African Emotions
(diario di viaggio dal 2 al 17 gennaio di Fabrizio Carbognin)
Introduzione
L’anno 2009 è stato uno di quelli per me da ricordare. Nel febbraio, sono stato in viaggio in Laos del sud, Plateau Bolaven, un’esperienza bellissima.
Ho cambiato di città e casa, seguendo un lavoro creativo e pieno di soddisfazioni.
Inizio il 2010 nel migliore dei modi, ancora in viaggio, ancora in Africa.
Ho avuto la grande fortuna quest’anno, di incontrare Flavia, sul forum Lonely Planet che ringrazio, compagna di viaggio aperta al mondo ed alle scoperte, che per tutto il tempo è stata un sostegno ed una amica.
Torno in Senegal per visitare la Gambia, in passato rinunciai, oggi sono nella forma migliore per navigare anche su questo grande fiume, nel cuore delle giungle selvagge dell’Africa Occidentale.
Spero le tante ed aggiornate informazioni possano essere utili per molti, sono come sempre disponibile per condividere le esperienze fatte, se con spirito di amicizia e rispetto verso tutti.
In questo diario ho inserito delle foto, per offrire qualche spunto alla fantasia, nulla può sostituire l’esserci dentro!
Viaggi bellissimi e buona salute ad ognuno.
Fabrizio
GAMBIA
Dakar 02.01.2010
Alle 23:58 inizio questo nuovo diario di viaggio ormai al termine di una intensissima giornata che deve avere ancora una fine. Andato iersera a dormire “con le galline”, alle 4 della notte mi sveglio senza riuscire a riprendere sonno.. la sveglia sarebbe stata per le 5:30.
Sono tornato in Africa. Questa volta non da solo. Sarà con me Flavia di Milano; ci siamo conosciuti grazie al Forum di Lonely Planet Italia (di seguito per la guida, LP), che frequento con piacere. Quest’anno sono presente con un contributo, estratto da un passato diario di viaggio, quello relativo la Cambogia e Vietnam, sulla Agenda 2010… per un viaggiatore indipendente credete una piccola soddisfazione!
Nel 2007 quando scesi in solitario in Casamance, non stavo bene in salute, oggi al contrario mi trovo in forma eccellente, non posso che credere che questa volta, qui a sud del Sahara, le cose andranno in modo notevolmente diverso.
L’anno scorso fra le cose, vi informo che in febbraio ho realizzato un viaggio eccezionale nel sud Laos, Bolaven Plateau, per la prima volta non ho pubblicato il relativo diario di viaggio, credete solo per totale mancanza di tempo, tanti e tanto intensi sono stati cambiamenti della vita. Prometto che per la primavera scriverò anche il diario sul Lao e sarà a vostra disposizione, la meta e l’esperienza lo meritano. Come sempre tempo permettendo, troverò modo di rispondere ad eventuali vostre mail circa la destinazione. Torniamo a questo viaggio. L’altro ieri mi sono fatto una doccia abbronzante per attivare la melanina, l’ultima volta mi sono squamato in due giorni!
Esco di casa stamani due gennaio, come sempre a piedi, abbigliamento a cipolla per il previsto sbalzo di temperatura di almeno venti gradi (sarà notte) a destinazione. Piove, è ancora notte, attendo sotto la pensilina di Piazza Unità la corriera per Monfalcone. Sono e sarò l’unico passeggero del mezzo per tutto il tragitto che dura 30 minuti, l’autista deve sostare alle fermate per non arrivare in anticipo alla successiva.
In stazione la biglietteria è chiusa, ho il tempo di fare i biglietti a quella automatica e fare delle foto tessera che sono sempre utili. A Mestre ancora piove, attendo 40 minuti il bus per il Marco Polo dove arrivo alle 10, ho un’ora e mezza per il primo imbarco.
Torniamo a Flavia. Solo oggi ho avuto il piacere di conoscerla personalmente (non era previsto qui!) dopo decine fra sms, mail e telefonate, all’aeroporto Bajaras di Madrid, ove entrambi abbiamo fatto scalo nonostante voli e compagnie diverse, divenuto ottima cornice per il nostro primo incontro.
Siamo entrambi molto contenti di fare reciproca conoscenza. Io mi presento con una barba lunga di oltre sette giorni… in realtà, sapendo di avere su di lei un vantaggio di 3 ore, ho pensato di avere il tempo di rendermi “circa” presentabile… invece… mi sono presentato nella peggiore delle condizioni!
Amen!! Anche Flavia, causa un forte mal di testa non è pimpante come sono certo sia, come si dice, mal comune…
Fattostà, dopo un paio d’ore di chiacchiere ed uno yogurt, ci separiamo, devo andare al terminal 4 S, siamo al 4 e devo anche prendere il trenino per arrivare al check-in. Quest’anno volo con Iberia, sul volo Venezia Madrid non è stato previsto il catering! Vuoi dell’acqua? Comprala!! Azz.. male.
Sull’aeromobile per Dakar, ho la fortuna sfacciata di avere tutta la fila da tre sedili libera, tolte le scarpe, posso stendermi lungo quasi come in Business Class (proprio qui in Senegal ci viaggiai l’unica volta), osservo discreto gli altri viaggiatori: l’amore di un giovane padre francese di colore per il suo bimbo ad occhio di due anni, tanto bello quanto tranquillo e silenzioso, mentre una piccola due sedili più avanti piange e si lamenta come meglio non potrebbe fare!
Arrivo all’aeroporto Leopold Sedar Senghor per le 22:00 circa, sceso dall’aereo ho la sensazione che l’aria puzzi alquanto, non la ricordavo così…
In quaranta minuti recupero lo zaino e passo la dogana, mi avvio ai taxi.
Per la prima volta, sopratutto per Flavia, ho prenotato da casa via internet una stanza presso la Kingz Plaza Guest House, il loro sito è fatto benino ed è locata a 15 minuti dall’aeroporto, nonostante ben oltre il mio solito budget, mi faccio andare bene i 26 € che questa volta dividerò.
Quindi gestire i taxi non sarà cosa semplice, devo coordinare tre corse: una subito, per arrivare alla Guest House (di seguito GH), uno per tornare agli aerei per recuperare Flavia, l’ultimo con lei per andare finalmente a dormire; sono 20 gli euro in totale, il minimo riuscito a contattare, è notte e le alternative veramente poche…
Arrivato, noto che il posto, per essere a Dakar, non è malvagio, sicuramente pulito, la stanza del tutto anonima (nulla a che vedere con quelle pubblicizzate nel sito) senza alcun decoro alle pareti, ha un TV, due comodini e due letti singoli affiancati; vista così, un po’ cara.
Mi faccio barba e capelli con una nuova tosatrice wireless, doccia fresca che mi rianima, cerco e trovo nonostante l’ora la prima bottiglia di fresca birra Gazelle! Bene bene… Inizio a scrivere queste righe.
Alle 1 e dieci della notte inizio il secondo giro col taxi, vado a prendere Flavia che dovrebbe arrivare entro un’ora.. invece il suo aereo, in ritardo atterra alle 2:30, sono sveglio dalle quattro di ieri e comincio a sentire un po’ di stanchezza.
A Flavia la sistemazione fortunatamente non dispiace.
Devo notare che alle 4:30 della notte, il personale della GH inizia letteralmente a montare le camere adiacenti la nostra: pezzi di legno che sbattono per terra, voci ad alto volume, porte che sbattono, esco dalla stanza solo per farmi vedere, dopo una ventina di minuti tutto tace, ma la frittata è fatta! Verso le sei riprendo sonno, sveglia alle otto. Flavia aveva messo i tappi alle orecchie e si sveglia riposata.
Banjul 03.01.2010
Alle nove di mattina siamo in strada, al secondo taxi intercettato, con 2000 CFA (1 euro = 650 cfa; teoricamente a cambio fisso) ci accordiamo per il tragitto sino il Garage Pompier, la gare routiere per le partenze verso il sud.
Al garage, con altri 5300 CFA due persone zaini inclusi, saliamo su un Sept Place che ci porterà a Fatik. La strada è ottima. A Fatik cambio di mezzo, altri 2300 CFA in due con zaini, per arrivare a Kaolak. Questa volta la strada è davvero brutta, l’asfalto pieno di buche costringe gli autisti di ogni mezzo, a continui pessimi zig-zag spesso in contromano.
La gare routiere di Kaolak è la più sporca e congestionata mai vista; devo trovare un altro mezzo per Karang, confine nord fra Senegal e Gambia; uno sgangherato Peugeot sette posti con altri 3300 CFA in totale ci carica per la prossima destinazione.
Questa volta non posso più parlare di strada, percorriamo piste di terra rossa che tagliano una savana bellissima, fitti i baobab svettano fra le pianure che altrimenti sarebbero piatte distese di terra ed arbusti impolverati.
La pista di argilla è molto pericolosa, i pochi veicoli camion inclusi, alzano una tale densissima polvere, dovessimo incrociare qualcuno sul lato opposto, il frontale sarebbe inevitabile!! (ci rido ma…)
I finestrini aperti del sept place ci inondano di terra tanto da fare cambiare il colore ai nostri abiti…
Karang. Alla frontiera senegalese affrontiamo celermente le solite formalità, passaporti, timbri…
Pochi passi e siamo ad Amdallai, versante gambiano della frontiera. Presso un primo ufficio ci vengono molto sommariamente controllati i bagagli (per quello di Flavia l’Ufficiale impiega meno di un minuto imbarazzato dal contenuto di oggetti femminili); presso un secondo ufficio ci vengono controllati i passaporti, con l’addetto in divisa insceno una sorta di teatrino dove decanto le notizie circa l’ospitalità del suo paese! Lui quindi, sbriga i controlli un pochi minuti con grandi sorrisi, dicendosi ammirato dell’Italia (del calcio..) e chiedendoci di portare al ritorno il racconto positivo delle esperienze che faremo.
Registrati i passaporti, un altro ufficio ed un altro ufficiale ci attendono per porre il timbro. Siamo ammessi senza alcun intoppo quindi in Gambia.
Paghiamo un taxi 125 Dalai due persone zaini inclusi (1 euro = 38 dalai, cambio come capita) ed attendiamo oltre mezz’ora la partenza, non si trovano altri viaggiatori al momento siamo solo in tre. Partiti, in 20 minuti siamo a Barra, imbarco a nord del fiume Gambia; vista l’attesa del taxi, arriviamo che il traghetto è appena salpato, attendiamo il prossimo almeno un’ora. Al tramonto ci imbarchiamo. Circa 40 minuti di lentissima navigazione ci attendono prima di attraccare a Banjul, li trascorriamo in pedi ed al buio sul ponte del natante. Nel tempo della navigazione, uno studente di college attacca un “bottone” infinito a Flavia, la quale è costretta a dire che sono il marito e che i nostri figli sono a casa con i nonni!!! Sbarcati ci controllano i biglietti (anziché alla partenza!) ed a cento metri l’uscita del porto troviamo la Ferry Guest House, che per la LP è una opzione budget più che buona. Occupiamo una camera con bagno per 600 D. Alle 23:30 della notte, esausti dalla presenza di continui rumori e dall’assenza della necessaria zanzariera, propongo a Flavia di andarcene immediatamente, lei, più che brava viaggiatrice, in cinque minuti è pronta zaino fatto.
Devo delle spiegazioni. Come scrive la LP, le cose possono cambiare… La Ferry GH a mio giudizio è oggi niente più che uno squallido bordello, i bagni del secondo piano erano al buio e non li ho visti, quelli del primo piano luridi, lo scopino del water nel lavandino, niente acqua, inavvicinabile… Sconsiglio vivamente a chiunque questa opzione, a meno che non siate alla ricerca proprio di una cosa del genere!!!
La nostra scelta cade (avevo segnato il posto) sul Bakau Lodge, a Bakau, circa 15 km a nord sul mare, venti minuti di taxi per 200 D. Questa volta abbiamo trovato un piccolo paradiso: sei bungalow circondano una piscina pulita. Il bungalow è in muratura, grande, ingresso con salottino e frigo, camera da letto separata e bagno privato; la paghiamo 650 D come da LP. Flavia va subito a letto nonostante il Lodge adiacente stia dando una festa reggae con musica a tutto volume!
Nonostante l’ora, mi intrattengo con i ragazzi che gestiscono il mio lodge, racconto loro la pessima esperienza della Ferry GH nel mentre che mi insegnano un semplice gioco di carte, una sorta di ruba mazzetto, mi tranquillizzo e ritrovo il mio buon umore; uno di loro, un rasta, mi propone un petard come gesto di amicizia prima di andare a dormire…
La musica termina alle 2, sono steso a fianco di Flavia che dorme beata, prendo finalmente sonno completamente rasserenato.
Buonanotte!
Bakau 04.01.2010
Stamani la veglia è suonata puntuale alle 7:00, incrocio lo sguardo sorridente di Flavia e per un qualche ignoto motivo ci mettiamo a ridere! Alla fine non ancora paghi del riposo, torniamo a dormire un altro paio d’ore per svegliarci definitivamente verso le 9:30.
Dopo un corposo nescafè, saliamo su un “Bush Taxi”, che in Senegal chiamano “Ndiaga Ndiaye”, alla volta di Banjul centro, impieghiamo circa dieci minuti di più rispetto una vettura, quindi circa mezz’ora. Considerato che siamo a metà mattina, iniziamo le visite dall’Albert Market, il più grande mercato di Gambia. Effettivamente il mercato pullula di genti e di merci, tutto bene esposto in modo abbastanza geometrico sui banchi, diversi sono i venditori che alla “napoletana” richiamano con voci alte e cantilenate, ogni cosa per vendere!
Ieri sera con Lamin, il ragazzo rasta, siamo rimasti d’accordo che avremmo cenato insieme a base di pesce; quindi per cuocerlo come piace a me, dobbiamo iniziare dalla ricerca della attrezzatura di base, cioè dalla griglia.
Per metterci in forze, propongo a Flavia una colazione leggera e sostanziosa, con 25 D compriamo una bella papaya i circa un paio di chili, che mangiamo in piedi seduta stante, appoggiati ad un banco del mercato. Essendo il reparto del pesce fresco (l’alternativa non è pesce surgelato, ma seccato al sole!) attiguo, vi entriamo per capire cosa mangeremo una volta trovata la griglia. Ora dico io, in tutto il grande decantato Albert Marchet, non solo non esistono griglie da brace, ma nessuno nemmeno sa cosa siano!!
Divenuta quindi scherzosamente una questione di principio: Flavia che sino ad ora si è rivelata una ottima compagna di viaggio, mi asseconda paziente nella ricerca dell’attrezzo in giro per la città, che con questo scopo visiteremo ampiamente. Quindi a piedi percorriamo diversa strada, vie principali, piazze, vicoli… non manchiamo di chiedere ad ogni bottega di ferramenta quando andiamo cercando, destino vuole che dopo molti tentativi, al mio “questo è l’ultimo che facciamo”, una bottega di casalinghi, l’unica, effettivamente avesse la griglia che stavamo cercando! Ottimo!! In verità il ragazzo di bottega alla nostra domanda, ci mostra uno scolapiatti da appoggio in plastica, ma appese un paio agli scaffali, ci prendiamo noi stessi la griglia tanto cercata che paghiamo 125 D.
Contenti, visti gli oltre 30 gradi di temperatura, decidiamo sia giunto il tempo per una birra fresca. Quindi, visto che per vendere alcolici (il Paese è a maggioranza musulmana) si necessita di una licenza particolare, sono costretto a chiedere per la via dove sia possibile trovare un pub. Purtroppo qualsiasi richiesta, anche una sola indicazione, ha sempre un prezzo, un cadeau è considerato obbligatorio. Per cui il ragazzo a cui abbiamo chiesto indicazione, ci porta letteralmente in un Pub e senta tanti complimenti, senza nemmeno chiedere, si siede al nostro tavolo.
Il prezzo del servizio ricevuto corrisponde al pagamento di una birra.
NOTA: “En Gambia pasa nada!”
“Devo notare purtroppo che si viene sempre avvicinati da chiunque e di qualsiasi età per il fine palese di ricevere denaro. “Ciao amico, come stai, come ti chiami, dammi la tua mail, dammi il tuo indirizzo, il tuo numero di telefono, dammi dei soldi”. Sempre. Come rovescio, questa medaglia vede la richiesta di pagamenti per beni e/o servizi, cifre sproporzionate rispetto al reale, richieste che talvolta offendono per quanto assurde e per quanto poco intelligenti si sia considerati. In questo modo, allacciare un rapporto umano, uno scambio di opinioni o una condivisione, risulta purtroppo quasi impossibile, alla fine di qualsiasi conversazione, l’interlocutore allunga la mano. Purtroppo anche i bambini considerano i “bianchi” persone da cui prendere, escono da scuola e senza tanto pudore, chiedono soldi. Per cui, venendo scambiati regolarmente per spagnoli (i viaggiatori italiani in questo Paese sono quasi assenti), se non si paga, ti dicono sprezzanti, pasa nada”
Detto ciò, devo attingere dalla mia esperienza i modi per troncare sul nascere certe situazioni, senza essere troppo duro e mantenendo la corretta dovuta buona educazione.
Quindi dopo la birra, con una certa fatica ed assorbendo anche improperi, riesco ad allontanare il ragazzo per restare solo con Flavia; svelti ci dirigiamo di nuovo in centro per la visita del National Museum, dove anche li, una voluminosa e svogliata addetta della cassa, prova a prendere i soldi dell’ingresso senza nemmeno staccare i tagliandi dei biglietti che devo chiedere espressamente.
Chiedo se sia possibile fare foto, la grossa dice no mentre una collega al suo fianco più esile e dai migliori modi risponde contemporaneamente di si. Non bene.
Visito il Museo di malumore, senza il migliore approccio, percorro in velocità i 250 mq cui mi sembra sia la superficie espositiva. Consiglio comunque la visita, alto è il valore etnografico e storico di quanto esposto, talvolta in modo semplice e scolastico, forse anche questa ne è la bellezza.
Terminata la visita, siamo nuovamente all’Albert Market per l’acquisto dei pesci per la cena. Purtroppo dell’abbondanza della mattina è rimasto poco, comunque sia un tonnetto di almeno 1,5 kg e quattro bei kingfish sono nostri per 100 D il tonno e 50 D i quattro pesci.
Sempre in bush taxi, siamo pronti per rientrare al Bakau lodge. Visto il bel sole ancora in cielo, messi i costumi decidiamo di andare a fare il bagno nell’oceano, che dista 300 metri dal nostro alloggio. Sulla spiaggia cerchiamo un posto adatto dove posare i teli mare ma, tutta la spiaggia è bagnata, l’acqua è fredda e sporca per cui senza tentennamenti torniamo al lodge e ci stendiamo comodi sui lettini a disposizione a prendere il sole a bordo piscina. Io faccio un bel bagno (molto cloro) mentre Flavia preferisce studiare distesa la LP.
Alle 19:30 ormai notte, Lamin arriva con un bbq ed il carbone per le braci, che posizioniamo di fronte il nostro bungalow. I quattro kingfish vista la pezzatura di 3/400 g cuociono prima… ho portato una piccola bottiglia di olio extravergine, unico condimento.. Ottimo! Poi, il tonnetto a cottura ultimata appaga oltre che la fame residua anche la nostra gola.. eccezionale, da molto tempo non facevo una ottima cena come questa !!
Terminato il banchetto andiamo a dormire, Flavia si addormenta nel tempo della mia doccia. Mi corico al suo fianco, speriamo non si prenda al solito tutto il lenzuolo!
Buonanotte..
Jangjang-Bureh 05.01.2010
(George Town)
Scrivo che è sera. Questa mattina a Bakau ci svegliamo alle 6:00 pieni di morsi di zanzare. Prepariamo i bagagli, con il buoi siamo in strada in attesa del bush per Banjul, arriviamo in tempo per prendere il traghetto delle 8:00, dopo avere percorso a piedi il paio di chilometri dal garage all’imbarco. Oggi il piccolo traghetto ha impiegato la metà del tempo per la tratta che all’andata, siamo quindi ormai in pieno sole alla gare routiere di Barra, sponda nord del Gambia.
Troviamo il bush taxi per Jangjang-Bureh, nuovo nome della vecchia George Town che è la nostra nuova destinazione nell’interno del Paese, intendiamo visitare il sito archeologico degli Stone Circle di Wassu, la Stonehenge d’Africa, nonché il River Gambia National Park.
Pattuiti 200 D a testa inclusi i bagagli, prendiamo possesso dei posti assegnatici. Dentro, di fronte a noi, sono sedute delle donne gambiane nei loro tradizionale coloratissimi abiti… sono bellissime. Dopo oltre un’ora e mezza di attesa, scatta la la protesta delle signore, scendono dal mezzo inveendo contro l’autista, facendo scaricare i bagagli dal tetto del veicolo, creando una situazione di folkloristico parapiglia cui mai avevo preso parte da coprotagonista.. anche io alzo la voce con ragione.. fico!! Vista la reale arrabbiatura delle signore, essendo con me e Flavia in sette, con un accettabile surplus sulla tariffa, in meno di 15 minuto è pronto un sept place che inizia la sua corsa.
La strada, veramente ottima, mi stupisce. Dopo circa due ore e mezza facciamo una sosta pranzo a Farafenni, trenta minuti dove bevo da solo una bottiglia intera d’acqua per il caldo; Flavia regala qualche matita a dei bimbi i quali, facendosi vanto della buona provvidenza, richiamano molti amichetti appena usciti da scuola.
Nel mentre, passa per la via con i propri armenti un pastore, in braccio un agnellino, mi propone di acquistare il piccolo ovino con la madre, al mio osservare le “alcune” difficoltà di imbarco sugli aerei, mi dimostra quanto sia docile e ripiegandolo su se stesso, vorrebbe convincermi circa quanto poco spazio occuperebbe… resterebbe il problema della pecora, che nella stiva diverrebbe un ghiacciolo !!
Prendo in braccio il cucciolo e lo coccolo un po’, morbidissimo e tranquillo…
Riprendiamo la corsa, intervallata dalle continue soste ai posti di blocco dei militari, pro forma si, ma.. visto mai… Quindi, dopo altri novanta minuti di percorrenza, sempre sull’ottima strada asfaltata (in Italia sarebbe una buona statale), finalmente siamo alla gare routiere di Jangjang-Bureh, in riva al fiume Gambia, che è al maschile, mentre la Nazione è al femminile.
Veniamo subito avvicinati da dei ragazzi che al solito ci propongono di prendere alloggio dove ci consigliano, denigrando la nostra scelta, dicendoci che l’indomani potremmo fare varie escursioni con loro, a prezzi tanto enormi da non avere un senso logico.. chiedo consiglio ad una delle signore, la più determinata nelle proteste alla gare routiere, rifletto… alla fine accettiamo come guida un ragazzino sino il Jangjang-Bureh Camp la nostra scelta.
Il Camp, immerso ai margini della giungla, sul fiume; il giardino molto grande ci appare come un parco, rurale, nature.. al nostro arrivo scimmie si rincorrono, uno scoiattolo tenta di costruire la propria tana sotto il tetto di un bungalow, disturbato da un bellissimo uccello blu ben più grande di lui, che gli ruba i ramoscelli appena staccati dall’albero! A poche decine di metri il grande fiume.
Flavia mi appare molto contenta della sistemazione, il nostro bungalow ha un bel tetto di foglie, un bagno etnico con la doccia, un grande letto triangolare sormontato da una zanzariera che ci permetterà un tranquillo riposo.. sembra un’alcova. Ora alle 20:00, visto che il camp non è provvisto di energia elettrica, siamo in attesa della cena alle luci delle candele e delle lampade a petrolio, sotto un pergolato, in riva al fiume che ci si potrebbe tuffare dentro; c’è chi lo fa.
Sono presenti un gruppo di europei, circa venti, scandinavi, che formano un gruppo organizzato con mini bus privato; credo di avere capito organizzato dalla TUI. Ancora, una famiglia svedese di quattro persone ed una coppia di anziani pimpanti sempre nordici; il turismo scandinavo in Gambia è una realtà consolidata.
La cena a buffet, presentata in modo scenico da un ragazzo del camp, prevede: spaghetti al pomodoro “senza spezie piccanti per il vostro gusto”, cous cous con manzo, stufato di ovino al sugo, riso bianco, melanzane a rondelle fritte, melone alla julienne come insalata e per dolce, banane.
Ceniamo riuscendo ad assaggiare ogni cosa, le quantità sono bene calcolate per tutti ma senza bis. Il prezzo è 200 D a testa. Ad oggi con Flavia, ho instaurato un rapporto ottimo di amicizia, fiducia e complicità.
Flavia mi sembra felice ed è sempre più carina colorata dal sole d’Africa.
Decidiamo vista la lunga giornata di trasferimento, di coricarci non partecipando allo spettacolo di djembè organizzato dai ragazzi del camp.
Lavati ed in pigiama, chiamo Flavia in giardino, spente le torce a led, ci emoziona il cielo, tempestato di stelle brillanti e tremule come solo in Africa è possibile ammirare, per lei, novizia del continente, la prima prima volta.
Ci corichiamo con i ritmi dei tamburi, che a pochi metri da noi sono quasi psichedelici; lo spettacolo dura un’oretta, il giusto tempo; alla fine, immersi nella notte africana, i canti degli uccelli notturni sono la nostra ninna nanna ipnotizzante..
Bacino, buonanotte!
Jangjang-Bureh 06.01.2010
(George Town)
Sveglia alle 7:00. Stanotte la temperatura è scesa notevolmente, abbiamo avuto bisogno della copertina che il camp ha a corredo, abbiamo dormito abbracciati.
Alle 8:15, siamo sotto il pergolato in riva al fiume, appuntamento per la lunga escursione di oggi al River Gambia National Park. Dobbiamo attendere un’ora la preparazione del motore della barchina ed i due panini che saranno il pranzo, pattuiti nei 1050 D a testa, dai 1500 di richiesta iniziale….
Torno a scrivere che è notte, per dare conto di una delle più belle giornate vissute in questo mondo!
Anzitutto credevamo che i giri durassero circa una mezza giornata, invece..
Partiamo poco dopo le nove per la tanto attesa escursione al parco nazione del fiume Gambia.
NOTA: “The River Gambia National Park”
“A sud di Kuntaur, cinque isole nel fiume Gambia sono protette come Parco Nazionale. Il cuore di queste è chiamata Baboon Island, talvolta tutto il parco ne prende il nome; è il sito di un progetto privato divenuto nazionale, che raccoglie gli scimpanzé oggetto di traffici illegali con lo scopo di riabilitarli alla vita selvaggia.
La cosa per gli operatori è pericolosa, se le femmine ed i piccoli dimostrano una certa socievolezza, i maschi adulti talvolta attaccano l’uomo in modo repentino, avendo paura dell’uomo, sono ancora più pericolosi dei primati selvaggi. Avvistarli è comunque difficile, a causa della densissima foresta che copre il territorio. Per cui, se avvistare i babbuini e le alte scimmie selvatiche, nonché coccodrilli ed ippopotami è relativamente semplice, avvistare gli scimpanzé è da considerare una vera fortuna”
Sulla barchina, mi gusto le espressioni stupite e beate di Flavia, impressionata come me, da uno spettacolo della natura mai visto prima in questa vita, siamo dentro i documentari visti in TV da bimbi, quando lontanissime ed irrealizzabili sembravano quelle case circolari di mattoni di argilla cotti sotto il sole, tetti conici di foglie di palma con bambini nudi a giocare intorno.. ora siamo nel cuore del fiume Gambia, largo nei tratti da almeno cinquanta a qualche centinaio di metri, possente, bordato da una giungla che mi appare nuova, nonostante per me siano ormai parecchie quelle visitate..
Uccelli variopinti e bellissimi, visti i tempi in cui viviamo, dico “per assurdo” dico di diritto in quell’ambiente che di diritto dovrebbero sempre avere.
Sopra di noi silenziose volano le aquile, pio i piccoli coloratissimi Kingfisher, aironi dalle misure e colori bellissimi, bianchi, grigi cenerini elegantissimi dalle grandi dimensioni, poi ancora falchi, corvi… La vegetazione, il verde della vegetazione di questa foresta africana, sotto il sole di mezzogiorno la giungla è profondissima ed impenetrabile allo sguardo se non per qualche metro… Vediamo diverse colonie di babbuini, nel parco ci sono anche gli scimpanzé, ecco uscire dalle fronde le scimmie urlatrici che ci salutano a modo loro; in questo tratto di fiume vivono anche coccodrilli ed ippopotami.
Sotto un sole cocente che genera un bagliore mai visto prima, ecco apparire con la testa fuori l’acqua proprio gli ippopotami.. ci fanno sentire il potente suono che emettono, dai toni profondissimi che nemmeno un elefante genera..
Iniziamo a sentire un leggero languorino per cui ci dividiamo uno dei due panini previsti per pranzo inclusi nel prezzo pattuito. Buon panino, mezza baguette con bocconcini di pollo, cipolle, un velo di maionese.
Dopo oltre quattro ore di navigazione ininterrotta, sbarchiamo a Kuntaur, lontano circa due chilometri di savana da Wassu, dove siamo diretti per vedere gli Stone Circles.
Percorriamo sotto il sole a pedi il tratto di savana, pozze affioranti d’acqua, grazie la presenza vicine del fiume, rendono a tratti verde il paesaggio circostante.
Attraversiamo un paio di villaggi rurali, i bambini ci vengono incontro, di bianchi da queste parti se ne vedono pochi..
Arriviamo a Wassu, da una delle baracche che guardano la strada di sabbia rossa, spunta un uomo di una certa età, il quale venendoci incontro, si qualifica come il Direttore del Museo. La cosa mi appare dubbia, ci propone una scorciatoia… con Flavia proseguiamo il nostro percorso seguendo i cartelli ben visibili indicanti il sito che stiamo cercando. Giunti all’ufficio, il tipo effettivamente estrae dalla tasca un mazzo pesante di chiavi e ne apre la porta.. la piccola stanza serve a diversi scopi, quindi funge anche da biglietteria.
Paghiamo i tagliando 50 D a testa; quindi un’altra chiave apre la porta del minuscolo museo didattico, inconsapevole della propria bellezza…
Collage alle pareti che sembrano le ricerche di bambini delle elementari, tre cartoline di numero sbiadite e leggermente accartocciate sono il book shop…
Usciti, indirizzati verso il sito archeologico, incrociamo un anziano musicista, suona per noi il balafon.. incluso il suo, sono tre gli strumenti, i più grandi mai visti, di pregevole fattura; non so come ma, Leonardo mio amico fraterno, qui, sarebbe stato in grado, vista la sua grande passione (lo suona ormai bene), di portarne in Italia almeno uno!
Il monumento sotto il sole delle 15:00 quali sono, si percepisce in modo particolare, l’aria tremula e brillante, la luce accecante fa risaltare in modo particolare i misteriosi monoliti cilindrici di colore rosso mattone molto scuro, millenari, ignoti, emozionanti.. portano sulla sommità piccole piramidi di sassi dello stesso colore, mai visto, ancora una volta, mai nulla di simile.
NOTA:“Wassu Stone Circles”
“L’area fra il fiume Gambia ed il fiume Saloum nel sud Senegal, è conosciuta per la presenza dei “circoli di pietre”; il gruppo di Wassu, venti km a nord ovest di Georgetown e circa a due km a nord di Kuntaur, ne è il miglior esempio.
Ci sono diversi cerchi, (biglietto 50 D) ognuno composto da dieci a ventiquattro monoliti cilindrici, alti da uno a due metri e mezzo, ognuno dei quali pesa diverse tonnellate. La datazione della maggior parte dei circoli, data da 500 a 1000 anni avanti Cristo, prima che l’etnia Mandinka si stabilisse in quest’area.
Degli scavi hanno dissotterrato ossa umane e manufatti nel centro di diversi cerchi, indicando che questi furono luoghi funerari.
Molto poco si conosce sugli uomini che realizzarono queste strutture, una teoria vuole siano stati pastori, essendo tutti i luoghi caratterizzati dalla presenza di fiumi, un’altra, vuole fossero stati cacciatori. L’area di Wassu propone un piccolo museo, forse non per tutti all’altezza dell’importanza del sito.
La visita propone un esempio eccellente di cultura antica africana, senza aspettarsi però la grandezza di Stonehenge.”
Sarebbe bello riuscire a vedere l’effetto della luce nelle varie ore della giornata ma è tempo ormai di rientrare alla nostra barchetta attraccata al fiume.
Il direttore, prima di lasciarci andare via, ci propone l’acquisto di qualche bevanda, una birra fresca magari.. accetto di pagarla letteralmente il doppio, volendo lanciare un questo modo un cadeau ma, al primo sorso mi accorgo che deve essere andata marcia quanto imbevibile, ne chiedo un’altra ed al rifiuto, ne nasce una breve discussione.. per fare capire il mio vero disappunto, gli lascio tutta la banconota da 100 che avevo dato senza nemmeno attendere il resto di 50 D dovuto, prendo Flavia per mano ed andiamo via.
Oramai ho capito, quando inizio a prendere vera collera, è giunto il momento di andarmene.
Sulla via del ritorno, prendo come all’arrivo una bottiglia d’acqua in una baracchetta, voglio stemperare la rabbia provando a comprendere il senso di quanto stiamo vedendo e ci circonda, catapecchie, rottami, rifiuti semi bruciati… ci soffermiamo ad ammirare una pianta di cotone, grande e fiorita, dal vivo Flavia non l’aveva mai vista!
Bravi nel ritrovare la strada dell’andata senza errori, dopo due km ed oltre nella savana sotto il sole, ora dopo le 16:00 leggermente meno potente, arriviamo al fiume ed alla nostra barca, il barcaiolo non c’è…
Ci intratteniamo a scherzare con tre bambini, dove la femminuccia dimostra essere vispissima!
Torna il nostro sailor man, ci dice che, dovendo percorrere ora il Gambia controcorrente, dobbiamo comprare (noi) cinque litri di benzina, con la promessa che il suo “boss” ci rimborserà al rientro; 200 D, presa anche la benzina.
Circa alle 17:00 riprendiamo l’acqua alla volta del Jangjang-Bureh Camp; stanchi ma appagati, commettiamo l’errore di credere che il percorso sarà più breve, convinti di avere già fatto una inversione attorno ad una delle isole.
Impiegheremo oltre cinque ore.
Il barcaiolo, nel momento in cui travasa i litri di benzina presi alla ripartenza, inizia ad avere una espressione preoccupata.
Essendo ormai al tramonto, mi preoccupo anche io prevedendo una navigazione notturna sul grande fiume, non solo per i coccodrilli ed ippopotami, ma anche per l’impossibilità di scendere a terra, considerata la giungla che costeggia le sponde.
Ormai quasi al buio, Flavia si gode beata gli ultimi sprazzi di luce del tramonto, convinta che il barcaiolo ce la farà.
Gli offriamo il nostro secondo panino non ancora consumato. Che stia in forze!
Il tramonto è spettacolare (foto di copertina) sia in cielo che sull’acqua, ancora avvistiamo ancora più numerosi gli ippopotami, su una lingua di sabbia è una famiglia di pellicani, stormi di uccelli bianchi in formazione in volo radente sull’acqua cercano insetti ed altro cibo, i grandi aironi appollaiati sulle fronde delle palme a fare bellissima mostra di se, sono centinaia.. è il paradiso africano di questa Gambia, dai mille risvolti e da un solo grandissimo fiume: un ambiente naturale ancora fortunatamente intatto che ci provoca ammirazione e stupore, una sorta di benessere fisico che non ha sino ad oggi avuto simili, nonostante i molti viaggi fatti da entrambi.
Oramai è notte fonda. Con la latente paura di rimanere pericolosamente senza carburante (una pagaia in tre, controcorrente cosa può fare?), ci sdraiamo sul fondo della barchina, fa non poco freddo, indossati anche i giubbotti salvagente più per riparo che per sicurezza, mi stringo a Flavia tanto forte da non lasciare passare nemmeno un filo d’aria..
Il cielo ci appare come il firmamento dei film, la volta celeste è viva e brilla brulicante di stelle, mentre grandi lucciole passano sopra le nostre teste da sembrare quasi stelle cadenti.. In-cre-di-bi-le !
Oramai provati e molto infreddoliti, le fioche luci del Camp sembrano apparire, ancora lontane.
Sbarchiamo tirando un filo di sollievo, visto che il barcaiolo da alcuni minuti stava scuotendo la tanica ormai vuota del serbatoio!
Chiedo di offrire al ragazzo i 200 D della benzina come premio; a villaggio silenzioso, le cucine spente, desideriamo solo una doccia ed un meritato sonno. La chiave della nostra camera non si trova..
Il “direttore”, in pigiama (!), considerata la situazione, ci offre un’altra camera, nulla a che vedere con la nostra, la doccia non funziona, ci laviamo a pezzi nel lavandino.
Andiamo a dormire esausti, abbracciati, beati da una stellata bellissima piena di canti di uccelli e sogni africani.
Buonanotte!
Farafenni 07.01.2010
Anche oggi bellissima giornata!
Svegli prima delle otto, prendiamo la colazione in riva al fiume sotto il pergolato.
Saldati i conti, percorriamo a piedi nella savana il chilometro cui dista la gare routiere di fronte gli imbarchi della chiatta sul fiume, in questo punto largo circa cento metri. Un bush taxi ben messo, attende altri passeggeri, noi siamo pronti a partire.
Dopo oltre un’ora di attesa fatte le 11:00, nel momento in cui dico all’autista che comunque avremmo preso il primo mezzo in partenza, questi decide di partire comunque, altri troverà lungo il percorso, credo non voglia rinunciare al prezzo da noi pagato.
Il manto stradale come detto è molto buono, il bravo autista carica sempre più gente comunque rispettando sempre la capienza, talvolta rifiuta di caricare qualcuno, non capisco il perché.
Il paesaggio intorno, al sole di mezzogiorno, è selvaggio e nitido, le fermate dei bus sono piccoli palchetti coperti di legni intrecciati.
Poco più di due ore, siamo a Farafenni. Prendiamo alloggio presso l’Eddy’s Hotel che, nonostante l’importanza della città, sembra essere l’unico.
Affittiamo una stanza per 4000 D con bagno ed una buona doccia, scambiamo due parole con il ragazzo della gestione il quale ci fa la cortesia di aprire in anticipo l’erogazione dell’acqua per lavarci; la corrente non dipende dai privati, in città arriva alle 18:00.
Fatta la doccia, usciamo al caldo ed al sole per la visita di Farafenni. Dopo un po’, mi dico che berrei una birra, spesso accade che con la scusa di cercare qualcosa, poi si vada in posti e si partecipi a certe situazioni che non si sarebbero trovate se si fossero cercate. Quindi cominciamo a girare diverse vie, in un paese musulmano vendere alcolici non è molto diffuso, per cui chiedi di qua, domanda di la, ci ritroviamo di fronte il nostro Hotel il quale, oltre che sembrare l’unico alloggio, sembra essere uno dei pochi a vendere alcolici.
Siamo quindi lieti di accomodarci all’ombra nel giardino, un grande chiostro piantumato di grandi manghi, siepi ed arbusti, le camere tutt’intorno. Ci gustiamo la tonica e la birra, chiediamo di cenare li. Riso, uova e pollo. Usciamo ristorati, torniamo ad ammirare i tessuti etnici esposti nelle botteghe sulla via, alla fine compriamo tre matasse da 12 metri, che divideremo, pagate 150 D al pezzo.
Alle 18:00 arrivata l’energia, apre l’internet point, Flavia deve scrivere a sua sorella che sembra preoccupata ed agli amici; io mi faccio vivo a lavoro rassicurando il mio capo che sta andando tutto bene e che dovrei tornare, sul fatto che torni non so quanto sia contenta! Dopo ancora avere girato per le vie con il buio della notte, torniamo all’Eddy’s per riposare, tanta la polvere per le strade, sentiamo il bisogno di fare un’altra doccia, la temperatura l’ha fatta il sole, il soffione ha un getto veramente corroborante!
Mettiamo sotto carica le varie batterie, siamo pronti per la cena, un passo fuori la camera il giardino, il tavolo ci è stato apparecchiato di fronte..
Purtroppo niente pollo solo uova, poco male, ruspanti ed ottime, le accompagniamo col riso, condito da una squisita salsa calda di cipolle.
Satolli e soddisfatti andiamo a dormire sereni e felici, la sveglia sarà presto, domani trasferimento, si scende in Senegal!
Buonanotte..
CASAMANCE
Zigunchor 08.01.2010
Scrivo che è sera, al termine di una giornata tanto bella quanto dura. Molti gli imprevisti, ma considerato che ogni cosa è stata risolta, diverranno bei ricordi in futuro.
Usciamo dalla stanza poco dopo le 7:00, ci dirigiamo davanti la stazione di polizia dove stazionano anche i taxi. Proprio ad un poliziotto chiediamo informazione per le partenze per Ziguinchor, molto cortesemente ci presenta un tassista li di fronte, pattuiamo il prezzo della corsa, 10 D a testa, quindi partiamo e.. sale anche il poliziotto.
Dopo circa un paio di chilometri ci fanno scendere, sembra ci sia una frontiera, diversi sono i mezzi anche grandi, nel trambusto del borderline.
Tutto mi appare dubbio, dopo un quarto d’ora dove in molti hanno provato a venderci a prezzi assurdi passaggi improbabili, comprendiamo che il gentile poliziotto ed il suo amico, ci hanno tirato un gran pacco: per dividersi il prezzo della corsa, mezzo euro, ci hanno portato alla frontiera a nord per Dakar, anziché quella a sud ben più lontana. Non ci sono taxi. Ripercorriamo i due chilometri di strada sterrata verso il centro di Farafenni, il vantaggio della sveglia presto, è ora completamente vanificato.
Ora con 50 D a testa, un tassista onesto ci transita per otto chilometri di pessima strada sterrata, la Trans-Gambian Hwy, verso l’imbarco dei traghetti a Bambatenda, dove con 5700 CFA concordiamo con un grande bush taxi il passaggio per entrambi fino a Ziguinchor.
Il corso del Gambia offre in questo punto una comoda strettoia, per i due traghetti che caricano e sbarcano persone e mezzi, a ciclo continuo, durante tutte le ore di luce. (Non è che con i soldi del solo progetto del ponte di Messina, avremmo realizzato tutti i ponti necessari sul Gambia?)
Atteso il nostro turno dell’imbarco almeno due giri, arriva il momento di muoversi. La giornata è bellissima e limpida, in meno di venti minuti siamo in prossimità di Yelitenda, l’altra sponda ma…
Un autobus si è incastrato sulla rampa di accesso al natante in partenza, il quale dovrebbe lasciare libera la banchina per il nostro attracco. Osserviamo per mezz’ora i diversi tentativi di separare i due mezzi.
All’approdo, sbarcati, paghiamo i biglietti del traghetto, che stranamente si pagano all’arrivo, riprendiamo la corsa sulla Hwy che adesso è un cantiere stradale, correndo su una corsia molto provvisoria, il mezzo, carico e vecchio cigola e ci fa vibrare come dentro una macchina del burro!
Ben shakerati arriviamo a Soma, dove facciamo il passaggio all’ufficio emigrazione, per il visto di uscita dal Paese. L’ufficiale Doganiere, sorridente e rubicondo, contento di vedere degli italiani (come detto ne vedono ben pochi) si spertica in battute e strette di mano, poi alla fine ci chiede di cercargli una moglie che gli piacciono le italiane! Convinto, ci lascia i suoi dati ed il numero di cellulare.. Convinto!!
Riprendiamo la corsa ed entriamo in territorio senegalese senza nemmeno il controllo dei passaporti; iniziano ora i 180 km, la distanza a Ziguinchor.
Dopo circa una cinquantina di chilometri, gran botto, foriamo una delle due gomme posteriori, gemelle; scendiamo quasi tutti, siamo su una strada durissima fatta di sassi spigolosi, cementati e bitumati, nel mezzo della savana.. prima si vedevano nel percorso, villaggi isolati, ora solo vegetazione.
L’ultimo bullone della ruota non vuole svitarsi. Riesce a spannare la chiave.
Decisione dell’autista: si riparte con la ruota bucata sperando nell’altra..
Molto più lentamente, arriviamo a Djigirone, dove facciamo una sosta prossima alle due ore, di cui una per riparare il mezzo! Nemmeno l’officina meccanica riesce a svitare il bullone, tanto che fiamma ossidrica alla mano, fanno saltare la vite con tutto il mozzo! Cambiata quindi la ruota, che di mozzi c’è ne ancora abbastanza, ripartiamo di buona lena ormai mezzo pomeriggio.
Dopo quindici minuti, foriamo nuovamente, una ruota anteriore. A causa delle tensioni del novembre 2009, la Casamance mi sembra abbastanza militarizzata. Ogni cinque chilometri un posto di blocco, anche mezzi militari con cannoncini, tutti devono fermarsi, i mezzi pubblici talvolta solo rallentano. Bignona dista ancora oltre sessanta km e non voglio arrivarci col buio, è un centro dove il separatismo è sentito fortemente. Decido di scaricare i bagagli, mentre il nostro mezzo è a bordo strada, saliamo su un piccolo bush taxi che 1500 cfa a testa alla mano, dice che ci porterà a Ziguinchor. Si sale.
Veramente sgangherato, con Flavia ci facciamo due risate sul come noi in Europa consideriamo sfruttare i mezzi ed i motori!
Arriviamo al tramonto a Bignona, abbiamo la piacevole conferma che fatto un cambio, arriveremo a destinazione. Il mezzo decisamente migliore, percorre in poco più i trenta chilometri di distanza; alle 20:30 ormai buoi pesto, scendiamo al Rondò Jean Paoul II in centro a Ziguinchor, troviamo subito un taxi per l’hotel Perroquet, mi piace l’idea di portare Flavia in un posto carino.
Purtroppo tutte le camere sono occupate, un tipo appoggiato sul bancone, ci consiglia il Bed & Breakfast Casa Tina, 10000 cfa (8000 uso singola) per una camera con bagno, la 5 tranquilla sul retro con balcone, abbastanza anonima ma pulita, zanzariera sul letto. Per quanto siamo stanchi va benissimo, non sto a tirare sul prezzo, urge una doccia!
Anche questa sera andiamo a dormire senza avere cenato, non stiamo mangiando molto, forse anche questo contribuisce al benessere di entrambi.
La giornata è stata dura, il materasso sembra comodo.
Buonanotte, click.
Kafountine 09.01.2010
Scrivo al termine di una giornata bellissima.
Allegri e felici, per un viaggio sino ad ora magnifico, siamo svegli di buon mattino. Abbiamo diverse cose da fare, alle 8:30 siamo in strada, accompagno Flavia in zone che conosco perfettamente. Ci concediamo il lusso di fare colazione a Le Flamboyant, il migliore hotel di Casamance, 2200 cfa a testa per un tavolo bordo piscina nel giardino interno con palme e buganvillee.
Rinforzati, ci dirigiamo alla biglietteria marittima dove ho la grande sorpresa di sapere che La Wilis è stata mandata in pensione, oggi la Aline Sitoe Diatta è una più grande e moderna motonave made in Germany. Volevamo una cabina due posti (30500 cfa a persona stranieri), esaurite, sarà ottima quella a quattro posti per 28500 cfa. Devo notare che il gap tariffario fra residenti e stranieri è molto diminuito. Quindi ricevuto 7000 cfa di resto a 100 euro per i due biglietti (1:645), ci dirigiamo alla CBAO, bigliettino stile fruttivendolo per la coda.
Ricordando lo sportello, mi dirigo dall’impiegato che vedo libero, chiedendo ingenuo “forse qui si può cambiare?!?” Strappiamo un si con gli occhi, in meno di cinque minuti abbiamo cambiato 50 euro a testa.
Quindi tutto procedendo senza intoppi, allegri torniamo a Casa Tina per fare i bagagli, un taxi con tariffa di 600 cfa ci porta alla gare routiere, dove con 4400 cfa per due, prendiamo i primi due posti del prossimo sept place per Kafountine.
Per ingannare l’attesa, con Flavia andiamo in un bel Pub appena fuori l’ingresso della gare routiere, giardino all’aperto con pergolato per bere qualcosa di fresco.
Riempito il sept place, partiamo, il tempo è magnifico e la strada accettabile fino a Dioloulou, ci gustiamo il paesaggio incantevole della Casamance, costellata di palme, mangrovie, alberi dalle foglie lucidissime; Flavia è felice ed ammira questa Africa sub sahariana che vede per la prima volta. Passata Dioloulou, la strada diventa una sconnessa pista di sabbia, la classica striscia di asfalto rimasta al centro, qui quasi del tutto rimossa!
In meno di tre ore siamo a destinazione. Il tassista alla gare routiere ci chiede 1500 cfa per un paio do chilometri.. ci incamminiamo, poco dopo con 500 cfa, una macchina sulla via ci porta a La Nature, e tutto è come “lo avevo lasciato” tre anni fa.
Didier, il francese è a Parigi, c’è ancora a gestire il Campament Matar, il ragazzo senegalese. Quest’anno ho in sorte il capanno “Casamance”, il “Roots Family” (2007) d’altronde quest’anno non sarebbe stato opportuno!
Flavia mi sembra proprio contenta della sistemazione, il posto è magnifico e dice che le piace proprio.
Preso possesso della camera, siamo in costume ed in un battibaleno sulla spiaggia per la prima vera tintarella. Nulla a che vedere con la spiaggia di Bakau, questa è molto bella, i soliti bovini a riposo; posiamo i teli mare di fronte il ristorante del Soko Batang Campament.
Poco dopo decido per il primo vero bagno nell’oceano, la temperatura dell’acqua è più che accettabile; con onde alte circa un metro e mezzo, riesco a surfare e giocare per oltre mezz’ora, prima di affaticarmi, esco per asciugarmi al sole. Flavia resta al mare, io percorro i 300 metri di distanza e rientro a La Nature, prendo una Gazelle non troppo fresca ed aggiorno lungamente il diario di viaggio che sono in ritardo.
Nel mentre, un ragazzo dell Staff mi comunica, con mille scuse, che il cuoco sta male per cui non ci potrà essere servita la cena come pattuito nella mezza pensione.
Nessun problema sono quasi contento, vorrei portare Flavia al Soko Batang a cena; la gestione è di Dominique, una francese sulla quarantina che con il suo ragazzo rasta porta avanti ogni lavoro. Mi propone il piatto del giorno, Yassa di pesce. Perfetto per le 20:00.
Al secondo piano della grande casa ad impluvium, quale è la main house della Nature, Flavia è ancora seduta di fronte la grande porta che da sull’oceano. Ce ne stiamo in silenzio a scrivere, beati dalla vista dei gabbiani in volo sulle piroghe in un cielo bellissimo quasi al tramonto.
Rientriamo in camera per cambiarci per la cena, la temperatura si abbassa la sera, poi le zanzare fanno capolino..
Puntuali siamo seduti al nostro tavolo, niente energia, solo le candele illuminano i due tavoli sotto una tettoia trecciata proprio bella da vedere, ci ripara da venticello che porta il mare. La yassa, fatta con il Lotte, pesce della famiglia del barracuda, è fatta da una Mama del paese, squisita.
Rientriamo in camera, ringraziando sentitamente per le cortesie e l’ospitalità.
Piccola digressione: mi permetto di consigliarvi questo posto, ha anche tre bungalow in muratura con bagno e doccia all’africana che affittano a corpo per 4500 cfa; La cena: yassa per due tonica acqua frutta per 4000 cfa, il Malibou non c’era. L’idilliaca romantica atmosfera beh, non ha prezzo!
Lavati i denti con la bottiglia fuori dalla camera, andiamo a dormire con ilsuono delle onde dell’Atlantico.
Kafountine 10.01.2010
Questa mattina il cielo è leggermente velato. Passiamo la mattinata tranquilli, ognuno per conto proprio; io scrivo, bevo un paio di Gazelle mi godo l’estate, Flavia gironzola fra la spiaggia e la main house de La Nature con il suo blocco degli appunti in mano.
Nel pomeriggio decidiamo di fare un giro in paese, prima passiamo da Dominique ad ordinare la cena per domani sera, chiediamo un barracuda di almeno un paio di chili! Chiediamo sia preparato senza alcun condimento, solo un filo d’olio d’oliva perché non si attacchi. Dominique capisce perfettamente cosa intendiamo, ha passato venti anni a Milano e parla perfettamente italiano.
Iniziamo a passeggiare verso il villaggio, ci fermiamo in un paio di botteghe per vedere quanto offerto. Per accompagnare il pesce, al market, compriamo una bottiglia di vino rosè appellation per 4700 cfa.. sì, voce del verbo trattarsi bene!
Ci beviamo una birra e una tonica seduti per terra, quindi andiamo a cercare i modellini di piroghe in un negozietto adocchiato ieri all’arrivo da Flavia, ne compriamo una piccola flotta!
Due grandi piroghe a testa, circa mezzo metro, poi Flavia trova una ciotola con cucchiai, legno buois de Ven, duro come il teak; io trovo anche un maialino di legno che regalerò ad Enzo e Luca del Maialotto, uno dei miei locali preferiti nel Borgo dove vivo.
Sul ritorno, breve sosta al Soko Batang per mettere in fresca il vino, quindi dopo la doccia è già pronta la nostra cena, tanto che vengono a chiamarci. Per primo insalata mista, da condire con una salsina da provare: succo di arancia, limone, olio e pezzettini di cipolla, sale e pepe q.b.. Main course spiedino di lot con riso e salsina calda di cipolle al pomodoro, buono!
Dopo cena con Flavia ci intratteniamo a parlare sotto la nostra veranda con Matar, ascoltiamo il suo racconto strappalacrime su misura per strappare qualche extra alla partenza.
Fatte le 22:00, caliamo la zanzariera sul letto ed andiamo a dormire felici.
Buonanotte!
Kafountine 11.01.2010
Alle sei della mattina, dopo un buon sonno di otto ore, sono troppo sveglio per restare a letto esco e siedo in veranda. Mi raggiunge Flavia, accendiamo una candela e restiamo a parlare fino all’alba, non fa nemmeno freddo.
Quando Flavia torna a dormire, io vado a vedere il ritorno delle piroghe dalla pesca, dove i pescatori i sembrano soddisfatti del lavoro fatto nella notte.
Ancora troppo presto per ogni cosa, raggiungo Flavia a letto; la sua voce felice mi sveglia alle 11:00, dice che una ragazza dello staff le farà delle treccine per farne una black beauty, nel mentre Matar mi informa che la mia colazione è ancora apparecchiata. Una baguette marmellata senza burro, vista l’ora, fino a cena sarà perfetta.. la giornata prosegue nel migliore dei modi!
Alex, il nostro vicino, è francese del sud, lavora in una centrale atomica ed in vacanza è molto relaxed, passiamo il tempo fra un petard e la musica di Bob Marley.
Flavia sembra sparita, non sa quanto tempo richiedano certe acconciature!
Stamani alle 11:30 è stata sequestrata dalla tipa della Nature ed ancora dopo oltre quattro ore deve riapparire.
Visto il dolce far niente, faccio uno sforzo di volontà per arrivare in paese al Credit Mutuelle, devo cambiare. Ci sono almeno 20 persone in fila davanti a me; appoggio sulla motta, la pila, il mio passaporto, prendendo così posto nella fila. Dall’altra parte della strada, il Relax Bar, mi sembra l’ideale per una Flag da 33.. Attese due ore, cambio a 1:642.
Torno a La Nature. Flavia dopo di me riappare provata dalla giornata dedicata esclusivamente all’acconciatura, è comunque serena e contenta, con le nuove treccine è bellissima!
Alle sette della sera, ci incamminiamo verso il paese, attendiamo ciondolanti l’ora della cena, dopo le 19:30 arriviamo al ristorantino sulla spiaggia dove Dominique, ci accoglie con un gran sorriso; ci invita in cucina a vedere il pesce.
Ha trovato un barracuda di un paio di kili! Ancora, una cernia di mezzo chilo sarà il rinforzo.. Magnifico.
Ci accomodiamo al nostro tavolo, due belle candele nuove, la temperatura è perfetta e l’atmosfera idilliaca rende tutto psichedelico.
L’attesa ci è allietata dal suono di una Kora, la meglio accordata mai sentita e suonata molto bene da un Toubab.
Dal Diario del 2007: “NOTA: TOUBAB. Toubab è la parola con la quale i senegalesi chiamano, non tanto i turisti, quanto le persone dalla pelle bianca.
Toubab significa altre sì la speranza di una elargizione, un bon bon, denaro, scarpe, abiti, qualche cosa.. I bambini con le loro vocine acute, ti chiamano da lontano. Negli adulti talvolta, nel modo di dire la parola, percepisco una punta di disprezzo, quasi di razzismo. Purtroppo i bianchi nella storia, (ed ancor oggi dopo la fine delle colonie per il petrolio), hanno solo preso, schiavizzato, stuprato ed ammazzato queste povere genti… sono io sulla loro terra in questo istante.. A quando una riconciliazione?”
Arriva il pesce, cominciamo la cena, siamo in Paradiso. Il rosè è ottimo ed alla perfetta temperatura. Tutto è perfetto.
Dominique, ha comprato una bottiglia di Malibou!
La cena costa in totale 14000 cfa.
Lavati i denti e messi i pigiami, siamo a letto pronti per milioni di sogni, mi addormento abbracciato alla mia compagna di viaggio.
Buonanotte..
Ziguinchor 12.01.2010
Sveglia alle 7:00. Optiamo per un’altra ora di sonno.
Ieri sera Matar ci ha portato del “doni”, a Flavia una piroga intagliata sormontata da due gabbiani ed una palma, a me una mascherina intagliata del 1986 e una tela dipinta.. Abbiamo avuto modo di fare una offerta.
Bevuto il nescafè, alle 10:30 taxi con 1000 cfa e siamo alla gare routiere, in 45 minuti il sept place si riempie.
In due ore e mezza siamo all’hotel Perroquet, dove ci hanno riservato una stanza al primo piano con vista sul fiume Casamance.
Privilegiati in Paradiso.
Dopo una doccia, con 500 cfa da tariffa, un taxi ci porta alla Alliance Franco Senegalese, dove Flavia resta a bocca aperta per la bellezza!
Effettivamente, conosco bene questo posto, anche io nel 2007 rimasi affascinato così come scrissi nel diario di quel viaggio, in internet del mio soggiorno a Ziguinchor..
“..certamente andrò a visitare la Alliance Franco-Senegalaise, la Lonely Planet dice essere una casa ad impluvium grandissima e spettacolare, assolutamente da vedere.
Effettivamente la costruzione della Alliance Franco-Senegalaise è straordinaria.
Pavimenti, pareti, soffitti, tetti ed ogni cosa sono finemente istoriati da decori tribali, caldi e geometrici. Direi una struttura culturale di eccellenza che non invidia i migliori atenei europei e che anzi, questi ultimi, sarebbero fieri di possedere tanta decorata organizzazione e modernità. L’Alliance è un luogo di multi culture, biblioteche ed aule studio per ragazzi e bambini. Un teatro all’aperto, un bar ristoro, il tutto in una architettura ad impluvium di grandissimo pregio etno-culturale.. mai visto in nessun luogo al mondo nulla di simile. Con gli occhi ristorati, esco e saluto con grande rispetto.”
Avevo proprio voglia di ritornare. Dopo questa visita, un altro taxi, ci porta con 1000 cfa all’ingresso del Parc Floral di Djibelor, dove passeggiamo leggeri fra i percorsi tracciati fra le piante, molte di queste hanno un cartello da orto botanico con nome anche in latino.
Ci avviciniamo alle vasche dell’allevamento dei coccodrilli del Nilo, regolarmente autorizzati, ne sfruttano i prodotti derivati.
La temperatura perfetta ci grazia, tanto che decidiamo di percorrere i circa quattro km al nostro hotel a piedi, propongo una sosta rinfrescante al Chez Vidal un bar a me caro, di strada a Colobane. Birra e tonica al solito, poi in breve tempo siamo a casa. Ci gustiamo il tramonto sul fiume, alle venti siamo seduti al ristorante dell’hotel, sotto la nostra camera, cena con pesce.
Dopo le 22:00 siamo in camera per dormire, restiamo a scherzare e prenderci in giro fino quasi mezzanotte!
A tutti sogni d’oro.
Buonanotte!
Ziguinchor 13.01.2010
Siamo svegli ed allegri prima della sveglia delle sette. Doccia e per me anche nescafè, un must appena sveglio andiamo a fare la nostra petite degeneur al Salon de the de Chez Fifì, fresca baguette con marmellata, caffè, the latte e cioccolata sono tutti in polvere.
Siamo pronti alla visita del Marchè San Maur!
Giriamo per il mercato, ordinato e pulito, per circa un paio d’ore, ci aggiriamo per i banche gustando quanto esposto; finalmente trovo la Pretty Queen, la crema che voglio portare alle colleghe di Ikea, per quante ne voglio il ragazzo di bottega deve andare a fare rifornimenti, ne prendo quattro confezioni da sei! Flavia ne prende cinque. Cremino nello zainetto (qualche kilo), stavolta per me, vorrei trovare i bicchieri di acciaio visti a Kafountine, dopo un paio di tentativi, grazie all’interessamento di uno dei tanti “amici” che si trovano per le vie, li trovo in un negozio ben fornito, pag 2500 cfa sei pezzi.
Con Flavia entriamo nel giardinetto dell’Hotel Le Belkay, adiacente al mercato, per le solite birra e tonica; le camere di questa guest house, con bagno esterno, sono semplici e carine per 5000 o 6000 cfa. Non male.
Voglio portare Flavia a pranzo al ristorante Le Erobon, piccolo ristorante sul fiume in fondo a Rue de Commerce, per la quale ci incamminiamo.
Facciamo una breve sosta per posare gli acquisti e recuperare i panni lasciati al loundry service, passeggiamo sino in fondo la via; mangiamo naturalmente pesce, atteso altre un’ora, dove Flavia di diverte con l’autoscatto fra i gazebo de Le Erobon.
Ormai siamo abbronzati, belli e con una grande intesa, su ciò che abbiamo fatto e quello ancora da fare.
I pesci, due belle carpe rosse, ottime con la tradizionale salsina del locale.
Sazi, subito dopo pranzo, sempre a piedi, ci dirigiamo al Mercato Artigianale, circa tre km da Le Erobon. Cose belle, artigianato artistico, ma non troviamo nulla di adatto ai regali che vogliamo fare, replichiamo quindi i giri della mattina al San Maur.
Siamo contenti, compriamo altri tessuti tradizionale, la cui richiesta iniziale è di 1000 cfa al metro, trattate! Oggi fa caldo, ci fermiamo a bere in un bar sulla via del ritorno.
In questi giorni si sta giocando la Coppa d’Africa, per cui ad ogni partita, tutti maschi e femmine, tutti sono incollati alle tv.
Anche in questo bar la partite è sulla tele.
Torniamo nuovamente carichi di nuove cose, e visto che lo avevamo promesso, abbiamo preso altre piroghine dalla signora della baracca souvenir fuori il Perroquet. Dopo una ottima doccia, andiamo a cena al ristorante dell’hotel Tourism, ormai rifatto dalla proprietà in comune con Le Flamboyant, a cena propone gli stessi prezzi e lo stesso menù. Ceniamo con calma.
Rientriamo in camera, ancora una doccia che questa volta facciamo per puro piacere, andiamo a dormire sereni senza troppe zanzare.
Buonanotte!
Aline Sitoe Diatta Boat 14.01.2010
Scrivo da bordo della nave, ormai alle 17:30. Da stamani abbiamo già fatto molte cose. Svegli senza sveglia alle sette, servo a letto a Flavia il nescafè, le piace proprio se lo scola!
Prendiamo la decisione di comprare altri tessuti colorati, il cotone, qualità Vax, è eccellente. Tornati al mercato giriamo e trattiamo, porto via una pezza da 12 metri per 9000 cfa, etnica, toni caldi. Bighelloniamo, troviamo una bottega vista ieri, Flavia prende un pezzo ancora. Quasi ad ora di pranzo un taxi con 500 cfa ci riporta in hotel, facciamo i bagagli con perizia. Passiamo all’ufficio postale per prendere i francobolli per le cartoline, ci accomodiamo per il pranzo a Le Mansha, bel ristorante che ben conosco in Rue Jelevier, dove non ho dubbi nell’ordinare spiedini di gamberoni con riso, anche Flavia segue il mio consiglio, visto che l’ovetto fritto che aveva in mente l’avrebbe fatta certamente pentire.
Difatti, i due piatti sono uno spettacolo anche alla vista, Flavia ci si tuffa e cosa per lei inusuale, quasi mangia con le mani (!) i gamberoni già sgusciati..
Che bontà! Che festa! Flavia è bellissima quanto è felice di questo cibo che ricorderà credo a lungo..
Dopo pranzo, imbarco sulla Aline Sitoe Diatta, eroina della storia senegalese degli anni trenta del novecento. Per proseguire il viaggio senza modificare le abitudini acquisite, decidiamo di metterci in lista per una cabina a due letti, ne abbiamo una da quattro. L’ultima disponibile ci viene assegnata. Ci trasferiamo noi e zaini pesanti, la nave è nuovissima ed abbiamo a disposizione anche un bagno con doccia ed acqua calda!
Dopo esserci ambientati saliamo sui ponti esterni, i delfini ci salutano con grandi salti, ci gustiamo fresche bevande al tramonto seduti per terra sulla lamiera dipinta di verde della nave.
Fattasi notte, andiamo a fare una visita al ristorante di bordo. Flavia sente parecchio il mare, nemmeno il travelgum le da sollievo.
Tenta di ordinare una insalata di cui mangia ben poco, io riesco a far fuori un pezzo di pollo con riso.
Dopo cena, oltre le 23:00, ci ritiriamo in cabina per la notte. Letto a castello, le onde dell’oceano sono la culla del nostro sonno. Buonanotte ad un altra giornata bellissima.
Dakar 15.01.2010
Questa mattina ci svegliamo poco dopo le sei, la nave ha già attraccato nel porto.
Ci beviamo un nescafè in camera, senza fretta per le sette siamo fuori dal porto, con 5000 cfa + 1000 di mancia, un taxi ci scarica di fronte l’hotel Ocean, a Yoff Village. Come detto Dakar è cara, paghiamo il tre stelle 25000 cfa per una grande camera, letto a tre piazze, bagno con vasca; l’armadio è nel bagno!
Preso possesso della stanza, per colazione porto Flavia all’hotel Cap Ouest, molto bello fronte oceano sempre a Yoff. Come da abitudine presa a Kafountine, torniamo in camera per un altro paio d’ore di sonno, quindi alle 11:30 ricaricati, ci avviamo all’escursione all’Isola di Goree. Con un Djana Djanè iniziamo il percorso verso il porto, ne cambiamo due; ad un paio di kilometri, verso Piazza Indipendenza scendiamo, un giovane studente si merita 500 cfa per accompagnarci sino all’imbarco. Lontana 3,5 km, impieghiamo meno di mezz’ora per la traversata.
Oggi è caldo, l’isola completamente pedonale, si presta per ottime passeggiate.
Ci incamminiamo verso il lato opposto dell’isola, un selciato in salita ci guida sotto un sole luminoso. Questa isola sembra sia popolata da molteplici artisti: decine e decine sono le tele dipinte in stile naif, che fanno bella mostra di se ai bordi della strada. La Ile de Goree ci appare molto bella, mediterranea.. le agavi mature mostrano i caratteristici fusti a pennacchio, ancora arbusti ed una macchia tipiche dell’Italia meridionale. Ci fermiamo sul bordo del promontorio a vedere brillare l’acqua smeraldo sotto di noi.
Visitiamo quindi la Chiesa di San Carlo Borromeo, del 1830. Proseguiamo per la celebre Casa degli Schiavi, antica di quattro secoli, è il punto focale dell’isola nonché il museo più visitati del Senegal. La giornata è magnifica, camminiamo fra le calli, l’architettura coloniale, i gialli e rossi pompeiani offrono il meglio di se alla luce del sole di pomeriggio. Emozioni africane in una giornata memorabile.
Beviamo qualcosa in un ristorantino non lontano dal porto, il nostro tavolo è sul bordo del mare, nel giardino un grande baobab. Giriamo ancora e dopo le 17:00 ancora digiuni, ci sediamo ad un tavolo del Koli Tenguella piccolo ristorante del porticciolo con i tavoli sulla sabbia.. Flavia prende una insalata di frutta io uno spiedino di Lotte con riso; Flavia si avventura verso il Forte, io scrivo il diario con gli occhi sul mare, fra una birra ed uno sguardo. Il prossimo barchino saliremo, siamo al tramonto e dobbiamo tornare a Yoff.
Alle 19:00 siamo sulla barca, all’imbrunire ci sediamo sotto coperta. Soliti 5000 cfa per l’Ocean. Flavia ha fame, ha mangiato solo frutta. Un minuscolo ristorante di un tavolo, che sembra una casa privata, a 200 m dall’hotel, ci offre pesce grigliato con le solite guarniture, seppur modesto prende 3500 cfa a testa.. Camminiamo lentamente verso la camera.
Messo il pigiama, facciamo il programma di domani. Compreso che in Africa “non sai quando parti e non sai quando arrivi” rinunciamo alla escursione a Saly, dovendo essere in aeroporto per le 20:00, optiamo per la visita al mercato di Dakar, vecchio oltre cento anni, antico del Paese. Decidiamo di non mettere la sveglia. Mi stringo a Flavia, dormo beato.
Dakar 16.01.2010
Oggi ultimo giorno di viaggio, anzi, ultime 12 ore. Flavia ancora dorme avvolta nel lenzuolo, abbiamo dormito molto bene su questo letto enorme.
Appena prima delle otto sono in piedi, nescafè e sigaretta, mi sveglio sotto un cielo ancora azzurro.
Dopo la doccia ed il caffè di Flavia, facciamo i bagagli con molta cura, dobbiamo tenere in vista del ritorno, i pochi abiti pesanti, quelli tenuti sempre in fondo perché mai serviti. Siamo verso la fine..
In hotel sono molto cortesi quindi disponibili a custodirci gli zaini fino a questa sera.
Liberata quindi la camera ci dirigiamo a piedi, verso la fermata degli Djana Djanè, facciamo la solita passeggiata dentro Yoff Village, paghiamo 150 cfa a testa i posti sul mezzo.
Scesi al mercato, adocchiamo nuovi tessuti da fare nostri. Flavia in evidente calo di zuccheri, ha bisogno di mangiare qualcosa; dividiamo un pane dolce al latte ed una baguette ancora calda. Buona colazione!
Prossimi alle 13:00 in un bar prendiamo una Flag ed una tonica; ristorati, torniamo al mercato per le ultime stoffe tradizionali. Fa proprio caldo. Dopo due ore di mercato, torniamo al baretto felici e spensierati.
Tra poche ore penso, saremo in aeroporto.
Restiamo all’ombra del bar oltre un’ora, Flavia controlla le foto (io questa volta ne ho fatte pochissime, non sempre ho avuto batterie cariche, poi lo spettacolo in questo viaggio, è stata la compagna di viaggio!), poi si posa sul tavolo e prende un leggero sonno. Torniamo, quindi con un Djana Djanè che, nonostante le diverse soste, in 60 minuti ci porta a Yoff.
Vogliamo andare a cena nella via parallela la nostra circa l’hotel, la notammo ieri sera causa piccolo errore del taxi, allegra e piena di genti. Trovata la strada, ne percorriamo il fondo sabbioso fino alla fine, con gran stupore, il mercato del pesce di Yoff, alle 18:30 le piroghe stanno rientrando e le signore sui loro banchi improvvisati, ci permettono di ammirare pesci grandi e freschissimi, ad avere ancora la griglia, regalata a Matar prima di lasciare La Nature..
Consumiamo la nostra ultima cena in un ristorantino popolare, cous cous con montone per me, pollo riso ed insalatina per Flavia, ci servono in tavola una bottiglia di acqua del rubinetto!
Torniamo a piedi all’Ocean per recuperare i bagagli, ci troviamo nel mezzo degli arrivi per un banchetto nuziale, ospiti in gran spolvero, i fotografi autorizzati paparazzano ogni invitato abbondantemente.
Con 2000 cfa un taxi ci porta all’aerostazione; Il settore delle partenza è nuovo di zecca, giallo habana. Fatti i rispettivi check in, la fila per i controlli passaporti dura oltre un’ora tanto che appena passati sotto gli scanner, non ho nemmeno il tempo di abbracciare Flavia, sono fra gli ultimi del mio imbarco; fortuna che a Madrid avremo un paio d’ore di tempo per un ultimo saluto. Salgo in aereo nervosetto, non sono riuscito a fumare nemmeno una sigaretta, resisterò..
Si vola!
Madrid 10.01.2010
Dopo la cena in aereo, prendo sonno per svegliarmi già in fase di atterraggio.
Passati tutti i controlli, appena acceso il telefono un sms di Flavia mi informa che per il notevole ritardo di tre ore, non riusciremo a vederci.
Mi viene una certa malinconia, dovremo terminare il viaggio ognuno per conto proprio, volevo abbracciare Flavia ancora, la migliore compagna di viaggio che abbia mai incontrato, inseparabili da due settimane a questa parte.
Il viaggio è stato perfetto sotto ogni punto di vista.
Scrivo le ultime righe poco prima delle sette, porterò nel cuore nel tempo questa Africa Occidentale.. E Flavia.
Bibliografia
The Gambia & Senegal – Lonely Planet 2007 English Edition
Finale
Mi è veramente difficile trovare le parole per concludere un viaggio perfetto, se non dicendo che perfetto è stato.
Il grazie più grande va a Flavia, milanesina paziente e complice di scorribande sub-sahariane che avevo sempre portato nelle intenzioni e che non avevo ancora realizzato.
A lei il mio affetto e riconoscenza più sinceri per essere stata esemplare nelle sua espementarietà.
Riuscita a rendermi quasi sempre opportuno, grazie per ogni momento vissuto insieme in pace ed amicizia, la metterò nella mia gerla ed anche lei idealmente porterò con me.
Porterò con me la parte di Africa che ho visitato, ogni persona che ha voluto rendere i rapporti difficili in nome del denaro, ogni cortesia ricevuta gratis.
Porterò con me le madri di quei figli ricevuti fra le braccia, accompagnati da parole come “portalo con te, avrà futuro sicuramente migliore”, la cosa più dolorosa staccarmeli.
L’esperienza è la vita che sedimenta; non è basso il fondo, ma grande il contenitore.
F a b r i z i o C a r b o g n i n