Brasile 2005
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Brasile 2005

Alberi, caipirinha… e il Fiume di Gennaio

(diario di viaggio in Brasile dal 2 al 20 novembre di CiPiaceViaggiare)

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Itinerario del viaggio in Brasile: Salvador de Bahia, Chapada Diamantina, Rio de Janeiro, Ilha Grande, Paraty

2 Novembre 2005: finalmente è arrivato il giorno della partenza per questo viaggio, a lungo desiderato, sognato e organizzato.
Questa volta abbiamo scelto il Brasile, e fin dall’inizio dell’estate ho cominciato a prendere informazioni su internet per scegliere un possibile itinerario.
Di molto aiuto nell’organizzazione è stata la Lonely Planet, abbastanza completa e dettagliata, utile soprattutto per scegliere le tappe del viaggio, piuttosto che per i vari “dove mangiare dove dormire cosa comprare”, quello preferisco di solito deciderlo io.
Dopo mesi di cambiamenti, ripensamenti e indecisioni, alla fine abbiamo scelto di fare 5 tappe, un solo volo interno e il resto in pullman.
Siamo, dicevo, al 2 novembre, in realtà ultimo giorno di lavoro, poiché il nostro volo parte da Fiumicino alle 19.30. Voliamo con Air France, via Parigi, e dopo un viaggio tranquillo ma stancante arriviamo a Rio de Janeiro più o meno puntuali verso le 8 del mattino.

3 novembre

All’arrivo a Rio, al controllo passaporti c’è una fila pazzesca, e il nostro volo per Salvador è dopo solo un’ora. Per fortuna un’impiegata gentile ci fa scavalcare la fila, ma ne troviamo un’altra al passaggio doganale, dobbiamo poi scapicollarci tra un terminal e l’altro dell’aeroporto. Trafelati facciamo il check-in pensando di essere gli ultimi, invece imbarcano comodamente dopo 40 minuti. Alla fine, dopo altre 2 ore di volo, arriveremo a Salvador (che d’ora in poi chiamerò semplicemente Bahia) alle 11, con mezz’ora di ritardo, tutto sommato bene.
Cambiamo un po’ di contanti all’aeroporto e poi via con un taxi verso la pousada che avevamo già contattato via internet, come le altre dove alloggeremo successivamente (le pousade sono la forma più comoda di ospitalità in Brasile, una sorta di pensioni, poche stanze e gestione familiare in genere).
Abbiamo scelto di soggiornare a Barra, un quartiere sul mare, distante dal centro, e si rivelerà una scelta ottima. La Pousada Azul è semplice e carina e le ragazze della reception sono molto gentili.
Lasciamo i bagagli, ci rinfreschiamo velocemente e ci avviamo verso la spiaggia (distante circa 100mt), praia di Porto da Barra, piuttosto affollata, soprattutto di gente del posto. L’acqua è pulitissima, sorprendente pensando che è una spiaggia di città.
È una giornata splendida, ci sono circa 28/30 gradi e l’aria è limpida e asciutta, mi sarei aspettata il tipico caldo umidissimo dei tropici, quindi ulteriore piacevole sorpresa (anche se amo pure il caldo umido!!).
In spiaggia ci sono venditori di qualsiasi cosa, da bibite più o meno alcoliche di tutti i tipi, a occhiali, porzioni di creme solari, spiedini di gamberi formaggio alla brace collanine parei e via dicendo (tra l’altro, qui non è come in Oriente, se vuoi qualcosa li devi chiamare altrimenti passano dritti). La gente sembra particolarmente vivace, se non praticano qualche sport stanno comunque in piedi a chiacchierare.
Dopo un paio d’ore in spiaggia andiamo a fare una passeggiata per il lungomare. C’è un bel panorama qui, siamo all’interno della Bahia de Todos os Santos, e a poche centinaia di metri il Farol da Barra segna il punto in cui finisce la baia e comincia la parte rivolta sull’oceano. Subito il mare diventa più mosso e soffia un vento discreto, a primo impatto sembra proprio un bel posto questa Bahia!
Cominciamo a sentire la stanchezza, tra una cosa e l’altra si sono fatte le cinque, ci fermiamo per un panino e un succo di frutta (il primo di una lunghissima serie, qui in Brasile i “sucos” sono veramente squisiti) e torniamo in albergo per un riposino. Usciremo di nuovo solo per la cena, e poi a dormire prestissimo, siamo distrutti!

4 novembre

Dopo un bel sonno e un’abbondante colazione siamo pronti per andare a visitare il Pelourinho, il centro storico di Bahia, patrimonio dell’UNESCO. Andiamo su (il centro si trova nella cidade alta) con l’autobus, e aspettandolo alla fermata vicino alla spiaggia, ci accorgiamo che molte persone di ogni età escono presto al mattino e vanno a farsi una nuotata, o anche corsetta e nuotata, per  poi tornare alle loro occupazioni giornaliere; mi piace questo rapporto naturale col mare e con lo sport, c’è da dire che il clima li favorisce in questo.
Pare che qui prendere l’autobus sia abbastanza pericoloso, dicono che ci sono frequenti assalti di rapinatori, ma a noi non è successo, né abbiamo mai avuto la sensazione di pericolosità. Comunque per evitare rischi abbiamo con noi solo la macchina fotografica usa-e-getta.
Arriviamo su a Praça da Sé e da lì comincia la nostra passeggiata nel Pelourinho. Il Terreiro de Jesus è una bella piazza spaziosa, ci si avvicinano delle baiane vestite da baiane (cioè, delle donne locali vestite con i costumi tradizionali) che sono lì per farsi fotografare a pagamento con i turisti, ma noi, con la nostra mentalità da Vecchia Europa, immediatamente pensiamo a quelli che stanno al Colosseo vestiti da gladiatori, e passiamo oltre.
Passiamo un po’ di tempo in giro per il quartiere, davvero molto bello, ristrutturato e ben tenuto, con le sue casette basse tutte colorate. Qualcuno dice che sembra un acquario, o una sorta di disneyland rispetto ai quartieri limitrofi. Io non sono d’accordo, sarà che ero partita un po’ scettica su questa città, e invece si sta rivelando molto meglio delle aspettative. C’è un’atmosfera molto particolare, forse il miscuglio di Africa ed Europa, non so.
Prendiamo l’Elevador Lacerda, l’ascensore che collega la città alta con la bassa, e scendiamo a cercare un autobus che ci porti alla Rodoviaria, la stazione dei pullman. Domani partiamo per la nostra seconda tappa e dobbiamo fare i biglietti.
Dall’autobus abbiamo modo di osservare gran parte della città, con degli scorci splendidi alternati alle immancabili favelas, che ricoprono praticamente tutte le colline di Salvador. C’è sempre un sacco di gente in giro per le strade, anche se mai ai livelli dell’Oriente. Uscendo dalla Rodoviaria cerchiamo invano un autobus che ci riporti vicino alla pousada, e dopo oltre mezzora di attesa decidiamo di prendere un taxi. Ci accordiamo col tassista perché ci venga a prendere il mattino dopo alle sei, il nostro pullman parte alle sette.
Torniamo di nuovo alla nostra spiaggetta, ormai ci siamo affezionati, aspettiamo quasi fino al tramonto rilassandoci e passeggiando un po’. Alla pousada ci accordiamo per lasciare il bagaglio grande da loro, andremo per tre giorni nell’interno dello stato di Bahia, e torneremo per un ultimo giorno a Salvador, questo ci permette di portarci solo un bagaglio leggero.
Andiamo a cena in un ristorante della zona trovato per caso, il Dolce Vita, sembra carino e in effetti si mangia molto bene.

5 novembre

Sveglia alle 5 e breve colazione, la ragazza del turno di notte ce l’ha gentilmente preparata,  alle 6 siamo in strada per l’appuntamento col tassista, ma quando dopo 10 minuti  (senza sorprenderci affatto) non lo vediamo arrivare, ne prendiamo un altro, la fermata dei taxi è proprio lì vicino. Di nuovo attraversiamo la città, che già a quell’ora del mattino è movimentatissima di gente che corre o cammina o va a nuotare, bella questa cosa!
Alle sette il pullman parte, destinazione Lençois, cittadina a circa 400km da Bahia, punto di partenza per le escursioni nella Chapada Diamantina, un parco nazionale di cui avevo letto sulla guida e che mi aveva ispirato.
Il viaggio è piuttosto lungo e stancante, 7 ore su una strada parecchio malconcia, considerando che è una statale importante. Attraversiamo il Sertao, una zona brulla e arida ma affascinante, dove passiamo decine e decine di chilometri senza incontrare anima viva. Ogni tanto ci fermiamo per far salire o scendere qualcuno che non capiamo da dove provenga o dove vada (non si scorgono centri abitati). A due ore dalla meta, facciamo sosta in un posto che è un misto tra un autogrill e una stazione, poca gente e un paio di pousade per camionisti, sembra il set di un film nel selvaggio west.
Arriviamo finalmente a Lençois un po’ stanchi verso le due, la pousada ha mandato a prenderci un ragazzo che ci fa fare un rapido giro del paese e ci accompagna alla pousada, poco fuori dal paese. Questa si rivela proprio un bel posto, i proprietari, Chris e Sandra, (lei brasiliana e lui svizzero), sono gentili e simpatici. Parliamo con loro dei nostri progetti di escursioni per i giorni seguenti, e loro ci aiutano ad organizzarci. Poi ci indicano una passeggiata che possiamo fare da soli partendo dal paese, e subito abbiamo un primo approccio con questo ambiente, dove fiumi, cascatelle e piscine naturali fanno da padrone. Torniamo in stanza al tramonto, la pousada è davvero molto bella, non economicissima per i prezzi brasiliani ma ne vale la pena, le stanze sono deliziose e immerse in un bellissimo giardino tropicale, la veranda con l’amaca poi è la ciliegina sulla torta.
Quando usciamo per la cena ormai è buio, un cielo immenso si apre sopra le nostre teste, è nerissimo e le stelle sembra quasi ti cadano addosso. E’ il cielo australe, non l’avevo mai visto, mi sento completamente in sintonia con la natura.
Ceniamo al Picanha na Praça, un ristorante specializzato in carne che fa delle porzioni gigantesche, e le bistecche sono davvero buone. Breve passeggiata per il paese, ci sono baretti con i tavoli per la strada e parecchia gente in giro, c’è un’atmosfera particolare, da queste parti ci sono un sacco di tipi che potrei definire “neo-hippies” o ex hippies, fricchettoni e vari altri alternativi, gente che immagineresti di trovare in India; ovunque si ascolta musica reggae, sembrano tutti molto rilassati.

6 novembre

A ripensarci ora, questa è stata forse la giornata più bella di tutto il viaggio.
A colazione con noi ci sono due signore newyorkesi sulla sessantina che sono qui a fare trekking, mi meraviglia trovare persone di quell’età così attive.
Verso le nove viene a prenderci il tipo dell’agenzia con cui faremo la prima escursione. Il nostro gruppo è composto da sette olandesi di mezza età e una coppia, lui spagnolo e lei di Sao Paulo. Con una vecchia jeep usciamo dal paese e poco dopo imbocchiamo una strada sterrata, dopo un’oretta arriviamo in un minuscolo centro abitato, Remanso, poche case un bar e una chiesetta, creato da ex schiavi quando fu abolita la schiavitù, che hanno vissuto di pesca fin quando fu istituito il parco nazionale e cominciò a prendere piede il turismo. Con le loro canoe di legno accompagnano i visitatori attraverso Marimbus, un insieme di canali e paludi lungo il Rio Santo Antonio. Chris ci aveva detto che questa escursione, pur bella, è poco richiesta dai turisti, e infatti, pur essendo domenica, durante tutta la giornata incontreremo solo un altro gruppo di 5 o 6 statunitensi, oltre a pochissimi abitanti della zona.
Con la canoa percorriamo questi canali, c’è una pace totale, solo il rumore della barca sull’acqua e il cinguettio degli uccelli. Il sole picchia forte, in un paio d’ore riusciamo a scottarci le spalle. Scendiamo su una spiaggia fluviale di sabbia bianca e dopo una camminata di qualche centinaio di metri tra spiaggia e foresta arriviamo ad un altro fiume, il Rio Roncador, che scende giù dalle colline più in alto e qui forma una specie di lago, è un paesaggio suggestivo. Dopo un bagno ci raduniamo col resto del gruppo e cominciamo a risalire il corso del fiume arrampicandoci sulle rocce. Queste formano lungo il corso del fiume una serie di pozze, piscine naturali, grotte e cascatelle dove di volta in volta ci fermiamo a fare il bagno, fino ad arrivare in cima dove una cascata poco più alta forma un altro laghetto.
È un posto bellissimo, e ci sentiamo totalmente immersi nella natura e così distanti da tutto, mi vengono in mente i nostri problemi di europei, le paranoie del terrorismo, le polemiche tra gli schieramenti politici, il traffico di Roma, mi rendo conto che stando qui tutto il resto del mondo potrebbe tranquillamente non esistere.
Verso le quattro prendiamo un altro sentiero nel bosco e dopo una mezz’ora facciamo ritorno alla jeep. Il ritorno a Lençois lo faremo sull’antica strada dei minatori, praticamente un sentiero in mezzo alle rocce, in alcuni punti sembra quasi un miracolo che la jeep possa farcela, ma comunque torniamo a Lençois dopo circa un’ora e mezza, sani e salvi, un po’ distrutti ma soprattutto molto felici e appagati da questa giornata. A cena di nuovo al Picanha na Praça e poi a dormire.

7 novembre

Oggi seconda escursione e ultimo giorno in questo bellissimo posto. Andiamo con un’agenzia diversa da quella di ieri e siamo un gruppo di circa dieci persone.
Partiamo verso le nove, prima tappa il Rio Mucugezinho, che raggiungiamo scendendo per un sentiero nelle rocce, cominciamo bene pure oggi! Il fiume forma una specie di grande vasca con una cascata, il Poço do Diablo, dove facciamo un bagno e sostiamo un po’ prima di risalire sulla strada e andare verso la seconda tappa, la vallata dove si trova il Morro do Pai Inacio.
Ci troviamo su un altipiano con i monti dalla cima piatta, e ci arrampichiamo sulla cima del Morro, la salita è abbastanza faticosa ma il panorama dall’alto è veramente spettacolare. Intorno a noi c’è solo natura, niente case, niente automobili, una meraviglia.
Si prosegue poi verso la prossima sosta, alle grotte di Pratinha e Azul. Anche qui la natura ha dato il suo meglio, e mentre una parte del gruppo si ferma al ristorantino locale per mangiare, io e Marco andiamo a farci il bagno alla Gruta da Pratinha. Qui un fiume, uscendo da sotto una grotta, forma un piccolo bacino di acqua azzurra limpidissima, da cui poi riprende il suo corso nella campagna circostante. L’atmosfera è davvero bucolica, pochissimi turisti e alcuni locali bovari che lavorano con la mandria li accanto a noi. Il tempo è splendido e il sole, al solito, picchia fortissimo. Dopo un’oretta ci ritroviamo col gruppo per andare alla Gruta Azul, quella da cui parte il fiume che scorrendo sottoterra va poi a sbucare nella Pratinha. Come al solito scendiamo tra le rocce e raggiungiamo la base della grotta, dove il sole che filtra tra le rocce e gli alberi soprastanti crea dei bei giochi di luce. L’ultima tappa è un’altra grotta, Gruta da Lapa Doce, distante circa mezzora di auto. Percorriamo un bellissimo paesaggio di piantagioni di caffè e canna da zucchero, attraversiamo un paio di minuscoli centri abitati e arriviamo alla grotta.
Un ragazzino di 12-13 anni ci fa da guida all’interno della grotta, che si trova anch’essa in fondo ad un crepaccio dove scendiamo attraverso un sentiero nelle rocce. Quest’ultima grotta è sotterranea, con formazioni di stalattiti e stalagmiti non spettacolari ma sicuramente interessanti. All’interno è molto grande e c’è un buio pesto, solo la lanterna del ragazzino ci aiuta nel cammino. La percorriamo tutta (circa 900 metri) fino a scorgere in lontananza la luce dell’uscita.
Uscire dalla grotta è l’ultima grande avventura della giornata, perché in realtà l’uscita si è creata con una frana che ha aperto un passaggio, e quindi bisogna arrampicarsi sulle rocce franate fino al sentiero, anch’esso ripidissimo e roccioso. Ho temuto che un paio di signore di una certa età potessero non farcela, ma per fortuna siamo usciti tutti! La risalita è stata faticosissima, oltretutto dopo una giornata intera di arrampicate continue, ma una volta arrivati sullo sterrato soprastante abbiamo trovato un tramonto spettacolare, un panorama immenso sull’altopiano e le montagne circostanti che pian piano si tingevano di rosso.
Il ritorno a Lençois dura circa un’ora e mezza, sta facendo buio e mi addormento un po’ sul minibus.
Prima di cena ci rilassiamo un po’ alla pousada, poi a malincuore prepariamo i nostri bagagli, salutiamo Chris e Sandra e ci avviamo verso il ritorno. Cena semplice e poi al bar della piazza a berci qualche birra in attesa della partenza del pullman. Abbiamo scelto di ritornare a Salvador col notturno, che parte da Lençois alle 23.30.

8 novembre

Dopo un viaggio piuttosto tranquillo, sicuramente meno stancante dell’andata, abbiamo anche dormito parecchio, arriviamo a Salvador verso le sei di mattina. Per fortuna la camera alla pousada è già disponibile, tra l’altro ce ne danno una silenziosa stavolta, così riusciamo a farci un paio d’ore di sonno prima di colazione.
Oggi la giornata è dedicata al mare, andremo a Praia do Flamengo, un poco fuori città e circa un’ora di autobus da dove stiamo noi. La spiaggia è stupenda, una lunghissima distesa di sabbia e palme quasi deserta, l’acqua dell’oceano è piuttosto pulita e poco mossa, ci sono alcuni chioschi lungo la spiaggia, affittiamo un ombrellone e due lettini (oggi senza ombrellone sarebbe impossibile, con questo sole) e passiamo il tempo in ozio, tra un succo di frutta e l’altro, per la modica spesa, ombrellone lettini tavolo con sedie e 4 spremute di frutta doppie, di circa 7 euro e mezzo!
A metà pomeriggio torniamo a Barra e andiamo a goderci un ultimo splendido tramonto sulla Baia di Tutti i Santi.
È martedì, e come ogni martedì sera il Pelourinho è in festa, cioè sul Terreiro de Jesus e nelle stradine intorno vengono allestiti numerosi chioschi dove preparano bibite e cocktails vari, c’è un palco con la musica e danzatori di capoeira. Decidiamo quindi di passare questa nostra ultima sera a Bahia proprio al Pelourinho. Ceniamo in un ristorante sulla piazza “ao kilo”, cioè dove si paga un prezzo fisso al chilo e si sceglie da un buffet ciò che si vuole (sono molto diffusi in Brasile) e poi andiamo a sederci ad un chiosco, è pieno di gente e c’è una bella atmosfera, e ad un certo punto, sarà la musica struggente alla chitarra, i bambini che corrono tra i tavoli, i danzatori di capoeira, i turisti che bevono caipirinha, noi che beviamo caipirinha, è come se tutte queste sensazioni mi penetrassero attraverso i pori della pelle, e mi emoziono… è forse questa la saudade??
Ma si è fatto tardi e torniamo in albergo, non prima di esserci goduti un altro po’ di panorama dal lungomare di Barra. Ci dispiace molto lasciare questi magnifici posti, ma ci consola sapere che abbiamo ancora più di metà viaggio davanti a noi.

9 novembre

Colazione, autobus, aeroporto…e finalmente Rio!
Arriviamo verso le due del pomeriggio, e dopo una breve contrattazione con i tassisti ci facciamo portare in albergo, il Copacabana Sol, un tre stelle a un paio di isolati dalla spiaggia. Il tempo qui a Rio è ancora brutto, e la temperatura decisamente più bassa che a Bahia, ci dispiace un po’ ma non ci impedisce di apprezzare appieno questa città.
Lasciati rapidamente i bagagli in albergo, usciamo subito a vedere questa famosa Avenida Atlantica, il lungomare di Copacabana.
Abituata al lungomare di Ostia, questo al confronto mi sembra un Raccordo Anulare, 3 corsie per senso di marcia con un marciapiede largo al centro e sui lati. Il bello è che sul marciapiede lato mare c’è anche un’ampia pista ciclabile e il marciapiede finisce direttamente sulla spiaggia. Mi rendo conto che per chi, come me, vive in un quartiere di mare, con le spiagge quasi completamente a pagamento e il cemento che nasconde la visuale, questa città è l’essenza vera della città di spiaggia. Facciamo queste riflessioni mentre passeggiando percorriamo un paio di chilometri. La sola Copacabana è lunga circa 4km, e il nostro albergo è più o meno a metà, questo per dare l’idea di quanta strada a piedi faremo nei prossimi giorni.
Il lungomare è quasi deserto, spiaggia vuota e poca gente ai chioschi, d’altronde è bassa stagione e brutto tempo. Al ritorno percorriamo la parallela interna, Avenida Nossa Senhora de Copacabana, un’altra strada larga molto vivace e piena di negozi. Torniamo in albergo già un po’ stanchi, usciamo per la cena, abbiamo scelto per stasera il Moncique, una churrasqueria rodizio, cioè a prezzo fisso, dove oltre a un buon buffet passano continuamente i camerieri con gli spiedi di carne appena arrostita. E’ buono e ha un prezzo contenuto. Ci fermiamo in un baretto per una birra e poi a dormire.

10 novembre

Piove. Uno dei portieri dell’albergo, giovane e molto gentile, ci indica i mezzi per raggiungere il Centro. Scopriamo esserci la metro proprio a poche centinaia di metri dall’albergo. Raggiungiamo il centro e ci incamminiamo per visitarlo. Ovviamente non ci si può immaginare un centro storico tipo città europea, però è una bella zona. Qualche edificio antico e poi un reticolo di strade minuscole, con le casette basse e mercatini dappertutto. È buffo vedere in vendita, in una città tropicale, gli addobbi natalizi.
Quando la pioggia si fa troppo forte, ci fermiamo a pranzo e riprendiamo i mezzi per tornare nella nostra zona, proseguiamo fino ad Ipanema e ci fermiamo a passeggio lì.
Naturalmente anche la spiaggia di Ipanema è deserta, ma il quartiere qui è proprio ben curato e ordinato, direi anche un po’ più bello di Copacabana.
Tornando indietro, a piedi, attraversiamo l’Arpoador, un promontorio roccioso che divide le due spiagge e i due quartieri, una zona frequentata da surfisti per via delle onde forti. Sempre passeggiando torniamo in albergo. La sera andiamo a cena al Siqueira Grill, un ristorante “ao kilo” un po’ più caro degli altri ma veramente molto buono. Troviamo anche una birreria carina per il dopocena.

11 novembre

Stamattina il tempo è ancora brutto, decidiamo di andare a vedere il famoso Maracanà, ci si arriva comodamente con la metro. La zona dove si trova non sembra essere sicurissima, infatti ci sono poliziotti ogni poche decine di metri. Comunque la visita è interessante, soprattutto per chi è appassionato di calcio. Poi ritorniamo in centro, dove c’è una piccola stazione per il vecchio tram che porta su al quartiere di Santa Teresa, molto particolare e diverso dalle altre zone della città, sembra un angolo di vecchia Europa.
L’idea sarebbe di scendere e visitarlo a piedi, ma ricomincia a piovere e quindi facciamo tutto il giro col tram e torniamo indietro.
Tornati poi a Copacabana ce ne andiamo in giro per un po’ di acquisti e regalini vari. Passeggiando per Rio ci rendiamo conto che, nonostante sia una metropoli strapiena di gente e caotica, con un traffico abbastanza disordinato, la  gente sembra molto tranquilla e rilassata, non si sentono suonare clacson e non si vedono scene di traffico isterico come siamo abituati a Roma.
Ceniamo all’Aipo Aipim, un altro ristorante a chilo sulla Avenida N.S. de Copacabana, e solita birretta prima del rientro.

12 novembre

Il tempo sembra leggermente migliorato, abbiamo deciso di andare sul Corcovado, il colle dove sorge la statua del Cristo Redentore. Chiediamo ad uno dei portieri come arrivarci, e ci lasciamo convincere a prendere un’escursione organizzata. Sinceramente non mi ha soddisfatto molto, il minibus ha fatto il giro di un sacco di alberghi per prendere altra gente, e dopo un’ora che eravamo in giro finalmente si sono decisi a portarci su, anche la guida in effetti non era granché, sembrava stare lì per forza e faceva battute scontate che probabilmente ripete tutti i giorni ai gruppi che accompagna. Comunque la visita è stata interessante, per salire al Corcovado si passa attraverso la foresta da Tijuca, che è un pezzo di foresta vergine nel cuore della città, davvero bella. Poi su in cima il panorama è strepitoso, e la statua sembra davvero abbracciare la città, come a volerla proteggere da tutti i suoi guai. Ci sono parecchi turisti ma per fortuna non c’è la ressa.
Mentre aspettiamo che il minibus torni a prenderci, ci rendiamo conto che l’escursione comprende anche il giro del resto della città, non lo avevamo capito. Diciamo alla guida che vogliamo tornare in albergo, perché il resto della città lo abbiamo già visto nei giorni precedenti, lui sembra seccato, dice che è compreso nel prezzo della gita, ma a noi non interessa, d’altronde abbiamo aspettato che il minibus andasse a prendere tutti gli altri in albergo, ora saranno loro a perdere qualche minuto per riaccompagnare noi. Un po’ contrariato ci riporta a Copacabana.
Andiamo in spiaggia, anche se il tempo volge di nuovo al brutto; dopo un paio d’ore ci rimettiamo a passeggiare. La sera ceniamo in un ristorante carino di cui non ricordo il nome, poi andiamo a prendere una caipirinha in uno dei chioschi sul lungomare. Restiamo un po’ a vedere la gente (poca) che passeggia, e poi nanna.

13 novembre

Finalmente oggi è una giornata splendida! Ci siamo tenuti per ultima la visita al Pan di Zucchero, proprio sperando nella bella giornata. Le varie guide consigliano di andarci al tramonto, e noi naturalmente ci andiamo di buon mattino. Facciamo colazione presto e prendiamo l’autobus che da Copa porta ad Urca, il quartiere dove c’è il Pan di Zucchero.
È domenica, c’è ancora pochissima gente in giro, e il quartiere di Urca sembra molto carino, con strade pulite ed edifici signorili. In un piazzale che dà sulla spiaggia c’è l’ingresso alla teleferica che porta su. In realtà le teleferiche sono due, una da terra sale al Morro da Urca, e un’altra da lì alla sommità del Pan di Zucchero. Nella cabina della teleferica siamo appena sette-otto persone a salire, i primi della giornata, e arrivati in cima possiamo girare con tutta calma. I bar e i negozi di souvenir sono ancora tutti chiusi, insomma c’è una pace… e possiamo goderci lo spettacolo in tutta la sua bellezza. Si, perché il panorama della città da quassù è davvero qualcosa di eccezionale, sembra davvero la città più bella del mondo (anche se, sulla “città più bella del mondo” sono molto campanilista!). E inoltre è l’unico posto in cui ci si può rendere conto della stranissima topografia di questa città, fatta di insenature e spiagge con i quartieri alle spalle, e montagne verdi che dividono un quartiere dall’altro, il tutto in una baia immensa. Ci sediamo un po’ a goderci il panorama, scattiamo una marea di foto e torniamo giù, mentre pian piano cominciano a salire frotte di turisti.
Il resto della giornata è, finalmente, dedicato alla spiaggia. Essendo domenica e bel tempo, migliaia di persone si sono riversate sulla spiaggia, inoltre c’è mezzo lungomare chiuso a isola pedonale, quindi si aggiungono altre migliaia di persone che passeggiano, corrono e gironzolano. È tutta un’esplosione di vita, chi corre, chi gioca a beach-volley, chi semplicemente chiacchiera con gli amici. Sulla spiaggia passano decine di venditori di qualsiasi cosa, ma anche qui non vengono a proporre le loro merci, chi è interessato deve fermarli. Insomma, oggi Rio si rivela nella sua vera essenza.
Passiamo un paio d’ore a Copacabana, poi decidiamo di spostarci sulla spiaggia di Ipanema. Dopo la solita bella camminata ci fermiamo anche a Ipanema un paio d’ore, qui sembra ancora più affollato. Peccato che l’acqua del mare sia gelata.
Facciamo una pausa-succo di frutta con relativa passeggiata, poi torniamo in spiaggia decisi a rimanere fino al tramonto (a Ipanema si vede il tramonto sul mare), ma verso le cinque mi rendo conto di aver preso troppo sole e non mi va di restare fino a tardi.
Di nuovo in cammino fino all’albergo, cambio di scarpe (mettiamo quelle comode) e ancora una volta torniamo a piedi verso Ipanema. Ci fermiamo sugli scogli dell’Arpoador, ci sono decine di persone sedute in attesa del tramonto, è una situazione particolare, un po’ stile anni ’70, Woodstock o cose simili. È molto suggestivo.
Quando alla fine ritorniamo in albergo, sono stremata, credo che oggi avremo fatto almeno 15/16 km a piedi!
La sera per cercare un ristorante faccio veramente fatica a camminare, alla fine troviamo un posto che pare una rosticceria, ha un’ottima bistecca ma il posto è niente di che. Concludiamo la nostra ultima serata a Rio gustando una caipirinha sul lungomare.

14 novembre

Siamo di nuovo in partenza. Dopo un’ultima passeggiata sull’Avenida Atlantica ci avviamo verso la Rodoviaria. Alle 11.30 abbiamo il pullman per Angra dos Reis, cittadina sulla costa a sud di Rio, circa 150km, da dove ci imbarcheremo sul traghetto per Ilha Grande, un’isola di fronte alla costa.
Col pullman percorriamo questa parte dello stato di Rio che è davvero bella, la Costa Verde, montagne ricoperte di foresta che digradano sul mare, dove si formano decine di insenature e baie costellate da piccole isole. Il viaggio è tranquillo e puntuale, e alle 15.30 prendiamo il traghetto. La traversata dura circa un’ora e mezza, e quando arriviamo ci sono decine di persone in attesa di prendere il traghetto al ritorno.
Il fatto è che siamo nel bel mezzo di un ponte, e l’isola è affollatissima. Fortuna che lo avevo scoperto al momento di prenotare la pousada, e avevo dovuto contattare praticamente tutte quelle dell’isola per trovare posto. Ma già qualcuno sta ripartendo. L’unico centro abitato dell’isola si chiama Vila do Abrao, un paesino delizioso con poche strade acciottolate e il resto di sabbia. L’isola è sotto tutela ambientale, quindi protetta. Non ci sono veicoli sull’intera isola, tranne un’auto della polizia e una dei vigili del fuoco. Inoltre l’isola è ricoperta di foresta, l’unico modo per raggiungere le numerosissime spiagge è avventurarsi a fare trekking sui sentieri (ben segnalati) o prendere dei passaggi in barca. È tardo pomeriggio, posiamo i bagagli alla pousada O’Pescador, una di quelle di fronte al mare, carina e semplice, gestita da una famiglia di tedeschi, prendiamo qualche informazione su dove andare nei prossimi giorni e facciamo un breve giro del paese, poi andiamo a cena.
Dopo cena ci fermiamo a bere qualcosa al bar della piazza, pieno di gente e da dove si assiste a tutto il passeggio lungo le due stradine principali del paese. La maggior parte del turismo qui è locale, gente proveniente dagli stati di Rio e San Paolo.
Andiamo a dormire con lo sciabordio delle onde per sottofondo…

15 novembre

Oggi abbiamo deciso di andare a vedere una spiaggia distante alcuni chilometri (circa 7) dal paese, andremo a piedi lungo il sentiero e al ritorno prenderemo la barca.  Dopo un’abbondante e buona colazione, e dopo aver fatto i biglietti per la barca, ci mettiamo subito in marcia. Avevo letto che il sentiero era in mezzo alla foresta, quello che non avevo capito è che il percorso è tutto in salita e discesa! Comincia subito con una salita piuttosto lunga e abbastanza ripida da levare il fiato, menomale che siamo allenati, comunque è bellissimo camminare in mezzo a questa natura quasi incontaminata, e ci rendiamo conto che sono pochissimi coloro che fanno questo percorso a piedi.
Dopo circa un’ora e mezza arriviamo su una prima spiaggia, ci fermiamo per un bagno e riprendere un po’ fiato.  C’è un piccolo campeggio alle spalle della spiaggia, che è frequentata da molti ragazzi e ragazze. C’è anche un bar dove ci fermiamo per un succo di noce di cocco, prima di riprendere il cammino. Camminiamo per quasi un’ora prima di giungere ad un’altra spiaggia, che non è ancora la nostra destinazione. Però scopriamo che le barche approdano e ripartono da qui. L’ultimo tratto per arrivare all’altra spiaggia devono farlo tutti a piedi. Ancora 1.5km circa e arriviamo, sbuchiamo dal bosco e siamo davvero felici di aver fatto questa faticata!
La spiaggia è stupenda, si chiama Lopes Mendes, è una striscia di sabbia candida lunga alcuni chilometri, non ci sono case né capanne né chioschi, nessun tipo di edificio, non un centimetro cubo di cemento, non ci sono imbarcazioni, c’è solo la gente che ha voglia di arrivare fin lì. Alcuni gruppi di giovani giocano a beach volley, il resto della gente passeggia o prende il sole. La spiaggia è talmente lunga che non ci sono problemi di sovraffollamento, ognuno trova il proprio spazio tranquillo. Anche il mare qui è limpido e trasparente, è il più pulito che ho visto in questo viaggio. La sabbia è quella finissima che scricchiola: siamo estasiati, e anche un po’ stanchi, ci mettiamo a sonnecchiare sotto un albero, il sole picchia ferocemente.
Alle cinque parte l’ultima barca, così quando si fa l’ora ci rimettiamo in cammino per andare a prenderla.
Tornati in paese, prenotiamo l’escursione per il giorno successivo e ci prepariamo per la cena. Dopo cena passeggiata e consueta birra, poi a dormire.

16 novembre

Oggi abbiamo prenotato un’escursione con una delle tante barche per i turisti. Per prima cosa andiamo alla Lagoa Azul, un’insenatura con un bel fondale e acqua cristallina, ci fermiamo un’oretta per il bagno e poi ripartiamo per una spiaggetta da cui raggiungeremo una minuscola chiesa, Freguesia de Santana, dove si formò il primo nucleo abitato dell’isola; ci fermiamo un po’ su un’altra spiaggia dove la barca torna a prenderci per portarci su una terza spiaggia, su cui sono costruiti dei ristorantini. Alcuni si fermano a pranzare, noi ne approfittiamo per un sonnellino sotto gli alberi.
Riprendiamo il mare per rientrare in paese, quando arriviamo è ancora presto, le 16.30 circa, quindi a piedi raggiungiamo una spiaggia vicina al paese dove ci fermiamo fin quasi al tramonto. Ci sono le rovine di un edificio che fu prigione e poi lazzaretto, è alquanto cupo. La passeggiata in mezzo alla vegetazione però è davvero piacevole.
A cena ci fermiamo al ristorante della nostra pousada, pare che sia uno dei migliori dell’isola. Ci fanno aspettare un’eternità, però ne valeva davvero la pena! Anche il conto risulterà essere il più alto di tutto il viaggio.

17 novembre

Ancora in viaggio. Di buon mattino prendiamo la barca per tornare ad Angra dos Reis, dove prendiamo il pullman per Paraty. In realtà questo è un vero e proprio autobus di linea, ma è l’unico mezzo che collega le due località. Dopo circa 100km e un paio d’ore di viaggio arriviamo a Paraty, una cittadina deliziosa a pochi chilometri dal confine con lo stato di Sao Paulo. Il nostro albergo è a circa un quarto d’ora a piedi dalla Rodoviaria, si chiama Hotel Varandas de Paraty ed è davvero carino.  Usciamo subito a passeggiare per la città, che è un piccolo centro quasi interamente rimasto in stile coloniale, il centro storico è chiuso al traffico, e lungo le vie acciottolate è un susseguirsi di negozi e ristoranti. La città si affaccia su una bellissima baia piena di isole, e le strade vicine al mare si allagano quando c’è alta marea. Il tempo è bruttino, così ne approfittiamo per passare il pomeriggio a girare praticamente tutta la città.
A cena andiamo in un posto che avevo visto su internet e che è menzionato anche sulla LP, il Sabor da Terra. Voglio segnalarlo perché, pur essendo carino e pulito, e anche economico, si mangia veramente male.
Decidiamo di consolarci con una caipirinha in un locale che da fuori ci ispira. In effetti è proprio bello, il Margarida Cafè, c’è un sacco di gente e suonano un’ottima musica dal vivo. Bisogna anche dire che le bevande costano praticamente il doppio che negli altri posti, ma usano bicchieri più grandi!
Alla fine, dopo due caipirinhe a testa che sono praticamente quattro, ci fanno pagare anche la musica e ci arriva un conto salatissimo!

18 novembre

Mi sveglio la mattina con un gran mal di testa, la cachaça ha fatto effetto.
Decido di restare a dormire mentre Marco va in spiaggia. Verso mezzogiorno lo raggiungo, la passeggiata mi fa bene, rimaniamo ancora un po’ in spiaggia, è vicina alla città e il mare qui è un po’ torbido. Però si sta bene, il tempo non è bello e in spiaggia non c’è praticamente nessuno. Passeggiamo un po’ nei dintorni e arriviamo alla vecchia fortezza, dall’alto c’è un bel panorama della baia. Prima di cena ci riposiamo un po’ in albergo, e dopo cena passeggiamo ancora per le stradine del centro storico. Questa città è molto tranquilla, si sta bene, e la gente sembra particolarmente gentile.

19 novembre

È il nostro ultimo giorno qui: abbiamo prenotato un’escursione a Trindade, una località a circa 30km da Paraty, una spiaggia con un villaggio di pescatori. Andiamo con un minibus, siamo una decina di persone di varie nazionalità. Ci fermiamo su una prima spiaggia molto bella, poi raggiungiamo il villaggio dei pescatori che sorge direttamente sulla spiaggia. Anche qui troviamo una nutrita comunità di surfisti, neo-hippies e alternativi vari. In una mezzora di trekking nella vegetazione raggiungiamo un altro posto chiamato piscine naturali, perché qui gli scogli formano una vera e propria piscina interna, il posto è molto bello anche se un po’ affollato. Decidiamo di fermarci un po’ qui mentre gli altri tornano a Trindade, abbiamo appuntamento col resto del gruppo alle quattro. Il ritorno lo facciamo via mare, ci sono delle piccole lance che fanno la spola tra la spiaggia e le piscine.
Tornati a Paraty, neanche il tempo di scendere dal minibus che arriva un acquazzone. Per fortuna dura poco, e ci consente di fare gli ultimi giri per acquisti e regalini.
Ceniamo al Sabor do Mar, un buon ristorante di pesce, carino, non particolarmente costoso e con un ottimo servizio. Di nuovo, giusto il tempo di mettere piede nel ristorante che si scatena un altro acquazzone. Per fortuna alla fine della cena ha smesso di piovere, e ancora una volta passeggiamo per le stradine del paese. Le strade acciottolate con la pioggia diventano particolarmente scivolose, camminarci sopra è parecchio complicato.
Andiamo a dormire presto, domani sarà una giornata stancante.

20 novembre

Appena svegli ultimiamo le valigie, e dopo un’ottima e abbondante colazione ci andiamo a rilassare un po’ alla piscina della pousada. Il tempo è ancora bello, ma non promette nulla di buono. Verso le 11 ci avviamo alla stazione dei pullman, fortuna che la strada è poca perché nel frattempo ricomincia a piovere. Il pullman per Rio parte alle 11.30, durante tutto il tragitto piove sempre, ma questo non ci impedisce di ammirare ancora una volta il magnifico paesaggio della Costa Verde.
Arriviamo a Rio alle 15.30 circa, ancora piove. Ci fermiamo ad aspettare l’autobus per l’aeroporto, altre persone sono lì ad aspettarlo. Dopo quasi un’ora che attendiamo, si avvicina un tassista che si offre di portare noi ed un’altra coppia all’aereporto per un prezzo forfettario, accettiamo e non so come lui riesce a far entrare tutti i bagagli nell’auto.
Ci mettiamo a chiacchierare con la coppia, sono brasiliani di Belo Horizonte, lui ci racconta di avere origini italiane, è simpatico, poi si mettono a chiacchierare col tassista (non so se ho già detto che i brasiliani parlano sempre moltissimo). Arriviamo all’aeroporto e loro sono ancora lì che parlano tranquillamente, noi dovremmo fare il check-in!
Scendiamo dal taxi e ci salutiamo, resto molto colpita perché il ragazzo nel salutarci ci dice qualcosa come “Dio vi accompagni”, con una spontaneità e un calore che noi useremmo solo con un parente stretto o un caro amico.
È l’ultimo bell’episodio che chiude questa giornata, tutto il resto è viaggio di ritorno…

Considerazioni

Il Brasile è bellissimo. Leggendo qua e là ho scoperto che nella classifica dei paesi turistici è molto lontano dalle prime posizioni e me ne sono chiesta il motivo.
Credo che all’estero si ha un’immagine di questo paese un po’ fuorviante. Il Brasile è considerato quasi esclusivamente un paese pericolosissimo e adatto solo per il turismo sessuale. È innegabile, il turismo sessuale c’è, e ci sono alcuni luoghi effettivamente molto pericolosi, ma c’è anche, e soprattutto, molto, molto altro.
La natura è qualcosa di spettacolare, gli spazi immensi.
Non pretendo di aver conosciuto il Brasile in poco più di 15 giorni, ma l’idea che me ne sono fatta è di un posto che vale veramente la pena visitare, e tornarci più di una volta.
Mi ha colpito molto il calore e la spontaneità delle persone, quasi sempre molto gentili (non tutti, è ovvio). Con questo non voglio cadere nella retorica del “noi che abbiamo tutto non siamo mai contenti mentre loro non hanno nulla e sono felici”. Non so se sono felici, di sicuro hanno molti buoni motivi per essere incazzati. Nemmeno si può dire che non hanno nulla. Non è un paese del terzo mondo, è occidente, con tutti i guai che questo comporta, droga, prostituzione, miseria ed emarginazione. Ci sono enormi differenze tra le classi sociali più agiate e quelle più povere, e ci sono situazioni di degrado totale. Credo che la loro voglia di allegria e spensieratezza sia soprattutto un modo per sopravvivere alla meno peggio ai gravi problemi che hanno, oltre ad un calore umano spontaneo e probabilmente innato.
Comunque, fin dal primo momento ci siamo sentiti perfettamente a nostro agio, come se avessimo sempre vissuto lì. Immagino che altre persone che sono state in Brasile, e anche in altri paesi dell’America Latina, abbiano provato questa sensazione, è come tornare a casa…

Alloggi:
Salvador: pousada Azul
Lençois: pousada Vila Serrano
Rio: Hotel Copacabana Sol
Ilha Grande: pousada O’Pescador
Paraty: Hotel Varandas de Paraty


Ultimo aggiornamento 29 Settembre 2024 da cipiaceviaggiare


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