Casamance in solitario con cuore di cristallo
(diario di viaggio dall’1 al 18 febbraio di Fabrizio Carbognin)
Itinerario: Dakar, Cap Skirring, Kafountine, Ziguinchor, Dakar
Introduzione:
Le pagine che seguono sono il resoconto fedele di diciotto giorni straordinari, trascorsi in Senegal nel febbraio 2007.
Quanto scritto è tutto realmente accaduto. Quanto realmente accaduto non è, comprensibilmente, del tutto scritto ma, spero il lettore voglia concedermi uno spazio di riservatezza nella memoria, per quanto vissuto, per quanto fatto, per quanto provato, in questa fase di cambiamenti nel mio vivere quotidiano.
Mi auguro che la lettura di questo diario di viaggio lungo e dettagliato, possa essere utile sia per la pianificazione di un viaggio, sia per capire e riflettere su tante diversità immotivate, tante speculazioni, tanta povertà.
Sarò lieto di ricevere i vostri commenti e le vostre opinioni, così come nel limite del possibile, di rispondere ad eventuale vostra posta
Vi esorto a vivere sempre con consapevolezza, rispetto, coscienza, amore.
A tutti con amicizia.
Fabrizio
01.02.07 Venezia
Aeroporto Marco Polo, ore 17,00 circa. Questa mattina, come avendo provato già la scena, ho terminato tutte le operazioni pre-partenza in perfetto orario. Mi sento pronto psicologicamente, ad affrontare questo viaggio in solitario; la forma fisica è solo al 60%, causa fastidioso raffreddore tenuto giù a pasticche e fortunatamente non sfociato in piena influenza. Parto solo, con l’intenzione di essere un povero fra i poveri, ma con la volontà di avere cuore ed occhi di cristallo, per avere il massimo rispetto di tutti sempre e per avere sempre la dignità di non sentire il bisogno di più di quanto già non possiedo.
La prenotazione via internet per biglietto elettronico funziona proprio bene. Al banco dell’Alitalia la mia prenotazione era inserita e mi sono visto consegnare immediatamente i biglietti per l’imbarco, per il momento quelli della sola andata. (forse vogliono non torni..!) Ieri al volo, sono riuscito a fare anche il vaccino contro la febbre gialla, così ho anche il certificato internazionale. Sarà che non mi sento per niente in forma, ma il pensiero della mia vita attuale, delle pagine voltate per non essere più lette, le porte chiuse dietro me da non più riaprire, mi tiene impegnato il cervello nonostante domani a quest’ora sarò in Casamance. Parto per un viaggio anche dentro me. Penso alle mille situazioni vissute, ai volti, all’amore dato e quello ricevuto, alle persone che, per loro o mia scelta probabilmente dal mio ritorno, non vedrò più. I pochi saluti li ho fatti. Che il Dio dei viaggiatori e la mia santa zia Alcimeda veglino sempre su di me. Tra breve inizieranno i “salti” con gli aerei, il primo è il più breve sino Milano Malpensa, poi da li fino a Dakar e se tutto andrà come deciso, il terzo sarà da Dakar a Ziguinchor. Fuori c’è nebbia, il viaggio è iniziato. Come sempre Inshallà. Alle 9,30 della sera sono sul volo Alitalia per Dakar. Decollo ottimo. Tra breve serviranno la cena.
02.02.07 Dakar
Volo eccezionale! Sei ore filate ottimamente pure resistendo all’impulso di fumare senza nemmeno troppo sforzo. Arrivati prendo il mio bagaglio, uno degli ultimi, e pimpante mi dirigo all’ufficio della Air Senegal International … “Avviso: i voli per Ziguinchor sono sospesi”. Punto. Minchia!! è appena cominciato il giorno ed il prossimo volo per Cap Skirring disponibile partirà alle 22,00… Un giorno intero d’attesa, perso, anche volendo prendere il Wilis, il traghetto per il sud che parte cinque ore prima ma ci mette 15 ore… Avevo il volo teoricamente fra quattro ore… Ora alle 3,50 della notte mi trovo in un ristorante dell’aeroporto a Dakar, poco fa ho cambiato 150 euro al cambio ufficiale di 1:656 con commissione del 2%, sto bevendo una Castel Bier pagata 1800 CFA e devo ancora ricevere il resto di 200 del biglietto da 2000 che ho dato al cassiere… Il vero problema sarà riuscire a far passare il tempo. Alle linee aeree quando prenderò il biglietto per Cap, intendo chiedere la cortesia di prenotarmi pure una camera presso un qualche Campament a Cap. Al momento mi alleggerisco portando lo zaino al deposito bagagli, una stanzina che odora di chiuso che affaccia su uno stretto corridoio. Questo contrattempo rompe alquanto. … All’alba delle 8,30, la luce ha preso il cielo e ci sono fuori circa 21 gradi umidicci. La cancellazione dei voli per Ziguinchor mi sembra abbia generato problemi in tutto il Senegal. Per superare ogni incertezza acquisto un ticket, ultimo rimasto, in business class, per 68.800 CFA e chiedo di prenotarmi una camera per due notti all’Auberge de la Paix, vicino il centro di Cap Skirring. In questa occasione ho testato la cortesia del personale delle linee aeree senegalesi, unitamente alla loro flemma talvolta disarmante. L’imbarco sarà alle 20,00. Bevo un caffè espresso che pago 1000 CFA (circa 1,3 euro ndr); beh la tazzina è quella del Lavazza Blue, il caffè, lunghissimo fino all’orlo (forse per cortesia o forse perché la tazzina si riempie sino a che c’è spazio), paragonato ad esempio a quello tunisino fatto nei bar, mi sembra comunque buono. Oggi a Yoff, l’ottimo quartiere-villaggio a nord di Dakar in zona aeroporto, il cielo è coperto, l’oceano se la ride con onde alte circa un metro. Ora, alle dieci della mattina, sono seduto al Cap Ouest restorant, sto gustando una fresca Flag Special, che trovo ottima.. (anche le sigarette Exellence sono proprio buone e costano 400 CFA a pacchetto, circa 75 cent) in qualche modo devo far passare le ore sino a stasera.. Quasi mezzogiorno, faccio una pausa dal girovagare e mi siedo in un locale molto pulito, il personale sta lavando e pulendo tutto meticolosamente, dove, tenendo conto che son partito digiuno e nello stomaco ho il modesto catering dell’Alitalia, ordino crocchette al pesce, una insalata ed un’altra birra Flag… La giovane e carina cameriera, parla solo francese ed è un casino, io parlo solo l’inglese … spero vada meglio in Gambia! Sono certo di avere bisogno di nutrirmi anche se non sento grandi stimoli, eh, anche questa volta l’adrenalina, considerata anche la notte in bianco, fa la sua grandissima parte! Ho comprato una Sim Card senegalese dell’operatore Alizé, ho spedito un messaggio a mia madre la quale ha prontamente risposto, tutto funziona egregiamente… Le crocchette di pesce (molto buone) sembrano dei proto-bastoncini di merluzzo, certamente fatte a mano, una diversa dall’altra; la salad, con lattuga, cetrioli e mezzo ravanello con una grattugiatina di carote, mi è stata servita condita allo yogurt. La Flag oramai ha superato il test, inizio ad essere curioso della birra La Gazelle, l’altra faccia della moneta in termini di birre senegalesi. La cameriera carina mi ha fatto raggiungere dal titolare del locale: un belga sulla quarantina il quale, dopo avere trascorso gli ultimi 15 anni in Nigeria, è da tre anni giunto a Dakar… ha messo tutto in vendita, vuole scappare perché “qui provano a fregarti SEMPRE”… La saletta a pianta ottagonale che è proprio ben curata, dove ho pranzato assolutamente da solo, con musica soft caraibica in sottofondo, mi ha allietato il primo pranzo. Capisco lo stile della gestione belga, credo che con il conto tutto sarà definitivamente chiaro! Infatti, 8000 cfa sono una enormità, diciamo un conto belga! Devo ancora prendere le misure sui prezzi, sulle cose da fare e quelle no. Voglio arrivare quanto prima a Cap Skirring!! Tanto lo so, all’inizio quando arrivo in un posto nuovo, pago sempre una certa mancanza di pratica (non ultimi i 100 euro di passaggio aereo), poi mi faccio furbo… Dopo pranzo riprendo il mio girovagare, deve arrivare sera…
“NOTA: La Plastica. Signore e signori, mi sento di affermare che ci stiamo sommergendo di bottiglie e sacchetti neri. Sono proprio i sacchetti ad avere la meglio: sono di una plastica leggerissima, se la sfiori con la fiamma di un accendino, si ritira sino a scomparire… Penso sia anche del tipo adatta al volo. Tanto è leggera, un soffio di vento fa si che i famosi sacchetti vadano a finire sui rami degli alberi, fra gli arbusti, fra i cespugli secchi (sembra indigena, ricordiamo che siamo in Africa sub-sahariana). Le bottiglie non volano ma scricchiolano sotto le scarpe affiorando dalla sabbia delle strade non asfaltate (che sono la stragrande maggioranza). Mi viene in mente lo spot dove i rifiuti vanno a finire nella culla del bambino…”
“NOTA: PIAGGIO. Riflessione allegra: dove sono finiti i magnifici motorini Bravo, Sì e Ciao, prodotti dalla mitica Piaggio? Qui in Senegal! Il 90% delle due ruote sotto i 100 cc sono modelli di Pontedera… Come noi un tempo, ne sono tutti pienamente soddisfatti… forse faranno fatica ad accettare i nuovi scooter fatti quasi esclusivamente di plastica, hehe!”
Quante cose sceme sto scrivendo! Non c’è nulla di più lento del tempo da fare passare non avendo nulla da fare. Contemporaneamente mi sto ambientando; sto prendendo le misure nei confronti di chi mi ferma per qualsiasi motivo; sto altresì verificando l’assimilazione e la tenuta da parte del mio apparato digerente, ma in questo ambito sino ad oggi non ho avuto mai problemi… La birra la tollero bene (!), mi sembra anche i proto-bastoncini di pesce, per ora anche la salad cruda! La musica proviene da ogni dove, calda, con un bel “tiro”, un misto fra reggae e Youssou N’Dour… promette bene, spero di avere occasione di suonare un djembè, saltasse fuori una chitarra acustica poi… “NOTA: AEROPORTO. Nel mio modesto peregrinare, oramai, di aeroporti ne ho visti.. Questo, il Leopold Singhor di Dakar, considerata l’importanza, nel suo genere è UNICO. Ne parlo poiché, purtroppo, ci sto trascorrendo bene o male le prime venti ore in terra di Senegal. Fattostà che questo posto vive come di vita propria. Aperto 24 h, ci vivono dentro decine di persone. E dico vivono. Dormono, mangiano, alimentano le speranze di guadagnarsi il pane per la sopravvivenza. I meno lo fanno in modo regolare. Per l’ottima sorte ricevuta, e spero non solo, esiste una muta grande solidarietà fra questi e tutti gli altri che non hanno il badge. Procacciatori ed impiegati si palleggiano i clienti, pardon, viaggiatori, con la maestria di Borg e Panatta. Qualsiasi cosa ti serva, arriva, forse ancora prima che a Napoli… alle 3 della notte ho cambiato valuta a tasso ufficiale. Alle 5 della mattina ho comprato una Sim nuova per il mobile. Poi qualsiasi cosa, taxi, cibo, abiti, consigli. Qualsiasi cosa per il business. Come a Cuba, solo che qui cercano di farti fesso e non vendono la propria dignità. A Cuba si comprano le persone vive, famiglie intere in vendita, volendo da possedere anche carnalmente (c’è chi pensa Cuba esista per questo..) ma questa è un’altra storia. Al Leopold Singhor tutto è a metà fra il nuovo e lo sgarrupato. Pitture murali che si scrostano sul soffitto e pareti tirate a nuovo. Resta comunque una stazione di modeste dimensioni. Pavimenti con i buchi e bar con prezzi da Caffè Pedrocchi. Forse questo luogo è uno specchio del Senegal. Forse manca proprio la Casamance. Per non parlare di quello che accade fuori, giorno e notte un pullulare di camion, taxi, motorini, mendici, bambini in età scolare, motorette… I turisti si confondono in questo mare, quasi sono la minoranza. Poi, nonostante la Guardia Nazionale agli ingressi, chiunque è libero di entrare ed uscire a proprio comodo, non serve ticket. Proprio perché per essere intercontinentale è piccolo, questo sicuramente contribuisce al casino. Non parlo dei lavori in corso, dentro e fuori; impalcature arrugginite e… la spaccanapoli dei viaggiatori d’aereo in Senegal.”
Intanto si sono fatte le 18,00, il cielo verso le 14,00 si è aperto con un sole forte che sicuramente ha colorato un po’ la mia testa lucida. Stringo i denti e proseguo paziente la mia attesa. Provato, verso le 19,30 vado a riscattare lo zaino al deposito bagagli, dove dovrei avere i 750 cfa giusti e contati, il resto è una opzione molto spesso (!); pagato, mi dirigo carico alle partenze domestiche. Espletata l’accettazione in trenta minuti, ricomincia l’attesa per l’imbarco. Oggi tutto è in ritardo. Un’ora dopo il previsto prendo posto sull’aeromobile e decolliamo alle 23,00. Visto che sono stato costretto ad acquistare un ticket in business class, mi godo il volo spaparanzato in poltrona, che reclinati sedile e poggiapiedi sembra un letto che quasi predo sonno per la comodità, o forse per la mancanza di sonno arretrato.. (ora capisco perché non riesco mai dormire in economy!). L’arrivo a Cap Skirring di notte è spettacolare: la luna piena illumina la baia a sua volta segnalata dalle luci colorate dei 100 club all’aperto; la manovra da davanti sembra un videogioco.. virata stretta in territorio Guineano ed atterraggio duro (fin troppo!). L’aeroporto ha una sola pista e vabbè talvolta è normale, ma scendere dall’aereo e camminare a piedi sulla pista (per quanto poco) sino la stazione mi era successo solo a Santiago di Cuba e sull’Isola di Sao Vicente. La consegna dei bagagli avviene sotto un pergolato, sopra un tavolo a rulli… Grandi!! Un taxi mi porta in 10 min a l’Auberge de la Paix, dove mi stanno attendendo. Camera pulita con bagno… Mega doccia fredda ma corroborantissima. Buonanotte Click.
03.02.07 Cap Skirring
Stanotte, nonostante la melatonina, credo per la troppa stanchezza, ho avuto un sonno un po’ agitato. Mi sono dovuto pure coprire un po’, provvidenziale la copertina verde presa in prestito all’Alitalia. Ora sono a fare colazione nella sala ristorante, con le finestre senza infissi puntate sull’oceano. Fuori, verdi palme, alberi di jacaranda, buganvillee coloratissime… Alle 12,30 sono di ritorno alla Guest House (di seguito GH) dopo due esperienze nuove. La migliore al mercato del villaggio. Certamente affermo che siamo in ciò che comunemente chiamiamo in occidente terzo mondo. Forse qui non si muore di fame; verdure, frutta e pesce non mancano ma, di tutti i mercati visitati (chi mi conosce e chi ha letto i miei precedenti diari di viaggio conosce questa mia passione) questo è certamente il meno allegro. Persone che son certo genuine, purtroppo, affaticato dal giorno a Dakar, sono molto condizionato da una possibile richiesta di denaro, anche dopo sole due parole… Ad occhio il Senegal mi costerà almeno il doppio del viaggio in India. Anche se tutto sembra povero, le botteghe dei sarti, degli intagliatori di souvenir, ecc, sono numerose ed ordinate. La grande povertà resta… Dopo il mercato, vado alla CBAO (Compagnie Bancaire de l’Afrique Occidentale) a cambiare 50 euro. Dopo un’attesa di oltre mezzora, mi rifiutano il cambio a causa del passaporto, ne hanno una passione, vogliono solo l’originale io ne ho una fotocopia con me. Esco imprecando in silenzio. Proverò a cambiare a “La Pailotte” complesso ricettivo di lusso in prossimità della mia GH. Nemmeno a “La Pailotte” mi è stato possibile cambiare, manca il direttore con la chiave, la boutique è chiusa… Sotto un sole caustico, sempre a piedi, di dirigo nuovamente in paese (ad occhio due chilometri) dove stavolta la banca è chiusa. Quasi bestemmio. Quasi. Fermo un francese, chiedo lumi, mi indica una bottega dove si cambia.. Ci accordiamo per 1:645 e finalmente cambio quasi meglio che in banca. Ora potrò pagare la GH e stare un po’ più tranquillo. Sto pensando di addentrarmi in Casamance, voglio cercare dei pezzi per la mia collezione di ceramiche ad Edioungou, sulla Lonely Planet (di seguito anche LP), in questo paese si fabbricano le une terrecotte con un senso culturale, con gusci di conchiglia sbriciolati aggiunti all’impasto di argilla… Una specie di Vietri sul Mare del Senegal. A pensarci è nuovamente ora di pranzo, sono digiuno da ieri, manco a dirlo non sento fame come dovrei… Salgo al Bar “Le Bolongs”, in centro al villaggio, oggi la cucina è chiusa… Ripiego su una bottiglia di Flag, ricordandomi quanti carboidrati contiene la birra, un vero alimento. In ogni caso, inizio ad ambientarmi, di dissenteria del viaggiatore, lo spauracchio, nemmeno l’ombra, il rapporto con gli altri lo misuro tramite la distanza, in diminuzione, che metto fra me e la gente. Ho fame, voglio fare un test alla LP, entro a “Le Salima” che per la guida è il più economico di tutti. Non voglio dire per la pubblicazione con la quale mi sono presentato, ma sono stato accolto con genuina simpatia. Accetto la prima proposta, il piatto del giorno, la “Thiebou Dienè”, che anche piatto nazionale. Sia carne, pesce, riso o quant’altro, i piatto del giorno viene preparato la mattina in quantità, viene servito celermente ma, tra il tiepido ed il freddo; i piatti da preparare richiedono anche un’ora di attesa. La Thiebou Dienè è piccante e speziata, molto sostanziosa anzi, diciamo pesante per essere digerita. Il piatto è a base di riso, il più piccolo come dimensione da me mai visto; vengo a sapere una specialità prodotta non so dove proprio per la Casamance. Sopra e dentro il riso, pezzi di pesce stufato, una mezza patata divenuta lessa e dolce, altre verdure. Questo piccolo ristorantino mi ha fatto un’ottima impressione, peccato per la presenza della televisione accesa, ma, il 25 del mese in Senegal si vota per il Presidente e l’argomento infervora i cittadini da nord a sud. Attendendo il conto mi dico che magari a pranzo qui torno. Ho preso anche una birra La Gazelle, il conto torna: totale 1500 cfa dove 1000 sono per la birra. Finalmente… Rifocillato torno a La Paix (i soliti due km), stamani sono uscito senza cappellino, ho il cranio che bolle. Per oggi basta sole. In camera la testa mi scoppia. Ho bisogno di rinfrescarmi, mi rado accuratamente una barba ormai lunga e faccio una doccia fredda che sento farmi bene. Appena asciutto, mi stendo nudo nella penombra. Mando a mia madre un sms che è preoccupata sapendomi solo… mi risponde: a Padova nebbione e solo tre gradi… Avrei voglia di scrivere anche alla ma amica di Vicenza, oggi è sabato, ha i giri con sua madre e poi l’uscita con le amiche, le romperei le balle e basta… Riposato, mi siedo con gran pace, i pensieri vagano anche a chi, in Italia, non vedrò e nei miei racconti non nominerò più. Il dado è tratto, il libro chiuso. Scrivo il diario, confondo i miei occhi con il bagliore dell’acqua. Domani voglio fare il bagno nell’oceano, attenderò un orario in cui il sole sarà meno potente, stanotte la testa mi pulserà sicuramente. Una ragazza che lavora alla GH, Mounass, mi dice che è rossa come il suo vestito, che è quasi nero… Capisco di esserle simpatico e ridiamo di fronte la nostra palese difficoltà nel comunicare, io niente francese, lei niente inglese! Nel mentre, due new entry, due nuovi personaggi si affacciano alla sala principale della GH. Francesi, sono due amici sulla mezza età, artisti pittori che vivono a Mont Martre, chiaramente a Parigi. Trovano l’atmosfera molto rilassata, decidono di fermarsi. Sono due tipi molto simpatici. Jaques e Luc. Luc, poiché suo nonno era comasco, senza alcun snobismo parla italiano (!). Sono felice di avere trovato un interprete. Iniziamo la reciproca conoscenza, per loro non è la prima volta in Senegal, credo nemmeno l’ultima. Attendiamo l’ora di cena conversando piacevolmente. La cena è ottima: antipasto con uovo all’occhio di bue e portata principale con pesce intero, patate e verdure. Mandarino taglia arancia per frutta. Al nostro tavolo cena anche Mounass. Stasera due appuntamenti a scelta: musica dal vivo in un locale o elezione della miss in un altro. Luc dice che sono ottime opzioni entrambe. Mounass vorrebbe portarci a vedere le Miss Assuma. devo suscitarle viva simpatia, mi chiede di aiutarla a scegliere l’abito per l’uscita serale. Mi chiede di seguirla nella sua camera, senza bagno. Stende sul letto tre top, due paia di jeans, due minigonne, due tanga. Decido io. Fermandomi sulla porta al mio gesto di uscire, si cambia di fronte a me, nella penombra della candela accesa. Poi con maestria tutta femminile, si mette creme, trucchi, profumi e collane. Le donne italiane sono tutto l’opposto. Vogliono rivelarsi solo a preparativi terminati. I due francesi optano per la musica dal vivo, sono molto stanchi, il locale è a solo cinque minuti a piedi dalla GH. Andiamo con loro. Il locale è molto colorato, in Italia farebbe gran bella figura fra i circoli ARCI. Sul palco, attrezzatura obsoleta e minimale, sono pronti gli strumenti; la band inizia la musica e salgo sul palco inventandomi delle parole sulla loro melodia di riscaldamento.. Tutti sorridono e applaudono divertiti! Inizia il concerto vero e proprio, il locale tarda a riempirsi, la band ne approfitta per trovare il giusto groove. Per un colpo di fortuna e per l’interessamento di Mounass, salta fuori anche dell’erba da mescolare al tabacco… Siamo tutti stanchi, verso mezzanotte torniamo alla GH. Buonanotte. Click.
04.02.07 Cap Skirring
Sarà per la stanchezza arretrata, per la melatonina o la serata col petardo, stanotte ho finalmente dormito un sonno pesante. Alle nove, ancora rintronato, vado a fare colazione. D’incanto si riforma il quartetto della sera prima. Nescafé (l’unico caffè sempre disponibile, questo è prodotto della vicina Costa d’Avorio) ed anche io, contrariamente le mie malsane abitudini, mastico una mezza baguette con burro e marmellata. Oggi è domenica, il giorno in cui Mounass va in visita alla famiglia a casa, a Djembering, una ventina di km verso nord, sempre sulla costa. Mi invita ad andare con lei. Una occasione unica, una esperienza da fare assolutamente, vivere una giornata ospite in una famiglia senegalese, senza l’odiosa dinamica turista-venditore. Chiaramente accetto. Passato in camera a prendere dei soldi e lavarmi, ci incamminiamo. Un suo amico ci fa da taxi. Facciamo una sosta in paese, Mounass vuole compare cose per la famiglia. Creme e prodotti di bellezza, saponi vari.. noleggia anche un DVD per i bambini, dice. Con la macchina quindi prendiamo la strada per Djembering, una strada asfaltata piena di buche che ti costringe a zigzagare, è peggio di una pista di sabbia. Tanto è, la distanza è breve. Pago la corsa, 5000 CFA. Arrivati a casa, tutti felici di vederla, tutti mi saltano con grande cordialità. Distribuisco subito dei Chupa Chups ai bambini (ne ho portati oltre due kili in totale per questo viaggio) quindi subito usciamo per una passeggiata nella savana, fra giganteschi alberi “formaggeri” e giovani baobab, di ridotte dimensioni (per esser baobab!)… Il sole è violento, sono quasi ustionato da ieri, rientriamo passando per una pozza d’acqua con delle belle ninfee dentro. Mounass ne beve l’acqua, dice che lei può. Torniamo dentro casa. Una abitazione con pavimenti in cemento, muri di mattoni, tetto in legno e lamiera. Grande, composta di diversi ambienti. Vedo un impianto elettrico, manca l’acqua corrente. Televisione Samsung e DVD Sony. Si carica il film, quello della bambola assassina, poco adatto ai bambini, ne conto diciotto sotto i sette anni… La più piccola ha tre mesi, davanti a me ragazze la allattano a turno, soprattutto quando piange… La allatta anche chi non ha latte, per tenerla tranquilla… Sembra che i piccoli non nascano dalle donne ma dalla terra stessa, come le piante, gli animali, ciò che si vede tutto intorno… Tutto ora mi è chiaro e normale. Io sono qui da sempre; vedo le persone, la pelle è nera ma è un dettaglio: non vedo il colore, solo le persone stesse in se stesse, la grande luce negli occhi. Mentre scorre il film, fuori in giardino sulla nuda terra, dove ha spazio la cucina, il fuoco sulla sabbia due mattoni per alari, sopra le pentole, il pranzo è in preparazione. Anche oggi Thiebou Dienè. Il pranzo è una agape, sono da poco passate le 13,30. Si mangia per terra, con il cucchiaio, dallo stesso piatto, a gruppi. A me è riservato l’onore di pranzare con il capofamiglia, Mounass ed un bimbo. Pietanza squisita, eccezionalmente buona e molto più leggera rispetto quella di ieri al ristorante. Dopo pranzo la grande casa torna a riempirsi di bambini, noi prevediamo di partire per fare ritorno alla GH per metà pomeriggio. L’arrivo ti tanti nuovi bimbi fa replicare la visione del film. Alle 16,30 ci incamminiamo verso il centro di Djembering, che non ha strade asfaltate. Un villaggio di persone e bambini bellissime e sorridenti. La cooperativa femminile, dove sono fabbricate bambole di stoffa in abiti tradizionali è aperta ed ammiro i prodotti, per pudore non scatto nemmeno una foto… Case grandi e ben squadrate, muri di blocchi di argilla, tetti in foglie di palme. Una sensazione di pace e serenità mi pervade. Mounass è visibilmente contenta. Quasi mi esibisce, mi presenta alle persone, spiega che non capisco e parlo francese. “Lui è italiano”. Taxi per il ritorno. Siamo tre dietro, sono tre davanti ed un ragazzo è seduto fuori su cofano posteriore di questa Citroen 5 posti che i tempi migliori li ha persi chissà quanti anni fa… Arrivati a Cap Skirring, Mounass non finisce di stupirmi: conosce tutto e tutti. Mi sento grandemente privilegiato. Mi offre la possibilità di vedere posti altrimenti preclusi a chiunque non sia accompagnato, introdotto. Appena fuori la via principale entriamo tramite uno stretto passaggio, in una minuscola “corte”, come si chiamano in Veneto, case a quadrato con il cortile nell’interno, al centro un pozzo dal quale si leva acqua trasparente. Una madre lava la sua bimbetta recalcitrante in una tinozza di plastica nera. Dopo la visita, Mounass trova una macchina che per pochi cfa ci riporta alla GH. Lei deve riprendere il lavoro. Ceno molto piacevolmente con Jaques, Luc ed Annic, signora francese, vedova, che viaggia sola. Stasera niente uscita a Cap, a nanna presto. Buonanotte. Click.
05.02.07 Cap Skirring
Mi sveglio tardi. Solo alle 10,00 passate vado a fare colazione. Anche se tardi, trovo accomodati ancora Luc, Jaques e nel mentre arriva Annic. Visto il bel quartetto, mi viene di lanciare una proposta per la giornata. Dico che si potrebbe affittare un’auto per fare un’escursione ad Ossuoye ed Ediongou, informo circa l’unicità delle terrecotte tradizionali che li si producono. Chi pensava già alla spiaggia, chi non aveva ancora deciso che fare, tutti accettano con entusiasta curiosità ed ottime intenzioni. Scrivo ed è già sera. Giornata eccezionale! Dopo avere deciso di muoverci, ci incamminiamo verso Cap, prendiamo al volo un taxi che è contento di prenderci 200 cfa a testa sino la CBAO dove tutti dobbiamo cambiare. L’attesa si prevede alquanto lunga… Con Luc, preziosissimo interprete, andiamo a cercare un’auto con autista per l’uscita. Da 40,000 ci accordiamo per 26,000 cfa fino a fine giornata. Autista rasta, Peugeot 406 azzurrino che ad occhio durerà sicuramente sino a fine escursione. Lo chauffeur ci aspetta almeno 40 minuti fuori dalla banca. Oramai alle 13,30 dopo che tutti abbiamo cambiato, partiamo con la convinzione che vivremo una buona nuova esperienza. La strada asfaltata ben presto diviene una pista di sabbia, la pista di terra battuta ben presto diventa un pericolosissimo cantiere stradale africano, transitarvi mi fa un certo effetto, viste le norme di sicurezza che son lieto di seguire nella mia azienda di oggi, Ikea. Ai lati della pista, nei momenti in cui la polvere cala, sono paludi di mangrovie e palme, l’acqua ovunque della Casamance rende tutto verdissimo, e siamo nella stagione secca… Sulla strada cantiere si incrociano pochissime auto ma piuttosto i camion dei lavori (finanziati dalla Comunità Europea) che stracarichi di sabbia ondeggiano e si inclinano procedendo fra i cambi di corsia e di quota del fondo stradale per il rifacimento della Cap Skirring- Ziguinchor. Arriviamo comunque ad Ossuoye. Poco a che vedere con Cap. I 45 minuti di strada ci proiettano in un mondo completamente diverso dal brulicare festante sulla costa. Questa è parte dell’Africa povera dei documentari e delle notizie dei rotocalchi. Non si muore di fame ma si vive di molto poco. L’autista rasta che ci fa anche da guida, ci porta a vedere il mercato, anche questo in fase di ristrutturazione ed ampliamento. Per la prima volta e da pochi metri di distanza, vedo un gruppo di avvoltoi azzuffarsi sopra un cumulo di rifiuti. Il caldo del primo pomeriggio si fa sentire, ci accomodiamo in un ristorantino, immagini del Cristo alle pareti… Gustiamo una Gazelle, per Annic una gassosa. Sta arrivando il momento da me tanto atteso, la visita al villaggio di Ediongou, il mio scopo è trovare la cooperativa di donne che producono le famose terracotte con la tecnica ancestrale ed unica dell’impasto di argilla con conchiglie per produrre boule e ciotole. L’autista sembrava poco attento, invece ci porta direttamente presso la casa della responsabile della cooperativa stessa, la cosa, per quanto eccezionale mi lascia addirittura dei dubbi sulla veridicità. Invece, tutto vero, a dimostrazione inizia secondo regola. Appoggiata su una pelle secca di vacca, sulla nuda terra, raccolti gli attrezzi e materiali, dalle mani della nostra maestra d’arte, a veloce ritmo di dimostrazione, prende forma un vasetto dimostrativo e per questo di ridotte dimensioni. Sono impaziente di vedere i prodotti finiti che ha da vendere. Da una stanza laboratorio, porta fuori sette pezzi fra ciotole, boule e forme piatte adatte a contenere aperitivi tipo arachidi. Fantastico! La più tipica produzione di terracotte del Senegal di fronte a me! La memoria vola a Cuba a Santiago da Jacas. Pensando a dovere riportare in Italia tanta preziosità, decido di acquistare una ciotola grande abbastanza per contenere la boule. Pago entrambe 12.000 cfa, da 14.000 di richiesta iniziale. La mia collezione è ora ricca anche del Senegal. Sono convinto che questi pezzi siano molto fragili, nonostante le due cotture, avvenendo su brace a cielo aperto, in una conca del terreno, la temperatura raggiunta sono certo sia comunque molto bassa. Comunque sia, essendo riuscito a portare brillantemente a termine il proposito, mi sento leggero e soddisfatto. La casa dove abita questa brava giovane donna, diplomata ceramista in Marocco, è bellissima. Muri di argilla e tetto tradizionale in foglie di palma. Lasciamo tutti molto soddisfatti il paese per tornare verso Ossuoye da dove riprenderemo la strada-cantiere sino a Cap. Facciamo una sosta a Elinkline per ammirare il “bolong” in lingua Wolof letteralmente “fiume”, un grosso affluente del fiume Casamance, l’acqua è salata. Piroghe colorate sulla riva, piante di cotone alte e mature, da dei buchi sulla sabbia della riva fanno capolino dei granchi neri alquanto vispi. Rientriamo a Cap incontrando meno difficoltà, traffico e pericoli che all’andata. Giunti in centro saliamo sulla terrazza del bar “Le Bolong” per una birra fresca, prendiamo Gazelle. Al mio solito apro i pacchi con i nuovi acquisti e… la ciotola è completamente rotta e la boule gravemente incrinata! Ho il dubbio atroce di essere stato io ad avere distrattamente inferto una caduta allo zainetto.. Resta la possibilità siano state le vibrazioni della macchina… Comunque sia la mia espressione deve essere notevolmente cambiata. Nonostante una mia reazione per quanto di grande dispiacere comunque estremamente composta, Jaques, cuore di uomo di un vecchio lupo di mare, oggi artista a Paris, mi ha costretto ad accettare in dono la ciotolina da lui acquistata ad Ediongou. Sento un grande travaglio interiore. Dice che gli piace vedermi felice… Diavolo di un francese prossimo ai sessanta! Ancora seduti al bar, mi parla di un coltello portato con se e che non trova… lui ne fa collezione… sarà imbucato in camera da qualche parte e deve mettersi di buzzo buono per cercarlo nel casino… Collezionista eh? Gli invierò, oltre al CD con le foto, anche il coltello che mia madre mi portò dall’Uzbekistan, con corno di ovino per manico. Ricordo che protestai proprio per il corno, souvenir con parti di animale non ne gradisco più. A me fa l’effetto di un’arma letale, a Jaques, in quanto collezionista, spero piacerà. Da ora in poi con queste terracotte dovrò stare attentissimo… Il sole è al tramonto, una luce magnifica ed il consiglio di Jaques mi fanno scattare un paio di foto. Scesi dal locale, ne scatto una eccezionale a Luc, Jaques e Annic, cielo rosso borgogna per fondale. Percorriamo tutti a piedi il tragitto dal centro alla GH; Luc vorrebbe cenare altrove ma alla fine ci troviamo nuovamente tutti e quattro intorno il tavolo. Gran dopo cena al petardo! Con Annic ed un paio di rasta, fra cui Gabriel, che mastica l’inglese, trascorriamo la serata parlando di tradizioni e legislazione sulla ganja in Senegal. Guardandola Annic dovrebbe essere prossima i 50 anni, vedova di un uomo di Udine, ha la possibilità di fare dei viaggi, vissuti mi sembra con grande ironia e piacere di vivere. Alle 11,30 passate, dal gazebo in muratura sulla spiaggia dove abbiamo trascorso la piacevole ed istruttiva serata, ognuno va a coricarsi. Mounass viene a salutarmi per la buonanotte. Click.
06.02.07 Cap Skirring
Mi sveglio con sensazione di pieno riposo. Prima delle 9,00 vado in sala da pranzo (che comunque è polivalente, grande, il bar e la direzione su un lato) per il mio caffè e per scrivere un po’, al mio posto al tavolo fronte oceano. Poco dopo mi raggiunge Annic, poi Luc a Jaques. Questi ultimi, anche per l’attesa di amici, hanno deciso di fermarsi a Cap Skirring, mentre domattina all’alba io ed Annic partiremo per Kafountine, dove inizierà il grade Carnevale. La giornata appare con cielo velato, unico impegno per oggi cambiare denaro. Entro alla BCAO come ultimo cliente, dietro me chiudono le porte di tondini di acciaio. Attendo mezz’ora, sono l’ultimo, i senegalesi quando riescono, forse per ancestrale dimostrazione di non sottomissione, passano con soddisfazione davanti i clienti dalla pelle bianca. Cambio 160 euro. Dopo una birra fresca, mi incammino paziente verso l’Auberge de la Paix, per l’ultima notte. Inizio a preparare i bagagli. Sono abbastanza stanco e poiché la sveglia sarà alle 5,15 sicuramente andrò a dormire presto senza uscita a Cap. Come cena, dopo il solito piattino di ingresso con mezzo uovo sodo con insalatina, ci viene servito un ottimo trancio di barracuda alla griglia con patatine fritte. Devo dire che questo pesce mi è risultato prelibato. Mounass, sinceramente affezionata, al momento di andare a dormire passa a salutarmi. Dormiamo insieme, dormiamo solamente. Abbracciati. Mi sento privilegiato nell’avere ricevuto tante attenzioni da questa ragazza; intelligente, pulita, gioiosa e lavoratrice indefessa. La sveglia suona appunto alle 5,15. Alle 6,00 dopo avere tagliato velocemente i capelli con il rasoio elettrico, chiuso gli zaini e baciato con riconoscenza Mounass, sono puntuale all’appuntamento con Annic, all’ingresso del Campament. Siamo pronti a partire per la Casamance costa Nord.
07.02.07 Kafountine
Scrivo e sono le sette della sera. La giornata è stata molto positiva. Stamani alle 6,00, a soli 100 m dall’Auberge de la Paix, buio pesto, troviamo il nostro taxi “sept place” per Zigunchor, 2000 cfa a persona inclusi i bagagli. Poco dopo Ossuoye, un incidente in cui è coinvolto un camion del cantiere stradale che ben conosciamo, ci costringe ad una sosta obbligata che si preannuncia lunga. L’autista del taxi sept place che è un ragazzo sveglio, verifica e valuta a piedi la percorribilità con il taxi, di un sentiero stretto fra la vegetazione. Decide di provare, rivivo la scena di “non ci resta che piangere” dove dovendo aggirare un passaggio a livello con lo smistamento ma, fortunatamente senza essere proiettati nel passato (ci pensate al Senegal nel 1492 !?!). Riprendiamo la strada maestra e la corsa per Zigunchor essendo già in ritardo. Prima dell’arrivo, ad uno dei numerosi posti di controllo da parte dei militari uno di questi, comunque sorridente e gentile, chiede a me ed Annic i passaporti e la visione dei bagagli. Solo una formalità. Arriviamo in città alla gare routiere con la piena luce del giorno. Ogni chilometro verso l’interno è un gradino salito sulla scala di quello che comunemente si intende per Africa. La gare routiere è tutta un brulicare di viaggiatori, mezzi, bambini in questua, venditori… la più varia umanità. Con Annic andiamo a bere un caffè, lo consumiamo su una panca in una stanza, un corridoio della stazione, un metro più in la, all’aperto, un ragazzo cucina su una piastra, pezzetti di carne di non so che animale, mammifero direi, con cipolla bianca… Al solito, dobbiamo attendere per partire che tutti i posti sul mezzo siano assegnati (venduti). Partiamo, scaliamo chilometri e saliamo gradini verso l’interno. Passiamo per Bignona, troviamo diversi militari armati in questa zona che, diciamo, è il cuore del separatismo meridionale. Gli ultimi spari solo due settimane fa. La strada è si asfaltata, ma oramai ne è rimasta solo una striscia centrale semidistrutta. L’autista procede con metà mezzo sulla terra Passiamo villaggi rurali, sempre brulicanti di bambini… A Zigunchor è salito sul nostro mezzo anche Gabriel, il rasta conosciuto a Cap, anche lui vuole arrivare a Kafountine per il Carnevale. Senza tentennamenti, dalla locale gare routiere con un taxi arriviamo direttamente al Campament “La Nature”, già selezionato giorni addietro. A prima vista, soprattutto i bagni in comune, appare tutto un po’ sporchino… Le camere sono prive di elettricità, Annic un po’ si lamenta.. I prezzi sono stati aggiornati ad ottobre ’06 e tutto, forse per la stanchezza, ci va un po’ di traverso. Mantengo ottime lucidità ed autocontrollo. Iniziamo a contrattare il prezzo per la mezza pensione. Pattuiamo per questo primo giorno 7500 cfa. Le docce hanno l’acqua del mare. Salata… Prendiamo quindi possesso delle nostre camere. Questa GH è composta da una serie di bungalows in muratura con tetti in paglia, ognuno composto da due a quattro camere più una veranda antistante.. risultano proprio ben architettati. Completa La Nature un corpo immobile principale, ad “impluvium” , grande, su due piani, sotto cucina e locale pub, sopra tavoli colazione e cena. Sovradimensionato sicuramente. Lonely Planet alla mano, con Annic, decidiamo di andare a vistare altri alloggi in alternativa. Trascorriamo tutto il pomeriggio per le savane di Kafountine, strade di sabbia fra appezzamenti di terreni geometricamente recintati . Visitiamo diverse opzioni, livello medio buono con tratti distintivi. Torniamo al villaggio quasi convinti di trasferirci all’indomani a “Le Campoo” bel campament gestito da un francese. Passeggiamo poi sulla strada asfaltata, miriamo le botteghe colorate che su questa si affacciano. Gabriel è divenuto la nostra ombra. Torniamo alla GH per la doccia e la cena. Cena ottima: riso con verdure e gamberoni ai ferri con patate al forno. Gamberi eccezionali. Dopo cena, anche con Alain, ragazzo francese giunto in GH, assieme a Gabriel ed altri rasta, passiamo un paio d’ore conversando su viaggi, fumiamo qualche petard per dirla alla francese ed attendiamo nell’oblio il meritato sonno. Il letto non ha il cuscino, mi corico comunque. Buonanotte (senza click, la corrente non c’è).
08.02.07 Kafountine
Buongiorno!! Mi sveglio dopo le 8,00 lucido ed un po’ infreddolito. La notte la temperatura cala sempre. Indossato il pile, esco dalla camera per la veranda per scrivere un po’. Annic apre la sua porta e dopo dieci minuti siamo al nostro petite degeneur. Anche Annic è distesa e riposata, dopo qualche parola d’intesa, decidiamo di cambiare campament. Alla nostra telefonata, il francese dice di avere occupato le camere. Resteremo quindi qui oggi, La Nature ci appare meno cupa ed anzi, ho trovato una toilette con la turca che ieri non avevo visto, ed essendo per me una buona opzione (come certi particolari condizionano le scelte..) non lo considero solo un ripiego. Propongo ad Annic di pagare qualche giorno anticipato proponendo allo staff per camera e colazione a 4500cfa, il vecchio prezzo. A la Nature accettano il compromesso, così pure sganciati dal vincolo della cena, paghiamo cinque giorni lei e quattro io. Domani grande inaugurazione del Carnevale, spendere qualche giorno qui, oltre al piacere, sarà utile alla mia economia. Dopo avere pagato, la colazione a base di caffè e baguette con burro, marmellata e cioccolata alle arachidi, ci rinforza. Oggi vorrei dedicarmi al riposo. Gabriel il rasta è sempre alle nostre costole. Con Annic, una coppia di spagnoli ed altri rasta, trascorriamo la giornata sulla veranda del nostro bungalow, ognuno ha un nome, il nostro “Roots Family”. Passiamo il tempo raccontandoci, mangiando, fumando, ridendo… Verso le 18,00 la fame bussa, io ed Annic, soli stavolta, andiamo in paese per la cena. Passeggiando buttiamo l’occhio dentro i locali sulla via, arrivati al margine del paese ci accomodiamo (su due scomodissime poltrone in ferro e legno) al Colour Cafè Restaurant, nel giardino sotto un gazebo. Anche stasera gamberi alla piastra con contorno di verdure. Torniamo col buio alla luce della mia torcia a led. Terminiamo la serata in veranda con gli amici. Buonanotte.
09.02.07 Kafountine
Oggi comincia il Gran Carnevale! Mi sveglio sentendo muovere in veranda Annic, sono le 9,00 mi sta aspettando per fare colazione. Ancora assonnato, mangiando la baguette oggi con una ottima confettura al mango, una specialità dell’etnia Diola, decidiamo di prenotare il pranzo presso il minuscolo ristorantino di pesce sulla spiaggia, che lavora solo quando i clienti preventivamente avvisano della loro venuta. Ci accordiamo per due tonnetti alla griglia con solito contorno di riso e verdure. Fatto ciò, salutiamo Alain che con la sua attrezzatura da pesca è già di fronte l’oceano (avessi detto la sua canna, il dubbio sarebbe stato legittimo!) con qualche cattura già nel secchio. Torniamo al bungalow dove un ragazzo dello staff giunge con una chitarra acustica, per quanto sbattuta, sicuramente suonabile; nel mentre un altro rasta arriva con un ottimo djembè. Tempo un paio di minuti di confidenza con lo strumento, suoniamo una ottima session, sono in forma, gran tiro, incasso i complimenti ammirati e stupiti dei musicisti neri che non si erano sino ad oggi imbattuti in un bianco “fuori” come me… (che stolti i ragazzi con cui ho suonato sino a ieri… eravamo delle perle ma ci siamo solo giocati a boccette…) nel mentre il crocchio sotto la veranda si ingrossa, giungono gli altri ospiti della Nature, canadesi, spagnoli, francesi, altri rasta… Sono immerso nel ritmo e nella musica, ho zittito con il sorriso ed il mio modo di suonare quei rasta che spavaldi all’africana, dopo avere detto di essere musicista, quasi mi hanno “sfidato” sul loro terreno di elezione… Sciogliamo l’incontro. Con Annic, all’ora convenuta, ci rechiamo al ristorantino sulla spiaggia per il pranzo. Sorpresa! Il pescatore non ha pescato i tonnetti e noi siamo senza pranzo.. “Afrique!” chiosa Annic con sorriso di rassegnazione e divertimento… Nulla di grave, andiamo in paese, troviamo un posticino e ci facciamo passare la fame con polletto e verdure. Oramai alle 15,00 torniamo a la Nature, mi rado la barba e mi attrezzo per la gran parata di apertura del Carnevale. La parata è la somma dei singoli gruppi dei vari “quartieri” del villaggio: i bambini di un programma di educazione, le donne in costume tradizionale di una determinata tradizione, i ragazzi dei vari Campament ecc. Noi ci rechiamo come gruppo al Paradise, Campament gemellato con la Nature, da li iniziamo la nostra marcia verso la strada principale, asfaltata (l’unica del paese), sulla quale convergeranno tutti gli altri. L’ordine pubblico è affidato ad un gruppo di soldati in divisa dell’esercito, armati di mitra, molto discreti ma ben visibili.
Dall’inizio alla fine del paese, fra andata e ritorno, la sfilata impiega oltre due ore. Mi è difficile trasmettere con le parole l’entusiasmo, la gioia, i suoni, i ritmi, i sorrisi dei bambini e degli adulti provvisoriamente tornati piccini… Un’orgia di colori, suoni ed occhi brillanti… Le Grand Carnival do Sud!! Al termine della parata, sulla piazza antistante gli stand che saranno il carnevale i prossimo giorni, si svolge la cerimonia ufficiale di ammissione dei gruppi alla manifestazione. Anche qui, suoni, colori, balli, pitture sulla faccia.. un caleidoscopio umano e vivente di gioie tradizioni e liberazione. La grande speranza di migliorare, la consapevolezza o meglio, la convinzione che noi bianchi occidentali, i “Toubab” come siamo chiamati, oltre che una risorsa economica, rappresentiamo una meta. La gioia spontanea dei bambini, il mio essere parte di questo teatro senza analisi, essere uno dei mille o duemila che, come fusi in un unica entità insieme significhiamo “carnevale”. Passate le 19,30 sento una certa stanchezza, rientro alla GH. Sono ancora sazio dal pranzo, trascorro la serata in veranda con Alain e Didier, Annic torna al villaggio per lo spettacolo serale. Il sole e l’esercizio fisico (si cammina molto più di quanto ci si renda conto) si fanno sentire. Presto, alle 23,30 vado a stendermi. Buonanotte.
10.02.07 Kafountine
Oggi sveglia poco dopo le 8,00. Quasi sincronizzati, poco dopo Annic esce dalla sua stanza ed andiamo a fare colazione. Ancora baguette, caffè e marmellata al mango dei Diola, squisita veramente. Chiedo a Didier (francese, socio nella gestione de La Nature) se sia possibile accendere un fuoco per grigliare del pesce. Dice si, dove voglio. Dopo colazione quindi, dovendo anche fare ricaricare le battere della fotocamera, con Annic, andiamo in centro al villaggio per acquistare il pesce, non avendo trovato quanto cercato presso il villaggio dei pescatori. Al mercato, a prezzi senegalesi, il pesce non costa niente… Un kilo di pesce pulito costa circa mezzo euro… Oggi è il compleanno di Annic, mi confida di fare 63 anni (portati da regina, complimentoni, pensavo fossero 50 !!!), per cui oltre il pesce prendiamo pomodori, verdure ed arachidi; la festeggiata al Market compra anche una bottiglia di Grant, whisky originale scozzese, lo berremo nel corso della giornata. Tornati a la Nature, troviamo un gruppo del carnevale nel corso delle prove per l’esibizione di domani sera; bravissimi. Di buona lena, procuro due mattoni e la legna presso il vicino cantiere navale delle piroghe per il barbeque, Didier mi da la griglia. Mi chiede di aspettare ad accendere il fuoco. Alla GH devono avere cambiato idea, niente fuoco per “motivi di sicurezza”. Oramai affamato e mezzo ciucco per i brindisi in favore di Annic, passate le 17,00 mi dirigo al villaggio per mangiare dove stanca anche quest’ultima mi segue. Ci sediamo al Flamboyant Rose, oggi piatto del giorno Thiebou Dienè. Molto piccante. Causa la fame, sul piatto alla fine resta ben poco del riso e del pesce. Rinfrancato dal cibo, vado a ritirare le batterie portate stamani in ricarica presso il negozio di dischi, non volendo niente per il servizio (!) compro tre cartoline da spedire in Italia. Torniamo alla GH, Didier ha procurato un’altra bottiglia di super, per cui riprendiamo sempre più allegri i brindisi hehe!! Noi siamo comodamente sotto la nostra veranda, gli altri ospiti della Nature si avvicendano per gli auguri e per partecipare ai brindisi. Questa volta, alle 21,30 il sottoscritto crolla. Non sono più avvezzo a tali festeggiamenti, anzi, alle feste in generale e questa è stata veramente potente! Come dice sempre Annic “siamo in Africa”. Auguri ancora e buonanotte…
11.02.07 Kafountine
Stanotte, a che ora non so, mi sono svegliato ed ho fatto due passi fuori dalla camera; notte fonda, le luci delle piroghe di fronte (il nostro bungalow è a 10 metri dalla spiaggia) ed un cielo tempestato di tutte le stelle e le costellazioni del creato… Uno spettacolo magnifico. Con la memoria torno all’estate del 1991, quando con Luca e Leo, vedemmo un cielo simile la “notte del Dragone”. Ma, a quel tempo, ero molto diverso. Tornato a dormire, mi levo definitivamente verso le 8,00 e, subito dopo Annic, andiamo a consumare la colazione. Incontriamo Eloise, la ragazza canadese che lavora a Ziguinchor, tramite un programma di cooperazione, fabbrica protesi di arti. Sta con un rasta, nemmeno uno dei più interessanti… dice di doversi trasferire per tornare al lavoro con un sept place dove un posto è libero.. preso. Partenza verso le 15,30 per cui stasera dormirò a Ziguinchor. Forse per la lucidità che richiede ogni trasferimento, anche se breve, oggi vivo un po’ di spleen. I ricordi ed i pensieri volano a Padova su persone e fatti, ormai parte di un passato che non tornerà mai più. Il mio cuore mangiato e tuttora attonito, sospeso fra passato e futuro, in attesa di un qualche chiaro segno del destino. Mi fermo per qualche istante… Decido di prendere un bagno nell’oceano, mi sento per giunto alquanto sporco… L’acqua è bella, morbida e calda, leggermente torbida per le onde. Gioco surfando con le onde, il sale mi monda. Tornato in camera, ricompongo lo zaino, per questo viaggio sono stato abbastanza accorto sull’equipaggiamento, non eccessivo come in India, l’operazione è più semplice. Alcune cose, tipo lucchetto e catena, non sono comunque serviti… Anche tutti i medicinali non sono serviti fortunatamente; a colazione ho dato ho dato ad una coppia di ragazzi spagnoli delle dosi contro la dissenteria, il maschietto è stato poco bene. Per ora la salute intestinale non ha dato segni di cedimento. Manca ancora una settimana però… tornerò indenne? Eloise è in camera con il suo boy, non so di preciso a che ora partiremo; il mio spleen peggiora, spero migliorare le prossime ore. Pensavo Eloise fosse in camera, era si col moroso ma altrove… Al suo ritorno la avvicino per avere notizie circa la partenza. “il tuo posto non c’è più” Senza nemmeno tante scuse. Che fare? Decido di partire all’indomani, oggi sono di scarsa compagnia perfino per me stesso. Il mio spleen ha una lacrima di sfogo durante le prove per lo spettacolo del gruppo de la Nature di domani sera. Ritmi e danze simulano la caccia al felino; vere tradizioni orgogliosamente tramandate guardando al passato ed al futuro. Decido di recarmi alla gare routiere per informarmi circa gli orari per le partenze di domani. Nella pratica, i mezzi viaggiano solo completi. Si arriva all’autostazione, si acquista il biglietto e si attende che il sept place si riempia. Facile. A volte l’attesa è lunga. Le partenze si alternano dalle sei di mattina. L’orario preciso non è dato a sapere. Diciamo che si parte e basta, quando va bene si parte contenti. Oggi è stato un bene per me non partire. Anche l’orario di arrivo non è mai dato a sapere. Torno alla GH come all’andata a piedi, alla fine cinque chilometri circa. Nel ritorno faccio una sosta al Mini Market per una birra fresca, anche oggi siamo sui quaranta gradi in aria. Turbinano i pensieri e quasi d’incanto mi ritrovo sulla mia poltroncina sotto la veranda di fronte la mia camera. Le prove di danze e djembè proseguono. Annic mi presenta divertita il coreografo dello spettacolo in prova, una star internazionale (!), semplicemente un ragazzo guineano ben portato per la danza. Arriva Didier, che per lasciare spazio ad un gruppo si è trasferito nella stanza libera del nostro bungalow. Rispunta anche la bottiglia di whisky non terminata ieri, riprendiamo i brindisi ma oggi non so perché! Annic ha optato per cenare alla GH. Poco male, con la birra prima al market mi sono fatto anche un panino con baguette e tonno potrò ancora resistere. Ad ora di cena, torno al villaggio, mi siedo al Mama Africa Restaurant, ceno nuovamente a Thiebou Dienè, la migliore mai assaporata dopo quella a Djembering; prendo anche un piatto di patate fritte. Ho appuntamento con Annic ed altri per lo spettacolo della sera, io comunque dovrò ritirarmi presto, domattina dovrò mettermi in coda per un sedile sul sept place.
12.02.07 Ziguinchor
Ieri sera ho assistito allo spettacolo da solo. La giornata poco esaltante mi ha fatto vivere tre appuntamenti mancati: il posto sul sept place di Eloise, la grigliata di pesce, la serata in compagnia. Certo colpa dello spleen. La notte passata ho ampiamente pagato la mia ingordigia di patatine fritte. Dopo la corposa Thiebou Dienè, la quale richiede un giorno di digestione, le patate mi hanno prodotto un malessere che nemmeno il diger selz è riuscito a lenire… come bruciaaa!!! Alle 7,15 mi sono tirato su, andato a far colazione per abitudine, bevo solo una tazza di caldo caffè. Con i bagagli pronti, grazie ad un passaggio trovato in strada per 500 cfa, alle 8,10 sono alla gare routiere. Un mezzo è appena partito, compro il primo ticket per il successivo a 2200 cfa per me e 500 cfa per lo zaino, mi viene assegnato il posto del navigatore. Come ormai noto, si parte ad auto piena. Appena passate le 9,00 con bel sorriso, l’addetto della biglietteria comunica la vendita dell’ultimo posto e quindi la partenza. La giornata è limpida e calda, soffro un po’ il viaggio per i postumi dei bruciori notturni ed un sedile non proprio comodo… In meno di due ore compiamo lo spostamento, siamo quindi alla gare routiere di Ziguinchor, affollata come sempre. Decido per il soggiorno sino giovedì l’Auberge “Aw Bay?” che deve essere piaciuto all’autrice della Lonely Planet, ne parla bene, e non indifferentemente è il meno caro, 3600 cfa (circa 5 euro) per il solo pernottamento. Penalizzato per i due km di distanza dal centro, anche io consiglio questo campament. Pulitissimo, camere dalle bianche pareti da poco pittate, docce e toilette in comune piastrellate ed altrettanto pulite. Per igiene, sino ad oggi il migliore. Immerso in una pace insolita, a solo 500 cfa di taxi dal porto. Preso possesso della stanza, sotto il sole torno a piedi in città, sempre sofferente per i bruciori di stomaco, per acquistare il biglietto per la “Wilis” di giovedì 15 p.v. a 18500 cfa con posto letto. La ragazza della biglietteria vuota, mentre prepara il biglietto, ha diverse finestre aperte sul monitor del lavoro dove sta girando pure un video musicale. Il sole anche oggi picchia duro. Con il biglietto in tasca, passando fra botteghe e banchetti, per 500 cfa prendo una bottiglia di acqua fresca da un litro e mezzo che va giù in meno di mezz’ora. Con 300 cfa navigo in internet 30 minuti, leggo solo brutte notizie, turiste italiane ammazzate, una a Cartagena in Colombia e due nella vicina Capo Verde, a Sal, dove passai bei giorni pochi anni fa… Digito www.battiato.it, il Maestro ha dato ai negozi il nuovo CD, ”Il Vuoto”. So cosa comprerò al ritorno. Anche io mi sento vuoto dal passato, ora dopo avere fatto spazio, attendo che la sorte voglia offrirmi un nuovo contenuto per il futuro a venire. Vuoto in verità quasi come il mio stomaco ma, la comparsa di alcuni brufoli sul viso (erano tantissimi anni che non me ne venivano) mi da la certezza di un affaticamento, salterò sicuramente il pranzo. Ho acqua e banane per ogni evenienza. Tornato all’Aw Bay?, percorso compiuto metà a piedi e metà in taxi (il caldo è asfissiante), pianifico al fresco della camera bianca il da farsi per i prossimi giorni. Nonostante la calma ed il riposo, il malessere non accenna ad andarsene. Decido di muovere comunque nuovamente verso il porto, che è il punto focale della città assieme al rondò Jean Paoul II. Passeggiando, incontro Arno, un tedesco giramondo poco più che quarantenne che ha una azienda agricola di 6,5ha in provincia di Perugia, disturbato al momento anch’esso di stomaco (ma per lui è dissenteria, che è peggio) e che mi sembra contento di parlare con me. Conviene per una “operazione petard”. Ci imbattiamo in due rasta che a loro volta sembrano contenti di averci incontrato. Distratto dal fare, parlando e camminando, non penso più al fastidio che dalla mattina mi segue; si fa buio. Arno mi invita a proseguire la chiacchierata in camera sua, presso l’Hotel Tourism. Mi trattengo una mezzora, mi da la sua mail, gli offro volentieri utili indicazioni su Kafountine, sua prossima tappa, ha tempo di godersi ancora un paio di giorni di carnevale e la cerimonia di chiusura. Anche se l’Aw Bay? dista solo due km dal centro, per i tassisti e la gente, è remota periferia. Come dare loro torto ?!? Pulita e tranquillissima, per ora sono l’unico ospite. In realtà, Aw Bay? è il nuovo nome, tutti lo conoscono con quello vecchio, in questo modo si riduce pure la distanza… Alla fine della giornata sono nuovamente in camera. Migliorato fisicamente, mangio mezza baguette con niente. Vuota, quasi un omaggio al Maestro. Mi trattengo sotto il gazebo in muratura sotto un grande mango nel cortile studiando la Lonely Planet. Scrivo… nanna alle 11,00. Buonanotte. Click.
13.02.07 Ziguinchor
Stamane il giovane tuttofare della GH, poco dopo le 7,00 si è messo a ramazzare il cortile in terra battuta, come eco, voci di bambini, cani abbaianti… Credo sia giunto il momento di levarmi. Fuori umidità, foschia, temperatura credo sotto i venti gradi… Poco male, ho dormito bene anche grazie la zanzariera che per la prima volta mi è stata indispensabile; mi sento ristabilito. Decido di andare a visitare il giardino tropicale con allevamento di coccodrilli del Nilo “Ferme de Djiebelor”, trenta ettari di vivai, piante tropicali, alberi da frutta… proprietario un francese di grande passione. Senza una guida, percorro il circuito di sentieri in meno di un’ora. Essendo a 5 km dal centro, attendo una decina di minuti in strada l’arrivo di un N’Diaga N’Diaye che per 1000 cfa mi trasporta. L’umidità del mattino lascia un po’ di foschia in una giornata di sole senza nuvole. Passo alla CBAO a cambiare 50 euro, poi a piedi, mi reco al ristorante “Le Erobon”, vivamente consigliato dalla Lonely Planet. Tre gazebo di paglia in riva al fiume Casamance. Calma e pace con profumi di mare. Si sentono i colpi dei maestri d’ascia dei cantieri delle piroghe, a soli cento metri da me. Sono digiuno da ieri, un pesce ai ferri dovrebbe farmi solo bene.
“NOTA: ARTI E MESTIERI. Oramai passati i dui terzi di questo viaggio, i mestieri del fabbro e del falegname saltano agli occhi. La specialità dei falegnami sono i letti. Il legno è sempre lo stesso, rossiccio e profumato, sembra quello con cui si fanno le piroghe. Ho visto letti di due tipi, una piazza e mezza alla francese modello cassettone e matrimoniale extra large con testiera scolpita con comodini applicati a quest’ultima. Questo ha uno stile preciso simile in tutta la Casamance, vivessi qui mi piacerebbe averne uno. Massicci, pesantissimi, fatte con tavole spesse 3-4 cm, anche i cassetti dei comodini hanno lo stesso spessore! Alla fine il prodotto è pregevole, ogni pezzo è unico, opera d’arte di un maestro ebanista. I laboratori sono i bordi delle strade, giorno dopo giorno si vede progredire i lavoro. Ogni imperfezione (buona parte delle misure son prese in modo approssimativo) viene corretta con martello e scalpello. Non ho visto seghe elettriche, banchi o lame circolari. Segaccio a mano. E andare…. Il ferro per sua natura richiede ben maggiori sforzi per essere lavorato. La produzione è quasi esclusivamente concentrata sugli infissi. Finestre e porte. Tutto anche in questo caso viene realizzato a mano con strumenti analogici, se così vogliamo indicare attrezzi e tecniche della cultura ancestrale. Si producono prima i telai. Poi i battenti di porte e finestre devono entrarci dentro. Anche i chiavistelli si fanno a mano. Saldature a cannello senza protezione oppure con lenti da sole. Un foro da parte a parte nel tronco di una palma (viva) serve da banco di lavoro, ci infili il tondino di ferro e lo tagli con seghetto manuale. Lavori di oggi in Casamance, lavori che in Europa sono museo o memorie. Prodotti dell’ingegno e della fatica, realizzare per durare lungamente nel tempo.”
Il pesce, una buona misura, mi viene cucinato al momento, con guarnitura di cipolle crude e foglie di lattuga, è bagnato da una salsina di limone ed una spezia penetrante no piccante ma anzi, dall’effetto rinfrescante. Dopo pranzo, tornato in centro, in Rue Jelevier che la strada più importante della città, a “Le Mansah” prendo un caffè in polvere. Ora il sole verticale ustiona chiunque non sia protetto. Deciso ad esplorare la cittadina, arrivo in rondò Jean Paoul II ed entro al market per una tonica fresca. Il calore brucia anche all’ombra. Entro sul primo taxi; chiamando la GH con il nome popolare “Campament Colobane” nome anche della località periferica, con l’autista ci intendiamo subito: con 500 cfa in dieci minuti (sarebbero quattro ma la strada è piena di buche, come detto meglio una pista di sabbia che un asfalto bucato) sono in camera. Lavo i denti (dove non conosci un dentista di fiducia, prega di stare sempre bene) e mi gusto il fresco della stanza, i solai di argilla e stecche di legno rendono gli ambienti accoglienti e freschi. Magari schiaccio un pisolino, magari leggo la LP, di giorno, il silenzio attorno l’Aw Bay? è estremamente rilassante. Passate le 17,30 il sole generalmente si fa meno violento, posso uscire senza cappellino ed abbronzare la mia testa lucida! Sono curioso di vedere cosa la sorte mi riserverà per la serata. Giocherellando con il cellulare, finalmente scopro in quale zona della memoria il computer mi trasferisce i file audio in mp3. Inserito tempo addietro, ho con me tutto il CD Gommalacca, uno dei migliori del Maestro. In questi giorni tra spleen e indisposizione, riascoltare “Auto da fè” e tutto l’album, è un toccasana. Oramai, dopo avere fatto girare il disco un paio di volte, non avendo l’Aw Bay? nemmeno una bottiglia di Gazelle, esco dal torpore del pomeriggio ed entro al “Chez Vidal” Bar, per bere una Flag, certo di trovarla vista l’insegna. Trovo finalmente un bar dove i Toubab, i bianchi, entrano solo per caso. A soli 300 metri dalla GH, il vero Senegal del sud di periferia: due stanzette, 25 mq, completamente affrescate con scene di pesca, di villaggi, di fiumi, animali, donne con i seni scoperti… Fantastico. Tavoli e sedie basse, quasi da bambini. Osservo lungamente le scene dipinte, anche se oramai un po’ sporche, sono piene di naturalezza e colori; di poesia. Segni dalla semplicità infantile, lineari come gli affreschi delle tombe egizie e del Nilo degli Dei… Mi accomodo nella saletta sul retro, due tavoli grandi ed uno piccolo; quest’ultimo ha visuale su tre lati, mi accomodo con la birra senza il bicchiere, bevo a collo; un altro avventore, molto poveramente vestito, beve la sua birra gazelle. A birra quasi finita, salendo la fame, chiedo cosa sia possibile mangiare. Con grande rammarico devo rifiutare sono certo un ottimo piatto di montone o qualcosa del genere, appena rimesso, non mi sembra il caso di mangiare carne rossa. Preso dalla curiosità, chiedo il prezzo (1450 cfa) ed acquisto una bottiglia di vino nero senegalese, bottiglia in plastica trasparente da litro. “Vino rosso da tavola di qualità” recita l’etichetta. Il primo assaggio tradisce una temperatura altissima, tiepido quasi come un tè; ciononostante, per essere in Africa sub-sahariana, veramente buono. Chiaramente non voglio bere un litro di vino da solo, in questo locale dove finalmente nessuno mi ha chiesto nulla, offro ai tre presenti il molto che non berrò. Il signore, il povero a destra seduto ad un metro da me, da un sacco di carta estrae e mi offre una baguette freschissima, ottima. La migliore mai mangiata in Senegal. Vivo con gioia composta questo momento di condivisione estemporanea ed assolutamente sincera. Un giovane con un bell’abito a casacca viola e bianco, psichedelico africano, mi chiede di sedermi al suo tavolo dove è con un amico. Bazzica qualche parola di inglese, è chiaro che vuole un contatto. Esaurito velocemente il vino per l’abbondante mescita, alla richiesta del mio indirizzo, mi alzo sorridente e nel buio che è saltata la luce, torno alla GH. Nel mentre scrivo sotto il gazebo del giardino, ecco spuntare Philippe Mangà, così si chiama il ragazzo del bar, cambiato di tutto punto con calzoni e camicia, con in mano un tristemente noto sacchetto nero con dentro un tessuto colorato. Mi chiede quel che posso. Questa vota non voglio trattare a denaro. Gli dico che non ho soldi, vuole il numero di telefono; poco mi costa dargli quello della Sim senegalese… metto sulla sedia che ci separa il resto del bar, 1950 cfa. Finge quasi di non vederli. Alla fine, dopo i saluti, li tira su. Sono oramai le 22,00 ed una giornata tutto sommato tranquilla e serena è andata. Farei volentieri una doccia tiepida. Estraggo dal sacchetto il contenuto appena ricevuto “in dono” e constato che è un abito, i calzoni sono lisi sul cavallo. L’abito è quello che nel bar era indossato da Philippe. Buonanotte…
14.02.07 Ziguinchor
Oggi ultimo giorno tutto intero a Ziguinchor. Domani alle 12,00 sarò in coda per salire sulla Wilis. Il giorno inizia presto in Senegal, genti ed animali si animano ben prima del sorgere del sole, mi sveglio un paio di volte per il rumore. Alle 8,00 sono in piedi. Oggi è San Valentino, uno di quei giorni che con il Natale toglierei dal calendario vista la tristezza che mi mettono ma tant’è, proverò a distrarmi in modo utile. Dopo il Nescafè mi faccio un accurato servizio di barba e capelli che sono trascurato (solo fuori, non dentro), certamente andrò a visitare la Alliance Franco-Senegalaise, la Lonely Planet dice essere una casa ad impluvium grandissima e spettacolare, assolutamente da vedere. Effettivamente la costruzione della Alliance Franco-Senegalaise è straordinaria. Pavimenti, pareti, soffitti, tetti ed ogni cosa sono finemente istoriati da decori tribali, caldi e geometrici. Direi una struttura culturale di eccellenza che non invidia i migliori atenei europei e che anzi, questi ultimi, sarebbero fieri di possedere tanta decorata organizzazione e modernità. L’Alliance è un luogo di multi culture, biblioteche ed aule studio per ragazzi e bambini. Un teatro all’aperto, un bar ristoro, il tutto in una architettura ad impluvium di grandissimo pregio etno-culturale.. mai visto in nessun luogo al mondo nulla di simile. Con gli occhi ristorati, esco e saluto con grande rispetto. Mi incammino quindi, circa un km, raggiungo il Marchet Sainte Maur: locale, ruspante, cittadino, naturale, estraneo a noi toubab. Grande abbondanza di frutta e verdura, pesce, oggetti d’uso quotidiano, gli articoli più disparati, cose povere il cui utilizzo spesso non riesco ad immaginare. Una sorta di magazzini generali di Ziguinchor, la più grande città del Sud, con i suoi 217 mila abitanti dichiarati dalla LP… Acquisto dei pensierini per le colleghe in Italia, la locale ottima “Pretty Queen” crema viso corpo all’olio di cocco, Mounass ricordo ne prese due flaconi per i familiari a Djembering… credo sia un vero regalo senegalese; nulla sui banchetti di quanto esposto, primariamente oggetti di legno intagliato, si presenta come autentico, sono tutti specchietti per allodole, per turisti.. Lo stomaco reclama, ricordate iersera? Solo pane e vino nello stomaco ed ora.. “non ci vedo più dalla fame!”. Oramai, passate le 12,00 sono in prossimità del porto dove vedo attraccata la Wilis (mica tanto grande…) dove salirò domani. Decido di pranzare a “Le Palmier” per la LP il più economico dei ristoranti segnalati in città. Ordino pesce; me ne viene servito cotto al momento uno bello grosso, carne bianca e dolce, poco da invidiare ad un branzino. Il piatto si presenta molto bene, il pesce è coperto da cipolla scottata con salsina di senape e limone, patatine fritte, carotine julienne, insalata , una cucchiaiata di maionese. Patate a parte, trovo tutto molto gustoso. Bravi. Stanno per arrivare le ore più calde della giornata, passate le 13,30 penso tornerò all’Aw Bay? Per posare i flaconi di crema e per digerire al fresco della stanza. Ora che sono annoverato tra i migliori clienti del Chez Vidal, a 300 m dalla Guest House, non sarà difficile trascorrere il tempo anche sperando in nuovi incontri. Ah, il conto a Le Palmier, 3100 cfa, mi sembra salato.. Ho monete sufficienti per pagare il taxi, tra breve salirò sul primo disponibile. Inizio a pensare come trascorrere il giorno a Dakar; quasi sicuramente alloggerò a Yoff, alla GH “Via Via”, per la LP da anni preferita dai viaggiatori con zaino, a buon mercato (comunque sui 10,000 cfa), per l’alloggio dovrei essere a posto. Le escursioni… tutti mi hanno avvisato che camminare in centro a Dakar è un tedio unico, migliaia di procacciatori e venditori che ad ogni passo provano a fermarti per qualsiasi motivo. No. Tratterei male qualcuno e francamente non mi va. Potrei visitare l’isola di Goree, ci sarebbero diverse cose interessanti poi in città… Beh il tempo per pensare a tutto ciò non mancherà, devo affrontare anche la navigazione atlantica come nuova esperienza e tutto mi fa pensare sarà stancante e divertente, Alain a Kafountine mi parlava di una specie di festa improvvisata fatta dai ragazzi a bordo… La giornata è veramente torrida, è impossibile stare al sole. Gli animali e le persone cercano riparo dove possono, un albero, un filo d’ombra, tutto è utile. Le botteghe dell’angiporto si ritirano… quattro/cinque ore al giorno, quasi tutti cedono all’incendiario sole d’Africa. Anche qui parlando di Kyoto, le cose non vanno bene, l’innalzamento delle temperature si fa sentire negativamente, gli inverni erano più freschi anni addietro… fuori siamo ben oltre i 40°, la notte si scende anche sotto i venti tanto che bisogna coprirsi un po’. Non è stato poi così pesante viaggiare solo ma la solitudine arriva quando tutti scompaiono. La mia solitudine qui in Senegal la porta il caldo. Con un’altra persona sarebbe stato tutto diverso, avrei speso meno e realizzato molte più cose. Questa volta la sorte ha deciso così, anche se solo realmente non lo sono mai stato. Devo annotare, passate due settimane piene di viaggio, che anche stavolta le mie difese immunitarie contro la dissenteria sono state più che all’altezza. Mai avuto nessun problema inerente a ciò. Anche stavolta dovrei riuscire a portare intonsi a casa i medicinali per tale posologia.. fatte salve le poche pasticche donate alla coppia di spagnoli a Kafountine. Oggi il pomeriggio direi sia stato interlocutorio. Da solo poi, non ho alcuna voglia di uscire per vivere la vita notturna, per cui ho trascorso qualche ora seduto al Chez Vidal tra una birra, la lettura della LP e lo scrivere. Domani dovrò cambiare 50 euro alla CBAO, mi imbarcherò sulla Wilis ed una volta a Dakar dovrò trovare un taxi, tirare il prezzo, meno di 4000 cfa per Yoff credo sarà impossibile, poi sulle navi mangiare e bere costa sempre caro. Andrò a dormire presto, domattina dovrò ricomporre lo zaino, andare in centro città per l’imbarco delle 13,00. Anche oggi la giornata è stata buona, passate le 19,30 chiedo un sandwich alla GH, mi viene indicata l’uscita, cibo solo su ordinazione. Il pregio dell’Aw Bay? è la pulizia, di tutte le mie ben poche richieste, sono stato solo soddisfatto sul caffè la mattina, 500 cfa per Nescafè… la mattina comunque non me ne privo. Anche se prestissimo, mi preparo per il sonno; farò una doccia fresca ed andrò a nanna digiuno; domani sarò pronto per nuove avventure. Buonanotte. Click.
15.02.07 Ziguinchor
Ultime ore in città. Stanotte sono stato disturbato da diversi rumori: Cani abbaianti, versi di uccelli, i versetti cantati del Corano amplificati dalle trombe sui minareti delle minuscole Moschee sparse per il territorio. Dulcis in fundo, la pulizia del cortile alle 7 di mattina a suon di ramazza… Buongiorno!! Alle 8,00 sono a bere il caffè in polvere. Oggi mi sposto con bagagli pesanti; con tutta calma ho composto lo zaino principale, ho addirittura ancora un cambio pulito di biancheria. Lo zaino con dentro le terracotte non lo apro da Cap Skirring. Trasportato sempre con grandissima attenzione, ogni volta giunto a nuova destinazione, l’ho posta in un angolo senza più toccarlo. Un pezzo è già rotto, uno gravemente incrinato, uno, dono di Jaques, dovrebbe essere intonso. Di quello che sarà rimasto definitivamente integro, ho intenzione di scoprirlo solo a Padova! Sono le 11,20 della mattina, fra tre giorni, il 18, dovrei essere a Venezia. Dopo colazione, con un taxi mi reco alla CBA, decido di cambiare 100 euro, dovrebbero essermi sufficienti sino la partenza. Dopo la banca, cerco e trovo il “Salon de the Chez Fifì”; me lo prepara direttamente al tavolo una cameriera dal corpo perfetto, una modella.. prima versa nella tazza la monodose di polvere di caffè, poi sopra versa la polvere di latte ed infine dal thermos mi spilla l’acqua calda. All’avventore del tavolo di fronte il mio, che gradisce la bevanda zuccherata, introduce con le mani nella sua tazza anche due zollette di zucchero.. Senegal: naturalità e semplicità. Lascio il resto di 100 cfa come mancia. Si vedono tanti toubab in prossimità del porto, oggi è giornata di partenza della Wilis. Il caldo è meno opprimente di ieri, per il momento gironzolo fra il rondò Jean Paoul II e Rue Javelier, incamero nella memoria le ultime immagini. Anche se iersera ho saltato la cena non sento fame. Tornando alla GH per prendere i bagagli, chiedo al taxi di lasciarmi di fronte al Chez Vidal, voglio salutare e bere l’ultima Flag.. salutato anche il personale dell’Aw Bay?, un altro taxi mi conduce al porto. Poco dopo le 12,00 sono alla stazione marittima, imbarco lo zaino grande, alla pesa 18,1 kili; trattengo con me lo zainetto con il suo preziosissimo contenuto. Pur non provando gran fame, mi accomodo a Le Mansah, vista l’estrema vicinanza alla nave. Ordino gamberoni alla piastra con salad. Prima al mercato ho visto delle aragoste, verdi, pezzatura media. Ne pescano sempre meno e chiedono sempre più soldi, siamo sui 20 euro per un pranzo, sono matti!! Decisamente troppo per le mie tasche.
“NOTA: TOUBAB. Toubab è la parola con la quale i senegalesi chiamano, non tanto i turisti, quanto le persone dalla pelle bianca. Toubab significa altresì la speranza di una elargizione, un bon bon, denaro, scarpe, abiti, qualche cosa.. I bambini con le loro vocine acute, ti chiamano da lontano. Negli adulti talvolta, nel modo di dire la parola, percepisco una punta di disprezzo, quasi di razzismo. Purtroppo i bianchi nella storia, (ed ancor oggi dopo la fine delle colonie per il petrolio), hanno solo preso, schiavizzato, stuprato ed ammazzato queste povere genti… sono io sulla loro terra in questo istante.. A quando una riconciliazione?”
Niente male i gamberoni. Buon appetito! Poco prima delle 14,00 sono imbarcato. La Wilis è un traghetto di medie dimensioni, non nuovissimo ma funzionale e sembra sicuro. Fra un’ora dovremmo salpare. Cercherò di godere quanto più possibile della navigazione, avendo anche un tiket per un posto disteso, proverò anche a dormire; domattina sarò nel delirio di Dakar. Alle 15,02 che nemmeno un svizzero si lamenterebbe, salpiamo. Navigare il fiume Casamance è estremamente semplice, il comandante informa “alla vostra sinistra stiamo superando Point St. George”, poi, verso le 17,00 passiamo di fronte l’isola di Karabane, una serie di grandi boe ci indica l’ingresso nell’oceano Atlantico. Una coppia di bellissimi grandi delfini nuota a fianco del traghetto. La virata di 90 gradi verso nord indica inequivocabilmente la rotta per Dakar. Incontro un gruppo numeroso di spagnoli, di ritorno dalle terre dei Bassari, (estrema Casamance orientale), incontro anche Ana e Maria, anch’esse spagnole, volontarie nella cooperazione, sono farmaciste. Maria è sulla cinquantina, Ana ha 35 anni, longilinea, carina, capelli tra il rosso ed il biondo. Parliamo di cooperazione a livello mondiale, di speculazioni, dei soldi che i governi occidentali fanno sparire in nome degli aiuti all’Africa. Termino la serata con Ana, a prua non fa freddo, parliamo di viaggi futuri ed ammiriamo il cielo stellato. Alle 22,30 provo a dormire. Buonanotte.
16.02.07 Wilis Boat, Oceano Atlantico.
Alle 6,00 in punto la nave si illumina a giorno, i monitors (che sono televisori tradizionali) si accendono, il Comandante, prima ancora del buongiorno, pensando alla pecunia, ci informa che la sala ristorante è aperta per le colazioni. Ho dormito cinque ore ed anche bene, sono pronto ad affrontare la giornata che si preannuncia lunga ed intensa. Le mie informazioni circa la tranquillità della zona di Yoff, fa optare Maria per l’Hotel Ocean, mia seconda opzione dopo il Via Via, a soli 2 km dall’aeroporto. Ha una bella piscina fronte mare dove per la Lonely Planet “quando le onde dell’oceano sono alte, entrano nella bella piscina”. Voglio passare comodamente l’ultimo giorno e mezzo, per i prezzi di Dakar, i “soli” 12,000 cfa non son poi tanti, ci andrò anche io. Ora sono le 7,00, fuori è ancora notte, son curioso di vedere gli sviluppi della giornata, puntualissimi, stiamo attraccando. Il buio lascia presto spazio all’alba, scesi dalla nave, in bus siamo trasferiti alla sala consegna bagagli. Ana e Maria molto gentilmente attendono i 30 minuti necessari perché io torni in possesso dello zaino; grazie all’attesa, all’uscita dall’area portuale non troviamo confusione. Con 5000 cfa in tre, siamo trasportati all’Hotel Ocean. Io ho la brutta sorpresa delle tariffe, la prima vera grande imprecisione della mitica Lonely Planet: da 12,000 segnati, me ne chiedono 20,000. Non ho voglia di iniziare la ricerca, da solo, di un nuovo alloggio, ne di separarmi dalle amiche spagnole; almeno per la giornata di oggi, cedo e pago anticipatamente la singola al prezzo richiesto. Finalmente ho una presa per la mia taglia capelli, faccio la prima doccia calda in questo Paese. Che goduria! Ana e Maria attenderanno le 11,00 per avere la loro camera. Per Dakar, questo Hotel, ha un buon rapporto qualità prezzo. Diciamo che noi valutiamo gli alberghi con le stelle, in Senegal le stelle sono solo in cielo; per gli standard internazionali, all’Ocean di stelle ne darei tre meno meno; “lui” se ne da quattro. Le due amiche, che in nave hanno alloggiato in un ponte inferiore e sofferto parecchio la navigazione, sono a fare in riposino. Voglio comprare delle sigarette, con questa scusa esco dall’hotel per fare un giretto. Dopo pochi passi, mi fermo ad osservare un abito tradizionale bianco, bello e sobrio, da uomo; la commessa quasi mi trascina dentro il negozietto. Dentro una ragazza dalla pelle bianca sta trattando un vestito rosso. Dopo due parole, scopriamo di alloggiare presso lo stesso hotel, si chiama Laura, ha ventuno anni ed è sudafricana. Parlando esclusivamente inglese, dall’arrivo in Senegal si è annoiata a morte; le è stato offerto il biglietto aereo, completamente inesperta in viaggi, è la prima volta che esce dal proprio Paese. Dopo oltre due settimane in cui mi sono inventato il francese, parlare inglese finalmente mi rilassa, facciamo una passeggiata sotto il sole cocente. Mi racconta di avere un figlio di undici mesi, il padre è indiano e la cui cosa le ha creato grossi problemi in famiglia; parla della madre come una persona razzista che non ha accettato assolutamente ne l’unione ne il nipote dalla pelle scura. Lei ha una licenza di taxi, il compagno è disoccupato. Arrivata a Dakar da soli tre giorni, ha già terminato i soldi ed è in lista d’attesa per un volo con la South African Airlines per fare ritorno a casa; considerato il costo dell’hotel, quasi come una cosa naturale, decidiamo di condividere una stanza da pagare in due. Camminando arriviamo all’aeroporto, il solito noto casino. Andiamo oltre, arriviamo all’Hotel Cap Ouest, in una zona che ho ben conosciuto appena arrivato, avendo girovagato per quelle zone un giorno intero. Mi faccio un regalo che stavo attendendo e che sapevo di poter trovare qui: una pianta di baobab. Chiaro, intendo un butto delle dimensioni di una spanna, ma con due piccoli germogli all’apice. Ben confezionato in una bustina di plastica trasparente rifinita in tessuto sui bordi, con la garanzia scritta circa la provenienza e la produzione equa e solidale. Sono proprio contento! (chissà in che stato sono le terracotte …). Tornati in hotel, dopo i dovuti accordi con la Direzione, Laura si trasferisce nella mia stanza. Subito dopo ci gustiamo un bel bagno in piscina, siamo oltre i 30° in aria. Fatte le 18,00 ci accomodiamo sulla terrazza del ristorante che entrambi non abbiamo pranzato. Attendiamo la cottura di due grandi ed ottimi pesci circa un’ora. Il tramonto sull’oceano è spettacolare. Visto che Laura dovrà recarsi prestissimo all’aeroporto e la sveglia è per le 4,30 nella notte, dopo cena rientriamo in camera anche se sono passate da poco solo le 20,00. La televisione trasmette solo in francese, una noia. Fortunatamente il letto è enorme, ci si potrebbe dormire comodamente in tre, nelle poche ore in cui lo condivideremo nessuno darà noia all’altro. Fa ancora caldo ma fortunatamente non ci sono zanzare. Prossime le 22,00 Laura dorme al mio fianco ormai da un po’, io termino la scrittura circa la bella ed intensa giornata. Buonanotte. Click.
17.02.07 Dakar Yoff
Sono le 16,00. La nottata è stata alquanto movimentata.. Alle 5,30 della mattina, dopo essere uscita un’ora prima, Laura bussa alla porta della stanza. Il suo volo è stato annullato. Così come era uscita, vestita torna a letto. Essendo ad un solo km dall’aeroporto, gli aerei decollano sopra la nostra testa, con il noto rombo. Riprendiamo sonno per svegliarci definitivamente alle 9,00. Stanotte ho il volo di rientro. Il mio solo pensiero è tramutare il biglietto elettronico di ritorno in un qualcosa di cartaceo. Tornati in aeroporto, mi dicono che il box Alitalia non aprirà prima delle 22,00. Riprendiamo quindi le passeggiate per Yoff passando per l’albergo a prendere dei soldi. Finalmente rivedo Ana e Maria che volevo proprio salutare prima della loro partenza, il loro aereo per Madrid parte alle 16,00 il mio alle 2,00 di domattina. Anche loro lamentano i notevoli rumori di fondo dell’alloggio; avendo dormito poco e male sulla Wilis, sono esauste. Salutate le spagnole e presi i soldi io sono pronto. Laura vuole realizzare un paio di desideri: prendere un djembè modello mini ed una pianta di papaya richiesta da casa per le proprietà curative del decotto della corteccia. Il djembè lo troviamo presso lo studio del noto artista pittore. Il sole tornato bollente, ci fa sedere ancora al Cap Ouest che si trova proprio di fronte l’”atelier”. Ci smezziamo una bottiglia di Gazelle, ormai fatte le 13,30 dividiamo anche una “pizza” ai frutti di mare e formaggio. Oggi l’oceano se la ride della grossa sotto il sole, onde di due metri infrangono sulle rocce nere della costa di Yoff. Trovare la pianta di papaya sembra non essere cosa semplice. Torniamo dall’artista a chiedere consigli; grazie ai 5000 cfa pagati poco prima per lo strumentino, nel giro di mezzora ci procura una piantina molto bella completa della propria zolla. Laura è felice. Torniamo al nostro hotel, mancano poche ore alla partenza. Brindisi con vini bianco spagnolo, in cartone, l’equivalente del nostro Tavernello, pagato 3700 cfa, circa 6 euro. Considerati la notte rumorosa ed il vino al quale non sono più abituato, all 17,00 decido per un sonnellino, punto la sveglia per le 19,30. Laura che ha preferito non dormire, mi sveglia entrando in camera felice mostrandomi nuovi acquisti: gonnellone e giubbotto in jeans pagati 10,000 cfa, non proprio di mio gusto ma lei ne è entusiasta. Alle 18,30 dopo una ultima doccia, fatti i bagagli, sono pronto per cercare un taxi per l’aeroporto. Saluto Laura. Ci scambiamo un lungo bacio a testimonianza di amicizia e stima per i due giorni trascorsi insieme, nella dedica scrittami sul diario di viaggio, parla di me come un amico discreto… ricorderò con piacere questa giovane sudafricana piena di entusiasmo. Sono ora nel casino dell’aerostazione, sono carico di pesi ma ben vigile, oramai scafato, anticipo con decisi “no merci” ogni tentativo di contatto da parte dei noti procacciatori.. ho alcune ore d’attesa davanti e non ancora i biglietti per Milano e Venezia in tasca. Mi siedo per l’attesa al ristorante del piano superiore. Bevo una birra che pago una enormità come al solito negli aeroporti, poi, anche per fare passare in qualche modo il tempo, ceno con il peggiore pesce mangiato in Senegal. Poco prima di mezzanotte, presi i bagagli, vado all’imbarco dove ricevo finalmente i biglietti, consegno lo zaino, passo la dogana. Sono nella zona dei tax free shops, che vendono le Marlboro ad un prezzo superiore che i tabaccai in giro per il Paese… c’è grande movimento, ho calcolato bene le risorse e torno solo con qualche moneta locale. Convinto dal prezzo accattivante, 20 euro, mi compro un djembè di medie dimensioni, ottimo legno ed ottimo suono. Beh, tornare senza lo strumento della tradizione… Ammazzo l’attesa suonando molto bene come ogni volta che l’adrenalina mi scuote, i locali che sentono mi offrono cenni sorpresi di apprezzamento. Arriva l’imbarco. I nostri piloti ed aeromobili sono i migliori del mondo, mi chiedo come siano riusciti certi dirigenti a sconquassare la nostra compagnia di bandiera… misteri e malaffari italiani. Milano, è il 18 febbraio; la mattina è grigia, gli 8° dell’aria mi fanno un certo effetto! Dopo un brevissimo volo sono di ritorno a Venezia. Devo denunciare il mancato arrivo dello zaino (la prima volta nella vita) e fatto ciò, con l’assicurazione che mi sarà recapitato direttamente a casa, ho la fortuna di trovare subito la corriera per Padova appena fuori l’uscita. A Venezia c’è il sole, una bellissima giornata che alza la temperatura a 14°. Poco dopo le 15,00 passiamo davanti Ikea a PD Est, mi stanno aspettando dopo le lunghe ferie. Percorro a piedi (ho solo lo zainetto ed il djembè) i 2 km dalla fermata della Stanga sino a casa. Il sole aiuta il mio umore. A casa non è successo nulla e non trovo brutte sorprese. Sono esausto. Frastornato. Tornare da un viaggio non mi fa mai piacere, questo in particolare, direi sia stato il più duro mai affrontato. Sono sano e salvo. Grazie al Dio dei Viaggiatori ed a zia Alcimeda. Il “Casamance in solitario, con cuore ed occhi di cristallo” è proprio terminato. Avrò bisogno di un certo tempo per interiorizzare tutte le esperienze fatte… Ad ognuno di voi auguro di vivere sempre avventure in pace, amicizia e senza imprevisti come anche questa volta è successo a me. Vi abbraccio.
Fabrizio