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Kenya e Tanzania 2005

Kenya e Tanzania 2005


Alfabeto africano: Kenia Tanzania Zanzibar

(racconto di viaggio 25 dicembre 2005 – 10 gennaio 2006 di Martina)

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Itinerario: Nairobi – pullman fino ad Arusha; safari nei parchi Lake Manyara, Ngorongoro, Tarangire, Arusha National Park; in pullman da Arusha a Dar es Salam; Zanzibar, Stone Town, Jambiani e Bwejuu

A
come Africa: è la prima volta per tutti e 4, a parte qualcuno di noi che è stato in Egitto o in Tunisia.. ma non è la stessa cosa, non è la stessa Africa, è quello che pensiamo subito, appena arriviamo all’aeroporto di Nairobi, è quello che penseremo per tutto il viaggio, di ogni luogo paesaggio animale persona che osserveremo con meraviglia sorpresa stupore ammirazione commozione curiosità..
Questa è l’Africa con la A maiuscola, l’Africa de “La mia Africa”, dei film e dei documentari e allo stesso tempo non lo è, perché l’Africa ti spiazza ti confonde ti rapisce mette in crisi le tue certezze, i tuoi parametri bello/brutto ricco/povero bianco/nero qui si confondono eppure si stagliano ancor più netti.
Lo choc è ancor più forte perché partiamo quando in Italia è pieno inverno, la notte del 25 Dicembre e arriviamo in un luogo dove il caldo è secco, asciutto, dove il sole splende dall’alba al tramonto, inesorabile, e poi cade giù, all’improvviso, oltre l’orizzonte, senza avvisare, senza lasciare il tempo di abituarsi al buio della notte. E il buio è davvero nero, fitto, impenetrabile, appena si esce dalle città.
Arriviamo a Nairobi così, all’avventura, perché lo choc sia ancora più forte e la scoperta ancor più sorprendente, solo col biglietto aereo A/R Milano/Nairobi, i nostri zaini e un paio di guide, con un itinerario di massima in mente e tutto da inventare. Ovviamente poche cose andranno come noi avevamo previsto e i nostri piani saranno scombinati in più di un’occasione, ma questo non farà altro che aggiungere fascino e ricordi da raccontare alla nostra avventura.

B
Bagagli: uno dei nostri zaini non arriva, costringendoci a cambiare programma e facendoci rimanere un giorno in più a Nairobi, ad attenderlo. In realtà questo contrattempo alla fine si rivelerà provvidenziale perché abbiamo avuto tempo di organizzare con cura i giorni di safari in Tanzania e di vivere un po’ la città non da turisti.
Quando infatti usciamo dall’aeroporto, una volta finite le attese e le denunce per il bagaglio smarrito, sono ormai le nove e mezza di sera e la folla vociante di “tour operator”, tassisti e agenti, che si accalcano in aeroporto in attesa di clienti è scemata. Rimane solo una ragazza che ci viene incontro e della quale istintivamente ci fidiamo.
Margaret sarà la nostra guida a Nairobi per due giorni, ci porterà in giro, ci accompagnerà alla ricerca degli hotel, ci porterà all’agenzia dove organizzare il safari in Tanzania ma soprattutto ci condurrà in posti veramente “tipici”, ristorantini dove si mangia il tilapia – il pesce del lago Vittoria- con le mani, in sagre di paese dove si balla al ritmo delle musiche africane e dove ci ritroveremo ad essere gli unici bianchi. Ci insegnerà anche le prime parole di swahili.. tra tutte, hakuna matata! Che vuoi che sia se uno zaino non arriva?

C
Conchiglie:
la spiaggia di Zanzibar ne è cosparsa, conchiglie dappertutto, piccole, tonde, bianche con un piccolo marchio tondo che sfuma dal lilla al viola al rosa.. gli occhietti, li chiamiamo. In realtà, apprenderemo in seguito, ufficialmente sono del genere “Cypree” e nel passato, venivano considerate moneta in alcune zone dell’Africa Occidentale.. se fosse vero ancora oggi Zanzibar sarebbe ricchissima.. una zecca a cielo aperto.
In realtà anche noi utilizziamo le conchiglie come merce di scambio, regalando ai bambini le nostre magliette, cinture, o penne, in cambio otteniamo conchiglie di tutti i tipi che i bambini raccolgono sulla spiaggia, o pescano.. Anche se proviamo a dire che non importa, che non vogliamo commerciare, qui funziona così, tutto va contrattato, scambiato, negoziato, anche con questi piccoli affaristi in erba… Alla fine della vacanza quello che ci riporteremo indietro, che riempirà il nostro zaino, al posto dei vestiti, sarà un involto di conchiglie che profumano ancora di mare.

D
Dove dormiamo: avremo al fortuna di sperimentare tutti i tipi di sistemazione, e fortunatamente di trovarci bene in tutte, dall’hotel turistico della prima notte, alla stanza a downtown a Nairobi con le sue sbarre alle finestre, alla guesthouse ad Arusha, vicino al minareto che ci risveglia all’alba con le sue preghiere, al campeggio, dove il cuoco cucinerà perfino spaghetti (stracotti) in nostro onore, al lodge lussuoso ai piedi del Monte Meru, dove ci ritroviamo praticamente unici ospiti, all’Hotel di lusso, con letto a baldacchino e aria condizionata -mai così gradita!- a Stonetown, alle capanne sulla spiaggia a Jambiani e Bwejuu..

E
Emozioni:
sono tante, forti e contrastanti..
Gioia, nel vedere tante bellezze naturali, nel vivere per due settimane così liberi, nel passare delle vacanze di Natale così diverse dal solito.
Ma anche rabbia, a volte, impotenza, tristezza, nel passare davanti alla baraccopoli di Kibera, a Nairobi con la sua distesa di lamiere lucenti al sole, o nel vedere le persone, nei minuscoli villaggi subito dietro la spiaggia a Zanzibar passare le giornate seduti fuori dalle loro capanne, sdraiati a terra, a far nulla per ore.. o vedere i bambini a cui decidiamo di offrire delle caramelle litigare con una ferocia inaudita e strapparsele di mano fino a rompere la confezione, perché non bastano per tutti, e tutti ne vogliono. In un attimo la voce si è sparsa e di bambini ne sono arrivati a decine, ci circondano.. tutti a lottare tra loro, l’uno contro l’altro, per quel minuscolo regalo… Sarebbe stato meglio non dar loro nulla allora? tenerli distanti? Non si rischia poi di far sì che questi bimbi si aspettino sempre qualcosa dai turisti, o dai bianchi in generale? E comunque  tutti gli altri a  cui i nostri regali, o i nostri soldi non arriveranno mai?
I soliti scrupoli che l’Africa scatena, e che non siamo ancora riusciti a risolvere, se mai sia possibile.

F
Foto:
Ogni cosa che vediamo, o quasi, vale uno scatto.. i paesaggi, gli animali, le persone, le strade i tramonti.. così che, dopo 4 o 5 giorni, praticamente abbiamo o finito le pile – e non c’è verso di trovarne altre – al Ngorongoro arriveremo perfino a barattarle in cambio di cibo con una comitiva di giapponesi! -o finito lo spazio in memoria, o scaricato la macchina fotografica..
E ci ritroviamo davanti al Kilimanjaro, a questo simbolo dell’Africa, con la sua cima bianca che si perde tra le nuvole, a fare foto coi cellulari.. perché non abbiamo altro, ma non è così importante, in fondo: questa immagine, come tante altre, è ormai impressa definitivamente dentro di noi
Nei mesi, negli anni a venire quelle foto di un mondo così meravigliosamente bello e selvaggio serviranno ogni volta a rinnovarne il ricordo e ad accrescere la nostalgia.

G
Game drive, il termine inglese esatto per safari, che invece in Swahili significa solo viaggio.
Il primo parco che vedi il primo animale non lo scordi più, è una sensazione che ti rimane dentro incancellabile, fortissima, di meraviglia e commozione, è così bello che sembra finto, essere a pochi passi da animali , sia feroci che non, che di si solito si vedono solo nei documentari, nei film.. o nei sogni.
Abbiamo visto altri parchi, in seguito, negli anni a venire, ma la meraviglia del primo è rimasta dentro i nostri cuori per sempre. E’ come aprire una porta e entrare in un mondo fatato, dove gli animali vagano liberi come nei nostri sogni di bambini.
La cosa più sorprendente di tutti sono gli animali.
I primi animali che vediamo sono le scimmie, tante, a centinaia, che si rincorrono, si spulciano, si cullano, si accoppiano, litigano..
La prima zebra è un piccolo grido di meraviglia, sembra un cavallino, con le sue strisce ipnotiche; le prime le fotografi di continuo, decine di foto, e poi ce ne sono così tante che non ci fai più caso
La prima giraffa è un altro grido di stupore, con il suo aspetto buffo, il collo e le zampe lunghissime sproporzionate, la sua andatura incerta..
E poi il primo elefante, lento, massiccio, buffo, inesorabile, il primo leone, così regale, snello, potente, bellissimo.. se si è fortunati il primo leopardo o ghepardo, il primo rinoceronte..
E’ come assistere ad un documentario, ad un Quark in prima serata, solo che tu ci sei dentro, al documentario..

H
Hakuna matata: Re Leone della Disney a parte, è una delle frasi più usate.. Non c’è problema! Qua davvero poche cose sono un problema.. che vuoi che sia un ritardo, una gomma bucata, l’hotel che non trova la tua prenotazione… Non è un problema, davvero, il passato non è un problema, non lo è neanche il futuro, il domani, troppo incerto, lontano.. domani è un altro giorno, pensano tutti qui, e finché c’è oggi, finché sei qui.. hakuna matata!

I/L
Libertà è quella che si prova a guardare il cielo stellato infinito, a passare le giornate a passeggiare sulla spiaggia, raccogliere conchiglie e giocare con i bambini, a passare un’ora intera a guardare l’alba o il tramonto del sole, mangiare quando si ha fame e bere quando si ha sete, dissetandosi magari con un ananas comprato da un venditore e tagliato al momento, per strada..
Lo scorrere del tempo è dettato solo dal sorgere e tramontare del sole, non ha senso guardare gli orologi perché tanto sai che ti sveglierai quando il sole sorge e andrai a dormire quando fa buio, o perlomeno eviterai di girare per le strade e cercherai di essere al riparo.
You have watches we have time è quello che ci sentiremo ripetere più volte.

M
Mzungu bianco, ci siamo sentiti chiamare spesso così, probabilmente perché girando da soli al di fuori dei classici circuiti organizzati abbuiamo avuto maggiore possibilità di contatti e scambi con i locali
Bianco, si, il colore della nostra pelle spicca e contrasta con quello degli abitanti del luogo, e scatta l’equazione bianco = turista, Bianco = ricco, bianco = soldi.. non importa che noi siamo solo 4 neanche trentenni con lavori precari…
Indelebile rimarrà la nostra prima sera a Nairobi, quando decidiamo di lasciare il nostro hotel per andare al vicino supermercato a comprare qualcosa.. siamo vestiti semplicemente, jeans e vecchie e magliette, non abbiamo che pochi spiccioli in tasca, in Italia conciati così non ci farebbero entrare neanche in un centro sociale.. eppure pochi passi e ci rendiamo conto che siamo osservati. Questo non è un quartiere per turisti, e noi siamo gli unici bianchi in giro. Siamo in un altro mondo..
Memorabile rimarrà per me anche una sosta in un punto imprecisato tra Arusha e Dar es salam, è l’ora di pranzo e l’autobus si ferma per una mezz’ora per permettere a noi passeggeri di ristorarci …
Sulla mia mappa quel posto ha un nome, è segnalato come un villaggio, un centro abitato, un paese, ma ai miei occhi non si tratta di altro che 3 o 4 bancarelle che vendono cibo per i viaggiatori in uno spiazzo polveroso.
E quando vado in bagno, da sola perché gli altri miei compagni sono tutti maschi, e mi trovo in fila con decine di donne africane sconosciute, vestite con fogge mai viste, qui, in questo minuscolo angolo di mondo, provo fortissima quella sensazione di spaesamento, di sottilissima inquietudine, di essere in mezzo al nulla.. nulla di quello che conosco, puntino in una carta geografica troppo grande.

N
Ngorongoro il fondo del cratere di un antico vulcano spento è diventato il giardino dell’Eden, un luogo così bello e incredibile che da un momento all’altro ti aspetti di veder vagare Adamo ed Eva agli inizi del mondo
Abbiamo visto altri parchi, in seguito, negli anni a venire, ma questo è proprio un luogo magico, fuori dal tempo. E l’emozione di scrutare dall’alto il cratere all’alba, ancora avvolto dalla nebbia, e di scorgere i primi elefanti che lo attraversano e i primi Masai avvolti nelle loro coperte non ci abbandoneranno.

O/P
Parchi
Abbiamo visitato 4 parchi, Lake Manyara, Ngorongoro, Tarangire e Arusha National Park. Il percorso ce l’ha proposto l’agenzia di Nairobi/Arusha con cui abbiamo prenotato e ci è sembrato sensato. Non siamo riusciti, per ragioni di tempo e di distanza a visitare il Serengeti, il più lontano dal nostro punto di partenza e talmente vasto da richiedere almeno due giorni di permanenza.  Non sapevamo nulla dell’Arusha National Park, ma ci siamo fidati, e in effetti abbiamo fatto bene. Pur essendo più piccolo degli altri, e senza felini, è l’unico che ci ha dato la possibilità di fare un walking tour con un ranger, di scoprire tra l’erba teschi di bufalo e di ippopotamo e di passare in mezzo a un gruppo di giraffe..
Ognuno dei parchi, pur vicini tra loro, si è dimostrato diverso dall’altro, per paesaggio, conformazione, vegetazione, animali, clima, e meritava sicuramente una visita.
Quale ci è piaciuto di più? Semplice: TUTTI! Fare una classifica è impossibile, ognuno, anche il più piccolo, ha la sua atmosfera e le sue peculiarità che lo rendono unico e indimenticabile.

Q/R
Quando/Ritornare
perché è quello che pensi, da subito, ancor prima di andartene, che vuoi tornare, vedere perderti, conoscere ancora, sentire quegli odori, vedere quei colori scoprire altro, il Mal d’Africa esiste e colpisce inesorabile, l’Africa si insinua nei tuoi pensieri e rimane lì come un tarlo silenzioso.

S
Safari, ovvero viaggio.

Nel nostro viaggio prenderemo tanti mezzi, tanti piccoli viaggi dentro al grande viaggio..
L’autobus da Nairobi ad Arusha, attraversando al frontiera tra Kenya e Tanzania, con l’emozione, che ci fa alzare di scatto e attaccarci ai finestrini, di veder attraversare una giraffa, – una vera, alta, altissima, col collo lungo e le zampe ancor più lunghe e fragili, e quell’andatura dondolante, per strada! – mentre gli altri passeggeri, quasi tutti di colore e quindi abituati a un tale spettacolo, la degnano a stento di uno sguardo.
La jeep, guidata dal nostro Dennis, la guida che ci porterà in giro per 5 giorni, gentile e sempre disponibile, espertissimo nella guida in tutte le condizioni, anche nel risalire il dislivello dal cratere alle pendici del Ngorongoro..
Sempre in autobus, da Arusha a Dar es salam, più di 10 ore di viaggio, stipati, attraverso quasi nulla, nulla di quello a cui siamo abituati, niente case, città, paesi, benzinai.. solo qualche capanna a lato della strada.
E nelle poche soste i venditori che si accalcano al pullman per offrire generi di conforto, frutta, bibite giornali in un mercato improvvisato attraverso il finestrino.
E poi l’aereo, il piccolo piper da Dar es salam a Zanzibar, dove troviamo posto solo noi, il pilota e i nostri zaini accatastati in fondo.. come in una vecchia pubblicità dell’Invicta, che ci dà l’emozione di sorvolare l’isola dall’alto, di vederla stagliarsi verdissima in mezzo alle sfumature di blu del mare.
Infine aereo, ancora, della Pine State Airline (!) prima e della British Airways che ci riporta indietro.. da Zanzibar a Nairobi e poi a Londra infine Milano, dove arriveremo il 10 gennaio, abbronzantissimi e avvolti nelle coperte prese in aereo mentre fuori cade la neve. Davide sale in aereo in costume da bagno e alla perplessità dello stewart risponde: “I want to enjoy my holiday till the end!”

T/U
Ultimo dell’anno: la sera più magica dell’anno, per un caso fortunato – ma il caso esiste davvero?- ci troviamo a trascorrerla in una delle sistemazioni più belle della vacanza: un lussuoso lodge ai piedi del Monte Meru, vicino all’Arusha National Park, dove ci ritroviamo quasi unici clienti. E dopo la cena “di gala” nella sala da pranzo tutta a nostra disposizione, passiamo la serata sul patio del nostro lodge, chiacchierando e guardando l’incredibile cielo stellato sopra di noi e i fuochi d’artificio che si accendono in lontananza.

V/Z
Zanzibar Ci arriviamo dopo più di 10 ore di autobus da Arusha, ci arriviamo in volo, con un minuscolo piper che alla fine decidiamo di prendere perché l’ultimo traghetto ormai è partito e non vogliamo passare la notte a Dar es salam, Dopo una settimana di safari in terra africana Zanzibar si presenta come un altro mondo, un miscuglio indecifrabile di Africa e India.. Stone Town ci colpisce ma anche ci delude, così decadente e poco curata, anche se affascinante nella sua atmosfera quasi araba, con i suoi vicoli stretti e contorti e le sue case bianche.
Trascorriamo un giorno vagando per le stradine, visitando i mercatini all’aperto, facendoci attirare nei negozi, fermandoci a contrattare -impossibile non farlo qui- e decidiamo di lasciare per gli acquisti l’ultima mattina prima di partire. I giorni seguenti sono quasi un sogno, li viviamo praticamente in riva al mare, sempre scalzi, passando il tempo a nuotare e passeggiare, raccogliere conchiglie o semplicemente oziare quando la marea si ritira lasciando scoperta per un tratto che sembra infinito la spiaggia bianca.
Alloggiamo in due capanne a due passi dal mare semplicissime e pulite, ombreggiate dalle palme; la corrente elettrica c’è solo dalle 7 alle 9 di sera, e più di una volta ci troviamo a fare la doccia al lume della lampada a petrolio. Impossibile ricaricare i cellulari, o altri aggeggi elettronici.. per quello dobbiamo rivolgerci alla capanna accanto, un minuscolo ristorante gestito da un giudice tedesco, una signora che dopo aver preso parte al processo tenutosi ad Arusha contro i responsabili dei crimini di guerra in Rwanda ha deciso di ritirarsi qui, da sola, in riva al mare.
Il pensiero sfiora anche noi, più di una volta, lasciare tutto e fermarsi qui, in mezzo al nulla, tra l’oceano e la spiaggia, come le palme accarezzate dal vento.


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