei “gps viventi”, si muovono a “vista” con pochi punti di riferimento.

ORGANIZZAZIONE del TOUR (consigli pratici): occorre decidere la tipologia di tour che si vuole fare ed in funzione di questo, la scelta importante è la tipologia di pernottamento. Questo è solitamente nelle gher (le tipiche tende nomadi mongole). Queste possono essere di due tipologie: turistiche e famigliari. La differenza è ovviamente negli standard e servizi offerti. E’ l’equivalente della differenza che ci può essere tra un hotel ed un bed&breakfast per fare un paragone. Vi sono poi varie categorie di gher turistiche: nelle zone più attrezzate si può usufruire di strutture più o meno costose. Variano pertanto i servizi offerti. Sicuramente nelle gher turistiche vi è la possibilità di fare la doccia, cosa difficile in quelle famigliari. Per quanto riguarda i pasti, anche nelle gher famigliari si può normalmente mangiare. L’alternativa più economica in assoluto è fare la spesa all’inizio del tour e cucinare in autonomia. Durante i trasferimenti, spesso s’incontrano delle guanz, cioè dei piccoli e semplici punti ristoro dove è possibile mangiare. Idem per acquistare cibo o bevande: anche nei piccoli centri abitati sono sempre presenti negozi di alimentari.
Vi sono innumerevoli agenzie che organizzano tour e si possono contattare direttamente in loco. Dipende tutto dai tempi a disposizione per la ricerca. Si può partire dal pacchetto base, auto più autista parlante solo mongolo, ad un pacchetto all-inclusive con autista, guida, pernottamenti e pasti inclusi. Tutto dipende da quanto si vuole spendere. E’ comunque sconsigliabile un tour completamente fai da te, vista la complessità del percorso e la conseguente difficoltà negli spostamenti.

IL VIAGGIO NEL DETTAGLIO:
Vacanze in Mongolia, una meta particolare, ma che a me e Patrizia ha stimolato molto. Il viaggio richiede un impegno fisico considerevole. Consisterà in un tour nella zona centrale che ci porterà sino al sud, praticamente al confine con la Cina nello sconfinato deserto del Gobi ed una tappa al nord ovest più montuoso.
Perché la Mongolia? L’idea parte dall’immaginare gli spazi sconfinati, l’immensità, il contatto con la natura e la popolazione locale. Ricchezza di tradizioni.
La Mongolia è grande. Varrebbe la pena girarla tutta per quanto si presenta variegata, ma occorrerebbero mesi. Per questo ne scegliamo una sola zona, la più visitata a livello turistico. Ci attira molto anche la regione Nord Occidentale dell’Altai, con le sue montagne ammantate di bianco: qui vi sono i ghiacciai e la catena montuosa più alta dell’intera nazione. Ma non c’è sufficiente tempo.
Primo passo è stato contattare un autista locale, scoperto sul web, grazie alle recensioni di altri viaggiatori. Il suo nome è Bayar. Lo si raggiunge solo via email, ma non abbiamo avuto nessun problema di comunicazione: risposte sempre rapide e precise.
E’ un autista che ha a disposizione una decina di altri driver. La cosa interessante è il poter realmente creare il tour come lo si vuole. Infatti con lui si può anche solo prenotare il minimo indispensabile: cioè  l’autista e l’auto. Quest’ultima è importante sia robusta ed affidabile, nulla va lasciato al caso. Le piste sterrate sono spesso impegnative e se piove un 4×4 è una garanzia di sicurezza nella progressione senza grossi intoppi: il fango è in questo caso un nemico da non sottovalutare. Al pacchetto base poi si può aggiungere una guida parlante inglese (perché ahime gli autisti normalmente conoscono solo il mongolo) e volendo, anche un forfait con cibo e pernottamenti. Inoltre Bayar può aiutare nella prenotazione dell’hotel o guest house in Ulaambataar (la capitale della Mongolia chiamata anche in modo abbreviato UB). La nostra scelta va su un’auto 4×4, autista e guida. Richiedo espressamente una Uaz, il fuoristrada sovietico per antonomasia. Spartano, con pochi confort, ma in grado di superare ogni ostacolo e notoriamente molto affidabile. Del resto questo fa parte del folclore del luogo: è avventura anche questa. Il viaggio è itinerante con una selezione delle mete più o meno principali che si trovano lungo il percorso stabilito. Questo in base al tempo a nostra disposizione. Tappe quotidiane a partire da 150 a oltre 300 km quasi tutti interamente su piste sterrate. Previsti più di 3000 km da percorrere. E’ questa la parte più faticosa. Ma è anche vero che come dico io: il viaggio è nel viaggiare… Un gioco di parole per far capire che ciò che si vede durante i lunghi trasferimenti vale già di per se ogni sobbalzo e fatica.
Pertanto, studiato il percorso lo concordo sommariamente con Bayar via email e stabilite le nostre necessità (auto, autista e guida) opzioniamo con lui le date del tour e ci facciamo anche prenotare la guest house per le due notti a Ulaambataar. Quando si arriverà ad UB, il programma verrà riscritto e raffinato ufficialmente: questa sarà la “bibbia” dell’autista e della guida che la seguiranno alla lettera salvo problemi contingenti. Scegliamo di pagare personalmente pernottamenti e pasti in loco durante il tour.
La nostra idea è inoltre farci da mangiare. Vogliamo provare anche questa alternativa. Stoviglie e fornello ci vengono forniti. Si provvederà a far spesa prima di partire. Pernottamenti nelle tipiche gher, le tende tradizionali del popolo nomade mongolo. Opteremo il più possibile per gher famigliari, questo per stare a contatto con la gente del posto. C’incuriosisce molto questo aspetto che per noi è una parte molto importante di un viaggio: il venire a conoscenza della cultura e delle tradizioni di ogni luogo che visitiamo. E’ proprio la diversità che ci stimola, il doversi “adattare” ad un mondo parallelo.
Il titolo del racconto, viaggio nell’infinito, non è casuale. E’ l’essenza delle sensazioni che si vivono in Mongolia.
Tutto è sconfinato. Lo sguardo spesso si perde nei paesaggi immensi senza trovarne visivamente una fine e la sensazione è che li il mondo finisca per lasciare spazio al nulla. Il fascino della natura selvaggia. Paese immenso: ho letto che è più di 5 volte l’Italia, ma con una densità demografica incredibilmente bassa.
Il periodo estivo (da giugno a inizio settembre) è quello più indicato per visitarlo, rischio di pioggia in talune zone, ma temperature buone un po’ ovunque.
Nonostante non ci si renda conto, ci si trova costantemente su regioni altoplanari. Per fare un esempio la stessa Ulaambataar è a 1350m slm ed il lago Tsagaan Nuur a quasi 2100m. Di conseguenza il clima è molto vario e mutevole a seconda della giornate.
La Mongolia è divisa in varie province chiamate aimag. Ognuna di queste ha un capoluogo che normalmente è il centro abitato principale, dov’è possibile trovare i servizi principali.
La popolazione nelle regioni rurali è tipicamente nomade. Vive di pastorizia e nel periodo estivo anche di turismo, offrendo gher per il pernottamento. Ovunque si vedono greggi immensi di capre, pecore e mandrie di yak. Questo però solo d’estate, durante la rigidissima stagione invernale, anche i nomadi delle regioni rurali, si trasferiscono nei principali centri abitati radunando i greggi in spazi appositi.  Agosto è un buon mese per visitare la Mongolia, prima che le temperature scendano troppo (da ottobre indicativamente) e dopo il periodo primaverile contraddistinto da gelidi e fortissimi venti.

Tappa x tappa:
(n.b. i tempi indicati qui di seguito sono indicativi e comprensivi delle soste)

10 agosto:
partenza con volo da MILANO MALPENSA (operato da AEROFLOT via Mosca)

11 agosto:
arrivo ad Ulaanbaatar (Tour città: Gandan monastery, Piazza Sukhebaatar) (notte: LG guest house)
Finalmente la lunga attesa è giunta al termine. Siamo alle tanto sospirate vacanze, tanto attese quanto sognate e preparate nei mesi. Io e Patrizia andiamo ad affrontare l’ennesima avventura in un paese lontano, a noi sconosciuto e che tanto ci affascina.
I voli da Milano Malpensa ad Ulaambaatar via Mosca vanno bene. Un po’ di timore per i bagagli, visto il ritardo di oltre un’ora con cui arriviamo nella capitale russa. Fortunatamente li vediamo comparire sul nastro del ritiro bagagli al nostro arrivo a Ub (questo è il diminutivo di Ulaambataar). Volo Aeroflot senza lode e senza infamia, servizio non proprio da menzionare, livello direi basso, soprattutto del cibo. Ma c’è da dire che sono molto concorrenziali e ciò rende il prezzo del volo alquanto appetibile.
Il tempo ad Ub è bruttarello, grigio, però non piove e non fa troppo freddo. Sono le ore 6 del mattino. Fuori dall’aeroporto ci attende un’assistente di Bayar con suo marito. Ci conducono alla Guest House prescelta. E’ domenica, per cui in poco più di mezz’ora arriviamo dall’aeroporto al centro città, sono circa 20 km.
Purtroppo c’è stato un malinteso e la prenotazione è stata fatta nella seconda sede più spartana, ma che però è più centrale. Ci assicuriamo che per la notte prenotata al nostro rientro non ci sia lo stesso problema.
Conosciamo Bayar e con lui stiliamo il programma definitivo tappa per tappa, lui stesso ci cambia anche gli euro in Tugruk, moneta locale, ad un cambio molto vantaggioso. Chiuse le formalità ci prepariamo per uscire. Verso le 10 arriva la nostra guida per farci fare un tour nel centro della capitale. Sarà lei ad accompagnarci per i prossimi 15gg.
Siamo stanchi e frastornati: il fusorario non è ancora assorbito, ma è bene abituarci prima possibile. Domani cominciamo il tour e sarà importante stare bene. La guest house è a 100m dai grandi magazzini di stato, un mega emporio, punto cardine delle attività commerciali di Ulaambaatar.
La capitale conta 1,5milioni di persone. E’ una grande città dai due volti: il primo è moderno, una ricerca di questo aspetto che si vede dagli edifici nuovi ed in costruzione. Grandi palazzi vetrati per creare una sorta di piccolo skyline. Una Mongolia che sta crescendo economicamente e politicamente dopo aver ottenuto l’indipendenza dall‘URSS negli anni novanta. E’ infatti questo il secondo aspetto che ci appare della città: edifici poveri e spesso fatiscenti, legati al periodo sovietico. La tipica architettura dei paesi dell’est.
Anche la gente qui dimostra questa grande e veloce mutazione: s’incontrano svariate tipologie di persone, da chi è vestito in modo tradizionale ai giovani supermoderni con in mano smartphone ed abbigliamento tipicamente occidentale. Il progresso nella capitale avanza velocemente sia nel bene che nel male e crea ancora più divario con le zone rurali delle steppe sconfinate che restano per molte cose radicate alle antiche tradizioni.
Ma non solo: le differenze enormi vi sono anche qui in Ub, dove la gente muore di fame nei sobborghi e soprattutto durante il lungo e freddissimo inverno quando le temperature scendono anche a 50° sotto zero.
A tratti pioviggina, ma il sole per fortuna ogni tanto compare dalle nubi grazie al vento che le dirada. Conosciamo la nostra guida, Lhama, ragazza carina, 24 anni soltanto, studentessa universitaria. Cominciamo a conoscerci e a passeggiare per le strade del centro diretti verso la prima tappa nelle vicinanze del centro: il bel monastero buddista di Gandan, il più importante di Ub. Il buddismo è molto diffuso in Mongolia. Anche qui come in molti paesi orientali le tradizioni e la cultura sono contraddistinte dallo spirito e dai dogmi religiosi.
Da qui torniamo verso i grandi magazzini per entrare in un centro telefonico ed acquistare una sim locale. Questo è un utile ed economico modo per ovviare al costo altrimenti esorbitante delle telefonate effettuate con i nostri operatori. Da qui ci dirigiamo sempre a piedi, lungo la grande ed importante strada Peace Avenue che ci conduce alla piazza più famosa di Ub: piazza Sukhbaatar. Qui c’è l’imponente palazzo del parlamento con le due enormi statue di Gengis Khan e dell’eroe nazionale Sukhbaatar grazie al quale la Mongolia raggiunse l’indipendenza dalla Cina.
La piazza è sicuramente un luogo amato dalla gente di Ub, vi troviamo infatti molte persone. Da qui ci rechiamo nuovamente verso la zona dei grandi magazzini che da qui dista un paio di km. Sono ormai le 16 ed abbiamo appuntamento con l’autista per andare a fare la spesa. Avendo scelto di farci da mangiare durante il tour, dobbiamo provvedere all’acquisto dei principali generi alimentari. Alcune cose le troveremo strada facendo nei centri abitati principali, ma è bene essere autonomi fin da subito. Le stoviglie ed il fornelletto da campeggio ce lo presterà Bayar. L’autista si chiama Tumee, ed è un giovane ragazzo molto riservato. A lui ci “affideremo” per i prossimi 15gg.
E’ notoria la bravura degli autisti mongoli, abituati a guidare in ogni condizione e bravi anche come meccanici a provvedere per eventuali avarie. Speriamo in bene, del resto gli imprevisti seppur da mettere in conto, possono causare non pochi problemi in un viaggio come il nostro con tappe abbastanza serrate.
Finalmente vediamo anche il mezzo che ci porterà per tutto il viaggio. E’ un mitico UAZ 2206, il van sovietico tanto famoso e tanto utilizzato in Mongolia. Affidabile quanto spartano. Ma proprio per la prima ragione prescelto da noi per essere più sicuri di non avere problemi durante il viaggio. Sicuramente spazioso, ha ben 8 posti ed essendo solo in 4 abbiamo molto spazio libero per muoverci e per i bagagli. Lato negativo il comfort: è rigido come un pezzo di legno ed ogni sobbalzo ci mette a dura prova.
Per la spesa ci rechiamo presso un grosso mercato al coperto, dove a detta di Lhama i prezzi sono più convenienti rispetto ai supermercati. Per fortuna ci siamo preparati una lista da casa e tutto diventa più semplice da gestire, evitando per di più di dimenticare qualcosa d’importante. Grazie all’aiuto di altri viaggiatori, uno in particolare, Paolo, che ringrazio per i preziosi consigli, evitiamo di acquistare troppa verdura e frutta fresca che si conserva con difficoltà nel caldo deserto del Gobi.
Infine cerchiamo a stima di prevedere in base ai pasti quanto ci occorrerà per non eccedere con le quantità. Sicuramente non bisogna lesinare nell’acquisto d’acqua che è difficilmente reperibile in talune zone.
Dopo questa divertente parentesi di shopping, ci congediamo dai nostri due accompagnatori. Sono ormai le 18, ci accordiamo sugli orari di partenza per il giorno seguente. Ore 7 davanti alla guest house.
Prima di andare a cena, ci rechiamo ai grandi magazzini di stato a fare un giro. Sono 6 piani in cui si vende di tutto. Al piano terra c’è un grosso supermercato e qui acquistiamo ancora alcune cose per il viaggio. Si sono fatte le 19, affamati andiamo a cena nel vicino Emerald Bay dove il cibo ci ha soddisfatto. Locale carino e non caro. Sono ormai le 21, è buio e c’è un vento gelido per strada. Rientriamo in albergo, stanchi per la lunga giornata ed eccitati per la partenza di domani.

12 agosto
1° tappa tour: Ulaanbaatar – Baga Gazryn Chuulu (pernottamento: gher famigliare)
trasferimento su pista sterrata (km 260)
tempo totale circa 6,00h
Sveglia alle 6, chiusura bagagli, colazione veloce con alcune cose acquistate ieri e si va. Giù nel piazzale antistante l’entrata ci attende la guida Lhama con un taxi. Oggi infatti essendo lunedì ci viene detto che i mezzi privati non possono circolare in centro, per cui Tumee ci aspetterà in periferia. In circa 20minuti siamo da lui. Saliamo sul Uaz e partiamo.
La giornata è splendida. Niente di meglio per iniziare! Insieme a noi c’è anche la sorella di Lhama con cui condivideremo la prima tappa del viaggio sino alla gher dei genitori meta conclusiva della giornata. Questa infatti si trova proprio a Baga Gazryn Chuulu. Anche lei studentessa universitaria, torna dalla famiglia per le vacanze estive.
Prima sosta al distributori nei pressi dell’aeroporto. Il “piccolo” Uaz è dotato di due serbatoi da 75lt cadauno… ma visto che va a benzina e consuma molto, è bene essere ben riforniti. Il mezzo per fortuna è abbastanza recente, ha solo due anni, nonostante sia in produzione ormai da una vita e si vede che Tumee, che ne è proprietario lo tiene molto bene.
Maciniamo km e km, entriamo sempre più nel nulla: paesaggi infiniti si susseguono e l’immensità della steppa mongola ci appare sempre più. Soffriamo un po’. Sarà la stanchezza del fusorario non ancora entrato in circolo, sarà la mancanza di abitudine alle sollecitazioni di queste piste sterrate spesso molto accidentate, sta di fatto che non è semplice. L’augurio è che sia solo una questione di abitudine, un rodaggio che speriamo duri il meno possibile. Ogni sobbalzo ci viene ripagato dal panorama.
Dopo ore ed ore e soste intermedie fatte per sgranchirci, arriviamo a Baga Gazryn Chuulu: è una zona all’interno di un parco naturale che ha varie conformazioni rocciose molto particolari e dove vi sono alcune pitture rupestri molto antiche. Qui oggi giungono molti pellegrini locali per visitare il luogo considerato sacro. Il papà di Lhama è guardia parco e vive qui d’estate con la famiglia che ha molte capre che procurano loro latte con cui fanno il formaggio. Li conosciamo appena arrivati e ci ospitano in una delle tre gher di loro proprietà.
Siamo imbarazzati: è il primo vero contatto con una famiglia mongola. Ci raduniamo nella gher principale dove ci vengono offerti  formaggio e biscotti salati. Non capiamo una parola di ciò che dicono, il mongolo è veramente incomprensibile!
Tanti sorrisi ed il cercare da parte mia e di Patrizia di comportarci seguendo le regole delle buone maniere che abbiamo letto nei vari libri e guide consultati nella preparazione del viaggio. E’ nostra abitudine infatti fare molta attenzione a quest’aspetto. Ci sembra più che mai dovuto adeguarci all’ambiente ed alle abitudini di un posto che visitiamo. Questo per educazione e rispetto. Noi siamo quelli che si devono adattare e non il contrario. Il concetto del turista “io pago e perciò pretendo” ci infastidisce alquanto.
La famiglia è numerosa: padre, madre, nonna materna, 3 sorelle (una è per l’appunto Lhama) ed un fratellino. Nonostante lo stile di vita cosi lontano dal nostro, traspare una serenità incredibile, un senso di pace percepibile da ogni gesto. Loro come tutte le famiglie nomadi risiedono qui nelle gher solo nel periodo estivo. D’inverno con le mandrie vanno vicino ai centri abitati. L’inverno è talmente rigido che per sopravvivere occorre spostarsi e radunare tutte le bestie insieme.
Visitiamo la rovine che sono di granito rossiccio poco distanti ed ammiriamo dall’altura che raggiungiamo, la bellezza del paesaggio visto dall’alto. Il sole sta tramontando e tutto intorno a noi compaiono colori bellissimi. Patrizia che è partita dall’Italia con il raffreddore non è in gran forma, purtroppo viaggiare tutto il giorno non le ha giovato. Speriamo in bene. Sono ormai le 19, è ora di preparare la prima cena. Sarà la prima di tante cene fai da te…
Il primo giorno di tour finisce, sono le 21 quando ci corichiamo nei nostri sacchi a pelo soddisfatti, ma anche stanchi. Domani partenza alle 8, ci aspetta una lunga tappa di trasferimento e l’ingresso nell’immenso deserto del Gobi.

13 agosto
2° tappa tour: Baga Gazryn Chuluu – Ulaan/Tsagaan Suvraga (pernottamento: gher turistica)
trasferimento su pista sterrata (km 270km)
distanze parziali: Baga Gazryn Chuluu – Mandalgov 80 km, Mandalgov – Ulaan Suvraga 160 km, Ulaan Suvraga – Tsagaan Suvraga circa 20km, 10 km per campo gher.
tempo totale circa 8-9 h
Primo emozionante risveglio in una gher mongola. Una strana sensazione. Sono le 6 quando suona la sveglia, che è l’unico legame che ci fa ricordare la nostra vita abituale in questo primo risveglio nelle zone rurali mongole. Notte tranquilla riposante, nonostante qualche bestiolina volante non gradita all’interno della gher.
Ieri sera abbiamo vissuto quella che viene definita la mancanza di privacy nella cultura mongola. Infatti in qualsiasi momento bisogna aspettarsi che qualcuno possa entrare senza bussare nella tenda: per la popolazione locale questo è normale. Non c’è da stupirsi.
Anche oggi la giornata è splendida. Ieri sera il cielo si era leggermente velato. L’aria è frizzante e risveglia subito. E’ meraviglioso godersi il panorama intorno a noi. Regna il silenzio.
Alle 8 puntuali, dopo aver ringraziato la famiglia di Lhama per l’ospitalità, saliamo sul Uaz e partiamo. Maciniamo km su km sino all’abitato di Mandalgov dove si può fare anche rifornimento di viveri volendo.
Per fortuna oggi va meglio, il senso di nausea è scomparso: evidentemente era proprio solamente una questione di adattamento al fuso orario e non mal d’auto.
Dopo la sosta in questa cittadina che apre le porte all’’immenso Gobi, percorriamo decine di km senza incontrare nessuno. Ovunque ti giri hai la sensazione dell’immensità: i confini del mondo sembrano all’orizzonte, una sensazione incredibile. Oggi  abbiamo visto anche i primi cammelli, in queste zone sarà normale vederli: sono tantissimi e sono quelli che nei periodi freddi hanno il pelo molto lungo.
Le terre della Mongolia sconfinata sono sotto i nostri piedi e ne siamo consapevoli. L’essere soli in questi spazi sconfinati ci rende liberi: siamo  anche un po’ preoccupati al pensiero di avere eventuali problemi, visto che i telefonini non prendono e non incrociamo mezzi da almeno un paio d’ore… il Gobi è anche questo.
Non deve essere immaginato come un deserto sabbioso. Non lo è se non parzialmente. E’ un immensa distesa arida, selvaggia, sferzata solo dai venti. Qui vivere è veramente difficile. Dopo ore di marcia su piste isolate, dove ci chiediamo come si possa avere l’orientamento guidando senza riferimenti, arriviamo a Ulaan Suvraga, la prima meta importante della giornata. Trattasi di una zona panoramica arida e desolata da cui si ammirano le non distanti alture di rocce calcaree chiamate Tsagaan Suvraga e dove ci recheremo subito dopo. Questo è un luogo stupendo. Sarà perché siamo solo noi e tutto risulta ancora più desolato, sta di fatto che dall’alto di queste conformazioni rocciose si può ammirare la bellezza di una natura selvaggia ed incontaminata.
A pochi km da qui c’è l’unico campo gher, dove passeremo la notte. Assisteremo ad un tramonto indescrivibile.
Pochi ospiti, noi due ed una coppia di russi. Nottata molto calda, la più calda credo del tour: non occorrono i  nostri sacchi a pelo. Sono troppo termici per questo clima, molto più adatti soprattutto per le nottate nelle zone montuose settentrionali.

14 agosto
3° tappa tour: Ulaan/Tsagaan Suvraga – Yoliin Am (pernottamento: gher famigliare)
trasferimento su pista sterrata (250 km)
distanze parziali: Tsagaan Suvraga – Tsogt Ovoo 40km, Tsogt Ovoo – Dalanzadgad 140km, Dalanzadgad – Yoliin Am 45km, Yoliin Am – campo gher (25km)
tempo totale circa 6-7h
Nottata di caldo e sonno disturbato. Dopo la solita sveglia delle 6, prepariamo la nostra colazione ed i bagagli. Oggi altra lunga tappa che ci porterà ancor di più nel profondo sud della Mongolia. Cambiamo aimag (regione) ed entriamo in quella più vasta della nazione che comprende tutto l’enorme Gobi meridionale. Si chiama Omnogov.
Qui faremo sosta nel capoluogo, nonché centro abitato principale della regione, Dalanzadgad, una città vera e propria, con tanto di aeroporto e dove si può fare spesa e telefonare prima di tornare nel “nulla”… Tratto di avvicinamento che ritengo sia stato il più brutto del viaggio: purtroppo il progresso spesso interrompe la magia che offre un luogo. Qui si sta costruendo una grande strada, che collegherà il nord con il sud della Mongolia con arrivo proprio a Dalanzadgad. Da un lato ci sarà la facilità di collegamento, velocizzata e semplificata, dall’altra però  l’impatto ambientale è molto devastante.
Per ora ci sono solo enormi cantieri e credo che ci vorranno anni per completare i lavori, ma cambierà l’aspetto di questa zona così selvaggia. Lungo la pista che stiamo percorrendo diamo un passaggio ad un ragazzo che lavora proprio in un cantiere e che fa autostop. La cosa colpisce perché in una zona così remota dove le auto passano raramente e dove non vi sono servizi frequenti come da noi, aspettare un passaggio può essere eterno…
Ecco questo è un altro aspetto che la gente del posto c’insegna e cioè che il tempo non è sempre condizionato dalla fretta.
Lo porteremo sino a Dalanzadgad, dove faremo sosta per pranzo.
A proposito del pranzo. Per scelta noi non lo facciamo o per meglio dire mangiamo delle  barrette o frutta disidratata portata da casa. Solitamente ci si ferma perché Tumee e Lhama invece gradiscono mangiare qualcosa di caldo. Questo normalmente nelle guanz e cioè dei piccoli punti di ristoro che si trovano disseminati un po’ ovunque. Certe volte queste si limitano ad essere anche solo delle gher attrezzate per ospitare viandanti in cerca di cibo.
Patrizia per fortuna sta meglio e il mal di gola ed il raffreddore si stanno attenuando. Il tempo anche quello regge. Oggi è a tratti un po’ velato, ma il sole comunque c’è e la temperatura è gradevole.
Terminata la sosta a Dalanzadgad proseguiamo per la regione montuosa alle spalle della città: destinazione Yolin Am, una zona famosa per i dirupi e le gole profonde stile canyon. Purtroppo il cielo si è rannuvolato. Il sole solo ogni tanto fa capolino dalle nubi. La strada si fa più impegnativa, un susseguirsi di curve tortuose, buche e sali scendi.
Dopo circa un’ora e mezza siamo nel parco che ospita questa zona molo famosa. Le gole di Yolin Am sono raggiungibili solo a piedi. E’ un canyon molto stretto, lungo fino a 8km. D’inverno si riempie di neve e quest’ultima che arriva all’altezza anche di 10m va via solo all’inizio dell’estate. Purtroppo noi ad agosto non possiamo vederla. Questo canyon è comunque molto suggestivo anche senza ghiaccio.
Ne percorriamo una parte e per fortuna il tempo ci grazia. Lhama ci dice che qui piove spesso ed è raro visitare la zona senza prendere una goccia di pioggia. Rientrati al parcheggio, ripercorriamo a ritroso la strada, uscendo dal parco e dirigendoci su delle alture limitrofe. Ormai sono le 17 passate, ci fermiamo in un gruppo di gher famigliari isolate, qui troviamo da dormire. Intanto il tempo purtroppo peggiora, sentiamo addirittura tuonare in lontananza. La temperatura è anche scesa.  Non è sicuramente un clima da deserto, anzi!

15 agosto
4° tappa tour: Yoliin Am – Mini Naadam festival – Khongorin Els (pernottamento: gher famigliare)
trasferimento su pista sterrata (220 km: 180 da Yoliin Am a Khongorin Els, 40km per Mini Naadam Festival)
tempo totale circa 7h
Dopo una nottata di temporali e vento forte ci alziamo. Esco dalla gher e mi ritrovo nel limbo… Infatti fuori c’è una nebbia talmente fitta che non si vede nulla. Evidentemente questa zona montuosa è molto umida. Ci congediamo dalle due donne (madre e figlia) e dalla piccola bimba del campo gher. Cosa strana e che noteremo spesso è la mancanza di uomini in queste tipiche gher familiari. Evidentemente vi è una suddivisione chiara di compiti: le donne stanno nelle gher a badare ai figli e gli uomini provvedono agli animali andando al pascolo con capre, cammelli e pecore e rientrano solo ogni tanto o la sera.
Riprendiamo il viaggio procedendo su piste sterrate: un sali scendi nel mezzo a catene montuose aride e desolate. Qui si trovano di continuo bivi e Tumee senza particolari esitazioni procede scegliendo una direzione precisa: non capiamo come riesca a ricordarsi la strada, vista la scarsità di punti di riferimento e la mancanza assoluta d’indicazioni stradali. E’ comunque in gamba, lo ha dimostrato in questi giorni con la sua guida un po’ “sportiva”, ma allo stesso tempo sicura. Ci piace, è un uomo serio e riservato.
Purtroppo non possiamo fare grandi conversazioni: non conosce altro che il mongolo. Lhama, la guida, invece è sempre ben disposta a chiacchierare. Curiosa di conoscere le nostre abitudini occidentali. Sicuramente il suo aiuto è fondamentale per il cercare un posto dove dormire e chiarire tutto ciò che riguarda ogni situazione che si viene a creare quotidianamente. E’ sicuramente un aiuto. Con lei ci troviamo bene. Il contatto con la gente del luogo è importante, ci piace scoprire le abitudini anche solo nelle piccole cose quotidiane.
Torniamo alla tappa. Raggiunta la sommità di questa regione montuosa dall’alto cominciamo a vedere piano piano comparire all’orizzonte la parte sabbiosa del Gobi, destinazione odierna. Qui infatti parte la zona con le dune, lunga oltre 100km e larga circa 12. Ci ritroveremo sul confine con la Cina. Siamo nella regione più meridionale della Mongolia. Le dune raggiungono l’altezza massima di 300m a Khongorin Els. E’ questo il nostro punto d’arrivo di oggi.
La giornata non è bella, le nuvole coprono il sole e non fa per niente caldo. Ci aspettavamo il deserto caldo e torrido, invece tutt’altro: ci dobbiamo coprire dal vento freddo. Costeggiamo questa vera e propria catena naturale costituita da dune che crescono sempre più man mano procediamo. La pista è veramente brutta, ogni metro uno scossone.
Finalmente giungiamo a destinazione. E’ il primo pomeriggio. Coincidenza vuole sia anche il 15 agosto e proprio a pochi km da qui in questa data si svolge il Mini Nadaam festival. Un piccolo assaggio di quella che è la festa più importante di tutta la Mongolia e che ha luogo ogni anno ad Ulaambaatar a Luglio.
Naadam tradotto, dovrebbe significare semplicemente giochi. E’ una festa a cui partecipano persone da tutto il paese e dove si svolgono varie discipline tra cui la lotta libera, corse con i cavalli e tiro con l’arco. Sembra sia la più antica seconda solo alle olimpiadi. Per questo motivo siamo fortunati ad essere qui oggi, cosi potremo vedere dal vivo anche se nel piccolo in cosa consiste il Nadaam. E’ tutto molto coreografico e folcloristico: un mucchio di colori che accendono i toni cosi spenti di questa zona arida e desolata. Vi sono infatti molti tendoni variopinti che fanno da contorno oltre ai costumi tipici dei lottatori. Assistiamo a parecchi incontri di questi ultimi ed ad alcune corse con i cavalli. Tutto molto interessante per noi che non abbiamo mai visto nulla di simile.
Rientriamo a Khongorin Els e sistemiamo i bagagli in una gher adiacente alle fantastiche dune. Il tempo è un po’ migliorato, un pallido sole compare dalle nubi. Io e Patrizia ci siamo ripromessi di tentare la “scalata” in cima ad una di queste “montagne di sabbia”.
Sarà sicuramente duro salire su un terreno così cedevole. Infatti faticheremo non poco, ma sulla sommità della duna prescelta si è ripagati da una vista strabiliante. Se infatti da una lato il deserto sabbioso ci appariva solo come una vera e propria catena montuosa che cresceva progressivamente, dall’altro appare una distesa sabbiosa che ricorda il mare in tempesta e che si estende per km e km dinanzi a noi. Il sole che ci riscalda accende i colori di questa distesa dorata. C’è un vento gelido, ma l’essere qui è un’emozione forte che supera qualsiasi fatica.
Non siamo soli, ci ha accompagnati un cane del campo gher sottostante, che ci ha fatto compagnia tutto il tempo. Scendiamo a valle dopo la nostra piccola conquista.
Al campo intanto sono sopraggiunti parecchi ragazzi mongoli provenienti dal Mini Nadaam che fanno un baccano infernale: prevedo una nottata di festa e fiumi di vodka… C’è anche un altro gruppo di stranieri misto che conosceremo più tardi. Due signore spagnole e una coppia di Hong Kong. Una bella giornata va a concludersi ammirando un tramonto meraviglioso.
Le dune nell’imbrunire assumono l’aspetto di una vera e propria frastagliata catena montuosa.
Non fa caldo e questo renderà la nottata desertica più confortevole del previsto.

16 agosto
5° tappa tour: Khongorin Els – Bayanzag (via Bulgan) (pernottamento: gher famigliare)
trasferimento su pista sterrata (150 km)
tempo totale circa 7h
Risveglio in un luogo speciale. Oggi pensare di alzarsi qui nel grande Gobi è emozionante e lo è ancor di più uscire dalla gher e godersi lo spettacolo delle dune di sabbia che si accendono colpite dai primi raggi di sole. E’ questa un’immagine che non potremo dimenticare.
Il sole è caldo ed avvolgente, una giornata splendida migliore di quella di ieri. Purtroppo oggi si va via: direzione nord. Comincia il lento rientro dal profondo meridione mongolo.
Oggi la meta è la stupenda zona di Bayanzag, chiamata anche “rupi fiammeggianti”, famosa per aver dato alla luce durante numerosi scavi i resti di ossa e uova di dinosauro. Qui giungeremo nel primo pomeriggio: un altro luogo magico. Colori mozzafiato, le rocce delle conformazioni non a caso prendono il sopraccitato nome. Il sole le illumina e diventano rossicce. Ci troviamo sull’alto e da li si domina tutta l’area sottostante. Vediamo anche a pochi km in linea d’aria le gher dove andremo a pernottare. Anche in questa zona abbonda la sabbia e le rocce rosse. Arbusti verdi ricoprono alcune colline e rendono i colori ancora più contrastanti. Giunti al campo ne approfittiamo per una bella passeggiata solitaria nei dintorni. Il pomeriggio scivola via veloce, un’altra stupenda giornata si chiude in questa sorprendente Mongolia.

17 agosto
6° tappa tour: Bayanzag – Ongiin Khiid (pernottamento: gher turistica)
trasferimento su pista sterrata (170 km)
tempo totale circa 4h
Dopo una riposante nottata ci accingiamo a ripartire. Dalla tappa di ieri viaggiamo praticamente insieme al gruppo di donne ispaniche e della coppia di Hong Kong. Avremo parecchie tappe in comune nei prossimi giorni e pertanto condivideremo i trasferimenti: questo da anche sicurezza ai due autisti che si possono aiutare reciprocamente in caso di necessità.
La tappa odierna è relativamente breve, in poche ore attraverso una zona brulla sconfinata arriviamo nel mezzo di una regione montuosa dove sorgono le rovine dell’enorme complesso monastico di Ongiin Khiid (Khiid in mongolo vuol dire appunto monastero).
Qui all’inizio del 900 c’erano più di 1000 monaci, trucidati e parzialmente deportati nel periodo delle purghe staliniane degli anni 30’. Anche tutti gli edifici furono rasi al suolo ed oggi restano solo mucchi di rovine. Il luogo è molto bello: una vallata verde attraversata da un  fiume. Giornata calda ed assolata, ci sistemiamo nella gher del campo turistico. Di questi ultimi ve ne sono ben 4 per tutti i gusti e le tasche. Pomeriggio dedicato all’esplorazione in solitaria: io e Patrizia andiamo a visitare ciò che resta di uno dei complessi monastici, dove oggi è stato ricostruito un piccolo gompa (monastero), dove sono tornati a vivere alcuni monaci.
Visitiamo anche una parte della vallata, salendo su un monte da dove si gode una vista stupenda. Anche oggi la giornata si chiude con un altro tramonto mozzafiato nel silenzio assoluto disturbato solo dallo scorrere dell’acqua del fiume.

18 agosto
7° tappa tour: Ongiin Khiid Monastery – Kharkorin (Karakorum) (pernottamento: gher turistica)
trasferimento su pista sterrata e breve tratto asfaltato: tot. 260 km
tempo totale circa 8h
Oggi lungo trasferimento verso nord. Destinazione finale, la vecchia capitale storica della Mongolia Karakorum o Kharkhorin. Questa oggi è una cittadina famosa anche per la presenza del più antico monastero buddista mongolo: Erdene Zuu Khiid.
Anche oggi il sole risplende in cielo e questo è di buon auspicio per il viaggio. Strada facendo il paesaggio cambia, è sempre più evidente il passaggio dall’arido Gobi al verdeggiante nord, ricco di prati verdi e sconfinate pinete. Incontriamo parecchie mandrie di yak al pascolo e un enorme quanto coloratissima piantagione di colza. Da qui si estrae l’olio che viene utilizzato in buona parte della zona di Ulaambaatar. Durante le soste abbiamo modo di conversare con i membri dell’altro gruppo e conoscerci meglio. Il campo gher di Karakorum dove pernotteremo si trova in  periferia della cittadina ed a poche centinaia di metri dall’ingresso del monastero di Erdene.
Arriviamo alle 17 circa e quest’ultimo chiudendo alle 18 è meglio visitarlo domattina con calma. Ci sistemiamo per la notte, prepariamo la cena. Occhi puntati al cielo che nel frattempo si è coperto e non promette nulla di buono.
Qui è pieno di zanzare e non solo… Per fortuna almeno le prime le teniamo a bada con il provvidenziale zampirone portato dall’Italia oltre che da una bella spruzzata di autan.
Serata alternativa alle solite: assistiamo infatti ad un concerto di canti mongoli eseguito da un simpatico signore del posto. Canti tipici come le throat songs e cioè le canzoni eseguite con la gola: peculiarità della popolazione mongola.

19 agosto
8° tappa tour: Kharkorin – Erdene Zuu Khiid – Shank Khiid – Orkhon valley (pernottamento: gher famigliare)
trasferimento su pista sterrata (160 km), distanze parziali: Kharkorin – Shank circa 25km
tempo totale circa 8h
Ennesimo risveglio in terra mongola. Oggi nuova destinazione, ennesimo cambio letto e gher: ogni giorno un luogo nuovo…
Facciamo colazione, il clima è umido ed il cielo molto coperto. Per ora però non piove. Ci prepariamo ed insieme all’altro gruppo ci rechiamo al vicinissimo monastero di Erdene Zuu, dove faremo una visita guidata molto interessate.
Luogo sacro e suggestivo, ciò che resta dopo la distruzione stalinista. Un vero peccato non poter ammirare nella sua integrità un così importante complesso. La follia dell’uomo è veramente senza limiti in certi momenti.
La pioggia ci lascia tranquilli sino quasi alla fine della visita. Poi inizia a cadere senza sosta. Usciti dal monastero acquistiamo alcuni souvenir nei vicini negozietti e poi ci rechiamo in città per comprare una ricarica telefonica dell’operatore mongolo. Mentre l’altro gruppo prosegue la visita a Karakorum nel museo della storia mongola, noi proseguiamo in direzione della prossima meta odierna: la valle di Orkhon.
Non essendoci sufficiente tempo per entrambe le cose, preferiamo visitare anziché il museo, un altro importante monastero che si trova lungo la strada: quello di Shank. Ci affascina molto la cultura di queste popolazioni buddiste ed il loro stile di vita. Altrettanto è la curiosità del vedere come vivono i monaci: una quotidianità semplice, ma allo stesso tempo contraddistinta per molti aspetti dall’inesorabile influenza del progresso. Già nelle precedenti esperienze passate in Nepal, India (Ladakh) abbiamo avuto il piacere di conoscere questi popoli ed anche qui il contatto con le tradizioni non può che arricchirci. In tutti i monasteri i turisti pagano per entrare.
Intanto fuori piove ed anche in modo copioso. Le strade sterrate si riempiono in poco tempo di pozzanghere e fango.
Per fortuna Patrizia è guarita, l’umidità che c’è ora sarebbe deleteria se fosse ancora raffreddata. In compenso chi sta poco bene è Tumee, l’autista. Ha un forte mal di gola.
Visitiamo il monastero di Shank, piccolo, ma suggestivo. Questo ha un valore storico di rilievo avendo custodito, a quanto si dice, il vessillo nero di Gengis Khan. Qui i monaci ci fanno assaggiare l’airag, ovvero una delle più apprezzate bevande dalla popolazione locale. Trattasi di latte di giumenta fermentato che diventa leggermente alcolico. Lhama lo adora e ne beve appena possibile. Lascio all’immaginazione il sapore. Lo assaggiamo per educazione, ma nulla di più!
Proseguiamo la tappa, il tempo è ulteriormente peggiorato: piove a dirotto con vento ed aria gelida. Dopo alcuni km entriamo nella valle dell’Orkhon, omonimo fiume che da il nome anche alla cascata più alta della Mongolia (22m). Questa si trova dove siamo diretti oggi. Tumee e Lhama fanno sosta in un villaggio per farsi dare delle medicine in un centro medico. Il mal di gola non sta migliorando nonostante abbiamo cercato a nostra volta di dargli qualcosa per curarlo.
Ci addentriamo non senza timore nella vallata: occorre salire e le piste piene di fango diventano assai scivolose. L’abilità di chi guida viene messa a dura prova. Ne io ne Patrizia siamo sereni e rilassati. Per fortuna dopo più di un’ora di tensione la vallata si amplia ed il percorso diventa pianeggiante. Ci ritroviamo all’ingresso a pagamento del parco. Qui ritroviamo anche l’altro gruppo di turisti, che con il loro Uaz hanno affrontato a loro volta la pista per arrivare sin qui. Anche gli altri passeggeri come noi sono abbastanza provati.
L’esperienza da “Dakar” non è stata molto rilassante. La valle dell’Orkhon è bellissima: ampia e verde smeraldo. Un prato inglese naturale talmente rasato che sembra campo da golf. All’orizzonte appaiono anche squarci di cielo azzurro, proprio nella direzione dove stiamo andando. Tutto ciò ci fa ben sperare. Ormai sono le 15. Credo manchino ancora un paio d’ore. La vallata è molto lunga e la strada seppur pianeggiante è molto tortuosa e spesso in cattive condizioni. Arriviamo finalmente nei pressi della cascata. Qui vi sono diversi campi di gher. Un posto stupendo: un ampio prato verdissimo, circondato da montagne ricoperte di pini. Scaricati i bagagli ci rechiamo subito ad ammirare la bella cascata che pur non essendo altissima è molto suggestiva essendo incastonata in un piccolo canyon.
L’aria è molto fresca e l’avvicinarsi della sera determina un netto abbassamento della temperatura. Nel frattempo il cielo si è completamente rasserenato, siamo stati fortunati. Qui è un altro luogo dove spesso piove ed è difficile avere il cielo limpido.
Stasera per la prima volta ci accenderanno la stufa nella gher. Il clima è decisamente cambiato da quando abbiamo lasciato il Gobi. Fuori decine di aquile volano alla ricerca di cibo. Qui la natura è veramente incredibile.

20 agosto
9° tappa tour: Orkhon valley – Ulaan Tsutgalan waterfall – Tuvkhun monastery – Tsagaan Sum (pernottamento: gher famigliare)
trasferimento su pista sterrata (120 km)
tempo totale circa 5h (inoltre: 2h andata e ritorno a piedi per monastero Tuvkhun)
Risveglio con un’aria fresca e pungente: è difficile uscire dal tepore del sacco a pelo. Come al solito è presto quando apro la porta della gher (non sono ancora le 6). Il paesaggio fuori però è talmente bello che il freddo passa in secondo piano.
Le luci dell’alba stanno accendendo i colori delle foreste che ci circondano e dei prati verdi. Prima ancora di fare colazione andiamo alla cascata. Vogliamo ammirarla con un’altra luce diversa da quella di ieri sera. Sarà un peccato lasciare questo splendido luogo. Meriterebbe almeno ancora un giorno di sosta. Ma purtroppo non possiamo. Restano le immagini nella mente di ciò che abbiamo ammirato.
Riprendiamo il cammino sui nostri mezzi. Oggi ci divideremo dall’altro gruppo che proseguirà in altra direzione. Li ritroveremo domani sulla strada per il lago Tsagaan Nuur.
Noi oggi abbiamo in programma la visita al non lontano monastero di Tovkhon Khiid, un luogo particolarmente suggestivo. Raggiungibile questo solo a piedi percorrendo un sentiero dopo un’oretta di cammino. Qui vi è un piccolo monastero immerso in una sconfinata pineta. Qui vivono isolati una decina di monaci. Percorriamo una cinquantina di km, prima di arrivare al parcheggio dove lasciamo il van per cominciare il cammino. Il cielo si è un  po’ rannuvolato, ma sembra che il tempo sia migliore laddove siamo diretti.
Una bella passeggiata e nella pineta selvaggia all’improvviso compare un enorme massiccio di rocce al di sopra del quale è costruito il piccolo monastero. Saliti sulla sommità del quale si può godere di una splendida vista delle vallate sottostanti. Pinete a perdita d’occhio in tutte le direzioni. Questa deviazione ci è piaciuta molto, un percorso un po’ al di fuori delle tradizionali mete turistiche più visitate.
Raggiunto Tumee, proseguiamo in una vallata laterale per svariati km, l’ambiente montano che ci circonda è difficilmente descrivibile: sembrano cartoline stampate.
Arriviamo nel piccolo villaggio di Tsagaan Sum, dove ci ospita un famiglia di pastori. Siamo nuovamente in un bellissimo posto.
Terminiamo il pomeriggio salendo su un costone non lontano dalla nostra gher e da cui si ammirano le sottostanti vallate. Un’altra giornata emozionante ha termine, ci prepariamo la cena, ormai siamo super esperti ed organizzati e dopo aver ammirato l’ennesimo cielo stellato e la luna piena andiamo a dormire. Domani ci attende un altro lungo trasferimento.

21 agosto
10° tappa tour: Tsagaan Sum – Tsetserleg – Chuluut gol – Tsagaan Nuur lake (pernottamento: gher turistica)
trasferimento misto su pista sterrata e lungo tratto asfaltato (260 km)
tempo totale circa 8h
Mi sento emozionato, non so sinceramente perché, ma da quando preparavamo il viaggio ho sempre atteso con ansia e cercato d’immaginare la tappa del lago Tsagaan Nuur (nuur=lago). Le fotografie che abbiamo visto su internet della zona sono stupende.
Comunque sia, in una scala di valori, non sono in grado di poter dire che ad oggi una tappa sia stata deludente. Per ora tutto perfetto, un viaggio bello ed emozionante. Anche qui a Tsagaan Sum, non possiamo che lasciare un po’ di noi. Un luogo incantevole, verdissimo e naturale.
Lhama mi fa entrare nella tenda gher, la cucina della famiglia che ci ospita. Qui finalmente una mia curiosità viene appagata: vedi come viene fatta la vodka in queste zone e ne bevo ben due bicchieri!! Per fortuna è molto leggera rispetto a quelle vendute in bottiglia, ma si fa sentire… soprattutto se si pensa che sono solo le  8 del mattino!
Si ottiene dalla fermentazione del latte con una specie di alambicco artigianale. Un’esperienza che dovevo provare.
Partiamo, percorrendo un’ennesima verde vallata. Tanto bella quanto desolata. Direzione Tsetsenker: il centro abitato più grande della zona. Vediamo in più occasioni Lhama e Tumee consultarsi reciprocamente. Capiamo che c’è qualche problema d’orientamento, viste le molte piste che si biforcano diventa facile sbagliare strada.
Incontriamo alcuni pastori e come spesso avviene, assistiamo all’ennesimo quadretto simpatico. I mongoli anche in queste occasioni ci stupiscono: quando s’incrociano, dopo il saluto e la richiesta d’informazioni, normalmente restano in silenzio, passa parecchio tempo e nessuno dice una parola. E’ quasi da comica: ci chiediamo sempre cosa pensino in queste lunghe pause. Situazioni per noi buffe e grottesche.
Comunque sia, dopo un paio d’ore, senza esserci persi, arriviamo alla strada asfaltata che ci condurrà dopo circa 100 km a Tsetserleg. Qui facendo l’ennesimo pieno di benzina (tra parentesi questa costa molto meno che da noi: neppure un euro al litro), incontriamo l’altro Uaz con il gruppo di turisti spagnoli e la coppia di Hong Kong. Era previsto l’incontro, sarà l’ultima tappa insieme, infatti domani loro proseguiranno verso nord, allo stupendo lago Khovsgol, il più grande della Mongolia. E’ un piacere rivederci anche per scambiare due chiacchiere.
Dopo un lungo trasferimento arriviamo alle gole di Chuluut, luogo molto bello adiacente alla pista sterrata. Siamo ad una trentina di km dalla cittadina di Tariat, il centro abitato più grande del Parco Naz. Khorgo Terkhiin Tsagaan Nuur. Dormiremo nel suo interno. Notiamo che via via procediamo, le montagne aumentano d’altezza e diventano più rocciose, nonostante siano ancora molto arrotondate e verdi. Anche qui vi sono tantissime pinete. Verso le 17 finalmente, arriviamo al lago.
Il paesaggio non delude le nostre aspettative. Un posto da “vacanza nella vacanza…”. Questo bellissimo ed ampio specchio d’acqua attorniato dai monti è molto carino. Un luogo ideale per trascorrere almeno un paio di giorni. Infatti domani per noi sarà una giornata di sosta pianificata nel programma.
Arrivando qui abbiamo costeggiato il cono vulcanico chiamato Khorgo. Ci saliremo dopodomani, al ritorno, anche perché la cima si raggiunge facilmente in una ventina di minuti. Dormiamo in un campo gher carino a pochi metri dal lago. Stasera c’è ancora la luna piena ed un fantastico cielo stellato da ammirare. Fa freddo. La temperatura si è notevolmente abbassata e credo stanotte sfrutteremo appieno i nostri sacchi a pelo da montagna.
Ci accendono anche la stufa nella gher, che riscalda subito il piccolo ambiente e lo rende quanto mai accogliente.
Un altro giorno si chiude, il tempo scorre veloce e purtroppo cominciamo a pensare che mancano solo pochi giorni alla fine del tour.

22 agosto
11° tappa tour: Tsagaan Nuur lake – Khorgo National Park (giorno di sosta) (pernottamento: gher turistica)
Oggi inizia un giorno un po’ diverso: al risveglio non dobbiamo pensare a prepararci le cose per ripartire. Ci possiamo dedicare tutto il tempo a ciò che vogliamo. Come programmato io e Patrizia ci prendiamo tutta la giornata per esplorare la zona.
C’e una bella punta qui dietro al campeggio che fa  al caso nostro. Vogliamo salirci e da lì se avremo voglia, proseguire il cammino sino al colle che si vede come sfondo del vallone che trova alle spalle del campo gher.
E’ una giornata meravigliosa. Fa però freddino: stamattina, per la prima volta, abbiamo trovato il tetto della gher gelato. Il lago è una tavola blu ed è particolarmente rilassante osservarlo. Dopo la solita colazione, verso le 8,30 partiamo.
Quasi tutte le altre gher sono ancora chiuse quando cominciamo a camminare. Questo vallone è veramente bello: ampio, molto verde e pieno di stelle alpine che qua si trovano un po’ ovunque. Non sembrerebbe possibile vista la vegetazione cosi verdeggiante: siamo comunque oltre a 2000m di quota ed a quanto risulta dalle mappa la cima della montagna che stiamo salendo e di cui ignoriamo il nome è  a circa 3000m d’altezza.
Un ambiente molto diverso dal nostro tipico delle Alpi. Anche Patrizia si sta godendo la pace ed il panorama. La fatica è ben ripagata. Dopo un paio d’ore siamo in cima. Siamo solo noi, una solitudine quanto mai apprezzata.
Da lassù la vista è stupenda: si vede tutto il lago e tutte le ampie vallate limitrofi. Il sole è caldo e ci godiamo questi momenti per un paio d’ore. Visto che non è tardi proseguiamo il cammino cosi come avevamo pensato alla partenza. Percorriamo a mezzacosta l’ampia vallata, sempre e costantemente soli ed immersi nel verde. Arriviamo all’ampia insellatura da cui si potrebbe proseguire scollinando verso chissà quale luogo. Per oggi noi siamo appagati, ridiscendiamo verso il campo dove ritroviamo Lhama indaffarata a fare bucato.
Ormai questa bella giornata volge al termine, il sole sta per tramontare e noi andiamo a fare un giro sulla riva del lago per vedere questo splendido spettacolo. Intanto vediamo anche Tumee, l’autista che come spesso avviene, appena può da una bella lavata al mitico Uaz che tiene sempre pulitissimo ed in ordine. La serata arriva velocemente, ma per fortuna fa meno freddo di ieri. Domani si riparte.

23 agosto
12° tappa tour: Tsagaan Nuur lake – Tsetserleg – Tsenker hot water spring (pernottamento: gher turistica)
trasferimento misto su pista sterrata e strada asfaltata (225 km)
tempo totale circa 7h
Tappa odierna che prevede il percorrere a ritroso un lungo tratto su cui siamo già transitati due giorni fa, sino al centro abitato di Tsetserleg, da dove devieremo alla volta della destinazione odierna: le terme di Tsenker.
Il sole ormai risplende in cielo quando lasciamo il lago, di questo luogo porteremo a casa un altro bel ricordo. Breve sosta al vulcano Khorgo, sul cui cono risaliamo a piedi in una ventina di minuti. Molto strano trovare un vulcano solitario in questa zona che seppur inattivo ha lasciato il segno delle sue eruzioni tutt’intorno nel corso del tempo.
La giornata è nuovamente bella, dopo un tratto sterrato ritroviamo l’asfalto ben gradito dalle nostre ossa…
Giungiamo a Tsetserleg nel primo pomeriggio, da qui come dicevo imbocchiamo un’ennesima pista ed una vallata laterale che conduce, attraverso pinete e magnifici pascoli, alle terme di Tsenker. Questa zona, che sta divenendo famosa negli ultimi anni, ha questa particolarità e cioè l’avere una sorgente di acque termali.
Vi sono alcuni campi gher, tutti turistici e credo che con il passare del tempo questi aumenteranno di numero, data la grande affluenza di visitatori. Qui trascorriamo le ultime ore della giornata.

24 agosto
13° giorno tour: Tsenker hot water spring – Ughii Lake (notte: gher famigliare)
trasferimento su pista sterrata (120 km)
tempo totale circa 5h
Risveglio nella nebbia… Aprendo la porta della gher, lo spettacolo è assai particolare: una coltre nebbiosa copre le pinete soprastanti e scende sino alla conca dove siamo noi. Anche oggi altro trasferimento non eccessivamente lungo per fortuna.
Sinceramente cominciamo ad essere un po’ stanchi. Lhama ci dice che i tour di solito durano 7-10 giorni. Noi ne facciamo 15 e possiamo dire siano impegnativi a livello fisico. Anche Patrizia che ha affrontato ogni disagio sino ad oggi con estrema calma e serenità è concorde con me. Resta comunque la certezza che ogni fatica è costantemente ben ripagata dall’opportunità di visitare luoghi magnifici e di conoscere la cultura locale.
Abbandoniamo la zona più montuosa per riaddentrarci nuovamente nella steppa pianeggiante mongola. Solo qualche collina rende il paesaggio meno piatto. Il trasferimento che oggi non è particolarmente lungo ci conduce al lago Ugii. Tappa che ci fa ulteriormente avvicinare ad Ub. Il lento rientro procede.
Questo lago è carino, sicuramente meno suggestivo dello Tsagaan Nuur, ma vale la pena farci tappa mentre si rientra verso la capitale.
Il nostro campo gher è a un centinaio di metri dalla riva. Questo specchio d’acqua è molto amato dalla popolazione mongola che notiamo qui presente in buon numero per dedicarsi alla pesca e agli sport acquatici.
Ma attenzione: leggendo questo non c’è da confondersi. Non siamo nella Rimini mongola: tutto qui mantiene lo standard classico visto sino ad oggi, ambiente naturale e pressoché deserto.
Essendo arrivati presto facciamo una bella passeggiata lungo la riva del lago. La temperatura è più che gradevole, c’è un bel sole che ci riscalda. Che cosa volere di più!

25 agosto
14° tappa tour: Ughii Lake – Khustai National Park (notte: capanna campo attrezzato)
trasferimento misto su pista sterrata (40 km) e tratto asfaltato (245 km): tot. 285 km (da aggiungere tour parco circa 100km).
Distanza dall’ingresso del parco al Camp Moilt 25km
Tempo totale del solo trasferimento circa 6h.
Questa passata credo sia stata l’ultima notte trascorsa in una gher. Infatti questa sera probabilmente dormiremo in una capanna all’interno del Khustai National Park, dove siamo diretti.
Tappa con lungo trasferimento, ma per buona parte su asfalto e che Tumee affronta molto lentamente e senza fretta.
Il parco che raggiungeremo è famoso per ospitare nel suo interno una razza di cavalli selvatici, unica al mondo, i Takhi.
Sarà un bel modo per chiudere il nostro tour mongolo. Oggi infatti è l’ultima giornata. Domattina si rientra ad Ulaambaatar. Anche oggi il tempo ci premia con una bella e calda giornata. Così per fortuna anche il lungo trasferimento è meno monotono potendo ammirare il paesaggio dal finestrino.
Percorriamo una lunghissima e rettilinea strada asfaltata. Qui però nonostante l’asfalto è bene tenere gli occhi ben aperti: è pieno di buche enormi lungo il percorso e spesso s’incontrano mandrie di cavalli, mucche o greggi di capre e pecore che senza troppi problemi transitano lungo la strada, spesso l’attraversano incuranti di chi sopraggiunge come noi… insomma anche questa è un’altra particolarità di questa Mongolia.
Il procedere lentamente ci fa un po’ sonnecchiare. Incontriamo vari Ovoo, cioè  letteralmente “mucchio di sassi”, un simbolo sciamanico posizionato normalmente sulle alture o sui passi. Luoghi di preghiera della gente di passaggio dove vi è l’usanza di lasciare oggetti o semplicemente aggiungere altri sassi.
Dopo varie ore arriviamo al bivio che tramite una strada sterrata in 10km circa ci conduce all’ingresso del parco. Qui vi è un vasto campo gher turistico più le varie strutture destinate a museo ed una sala dove viene proiettato un filmato con la storia del luogo.
Non vorrei dormire in questo campo gher. Nostra intenzione è recarci per la notte all’interno del parco in un campo di capanne attrezzate. Lo diciamo a Lhama e Tumee. Intanto ci spostiamo in una zona per andare a cercare i cavalli selvatici e che ammireremo in un vallone. Sono ormai le 17: è ora di cercare la pista che ci conduca al Campo Moilt per trascorrervi la notte. Questo sarà un problema!
Infatti nonostante le indicazioni sommarie ricevute all’ingresso del parco ci perdiamo!
Dopo 3 ore di giri su e giù ed il sole che ormai sta tramontando, finalmente troviamo il campo grazie all’aiuto provvidenziale di un guardia parco trovato per caso lungo una pista. La lunga ricerca ci ha però permesso involontariamente di fare un lungo giro nel parco e fortuna vuole, anche di vedere da vicino i Takhi che la sera scendono per abbeverarsi in un torrente a cui siamo passati a fianco.
Non nascondo che c’è stata un po’ d’ansia in me e Patrizia vedendo che il sole calava come la benzina del resto!!! Questo senza avere mai l’idea precisa di dove fossimo realmente.
Arriviamo al campo che sta venendo buio. Entriamo nel piccolo capanno con la luce delle frontali. Sono ormai quasi le 21. Ci sistemiamo velocemente e prepariamo l’ultima cena da campeggiatori…

26 agosto
15° tappa tour: Khustai National Park – Ulaanbaatar (notte: guest house)
trasferimento misto su pista sterrata (40 km) e strada asfaltata (90 km): tot. 130 km
tempo totale circa 3h
Ultimo risveglio del tour. Ci troviamo in una graziosa piccola vallata. Siamo solo noi e la famiglia che gestisce il campo. Il prezzo non è dei più economici per dormire, ma è anche dovuto al fatto che siamo in un parco. Dopo la “sparata” eccessiva di ieri sera siamo riusciti a farci ridurre la cifra rientrando nella media degli altri pernottamenti precedenti.
Dopo colazione facciamo due passi nelle alture limitrofe: oggi si va via verso le 10. Siamo infatti solamente ad un centinaio di km da Ub.
Il cielo è parzialmente nuvoloso, ma ormai dovendo tornare in città questo aspetto non ci disturba più di tanto. Puntuali partiamo per la capitale. Un lento rientro un po’ malinconico, che finirà con un traumatico contatto con il traffico caotico prima di arrivare alla guest house.
L’albergo è a circa 2 km a piedi dal centro, praticamente di fronte alla stazione ferroviaria. E’ il momento di congedarci dai nostri accompagnatori. Non nascondiamo un po’ di commozione nel lasciare Lhama e Tumee, dopo 15gg vissuti costantemente insieme.
Ci resteranno tantissimi piacevoli ricordi. Fa effetto anche il ritrovarsi in una stanza arredata, con un letto ed un bagno “vero”: apprezziamo non poco i lati positivi della vita moderna…
Sono ormai le 15. Trascorreremo il resto del pomeriggio a spasso nel centro.
Per cena ritorniamo nel ristorante Emerald Bay, centralissimo. Rientriamo in hotel che sta venendo buio. Domattina ci svegliamo prestissimo. Alle 4,00 ci vengono a prendere per andare in aeroporto.

Per concludere, ecco i numeri totali del tour: oltre 3000km percorsi, 80% su piste sterrate di cui molti tratti molto disastrati.

27 agosto: volo rientro in Italia (operato da AEROFLOT via Mosca)
Come previsto alle 4,00 puntuali lasciamo l’albergo. In circa venti minuti arriviamo in aeroporto, non c’è ovviamente traffico per strada, data l’ora. Abbiamo tempo per fare tutto con molta calma.
Rientriamo nel vecchio continente, con una lunga giornata di viaggio, ma senza nessun particolare problema ed intoppo. A noi resterà il ricordo di un luogo meraviglioso che vale la pena di visitare. Un viaggio impegnativo, ma che arricchisce dal punto di vista umano.
La boccata d’ossigeno puro, che si respira immergendosi nel vivere quotidiano e che allontana incredibilmente dalla solita frenesia del nostro mondo occidentale. Una lezione di come si può essere diversi e soprattutto più sereni, vivendo nella semplicità. Avremo tanto su cui riflettere nel tempo a venire.
Un Grazie doveroso a Patrizia, compagna di viaggio instancabile, un aiuto certo in ogni momento.

Gianluca


2 commenti

  1. Simone franchi

    Ciao potrei sapere quanto avete speso per 2 settimane compreso di aereo? Grazie

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