racconto di viaggio dal 19 al 25 gennaio di Roberta
Era un viaggio desiderato da tanti anni, sempre rimandato in quanto non riusciamo ad avere due settimane di ferie durante il periodo in cui le balene si trovano in questa area, alla fine decidiamo di effettuarlo in soli 10 giorni, concentrandoci sulla parte meridionale della penisola, lo stato della Baja California Sur. Limitiamo il resoconto ai giorni effettivamente trascorsi qui, tralasciando i lunghi voli intercontinentali su Los Angeles e la mezza giornata di margine che ci siamo tenuti al ritorno, visti i lunghi tempi per l’immigration e il check-in negli aeroporti americani. A tal proposito segnaliamo l’informazione dataci dall’impiegato che ci ha registrato all’ingresso negli USA: quando si esce dagli USA per il Messico, se si rientra entro 30 gg, si può conservare il cartoncino verde che viene attaccato sul passaporto, in questo modo non è più necessario compilarlo al ritorno. Bisogna però dirlo agli addetti della compagnia aerea che fanno il check-in per l’uscita, altrimenti lo staccano. Purtroppo si deve comunque passare dall’immigration, dove prendono nuovamente le impronte digitali e la foto.
1° giorno, Los Angeles – San Josè del Cabo – Ciudad Constitucion
Di buon mattino andiamo in aeroporto dove prendiamo il volo della Alaska Airlines, che parte da LA alle 8 arriva a San Josè del Cabo alle 11.30 (il volo dura 2 ore e mezza, ma c’è un’ora di fuso orario di differenza). L’abbiamo prenotato su internet, è economico, la conferma è arrivata immediatamente, è partito in perfetto orario, il personale di bordo è cortese ed efficiente e i piloti sono prodighi di informazioni (hanno anche una notevole divisa, che comprende giubbotto di pelle da top gun).
Dopo la lunga fila alla dogana, in parte all’aperto sotto un caldo sole, ritiriamo l’autovettura a noleggio che avevamo prenotato (la scelta è ampia, fare attenzione alle assicurazioni incluse!) e ci dirigiamo verso La Paz, percorrendo l’affollatissimo “Corridor”, costellato da hotel di lusso (avevamo letto fosse una specie di Cancun, per fortuna non è ancora così: speriamo si fermino in tempo!) e passando per Cabo San Lucas e Todos Santos: la giornata è splendida, ci sembra anche di vedere gli spruzzi delle balene quando la strada costeggia l’oceano Pacifico. Ci fermiamo a un bancomat per un po’ di contante messicano, anche se i dollari possono essere usati dappertutto senza problemi; le carte di credito sono invece accettate solo nei locali di alto livello, a volte con una maggiorazione di prezzo.
La strada è in buone condizioni, ma nel tratto del Cabo c’è traffico e anche dei lavori di ampliamento, quindi procediamo più a rilento di quanto pianificato. Quando non si vede il mare o l’oceano, il panorama è interamente costituito montagne brulle ricoperte da cactus, soprattutto quelli alti e sottili, con le braccia, tipo saguaro, che qui chiamano cardones; ce ne sono a migliaia, molti abitati da uccelli, che fanno il nido sulla sommità o nei buchi lungo il tronco o i rami.
Da La Paz proseguiamo per Ciudad Constitucion, in totale sono poco più di 400 chilometri, ma arriviamo a sera tardi e il primo albergo che incontriamo è pieno. Presi un po’ dal panico ci sistemiamo all’Hotel La Conchita, che la Rough Guide dice essere il migliore, la Lonely Planet ne segnala un altro ma non lo troviamo. Purtroppo si rivela molto peggio delle nostre aspettative, la camera è desolante, fredda e non proprio linda, di certo economica: solo 270 pesos, circa 18 euro. Ci consola l’idea che il posto è strategico per arrivare presto la mattina dopo a Puerto San Carlos, da dove si parte per l’avvistamento delle balene nella Bahia Magdalena.
2° giorno, Ciudad Constitucion – Bahia Magdalena – Guerrero Negro
Dopo aver girato un po’ per il paese di Puerto San Carlos alla vana ricerca del porto da cui partono le escursioni nella baia, parliamo con alcune persone che aspettano per una barca prenotata il giorno prima e un barcaiolo che ci dice che è necessario uscire molto in mare aperto per avvistare le balene. In giro non c’è alcuna indicazione, ci fermiamo quindi all’Hotel Brennen, che avevano contattato più volte invano via e-mail prima di partire, che ci dice che i partecipanti alle loro escursioni sono già partiti, li possiamo raggiungere alla spiaggia e ci danno una mappa con alcune indicazioni, difficili da seguire. Alla spiaggia (probabilmente non quella indicataci) arrivano un paio di auto con “panga” al seguito (si chiamano così le imbarcazioni che usano qui), uno degli autisti ci accompagna ad una agenzia vicino all’ingresso del porto commerciale, dove compiliamo un modulo e concordiamo una durata di due ore e mezzo. Non ci sono altri turisti in attesa in quel momento e non viene dato alcun aiuto a condividere la barca con altre persone per ridurre il costo, quindi dobbiamo pagare per intero l’importo di 1500 pesos, ma almeno avremo la panga tutta per noi.
A questo punto capiamo per bene come funziona tutto il meccanismo delle escursioni:
– l’agenzia raccoglie la richiesta e contatta un proprietario di barca (panguero)
– il proprietario di barca arriva in auto con barca al seguito e prende i giubbotti di salvataggio per le persone prenotate
– si avvia verso la spiaggia (non c’è un porto !!) seguito dai turisti sulla loro auto
– il panguero fa salire i turisti, mette in acqua la panga e parte alla ricerca delle balene.
Dopo una prima ricerca all’interno della baia, ci spingiamo all’esterno, nell’Oceano Pacifico; la panga è veramente minuscola, non c’è radio e i barcaioli non comunicano tra di loro.
Dopo più di un’ora, quando a dire il vero cominciavamo un po’ a disperare, avvistiamo lo sfiato di una balena, poi un altro ancora, si mette via il binocolo e si sfodera la macchina fotografica: il clima sulla panga è decisamente cambiato. Le balene, fino a quattro contemporaneamente, affiorano con il rumoroso spruzzo, respirano alcune volte nuotando tranquille, quindi si immergono sollevando la coda in bella mostra: semplicemente fantastiche! Anche le altre barche arrivano vicino a noi, questo ci fa pensare che il nostro panguero sia stato bravo ad avvistarle e dobbiamo dire che è molto bravo anche a seguirle, ci fa sempre essere in prima fila al momento della riemersione.
Al ritorno ci fa ammirare anche alcune colonie di uccelli marini e dei leoni marini sdraiati su una boa di segnalazione. Sbarchiamo in una spiaggia vicina a quella di partenza, ma non la stessa, probabilmente in quanto c’è la bassa marea e la morfologia della costa è decisamente cambiata. E qui dobbiamo ricrederci sull’organizzazione delle escursioni: un collega del barcaiolo ci sta aspettando sulla spiaggia con una autovettura per trainare in secca la panga e permetterci di scendere senza bagnarci.
Siamo decisamente entusiasti dell’esperienza, aggiungiamo anche che era una splendida giornata di sole, non troppo fredda, nemmeno quando eravamo in mare aperto.
Ma non c’è tempo da perdere, per sera dobbiamo arrivare a Guerrero Negro, dove abbiamo prenotato escursioni e pernottamento con l’agenzia Malarrimo, che secondo le già citate Rough Guide e Lonely Planet hanno il miglior ristorante, hotel, camping ed escursioni della zona. Devo dire che questo corrisponde a verità: la camera è molto spaziosa, pulita e curata nei dettagli, è fredda ma ci sono 3 panni nei letti. L’acqua calda non manca, la dotazione di asciugamani è buona (dimenticavo: al ricevimento ci avevamo chiesto una cauzione di 50 pesos che ci aveva lasciati perplessi, l’hanno poi restituita regolarmente alla partenza) e c’è anche la macchina per il caffé con cialda e zucchero.
Ci concediamo anche la prima vera cena della vacanza nel ristorante dell’hotel, ottima impressione e ottimo cibo, spendiamo 260 pesos per un cesto di totopos (qui si chiamano così le tortilla chips) e un abbondante piatto col pesce del giorno accompagnato da vari contorni. Un deciso miglioramento rispetto alla sera precedente, che speriamo resti un’eccezione.
3° giorno, Guerrero Negro – Penisola Vizcaino – Sierra di San Francisco
Il giorno dopo effettuiamo l’escursione nella Sierra di San Francisco, con un pulmino fuoristrada e un autista/guida che parla solo spagnolo, ma ci dà molte informazioni sulla conformazione del territorio, la flora e la fauna veramente variegata del luogo. Si ferma inoltre nei punti più strategici per farci ammirare e fotografare il panorama, osservare le piante (è veramente incredibile la varietà e la quantità di piante spinose che ci sono, sia qui che in tutta la zona) e anche dei graffiti. Lungo la strada principale ci sono alcune grandi fattorie, integrate da industrie conserviere e lattiere o caseifici per la lavorazione delle materie prime prodotte, soprattutto latte e pomodori. Si tratta di vere e proprie città autonome, con abitazioni, scuola, chiesa e altri servizi.
Ai lati della stradina verso la Sierra vera e propria (molto dissestata, in alcuni punti veramente stretta e accidentata, da percorrere a passo d’uomo: impensabile affrontarla senza un fuoristrada) ci sono alcune fattorie, con allevamento di capre e pecore: tutto sembra molto povero e desolato, ma forse non è così, visto che sul tetto c’è immancabilmente la parabola per la ricezione di SKY. Arriviamo al paese di San Francisco della Sierra, dove si paga l’ingresso per visitare le pitture rupestri tutelate anche all’Unesco e caricare in auto la guida che deve accompagnare ogni gruppo di visitatori. Purtroppo è visitabile solo la Cueva del Raton, che è comunque molto ben conservata e si possono ammirare molti disegni, anche di grandi dimensioni, facilmente identificabili e interpretabili.
Nell’escursione è incluso anche il pranzo a pic-nic, ci fermiamo in una piccola area a lato della strada, protetta da un albero e alcuni massi, la guida allestisce un tavolo con alcune sedie e mangiamo ottimi camarones al pomodoro e burritos assortiti.
4° giorno, Guerrero Negro – Mulege
La mattina successiva siamo prenotati per l’escursione nella laguna Ojo de Liebre per l’avvistamento delle balene. Purtroppo il cielo è grigio, la luce scarsa e il colore della laguna, delle saline e spiagge circostanti tende ad uniformarsi: inoltre è veramente freddo, dobbiamo ricorrere a tutti i capi pesanti che abbiamo con noi per proteggerci in qualche modo. Lo spettacolo è completamente diverso da quello di Bahia Magdalena: qui le balene sono estremamente tranquille, si avvistano con estrema facilità e in gran quantità, si possono seguire per molto tempo, in quanto nuotano in superficie a lungo.
Mancano però le emozioni forti: non c’è la gioia di avvistarle, troppo facile; non c’è la possibilità di osservarle da vicino, le barche rispettano (giustamente) le norme di comportamento che vietano di avvicinarsi troppo e le balene non sembrano incuriosite da noi, solo una passa sotto la barca e spunta vicino al bordo opposto; non c’è il fotogenico colpo di coda, in quanto l’acqua è poco profonda e si immergono gradualmente.
Resta comunque uno spettacolo unico, ritornando verso il molo possiamo anche osservare vari tipi di uccelli marini, tra cui una coppia di aquile di mare nel nido.
Nota sull’organizzazione di Malarrimo: sia sull’auto che sulla barca c’è la radio e le guide comunicano continuamente con la base; anche sulla laguna non manca il cesto pic-nic con ampia scelta di bevande fredde, ma forse un bel caffé bollente sarebbe stato preferibile.
Il comfort delle camere, la qualità del ristorante e la puntualità delle escursioni ci ripaga del costo sopportato per la prenotazione: un bonifico swift carico di spese sia della nostra banca che della loro.
Di nuovo sulla nostra auto, verso San Ignazio, deliziosa cittadina in una oasi di palme, con una grande Missione sulla piazza principale, su cui si affacciano anche graziosi bar e altri esercizi. E’ pure caldo e possiamo concederci una piacevole camminata in maglietta: sarà l’unica della vacanza senza rimpiangere almeno una felpa! Abbiamo dato anche un passaggio ad un ragazzo italiano, che sta viaggiando per la penisola in autobus e autostop, visto che i pullman sono pochi e costosi.
Ormai sappiamo che le strade sono sempre in buone condizioni e fortunatamente consentono una velocità di almeno 20-30 km/h oltre il limite, gli autovelox non sembrano ancora arrivati e così si riescono a percorrere le ampie distanze in tempi ragionevoli. Ci sono comunque tre posti di blocco fissi, due di sicurezza e uno di controllo fito-sanitario, che fanno perdere un po’ di tempo, più per la fila che per l’ispezione dell’auto; i militari sono comunque gentili e hanno un atteggiamento amichevole.
Ci dirigiamo poi verso il Mare di Cortez, purtroppo il cielo è sempre grigio e il panorama non è bello come l’avevamo intravisto guidando verso Nord due giorni prima. Facciamo una sosta a Santa Rosalia, per ammirare la chiesa in ferro progettata da Gustav Eiffel (proprio quello della famosa torre di Parigi) e acquistare un po’ di delizioso pan dulce alla storica Panaderia El Boleo, ne usciamo con 4 enormi biscottoni che fanno onore alla loro fama.
Per la notte abbiamo prenotato dall’Italia una camera al bed & breakfast Casa Granada di Mulege, che abbiamo pagato via Paypal, molto più comodo del bonifico bancario, visto che la garanzia con carta di credito è accettata solo dagli alberghi più grandi e costosi. Anche in questo caso si tratta di una struttura graziosa e curata, la camera ha una bellissima vista sull’estuario e la baia circostante, purtroppo il freddo e la pioggia non ce la fanno apprezzare appieno. Per cena esploriamo l’offerta di ristoranti di Mulege, abbastanza varia viste le piccole dimensioni della cittadina (circa 3000 abitanti, il numero esatto è riportato nel cartello all’inizio del centro abitato) e scegliamo Los Equipales, con una bella terrazza (chiusa da vetrate) sulla via centrale. Dopo un antipasto di totopos offerto dalla casa e una zuppa calda inclusa nel menu, ci deliziamo con gamberoni e ottima carne alla grigia, il tutto accompagnato da vari contorni cotti, come da nostra richiesta (il ristorante ha un aspetto veramente pulito e affidabile, la cucina è a vista, ma preferiamo non rischiare con la verdura cruda, pur così di bell’aspetto). Il tutto per circa 25 euro, che in Italia non bastano nemmeno per una pizza.
5° giorno, Mulege – La Paz
Alla mattina non piove più, ma il cielo non promette niente di buono; manca perfino la corrente elettrica, la signora ci aveva avvisato di questa possibilità mostrandoci la dotazione di candele della camera. Ripartiamo quindi verso Sud, costeggiando ancora il mare di Cortez e sostando brevemente in alcune spiagge, dove giganteschi RV (Ricreational Vehicle = camper) americani sostano tranquillamente. Ci fermiamo più a lungo a Loreto, per una passeggiata sul malecòn (lungomare) e all’interno. Nella piazza principale, oltre alla impeccabile Missione, c’è una manifestazione sulla protezione della tartaruga marina, con la partecipazione di associazioni da tutto il mondo; questo ci spiega anche perché non eravamo riusciti a trovare una camera libera per la notte.
Facciamo quindi una deviazione per Nopolo, una stazione balneare internazionale in costruzione: in pratica qualcuno ha stabilito che lì, poco a sud di Loreto, dovevano essere costruiti hotel, residence, condomini, centri commerciali, impianti sportivi, marine per attirare abitanti, turisti, acquirenti e nuovi investitori. Si sono parecchi cantieri, ma gli abitanti e i visitatori sembrano ancora pochini. Chi vivrà vedrà.
La strada ritorna quindi all’interno, passiamo di nuovo per Ciudad Constitucion, ma stavolta siamo più sereni: abbiamo già prenotato un hotel a La Paz! Da Mulege a La Paz sono oltre 500 chilometri, ma ci spingiamo anche oltre per ammirare le splendide spiagge della penisola di Pichilingue, in particolare quella di Porto Ballandra, con la formazione rocciosa a forma di fungo. C’è anche un bel sole, quasi al tramonto, e nella spiaggia ben riparata dal vento si sta veramente bene e la camminata lungo la baia è molto piacevole.
Visto che l’Hotel La Concha dovrebbe avere la spiaggia privata, già pregustiamo un bagno per la mattina successiva. Nel frattempo ci godiamo il panorama dal lungo malecòn di La Paz, purtroppo il tramonto è guastato dalle nuvole. Ci sono panchine in ferro battuto, statue, curatissime piante e la pavimentazione è un’opera d’arte, dall’altra parte della strada c’è ampia scelta di ristoranti, che valutiamo per la cena. Prima però riusciamo a visitare anche la piazza centrale Jardin Velasco e la Cattedrale, addentrandoci per le stradine all’interno, piene di negozi di ogni genere.
Scegliamo di cenare al Carlos’n Charlies, scegliendo un posto nella terrazza all’aperto, dove con il giubbotto pesante addosso si sta bene. Ci sono anche due musicisti dal vivo in un gazebo sul malecòn che ci allietano la serata con canzoni tipiche.
Anche qui ci portano subito un cesto delle immancabili totopos, con salsa preparata direttamente nel mortaio davanti a noi: decisamente coreografico, anche se la presenza di verdura cruda ce la fa mangiare con circospezione, ma ormai siamo qui da 4 giorni e pensiamo di esserci adattati abbastanza da osare un po’.
Arriva quindi la fajitas, fumante e scoppiettante sulla piastra calda, ma sono soprattutto le deliziose tortillas a colpirci: si sciolgono in bocca e hanno un sapore delicatissimo.
6° giorno, La Paz – San Josè del Cabo
La giornata si presenta bene e ci rechiamo in spiaggia con le migliori intenzioni di tipo balneare: si tratta pur sempre di una spiaggia e di un mare tutelato dall’Unesco, come abbiamo letto in un monumento sul malecòn dedicato a questo riconoscimento. Appena immergiamo i piedi cambiamo subito idea, l’acqua è gelata, ci limitiamo a una breve passeggiata, osservando i pellicani che si tuffano per pescare, in modo piuttosto redditizio dobbiamo dire, visto che ingoiano un pesce quasi dopo ogni tuffo.
Riprendiamo la macchina e guidiamo ancora in direzione Sud. Una breve sosta al passaggio del Tropico del Cancro, segnalato da un monumento a forma di globo terrestre, circondato da cactus e da una rete metallica, che non è triste in quanto sembra disegnare sul globo i paralleli e i meridiani.
C’è anche una colorata cappella dedicata alla Madonna. Quindi via verso l’Intercontinental Hotel El Presidente, un piccolo lusso che ci siamo concessi per riprenderci dalle fatiche dei giorni precedenti, nei quali sfruttando il jet let siamo sempre partiti dall’hotel prima delle 6 di mattina! Indugiamo nel pranzo, classico buffet internazionale, piccolo ma curato, insomma di qualità più che di quantità, poi ci rilassiamo nella bella spiaggia, ampia e lunghissima. Il sole è velato, ma scalda abbastanza, finché il vento resta entro limiti accettabili. Dopo scendiamo verso il mare, che si è un po’ ritirato e si cammina molto bene sul bagnasciuga. Una passeggiata per vedere gli hotel dal mare, un’altra passeggiata lungo la strada per vedere un po’ di modernità (centri commerciali e fast food stile USA che solo qui sono arrivati) e rientriamo per cenare nel ristorante-grill La Terrazza, all’aperto: c’erano i funghi per il riscaldamento, proprio come a Bologna. La cena è comunque eccellente.
7° giorno, ritorno
Dopo una abbondante prima colazione, in stile messicano (pan dulce e frutta) / americano (pancakes, muffins e donuts) ci godiamo ancora un po’ di relax in spiaggia (ci sono alcune balene al largo, si possono vedere gli spruzzi dalla riva) e in piscina, più riparata dal vento, e ci avviamo verso l’aeroporto per ritornare verso Los Angeles e quindi a casa.
Facendo un po’ di shopping a Los Angeles notiamo come le montagne siano innevate, ma l’aria è tiepida: una ventata di primavera che rende ancor più piacevole il bellissimo panorama offerto. Il cambio favorevole euro/dollaro fa il resto e possiamo ripartire per l’Italia con il bagaglio un po’ più pesante di quando siamo partiti, oltre che con una positiva esperienza di viaggio in più.