Thailandia 2009


THAILANDIA UN PARADISO

(racconto di viaggio dall’8 al 23 febbraio di Nicoletta)

Ayutaya_1Abbigliamento: Informale, pratico, comodo e leggero all’aperto, al chiuso (alberghi, ristoranti, taxi, metro, etc) è INDISPENSABILE munirsi di un maglione di cotone a maniche lunghe per proteggersi dall’aria condizionata sparata a palla. Seguite il consiglio se non volete ammalarvi. Nella visita a Templi o Palazzi è proibito indossare vestiti trasparenti, magliette/camicie senza maniche, abbigliamento sportivo, vestiti attillati, pantaloncini corti e minigonne, pantaloni al ginocchio e al polpaccio, prendisole, sciarpe, sandali, abbigliamento da spiaggia. Le spalle vanno sempre coperte e si entra scalzi. Nel Palazzo reale di Bangkok l’etichetta è più rigida: mezze maniche per uomini e donne, pantaloni lunghi per gli uomini, pantaloni lunghi o gonne al ginocchio per le donne. Se avete deciso di visitare il palazzo e non siete adeguatamente vestiti, vengono noleggiati abiti puliti ad un prezzo irrisorio. Anche nelle abitazioni dei tailandesi si entra scalzi, tale regola viene applicata anche nei negozi e nei locali delle località meno turistiche. Si consiglia di portare l’indispensabile e di acquistare in loco quello che manca, vi rifarete il guardaroba con poca spesa, in alternativa mandate i capi in lavanderia in alcuni posti il costo è di 70 bath/kg, in altri a capo camicia 30 bath, pantaloni 35 bath, slip 15 bath, calze 15 bath etc.
Acqua
: L’acqua dei rubinetti non è potabile o quanto meno non lo è per noi per mancanza di idonei anticorpi. Ogni giorno dovrebbero esser lasciate nella stanza una/due bottigliette d’acqua con la scritta “complementary” gratuite. Tutto quello che viene prelevato dal minibar è da pagare.
Acquisti: Oltre alle imitazioni di tutto ciò che è europeo ed americano, nei mercatini si trovano oggetti in legno, argenti, antiquariato, quadri. Occhio alle fregature con le pietre preziose e semipreziose vendute per la strada ed anche nei negozi, spesso sono resine sintetiche e vengono fabbricate in Cina o in Germania. Contrattare sempre il prezzo, quello giusto è meno della metà di quello richiesto. Sui prodotti elettronici/informatici si risparmia circa il 30% in meno rispetto all’Italia, inoltre c’è il VAT REFUND, cioè all’aeroporto di BKK vi restituiranno il 7% della spesa sui citati prodotti, per somme superiori a 5.000 bath e sempre che il negoziante vi abbia rilasciato il modulo previsto dalle norme (attenzione però a fare il doppio riscontro all’aeroporto di BKK, prima e dopo il check-in).
Bagaglio aereo: Di norma il peso autorizzato dai vettori è di 20 kg/persona per la classe economica e di 30kg/persona nella business. L’eccesso di peso può essere tassato con 1100 bath/kg da pagare in loco.
Cambio abbastanza favorevole, ma l’importante è cambiare almeno da € 50 in su, perché per i tagli più piccoli il cambio è più svantaggioso. Si trovano innumerevoli banche: dalla Krung Thai, alla Siam Commercial, alla Ayudhaya, ecc, mai cambiare denaro negli alberghi, i quali offrono un tasso minore prendendosi una commissione enorme sull’operazione, cosa che le banche non chiedono.
Carte di credito: A volte gli albergatori o i commercianti provano ad applicare una sovrattassa del 3%, rifiutare o chiedere che venga evidenziata nella ricevuta per segnalare il fatto alla società titolare della carta, chiedendo la restituzione dell’importo. Non perdete mai di vista la carta onde, evitare che vengano fatte strisciate che possano essere successivamente usate per addebiti nel medio, lungo tempo.
Cassaforte: Depositare i documenti personali, quelli di viaggio, eventuali oggetti di valore nella cassaforte o presso la reception portando con se la fotocopia del passaporto ed il biglietto dell’hotel con la scritta in sanscrito da mostrare ai tassisti o a chi ritenete necessario.
Diffidate di chi vi offre di accompagnarvi ad una serie di templi, per un prezzo irrisorio; è una truffa! Vi porteranno in diversi negozi, per farvi spendere qualche soldo.
Elettricità: Il voltaggio è di 220 volt (50Hz) con spine doppie a punta rotonda o piatta.
Hotel: E’ possibile che nella compilazione del modulo di registrazione vi vengano richiesti anche gli estremi della carta di credito come garanzia per gli extra. Se li date all’atto della partenza chiedere la restituzione della ricevuta, in alternativa potete dichiarare di esserne privi e lasciare un deposito in contanti. In ogni hotel prendete un biglietto da visita, sono solitamente esposti alla reception in bella mostra, potrà esservi utile per tornare in albergo. Non tutti i tassisti e i guidatori di tuc-tuc conoscono l’inglese ed i biglietti dal lato opposto sono in tailandese.
Mance: Non sono obbligatorie, ma gradite in segno di apprezzamento per il servizio reso. Controllate sempre le ricevute rilasciate dai ristoranti e bar in quanto possono già contenere il servizio nella misura del 10% e le tasse nella misura del 7%. In questo caso non lasciate nulla se lo sono già preso.
Muai-Thai o Boxe Thailandese
: A Bangkok gli incontri negli stadi ufficiali iniziano alle 18.30, raggiungono l’apice verso le 22.00 e terminano intorno alla mezzanotte. Se da un lato si può essere d’accordo sui prezzi differenziati per i locali, al Ratchadamnoen Boxing Stadium si raggiungono livelli esagerati: € 20/40 per il turista contro € 4/6 per il tailandese ed è tutto organizzato perché gli stranieri non possano che pagare queste cifre. Se Chiang Mai è tra le vostre mete andate lì a vedervi un incontro, costa € 8 in un ring all’aperto nella zona del Night Bazaar.
Monaci
: Una donna non può rivolgersi loro o toccarli.
Noleggio motorini: Non esiste alcuna forma di assicurazione per cui in caso di incidente dovete pagare direttamente e siccome siete un “turista” è difficile che vi venga riconosciuto che avete ragione. In caso di gravità rivolgersi al consolato italiano del luogo. Per ridurre le possibilità di contenzioso con chi vi ha affittato il motorino controllate attentamente che non sia danneggiato, che funzioni bene in caso così non fosse cambiatelo o segnalate i danni al proprietario prima di  prenderlo in affitto. Non consegnate MAI il passaporto solo la fotocopia se non gli va bene RINUNCIATE e/o provate altrove.
Noleggio scooter:
Per gli scooter non ci sono problemi, si trovano facilmente ad un prezzo intorno ad € 3 al giorno. Il casco è obbligatorio per il guidatore, nonostante venga usato poco dai locali.
Noleggio vetture: le auto affittate presso Hertz, Avis etc sono assicurate, però controllate che l’assicurazione copra tutti i rischi. Un navigatore satellitare che parli inglese è vivamente consigliato perchè i cartelli stradali sono in Tailandese (alcuni con sottotitoli in inglese) e le indicazioni turistiche lasciano molto a desiderare come precisione. Quasi tutte le strade sono in buone condizioni. Da porre estrema attenzione a posti di blocco volanti della Polizia nei posti più impensati di strade e autostrade a tutte le ore del giorno e della notte (per lo più chiedono informazioni su provenienza e destinazione).
Puntualità e organizzazione
: I tailandesi sono molto puntuali e ben organizzati. Qualsiasi tour, viaggio organizzato, incontro, ecc. avviene in perfetto orario ed ogni tappa è scrupolosamente programmata. Se vengono a prelevarvi in albergo, siate pronti in anticipo, non capita di rado che si presentino 10/15 minuti prima dell’orario previsto.
Taxi-Meter
: Prendere quelli con questa scritta in quanto muniti di tassametro che all’inizio corsa parte da 35 bath. Se il tassista si rifiuta di attivarlo scendere subito dal taxi. Bisogna assicurarsi che il tassista abbia inserito il “METER”. Non vale la pena contrattare il prezzo con un tassista, chiederà sempre il doppio/triplo della tariffa. Se si rifiuta di inserire il Meter scendete e prendete un altro taxi.
Telefonini
: Acquistare una Sim Card della Thailandia ad un costo di circa 50 bath, con tale accredito non è possibile telefonare in Italia. Basta farla ricaricare di altri 300 bath per avere disponibile circa 20 minuti di telefonate. Prima dell’esaurimento della carica l’operatore vi segnalerà con un messaggio la necessità di ricaricare. Fra le sim card vi segnalo quella di nome “HAPPY” o quella di nome “1-2-call” Freedom che si può comprare presso i minimarket 7eleven. Quando è finito il credito basta fare ricariche da 100-200 bath alle casse dei family mart o dei 7eleven. Per chiamare in Italia dalla Thailandia: 001+39+prefisso della città con lo zero+numero dell’abbonato. Parlando con i locali mi hanno consigliato di telefonare utilizzando 008+39+ prefisso della città con lo zero+numero dell’abbonato ad un costo di 5bath/min o con lo 009 +….ad un costo di 7bath/min.
Transfer
dall’aeroporto al vostro quartiere: ci sono 4 linee di pullman che dall’aeroporto e viceversa raggiungono 4 macro zone della città alla modica cifra di 100 THB a testa. I taxi sono più cari ( circa 500 bath), i tuk-tuk è una tratta che non fanno anche per il costo della loro benzina e del pedaggio. Altra cosa molto importante: gli aeroporti della Thailandia sono muniti di numerose mappe gratuite della città, quindi non dimenticare di accaparrarne perché si riveleranno fondamentali per poter capire dove sarete e raggiungere le vostre mete, e anche da mostrare agli autisti di Taxi o Tuk Tuk per muoversi in città.
Tuc-Tuc
: Sono dei veicoli a tre/quattro ruote Non hanno tassametro. E’ indispensabile fissare preventivamente il prezzo della corsa onde evitare sgradevoli sorprese, anche se chiamate la polizia il “turista” ha sempre torto. Se non volete essere portati presso negozi che danno loro un buono benzina o una percentuale sulle vendite di sempre “no stop” e sorridendo declinate qualsiasi offerta. Il prezzo di una corsa di 5/8 km è pari a 40/60 bath se il prezzo è troppo basso c’è la fregatura. Contrattate sempre, fino all’inverosimile, riuscirete a risparmiare anche oltre il 60-70% della richiesta iniziale.
Usi e costumi:
Estremamente gentili e di animo mite, i tailandesi hanno la cultura del sorriso, al punto da insegnare ai bambini a sorridere in tutte le circostanze. Nonostante le barriere linguistiche è molto facile relazionarsi con loro. Tuttavia è bene conoscere alcune regole locali per rispetto alla loro cultura: 1) non alzare mai la voce – atteggiamenti aggressivi turbano profondamente i tailandesi ed immancabilmente si ottiene un effetto estremamente negativo 2) non toccare la testa di adulti o bambini 3) non rivolgere la pianta dei piedi verso persone o immagini religiose 4) togliersi le scarpe prima di entrare nei templi od ovunque sia richiesto 5) non praticare topless/nudismo sulle spiagge, anche in considerazione del fatto che la maggior parte dei Tailandesi fa il bagno con la maglietta 6) evitare atteggiamenti poco rispettosi verso la famiglia reale e le sue immagini.
Valuta e cambio: La valuta Thai è il bath. Il cambio varia quotidianamente, l’euro può essere cambiato negli exchange e nelle banche fra 46,30 e 47,70, negli alberghi anche 42,00. Non vengo applicate tasse, ma nelle banche richiedono il passaporto.
Voli charter
: Solo per essi sono previsti 700 bath/persona da pagare in aeroporto al momento del check in partenza dalla Thailandia. Nei voli di linea nulla è dovuto in quanto la tassa è già inclusa nel biglietto aereo.

BANGKOK
Bangkok è una delle città più entusiasmanti del mondo ed è conosciuta come Krungthep, “la Città degli Angeli”.
Sede da oltre 200 anni del governo è la ricostruzione dell’antica capitale Ayutthaya.
Durante il saccheggio di Ayutthaya da parte dei Birmani, il Generale Taksin e il generale Chakri organizzarono lo smantellamento della città, inclusi i templi, le case e le mura per farli trasportare sino a Bangkok dove venne ricostruita la città con le dimensioni dell’antica capitale.
Oggi Bangkok è una scintillante metropoli di sei milioni di abitanti con due affascinanti volti: quello della città vecchia con i palazzi e i templi del XVIII secolo e la città moderna con i suoi centri commerciali e le aree di sviluppo lambite dal fiume. Bangkok è traffico, rumore e smog, ma è anche una città incredibilmente vitale che offre un’infinità di eccellenti bar, ristoranti, discoteche, sale cinematografiche, teatri e manifestazioni culturali di livello internazionale. E inoltre templi buddisti e gallerie di arte contemporanea, incontri di boxe thailandese e pub heavy metal. Un viaggio in Thailandia non può che iniziare da qui, dalla sua capitale economica, storica e culturale.
La parola Bangkok significa “città delle olive selvagge” ma molti Thailandesi chiamano affettuosamente la loro capitale “Città degli Angeli”, la grande città degli immortali, la magnifica città delle nove gemme, la sede della dinastia Reale.
Bangkok è una delle città più cosmopolite di tutta l’Asia e l’espressione della moderna metropoli d’oriente, “la città in cui tutto si muove tranne che il traffico”.
Fondata come capitale della Thailandia nel 1782 per volontà e ad opera dell’attuale dinastia Chakri, Bangkok è sede di un grande patrimonio nazionale ed è il centro spirituale, culturale, politico, commerciale, didattico e diplomatico della Thailandia.

Bangkok_1Centri commerciali di Sukumvit road: raggiungibili con lo skytrain o con la metropolitana o in taxi. Fra i principali centri abbiamo: MBK regno dei falsi e della contrattazione, Siam Square Center (no falsi) da visitare l’acquario che si trova al piano interrato (750th), Siam Paragon, si trovano ad una distanza fra loro non superiore a 300 mt.
Khao San rd: E’ la via dei viaggiatori, ha sostituito Patpong. Viene chiusa al traffico alle 18,oo. E’ possibile cenare e fare acquisti da non perdere.
Lumphini: mercato notturno (night bazar) apre alle 16,00e chiude alle 24,00.
Massaggi: Thai massage, royal massage, foot massage, oil massage, aroma therapy. I centri SpA garantiscono professionalità e serietà a fronte di un costo che è tre, quattro volte quello che viene praticato nelle altre strutture. Esempio un foot massage costo 200-350 bath, in una spa 1200-1800 bath. Consiglio di guardare dall’esterno e se lo standard di pulizia vi sembra accettabile entrate.
Mercato di Chaktuchak
aperto la domenica prendere lo skytrain e scendere alla fermata Mo Chit.
Monete: 25 e 50 satang. 1-5-10 bath
Patpong 1-2: quartiere a luci rosse e dei falsi, la strada viene chiusa al traffico alle 18,00. Se si ha tempo visitare la Jim Thompson’s house (merita)
Sky train per spostarsi durante il giorno. Alla stazione ci sono le biglietterie automatiche con piantine delle due linee. Le stazioni di destinazione sono contraddistinte da numeri, basta indicare il numero della stazione ed inserire gli spiccioli. Il prezzo è diverso secondo la destinazione per informazioni rivolgersi agli operatori che si trovano dietro gli sportelli anche solo per sapere in quale zona si trova un posto o a quale fermata scendere. Portarsi qualcosa per ripararsi dal freddo, la sera taxi o tuc-tuc.

08/02/09 DOMENICA
Arrivati all’aeroporto, dopo 1 ora di fila per il visto, siamo usciti alla ricerca di un taxi che ci portasse all’hotel che avevamo già prenotato dall’Italia.
Sul sito dell’hotel era indicato che il costo del taxi dall’aeroporto era di b350=€7 circa. Ci propongono, in fretta e senza darci tanto tempo per pensare, b400. Vista l’esigua differenza accettiamo. Ci danno in mano un foglio su cui era scritta la cifra e ci indicano dove andare a prendere il taxi. Arrivati alla fila dei taxi, una signora ci prende il biglietto che ci avevano appena consegnato e ce ne dà un altro indicandoci il taxi da prendere. Ci avviciniamo al taxista il quale ci richiede il biglietto, glielo diamo e gli diciamo anche l’indirizzo dell’hotel. Parte e dopo 5 min ci dice che gli dobbiamo dare b600 perché era la cifra scritta sul foglietto. Ci scontriamo verbalmente, anche se la differenza è sostanzialmente di €4, ma non abbiamo intenzione di darglieli, così, arrivati all’hotel, prende e se ne va.
Questo piccolo tafferuglio ci ha messo in allerta sulle fregature che potevano trovarsi subito dietro l’angolo….. e così è stato.
Arriviamo all’hotel Buddy Lodge in Khao San Road (prenotato su booking.com, una stanza per 3 notti a b7200=€145) e ci dicono che la stanza che avevamo prenotato non c’era più ma ce n’era disponibile una “Delux” pagando una piccola differenza per un totale di b8000. Stanchi e affranti per trovarci un ulteriore ostacolo che sapeva di bufala, accettiamo.
Ed ecco iniziare una interminabile sequenza di fregature.
La stanza era abbastanza grande ma di “Delux” aveva solo il nome… pazienza, almeno sembrava pulita ed era in centro.
Decidiamo di fare un sonnellino per riprenderci un po’ e poi ci facciamo portare da un tuc-tuc in un’agenzia (TAT) autorizzata.
Prenotiamo la gita al mercato galleggiante e Ayuttaya per un totale di b3000=€60 in due e la signora inizia a volerci organizzare tutto il soggiorno della nostra vacanza. Resistiamo imperterriti, non farci organizzare proprio niente, ma cediamo per un hotel a Chiang Mai, nostra prox tappa, per 4 notti a b5000=€100 con colazione inclusa. Questa si sarebbe rivelata un’altra fregatura….ma di questo vi racconterò dopo.
All’uscita il tuc-tuc era fuori che ci stava aspettando così ci siamo fatti accompagnare all’MBK per fare un po’ di shopping e iniziare a prendere confidenza con i prodotti e i prezzi.
Per fare tutto questo giro il tuc-tuc ci chiede solo b50=€1. Noi eravamo felici di avere speso così poco ma poi abbiamo capito il meccanismo. I tuc-tuc ti chiedono poco quando ti possono portare da qualche parte dove facendosi vedere possono prendere la percentuale sull’acquisto fatto dal turista o dei buoni benzina se alla fine il turista non compra niente, in caso contrario sparano delle cifre pari a quelle dei taxi. Tant’è che dopo un giorno, avendo capito il giochino, ci muovevamo solo in taxi, dicendo di accendere il taxi-metter. Alla fine si risparmia.
L’MBK è un paradiso. 6 piani di negozietti dove si può trovare di tutto, dall’elettronica alla t-shirt……tutto rigorosamente “taroccato”. Dopo qualche ora di giri e un po’ di shopping, decidiamo di farci fare un massaggio, io un foot massage e Roby un Thai massage (un ora l’uno per un totale di b630=€14)…….siamo rinati.
Per cena ci facciamo consigliare un ristorante dove mangiare un po’ di pesce. Chiediamo ad un ragazzo dei tuc-tuc (ancora non sapevamo il meccanismo che ho raccontato prima) e ci porta al SEA FOOD MARKET. Mangiamo 1 granchio e 4 gamberi reali…per la modica cifra di b9000=€180. All’inizio pensavamo che si fossero sbagliati a scrivere uno zero in più, poi realizziamo che avevamo preso l’ennesima fregatura. Ahhhhh, abbiamo mangiato molto bene, ma per quella cifra avremmo mangiato anche in Italia. E in più hanno avuto il coraggio di chiedere il 3% di commissioni per il pagamento con la carta di credito. Per fortuna avevo letto dall’Italia che alcuni chiedono le commissioni per i pagamenti con le carte, ma basta dire che lo scrivano sulla ricevuta perché la banca ne deve essere a conoscenza e alla fine non te lo fanno pagare.
Dopo cena avevamo pensato di andare a PATPONG. Qui si trova qualsiasi tipo di oggetto, costoso o meno, taroccato. Borse, orologi, scarpe da tennis, penne, portachiavi, valigie, magliette, quadri, cd…. Tutto contrattabile e acquistabile per pochi spiccioli. Però ricordarsi che se nel vostro viaggio vi recate anche a Chiang Mai, il mercato serale lì è il più conveniente in assoluto: prezzi di partenza di almeno il 40% in meno che a Patpong, e come sempre contrattabile. Girando per il mercato si incontrano diversi personaggi che offrono spettacolini vari, che propongono anche alle donne.
Pat Pong Road, l’inferno – o il paradiso, dipende dai punti di vista – delle bancarelle e dei go-go bar. Decidiamo di andare a vedere un Ping Pong Show ma questa volta senza chiedere consigli ad autisti di tuc-tuc o amici improvvisati ma seguendo il nostro istinto.
Lo spettacolo non merita neanche qualche riga di spiegazione, considerata la tristezza e lo squallore, ma se, come noi, volete togliervi lo sfizio di vedere una cosa “diversa”, sappiate che tutti per strada propongono lo spettacolo per b100=€2 a testa per poi accompagnarvi dentro il locale e darsela a gambe non appena vi hanno messi nelle mani delle cameriere (?) del locale che vi obbligheranno a fare una consumazione pari a b500=€10.
Questo è stato il nostro primo giorno a Bangkok. Un insieme di delusione e rabbia. Ci avevano descritto il popolo Thai come persone educate, gentili, pronte ad aiutare alla prima difficoltà. Invece abbiamo incontrato persone disperate che hanno imparato a spremere il turista come un limone….ma lo fanno con il sorriso sulle labbra. Non un sorriso cinico. Nei loro volti c’è l’espressione di chi ha bisogno. Hanno imparato a premere il tasto che muove la sindrome della crocerossina in tutti noi. Ti schiaffano una bella fregatura e alla fine ti ringraziano con i loro modi tutti gentili. Così che tu turista che ti sei appena fatto fregare un bel gruzzoletto, non hai neanche il coraggio di arrabbiarti. Come si fa ad arrabbiarsi quando cominciano a piangerti in faccia e si piegano con le mani giunte in segno di preghiera? No comment. Attori da oscar! Morale della favola: ATTENZIONE!!!!!!!!
……ma per fortuna non tutti sono così!!!

09/02/09 LUNEDI’
Ci svegliamo un po’ ammaccati dalle esperienze negative del nostro primo giorno e ci corazziamo pronti per andare in guerra. Alziamo tutte le barriere e, muniti di cartina precedentemente presa al TAT, partiamo alla scoperta della BKK storica.
Lungo la strada ci ferma un uomo che inizia a parlarci dandoci indicazioni non richieste. Siamo sulla difensiva e vogliamo andarcene il prima possibile, ma poi lasciandolo parlare ci dice che oggi è festa nazionale (il giorno del Buddha) e molti siti sono chiusi. Ci consiglia un percorso indicando sulla cartina le situazioni da vedere ottimizzando i tempi e ci saluta.
Noi restiamo sbalorditi della gentilezza e dell’onestà di quest’uomo e ci sentiamo più rinfrancati per i giorni a venire. Così a seguito delle sue indicazioni iniziamo con l’andare a vedere il WAT BENCHAMABOPHIT (Marble Temple). Un tempio fuori dai classici circuiti turistici che ci lascia a bocca aperta dalla bellezza.
Proseguiamo con il WAT ROONOY (Buddha Bianco). Anche questo tempio non saremmo mai andati a vederlo se non fosse stato per i preziosi consigli dell’uomo. Noi eravamo gli unici turisti e ci siamo goduti attimi di magia respirando l’atmosfera di pace e serenità che i monaci buddisti riescono a trasmettere con le nenie delle loro preghiere.
Andiamo poi a vedere il GOLDEN MOUNT (Phuktao Thong) Wat Saket. Un tempio dorato in cima ad una collina che si raggiunge facendo qualche decina di scalini  (prendere dell’acqua per rigenerarvi). Ne vale per la veduta della città: catapecchie, fiume, centri commerciali e guglie dei Wat, tutti in un colpo d’occhio.
E finalmente il Palazzo Reale.
Wat Phra Kaew e Grand Palace (prezzo d’ingresso 250 bath a persona + 200 bath per l’audioguida in inglese, francese, tedesco ma non in italiano) apre alle 8.30 e chiude alle 15.30. Sono collegati internamente quindi si visitano in una volta sola. Tenere a disposizione circa un’ora e mezza. E’ importante andare con le spalle coperte (una t-shirt è sufficiente, ma non la canotta) e i pantaloni lunghi perché all’entrata controllano come si è vestiti.
Wat Phra Kaew:
un bellissimo esempio di archittettura orientale e bizantina, un vero capolavoro di splendidi mosaici e di coinvolgente misticismo, dove si può vedere un Buddha di smeraldo all’interno del tempio principale. Un insieme di edifici significativi ed interessanti posti all’interno del Palazzo Reale di Bangkok costituiscono il “Wat Phra Keo” o Tempio del Budda di Smeraldo.
E’ il tempio ufficiale della famiglia reale ed è posto in un angolo del complesso del Palazzo Reale. Una delle sue caratteristiche è rappresentata da fatto che, a differenza di altri templi, qui non ci sono monaci in pianta stabile.
Il Budda di Smeraldo (“Phra Keo”) fu trovato, nel XV secolo, quando un fulmine colpì una antica “stupa” (monumento buddista, originario del subcontinente indiano, la cui funzione principale è quella di conservare reliquie) nel nord della Tailandia.
A quell’epoca, la scultura era ricoperta di stucco e foglia d’oro. Nel tempo il rivestimento si sbriciolò, lasciando in vista l’anima di nefrite (uno dei minerali da cui si ricava la giada), dotata di eccezionale brillantezza. La statuetta sacra fu conservata a Chiang Rai per un secolo, quindi venne collocata in un tempio a Vientiane, nell’attuale Laos; con la conquista della città da parte del generale Pya Chakri (il futuro re Rama I) nel 1778, fu trasferita a Bangkok.
Nella nuova capitale del regno thailandese la statua, assurta a simbolo della dinastia Chakri, fu collocata nel tempio fatto costruire appositamente.
La statua è l’immagine di un piccolo Budda (66 centimetri di altezza per 50 centimetri nella parte più larga) scolpita in un blocco di giada, ed è posta su di un altare in legno dorato che si trova all’interno del “bot” (un edificio a pianta rettangolare sormontato da tetto a più livelli, è l’edificio più importante di ogni “wat” -“wat” significa tempio- ed è il luogo dove vengono ordinati i nuovi monaci).
Un’aura di mistero ne circonda l’immagine, resa ancora più intensa dall’impossibilità di fotografarla o di avvicinarvisi, essendo racchiuso in una teca di cristallo collocata su un alto piedistallo che si eleva sopra la testa dei visitatori e pellegrini.
Il mistero sottolinea ancora di più il valore di ‘talismano’ del regno Thai e fonte legittima della sovranità, della attuale dinastia.
Sul frontone triangolare del “bot” ecco il dio Visnù che cavalca un “garuda” (termine sanscrito che identifica l’aquila anche se in effetti, molto spesso, questa figura viene rappresentata con corpo umano e ali d’aquila) mentre le pareti sono decorate con stucchi dorati e mosaici in vetro.
L’abbigliamento del “Phra Keo” cambia all’inizio di ogni stagione (in Tailandia ne considerano 3: fresca, calda, piovosa) durante una elaborata cerimonia preseduta dal re di Tailandia.
Di fronte al “bot” sorgono tre elaborati edifici, posti uno accanto all’altro-
Il “Prasat Phra Thep Bidom” è la replica del tempio di Sarapuri. Contiene le statue dei precedenti re della nazione e purtroppo non è aperto al pubblico (la mia guida mi ha detto che è perché alcune statue mostrano i re a torso nudo e questo è imbarazzante secondo la cultura tailandese).
Di fianco il bellissimo “mondop” (edificio a base quadra con alte colonne sormontate dalla tipica guglia a pinnacolo tailandese) che contiene libri e reliquie di Budda (anche questo chiuso al pubblico).
Ed infine un “chedi” dorato (edificio tipico del mondo buddista a forma di pagoda sormontata da una altissima guglia).
Disseminate all’interno del “Wat Phra Keo” si trovano numerose giganti statue. Alcune rappresentano animali mitologici, altre guerrieri ed altre ancora deità della religione tailandese e di quella indù.
Edifici e statue sono decorate con mosaici in vetro, pietre semipreziose, intarsi multicolori, smalti e stucchi.
Un insieme di colori ed arte che soddisfano la vista del visitatore.
La parte più interessante di questo complesso è rappresentata dal “Ramakien”.
Le pareti dei portici che circondano il “Wat Phra Keo” sono ricoperte da affreschi che rappresentano e raccontano la storia del “Ramakien”, la versione tailandese del conflitto fra bene e male e la vittoria del bene.
La storia è raccontata in 178 pannelli che ricoprono lo spazio fra le colonne che sorreggono il tetto dei portici.
I colori sono vivi e talvolta si ha l’impressione che le figure stiano per uscire dall’affresco.
Grand Palace o Palazzo Reale è considerato la residenza del “Lord of Life” (il dio della vita), termine che i tailandesi attribuiscono ai propri sovrani. Si entra all’interno del Palazzo Reale attraverso degli enormi cancelli dove tantissimi anni fa entravano gli elefanti che trasportavano il Re all’interno del Palazzo. Al giorno d’oggi il Re viene trasportato all’interno di una lussuosa Limousine su una pavimentazione a pietra con ai lati degli strani alberi tosati.
Il Re Rama I, il fondatore della dinastia dei Chakri, nel 1782 A.D. ha fabbricato i suo palazzi proprio qui e due di loro, il Dusit Matha Prasad e il Phra Tinang Amarindr, sono aperti oggi al pubblico.
Il Palazzo Reale, che il visitatore vede prima di entrare all’interno di questo complesso, è stato costruito per commemorare il centenario della dinastia dei Chakri. Purtroppo il visitatore non può entrare in questo Palazzo. Fatta eccezione per alcune anticamera variamente distribuite, il Grand Palace viene utilizzato esclusivamente in occasione di alcune cerimonie ufficiali come la festa dell’incoronazione.
E’ uno dei più antichi di Bangkok, che fu residenza reale fino al 1946 ed oggi, cornice fastosa di cerimonie ufficiali, è stato trasformato in una sorta di museo da ammirare dalla sala delle udienze fino al Dusit Maha Prasat. Il Palazzo Reale è una delle costruzioni più antiche della capitale nonché la più famosa attrazione turistica di Bangkok ed è circondato da alte mura e si espande su un’area di 2,5 chilometri quadrati.
Inizialmente fu costruito a immagine di quello di Ayutthaya (la capitale del regno del Siam) fra il 1782 ed il 1783 dal fondatore di Bangkok, e nel corso degli anni ogni monarca ha aggiunto delle costruzioni all’edificio principale tanto che oggi l’architettura del palazzo presenta gli elementi più disparati. Purtroppo non tutti gli edifici del palazzo sono aperti al pubblico e non tutti sono visibili anche solo esternamente.
Il Chakri Maha Prasat: Fra gli edifici della zona “nuova”, superata la porta principale, emerge il “Chakri Maha Prasat”, costruito in parte sotto Rama V su progetto di un architetto inglese, doveva essere completato con delle cupole ma si finì con l’aggiunta delle classiche guglie in stile tailandese. Destinato al ricevimento dei notabili e degli ambasciatori stranieri, è riservato alla famiglia reale e lo si può ammirare solo dall’esterno salvo la parte dedicata ai musei.
All’entrata si trova il museo “Coins and Royal Decorations” con un bellissima e ampia raccolta di monete, medaglie e oggetti usati come mezzo di pagamento.
Al piano terra dell’edificio si trova il museo che ospita antiche armi da fuoco.
La facciata in marmo e con doppia scalinata centrale è in stile vittoriano mentre la copertura è quella tradizionale thai. Nella parte più alta è conservata un’urna d’oro con le ceneri dei sovrani Chakri. Non tutti conoscono poi la leggenda che riguarda due delle porte del Palazzo le quali pare fossero state colpite ben sette volte con una sciabola senza essere però minimamente scalfite.
La Sala delle udienze: Da non perdere la , che risale al 1789, ed è costituita da una bellissima terrazza in marmo, da un tetto a più piani in tegole colorate e da una guglia dorata in cima. All’interno trovate pareti ricoperte di affreschi ed un ingresso a custodito da due leoni che vi porta sulla terrazza. A sinistra dell’entrata c’è un piccolo padiglione, padiglione Aphon, dove il sovrano sceso dal palanchino indossava gli abiti di gala uscendo dalla sala e dove oggi potete ammirare un trono lavorato, dei mobili antichi e le salme dei sovrani. Non tutti conoscono poi la leggenda che riguarda due delle porte del Palazzo le quali pare fossero state colpite ben sette volte con una sciabola senza essere però minimamente scalfite.
Il Dusit Maha Prasat: Della costruzione originale rimangono alcuni edifici fra i quali il più importante è senza dubbio il “Dusit Maha Prasat” o salone del trono. (Si trova alla destra del Padiglione Aphon). Fu fatto edificare da Ranma I nel 1789, che è un edificio thai con pianta a croce e la base di marmo dalla copertura a quattro livelli che termina nel centro. Un tempo questo era utilizzato come sala delle udienze e oggi vi è esposta la salma del re prima della cremazione. Sulle pareti trovate poi delle decorazioni che raffigurano i Thepanom, degli esseri sovrannaturali oranti.
Il tetto, ricoperto di tegole in ceramica dipinta, è su quattro livelli. Al centro si erge una guglia dorata a sette livelli. All’interno un trono in legno nero intarsiato con madreperla risalente al regno di Rama I.
Lungo il muro che circonda il “Dusit Maha Prasat” si erge uno degli edifici più belli di tutto il Palazzo Reale.
Costruito durante il regno di Rama IV, “The Phra Thinang Aphonphimok Prasat” mostra tutta la sua eleganza fatta di semplicità architetturale fusa con le suntuose decorazioni della classica architettura tailandese.
“The Phra Thinang Aphonphimok Prasat” veniva usato come guardaroba dove il re cambiava d’abito prima di salire sulla portantina.
“Phra Maha Monthien” o Grande Residenza è un insieme di edifici fra loro collegati adibiti, nei secoli scorsi, a residenza dei vari sovrani.
I primi sovrani vivevano nel “Phra Thinang Chakrapat Phiman” (specifico che “Phra Thinang” contraddistingue ogni struttura usata dal sovrano) che contiene la camera da letto reale. Qui passa la prima notte il re dopo aver ricevuto l’incoronazione.
Di fronte e collegato da una scalinata si erge il “Phra Thinang Phaisan Taksin” dove si svolge la cerimonia dell’incoronazione del re. All’interno due troni (il trono ottagonale e il trono Phattrabit), la corona, una spada, un grosso ventaglio, il grande ombrello bianco. La porta Thewarat Mahesuan può essere varcata solo dal re, dalla regina e dai figli del re.
“Phra Thinang Amarin Winitchai” una volta era adibita al ricevimento degli ambasciatori stranieri, oggi è aperta al pubblico.
In posizione dominante si trova il “Phra Thinang Busbok Mala” una costruzione a colonne in legno intarsiato con trono e urne che contengono le ceneri dei re della dinastia Chakri. L’altro trono, “Phra Thaen Sawetachat”, è ancora usato oggi da re per le cerimonie nel giorno del suo compleanno.
Una nota di curiosità: esistono ancora gli appartamenti proibiti, ovvero l’harem, dove un tempo l’unico maschio di età superiore a 12 anni, che aveva accesso, era il re. (oggi questi appartamenti sono chiusi e non autorizzati al pubblico visitante).
Il Buddha Disteso, che si trova vicino al Palazzo Reale, è la più grande e maestosa statua del Buddha in Thailandia e merita di essere visitato. È tradizione che mettiate una moneta nei vasetti lungo il muro dietro alla statua ed esprimiate un desiderio.
Usciti da Grand Palace e Wat Phra Kaew affiancare verso destra le mura del palazzo reale fino ad arrivare, a piedi in pochi minuti, quindi non farsi convincere dai guidatori di tuk-tuk a servirsi di loro, al Wat Po. Il Wat Po, aperto dalle 8 alle 17 (Ingresso 50 bath a persona, la visita dura circa un’ora) è il monastero più antico della città e sede della più prestigiosa scuola di massaggio e di medicina tradizionale della Thailandia, con il bel soffitto a travi intrecciate ed il grande viharn con la statua del Buddha. E’ noto anche con il nome di Prasat The Bidon, e sorge su un wat preesistente eretto nel XVI secolo. Pensate che nel monastero vivono ben 300 monaci che si dedicano anche all’insegnamento sia nella scuola buddista che nella cittadella universitaria che si trovano qui dentro. Nel monastero opera inoltre anche un’associazione di medicina tradizionale, la più prestigiosa di tutta la Thailandia, cui appartengono 500 medici thai che praticano l’agopuntura, le cure omeopatiche, e quelle a base di erbe e sostanze naturali.
L’interno del monastero è suddiviso in tre navate, una centrale e due laterali formati da due file di pilastri laccati in rosso con decorazioni d’oro. Il soffitto è a travi intrecciate rosso ed oro e la pareti sono affrescate con scene tratte dalle vite anteriori dell’Illuminato.
Si entra nel tempio passando dalla porta sud posta su Chetupon Road e attraversando uno delle quattro Viharn Thit, poste in corrispondenza ai quattro punti cardinali (sono chiamate così le sale dove i monaci buddisti tengono i sermoni per i loro fedeli), si entra nel monastero al centro del quale sorge un grande “bot” alla base del quale si ha modo di ammirare le scene del “Ramakien” rappresentate su 152 bassorilievi in marmo.
Anche le porte principali del “bot” riportano scene del “Ramakien”, ma questa volta sono realizzate in madreperla.
Il Bot: L’edificio più sacro del tempio, il Bot, sorge al centro di un cortile circondato da gallerie con file di statue dorate di Buddha che si aprono su quattro piccoli santuari posti in corrispondenza dei punti cardinali. Disseminate dappertutto ci sono poi iscrizioni, che forniscono una grande documentazione sulla storia del monastero e del Siam in genere, e statue in pietra grigia che raffigurano dai giganteschi signori con alti cappelli a cilindro, probabilmente i primi europei apparsi nel regno, ai raffinati mandarini cinesi.
All’interno un alto altare sul quale è posto un Budda seduto (il tutto, altare e Budda, realizzato in oro e cristallo). Sulle pareti affreschi narrano la vita di 41 discepoli di Budda e  mostrano scene ispirate alla cosmologia buddista.
Il tetto è a tre spioventi e poggia su di una doppia fila di otto pilastri quadrati decorati con pasta di vetro e dorature.
Uscendo dal monastero si trovano quattro alti “chedis” decorati con porcellane colorate.
Ciascun “chedi” è dedicato ad un re della dinastia Chakri: quello verde contiene un Budda in piedi ed è dedicato a Rama I; Rama II ha quello bianco mentre quello giallo e quello blu sono edicati rispettivamente a Rama III e Rama IV.
Lateralmente ai “chedis” sorge un grande Viharn all’interno del quale si trova un grandissimo Budda dormiente (lungo 45 metri ed alto 15) ricoperto da lamine in oro (pur essendo grande il Viham contiene appena il Budda e proprio per questo che è praticamente impossibile fotografare la statua in tutta la sua maestosità). Rappresenta Budda morente nel momento in cui entra nel Nirvana. Impressionante è il lavoro artistico fatto su i piedi del Budda: i segni che contraddistinguono il vero Budda sono eseguiti con intarsi realizzati in madreperla.
Sulla parte superiore delle pareti del Viharn si può ammirare quanto rimane di quello che doveva essere il superbo affresco che completava la bellezza di questo luogo.
All’esterno si trova un grosso albero chiamato Bodhi Tre,  si dice sia nato dai semi dell’albero davanti al quale Budda si fermò in meditazione.
Alle spalle del Bodhi Tree sorge la biblioteca circondata da un grazioso giardino cinese. L’edificio è decorato con piastrelle in ceramica multicolore. Purtroppo questo edificio è chiuso al pubblico però dicono contenere  moltissimi libri e documenti referenti al Buddismo.
Passeggiando per i giardini del Wat Po si ha modo di vedere centinaia di statue in pietra che raffigurano animali reali e animali mitici, persone e guerrieri. Statue piccole e statue gigantesche.
Altre statue mostrano diverse posizioni di yoga.
All’esterno del tempio si trovano decine di bancarelle dove astrologi o specialisti nella lettura del palmo della mano potranno predirvi il futuro.

Vita sul fiume_1Di fronte al What Pho c’è un piccolo mercato, che non si vede tanto, ma si sente. E’ il mercato del pesce essiccato. L’odore è forte, molto forte, ma il mercato è davvero curioso, ci sono centinaia di tipi di pesci essiccati, alcuni montati su stecchette, tipo gelato, altri intrecciati tra loro a voler formare dei veri e propri approvvigionamenti di calamari o pesci mai visti. Ed all’interno un classico orientale; i venditori che vivono il mercato, con le loro brande stese sotto le bancarelle, qualcuna col televisore e qualche altra che fa da mangiare.
Sempre fiancheggiando le mura reali si raggiunge la sponda del fiume Chao Praya. Prendere la chiatta per raggiungere l’altra riva, dove si trova il Wat Arun.
Wat Arun  (ingresso 50 bath): uno dei simboli di Bangkok, con la sua guglia enorme, sovrasta maestosamente il centro culturale di Bangkok. Il tempio decorato con frammenti di porcellana, può essere scalato arrivando fino alla cima, ma  bisogna prestare molta attenzione la salita e soprattutto la discesa sono alquanto pericolose (i gradini ripidi stavano a simboleggiare la difficoltà di giungere ai livelli più elevati dell’esistenza). Ci si  imbatte ovunque in monaci di tutte le età, ma non è sempre concesso rivolgere loro la parola o toccarli. Quindi, se volete fotografarli, fatelo da lontano, onde evitare temibili maledizioni orientali.
Viene chiamato il tempio dell’alba, in onore del Dio indiano dell’alba, Aruna e sorge sulle rive del fiume Chao Phraya, dove si estende Thonburi.
Il Wat attuale fu costruito sul sito del Wat Jang, del XVII secolo, che fungeva da palazzo e tempio reale per il Re Taksin quando Thonburi era la capitale del regno. Fu quindi l’ultima dimora del Buddha di smeraldo prima che Rama I° lo trasferisse a Bangkok.
Architettura: La più notevole caratteristica del Wat Arun è la sua guglia istoriata (prang) centrale, simile alle torri che è possibile trovare in altri importanti templi Khmer. Una serie di ripidi gradini portano alle due terrazze, la cui altezza, secondo alcune rilevazioni, sarebbe di 66,80 e 86 m. Gli angoli della struttura sono sormontati da 4 prang più piccoli, decorati, come il prang principale, da conchiglie e cocci di porcellana, precedentemente usati come zavorra dalle imbarcazioni in arrivo a Bangkok dalla Cina. Attorno alla base dei prang è possibile vedere figure di antichi soldati cinesi, e di animali. Sopra la seconda terrazza sono presenti quattro statue del dio indù Indra, che cavalca l’elefante mitologico Erwan.
Sul lato che guarda il fiume, sono presenti 6 padiglioni (sala) in stile cinese, costruiti con granito verde e attrezzati con ponti levatoi.
Non lontano dai prang è possibile trovare la Sala dell’Ordinazione, con l’immagine del Buddha Niramitr, che si dice sia stato progettato dal re Rama II del Siam (inizio XIX secolo). L’entrata principale della Sala è sormontata da un soffitto dal quale è possibile vedere l’interno di una delle guglie, decorate con ceramiche e stucchi, a loro volta colorati con chine di diversi colori. Tra i soggetti raffigurati, due demoni, uno bianco e uno verde, sono ben visibili di fronte a chi entra.
Storia: Il tempio fu costruito durante il Regno Ayutthaya e fu originariamente chiamato Wat Makok (Il Tempio degli Olivi). Nell’era successiva, in cui Thonburi era capitale, il sovrano Taksin cambiò il nome in Wat Chaeng.
Il Wat ospitò per qualche tempo il Buddha di Smeraldo, che fu poi spostato al Wat Phra Kaew nel 1784.
Il re che seguì, Rama II, cambiò il nome in Wat Arunratchatharam. Ristabilì la struttura alle funzioni di tempio, e fece allargare il prang centrale, un lavoro che fu ultimato sotto il regno di Rama III. Il re Rama IV diede al tempio il nome definitivo di Wat Arunratchawararam.
Come segno importante del cambiamento dei tempi, Wat Arun diede gli ordinamenti al primo monaco occidentale nel 2005, lo statunitense Sean Patrick..
Mitologia: Il prang centrale simbolizza il monte Meru, che nella cosmologia induista rappresenta il centro dell’universo. Le torri satellite sono invece dedicate al dio dei venti, Phra Phai. I demoni all’entrata della Sala dell’Ordinazione sono figure presenti nel Ramayana: quello bianco è chiamato Sahassateja e quello verde Tasakanth.
….e dopo un’intera giornata per templi decidiamo di rilassarci godendoci un bel giro nei khlong, ovvero i canali interni del Chao Praya sui quali nascono abitazioni, templi, scuole ed edifici vari. Il molo di partenza può essere anche quello per il Wat Arun (ma in tutti i moli = Pier è possibile farlo). Ottima può essere la soluzione di una Speed Boat privata oppure con servizio “pubblico” (il biglietto costa 15 bath). Questo giro, che può durare anche diverse ore, val veramente la pena, si vedono splendide abitazioni accanto a palafitte cadenti e thailandesi che fanno persino il bagno nel fiume o addirittura lavano piatti e scodelle da tavola. Il fiume è inquinato, di un marrone inquietante e quando gli spruzzi vi colpiranno la faccia non proverete una bella sensazione. Decisamente ributtante da vedere, ma sicuramente realistico!
Noi abbiamo scelto la barca privata b2000=€40.
La sera decidiamo di andare a cena a Chinatown, forse il posto più caratteristico e interessante per mangiare. Ci fermiamo in un ristorante sulla strada che ci ispirava più degli altri e mangiamo gamberi, chele di granchio, granchio, birra, acqua alla modica cifra di b700=€14!!!!!!!!!!!!!!!!!! Finalmente siamo entrati nella Thailandia di cui tutti parlano. Evviva!!!!!!
Ma Chinatown merita un giro anche di giorno, infatti se cercate il Buddha più grande del mondo allora il vostro quartiere è proprio Chinatown, quartiere cinese fatto di stradoni ma anche di viuzze caratteristiche, dove si trova il Wat Traimitir: il tempio dove è conservata una statua di un Buddha d’oro alta tre metri e pesante cinque tonnellate e mezzo.
Il quartiere si sviluppa attorno a due assi, Yaowarat Rd e Charoen Krung Rd (Nwe Road), ed è continuamente animato da negozi, da bancarelle che ricoprono le viuzze e da ristoranti sempre pieni.
L’ideale è girare il quartiere a piedi scoprendo, passo dopo passo, che dietro al rumore assordante degli ingorghi stradali si nascondono un piccolo tempio cinese, un vicoletto illuminato solo dalle lanterne di carta, o fumerie d’oppio che vi isolano da tutto il resto del mondo proiettandovi in un’atmosfera fatta di incensi e magia.
Il quartiere cinese, città nella città, ospita la maggior parte dei cinesi che vivono in Thailandia e che parlano tae-chiew, un dialetto del sud della Cina, e che come ogni cinese che si rispetti fanno vita a sé in un intreccio di parentele e famiglie portando avanti i propri costumi.
Il Wat Traimitir: Tempio del Buddha d’Oro o dei Tre Amici, dove è conservata una statua del Buddha seduto nella posizione di Bhumisparsa alta tre metri e pesante cinque tonnellate e mezzo, completamente d’oro. Pensate che questa è la statua del Buddha più grande del mondo e fu scoperta rompendo una statua ancora più grande fatta di gesso.
I mercati: Nel quartiere inoltre ci sono due mercati che vale la pena di provare:
– il mercato dei ladri, dove potete trovare numerosi oggetti di antiquariato anche se molti antiquari si sono trasferiti nei nuovi quartieri.
– il mercato dell’abbigliamento di Pahurasat, nei pressi di Soi Wanit, una delle viuzze più strette ed animate del quartiere, dove i commercianti sono dei Sikh con il classico turbante e vendono soprattutto calzoni cinesi di seta larghi e comodi.
Gli altri templi: Fra gli altri templi poi non dimenticatevi il Wat Mangkhonkamalawat, il più grande di Chinatown, il Wat Kanikaphon, tutto arancione, il Wat Li Thi Miew, uno dei più suggestivi templi della città di culto taoista.

Ayutaya1_110/02/09 MARTEDI’
Ore 08.00 puntualissima arriva l’auto con la guida per portarci al mercato galleggiante di Damnern Saduak e Ayuttaya.
Viaggio da Bkk al mercato h.1.30 (distanza circa km 80 da BKK). Giro al mercato h.1.30
Il mercato è un vero è proprio tripudio di colori e di odori. Inizialmente sembra solo una cosa messa lì, per i turisti; ma poi, man mano che ci si addentra nei vari klhong, dove c’è il vero è proprio mercato, si vede il “vero” modo di vivere di queste persone thai, che cucinano in delle barche piccole e strette (hanno a bordo bombola di gas e cucinino), circondate da mosche e insetti vari. Lavano le mani nell’acqua (marrone) del fiume e poi passano il cibo all’acquirente. Escursione assolutamente da non perdere.
Terminata la visita al mercato ripartiamo alla volta di Ayuttaya, antica capitale di Siam (km 200 – circa h2).
Il nome di Ayutthaya deriva dalla città di Ayodhya in India, luogo di nascita di Rama nel Ramayana (Thai, Ramakien).
Ayutthaya Si trova su di un’isola alla confluenza di tre fiumi: Chao Phraya, Pasak e Lopburi, circa a 70 km a nord della capitale Bangkok. L’isola è il risultato di una sedimentazione secolare. Nel XIV secolo si trovava nei pressi del Golfo del Siam.
Dopo un primo insediamento dei Khmer, il principe Ramathibodi estese la città e, nel 1351, la fece diventare capitale del proprio regno, dopo essere fuggito qui da Lopburi a causa di un’epidemia di varicella e vaiolo. All’inizio del XVsecolo Ayutthaya era una potente città. Per 400 anni la città venne governata da questa dinastia. I 35 re che si susseguirono controllarono grandi parti del Siam, ed estesero continuamente la capitale.
“A partire dal XVI secolo i commercianti europei arrivarono in città contribuendo a riportare la città all’antico splendore architettonico. Durante i suoi anni migliori Ayutthaya fu una metropoli con tre palazzi reali, 375 templi e 94 porte di ingresso alla città, protetta da 29 fortezze difensive. Francesi, portoghesi, britannici, olandesi e giapponesi vissero nei suoi distretti urbani, separati dai circa 1.000.000 di siamesi. Gli europei possedevano proprie chiese, tra cui la cattedrale di San Giuseppe del XVIII secolo, tuttora esistente.
Venivano intessute relazioni commerciali con Cina, Giava, Malesia, India, Ceylon, Persia, Giappone, Portogallo, Francia, Olanda e Inghilterra. L’enorme sviluppo dell’architettura, della pittura e della letteratura è un chiaro indice di prosperità. L’oro era il metallo più usato; per le rilegature dei libri, per i dipinti, per gli edifici (molti stupa erano ricoperti d’oro).
Inizialmente la città era difesa con palizzate barriere in terra, potenziate nel 1550 con mura in mattoni. Subì vari assedi da parte dei birmani nel corso della storia, prima di essere conquistata, saccheggiata il 7aprile1767 e quasi completamente distrutta. Ayutthaya non si riprese più da questo disastro, e passò poco tempo prima che re Phuttayodfa Chulalok (in seguito chiamato Rama I) spostasse la capitale a Bangkok, dove si trova un copia del palazzo distrutto. Questa copia è nota con il nome di Palazzo Grande.
La città in seguito venne ricostruita più ad est rispetto alla sua posizione originale.
Ora, tutto ciò che rimane di questa gloriosa capitale sono le magnifiche rovine dei templi e dei palazzi che risalgono al 1350, anno della fondazione della città. I resti del palazzo reale testimoniano come il Gran Palazzo di Bangkok si sia ispirato all’architettura caratteristica dell’antica città. Oltre le rovine, valgono una visita i musei che documentato la memoria di 33 regni successivi.
I tesori di Ayutthaya sono in mostra al Museo Nazionale Chao Sam Phraya. Tra i pezzi esposti tutti di rilevante valore e bellezza, meritano una menzione i gioielli della corte e gli ornamenti d’oro di squisita fattura che mostrano l’abilità e la raffinatezza dei maestri artigiani. Al Centro Storico di Ayutthaya è possibile fare un viaggio a ritroso nel tempo, passando dall’epoca di maggior splendore della capitale fino al suo decadimento.
Per chi volesse portare via con sé una parte di Ayutthaya, l’artigianato locale offre moltissimo: aranyk, coltelli fatti a mano in acciaio, borse in rattan, carta in foglia di palma, legno intagliato secondo modelli e metodi tradizionali. Un passatempo molto popolare e affascinante è quello di fare un giro in barca lungo le vie d’acqua che circondano la città. Dal fiume potrete godere di una vista panoramica unica della vita odierna della capitale. Dal 1991, il Parco Storico di Ayutthaya è considerato patrimonio culturale mondiale.
Ultima capitale del regno prima di Bangkok, è una cittadina gremita di siti archeologici, diversi tra loro e tutti bellissimi. Antica capitale del Siam tra il 1.300 e il 1.800 è un sito archeologico estremamente vasto dichiarato patrimonio dell’UNESCO.
Nell’esclusivo elenco compare anche il Wat Phra Si Sanphet, risalente al XIV secolo, che all’epoca era il più grande della città e conteneva una statua di Buddha in posizione eretta alta 16 metri, ricoperta di 250 kg d’oro. Purtroppo i conquistatori birmani si sentirono in dovere di fonderla.
È il tempio più bello della città. Si trova subito a sud dell’antico palazzo. È composto da tre grandi stupa, risalenti alla famiglia di re Rama Thibodi II e del padre, vissuti nel XV secolo. I Viharn ed i Mondops annessi vennero distrutti dai birmani. Una delle due statue del Buddha alte 10 metri, il Phra Buddha Lokanart, probabilmente creata da re Rama I, è stata restaurata. Ora si trova nella parte orientale del Viharn presente al Wat Pho di Bangkok.
Il Wat Phra Meru, dalla struttura simile a una fortezza, fu costruito nel XVI secolo e scampò alla distruzione birmana del 1767; rimangono lo splendido soffitto di legno intarsiato, un Buddha seduto incoronato alto sei metri, e un Buddha di 13 secoli fa in pietra verde, proveniente da Ceylon, seduto all’europea su una sedia. Il Wat Phra Chao Phanan Choeng fu costruito nel XIV secolo, probabilmente dagli khmer, prima che Ayuthaya diventasse la capitale siamese, e custodisce un Buddha di 19 metri, che dà il nome al tempio. L’Elephant Kraal (recinto degli elefanti) darà un po’ di sollievo a chi non ne può più di andar per templi. Questa enorme struttura di legno, costruita con tronchi di tek conficcati nel terreno a 45 gradi, veniva in occasione dell’annuale parata degli elefanti; il re osservava la scena da un padiglione più alto appositamente costruito perché vedesse meglio.
Altri siti sono:
-il Wat Yai Chaimongkol, molto suggestivo il perimetro delimitato da decine e decine di statue di Buddha nella posizione del fiore di loto (meditativa), con il famoso drappo arancio. Le scale per salire nella cupola del tempio sono ripidissime e al suo  interno si trovano tanti piccoli pipistrelli, appesi al tetto.
– il Wat Mahathat, un’enorme distesa di rovine e pagode, immersa in un grande parco, dove è ben chiara la distruzione per mano birmana, con le statue decapitate e date alle fiamme (per questo completamente annerite). Incredibile la testa del Buddha incastrata tra le radici di un albero.
Fu il centro rituale della città. Le rovine ammirabili oggi derivano dall’opera di restauro effettuata dal Re Prasat Thong. Il prang di 46 metri è uno degli edifici più imponenti dell’antica capitale.
– il Wat Chai Watthanaram, un enorme sito che si affaccia sulla riva del fiume che attraversa la città e ricalca la struttura di Angkor Wat in Cambogia.
Palazzo Chandra Kasem: A partire dal XVI secolo venne usato come residenza da re Naresuans
Wang Luang: Ex palazzo del periodo di re Boromatrailokanat (1448-1488), oggi è aperto al pubblico insieme al padigione Trimuk.
Wat Phanan Choeng: Tempio con una delle più grandi e antiche statue del Buddha dello Stato.
Wat Phra Ram: Contiene un’elegante stupa del XIV/XV secolo.
Wat Phu Khao Thong: Contiene uno stupa. Il re birmano Bayinnaung vi si stabilì dopo la prima conquista avvenuta nel 1569.
Wat Ratchaburana: Tempio costruito durante il regno di Chao Sam Phraya (Boromarajathirat II) con un Prang armonioso; la sua cripta è visitabile e mostra lavori in stucco. L’oro rinvenuto in questo luogo può essere ammirato presso il museo nazionale Chao Sam Phraya.
Wat Suwan Dararam: Tempio reale risalente agli ultimi anni di Ayutthaya.
Wat Yai Chai Mongkon: Tempio molto antico con uno stupa risalente a re Naresuans (1590-1605).
Una gita decisamente fantastica che meritava tutta la fatica di una giornata così intensa ma ricca ed emozionante.
La sera decidiamo di restare in Khao San Road e ceniamo al ristorante Tom Yum Kong, consigliato dalla Guide Routard, è tranquillo, piacevole ed economico. Si entra da un vicoletto tra il D&D inn e Gulliver’s Tavern.

DA NON PERDERE:
Bere un té o un aperitivo al famoso Oriental Hotel. Considerato uno dei migliori alberghi del mondo, l’Oriental ha ospitato personaggi famosi e dignitari politici per oltre un secolo. Se stare qui è oltre il vostro budget fermatevi per un drink sulla terrazza con vista sul fiume e godetevi il panorama.
Fermatevi al tempietto Erawan. Si trova di fronte al Grand Hyatt Hotel a Siam Square. Il piccolo tempio attrae buddisti da tutto il mondo per i miracoli attribuiti alla dea. Occasioni per foto interessanti quando i fedeli vengono a pregare, specialmente al mattino.
Fare un massaggio a Wat Po. È la scuola di massaggio più famosa della Thailandia. Potete provare uno dei massaggi tradizionali Thai o iscrivervi ad uno dei corsi vicino al più grande ed antico tempio di Bangkok. Si trova nei pressi del Palazzo Reale lungo il fiume Chao Praya.
Vedere il tramonto o l’alba dal tempio Wat Arun
. Si trova sulla riva del Chao Praya. La visita a questo stupendo tempio vi lascerà estasiati per la pace che potrete trovare ad un passo dalla frenesia della metropoli.
Esprimete un desiderio al Buddha disteso. La più grande statua del Buddha in Thailandia merita sicuramente una visita e si trova vicina al Palazzo Reale. La tradizione vuole che mettiate una moneta nei vasetti lungo il muro ed esprimiate un desiderio

CONSIGLIO:
Laddove possibile spostatevi con i battelli di linea lungo il fiume. Le fermate sono indicate con il nome, un numero ed un colore, che corrisponde al colore della bandiera issata sulla barca. Non fate affidamento sulla linea bianca che è sporadica e discontinua. Per visitare il Palazzo Reale scendete alla fermata N° 9 e non alla N° 8 sebbene sembri più vicina.
Gli Express Boat, ovvero le barche a motore sul Chao Praya che poi non sono altro che i loro “autobus dell’acqua”, sono convenientissimi per spostarsi dal nord al sud della città, perché una corsa costa 13 THB a testa non importa quale sia la tratta. Il biglietto si fa a bordo, si riconosce la bigliettaia perché ha un rumorosissimo portasoldi cilindrico in metallo che continua ad agitare tipo maracas. Il servizio la sera chiude alle 19:00.

MOLTO INTERESSANTE (SE SI HA TEMPO):
– Ecursione a Kanchanaburi (molto conosciuta per l’infame “Ferrovia della Morte” che durante il secondo conflitto mondiale culminò nella costruzione del ponte sul Fiume Kwai, a cui fu ispirato un famoso film hollywoodiano.
Il ponte venne costruito durante il periodo dell’occupazione giapponese in cui molti operai locali e prigionieri alleati che lavoravano alla realizzazione della ferrovia morirono in seguito ai disagi causati dalle dure condizione di vita nella giungla. Per i caduti, furono costruiti due bellissimi, immacolati cimiteri nelle vicinanze delle rive del fiume, sulle cui lapidi sono fiorite ramificazioni di rigogliose piante di capperi, il Kanchanaburi offre diverse attrazioni naturali da visitare. Si può fare un giro in treno sul famoso ponte e vedere l’esatto punto in cui era stato bombardato, si può fare trekking lungo le numerose cascate – le più belle le Erawan Falls, si può girare a dorso d’elefante o fare rafting lungo il fiume. Da non perdere infine il Tiger Temple dove le tigri, allevate dai monaci buddisti, possono essere avvicinate, toccate e fotografate dai turisti (aprono alle 13.30 ed i primi momenti sono i migliori per il contatto con gli animali). Per ottimizzare le visite è indispensabile, purtroppo anche per chi non ama tale soluzione, affidarsi ai numerosi tour operator, viste le complicazioni e le notevoli distanze per raggiungere le differenti destinazioni.): “Ponte sul fiume Kwai  e Tempio delle Tigri ”. Si può trovare a tariffe a circa 1500 bath a persona. 
Tempio delle tigri
:Le tigri vengono portate al canyon solo dalle 13 alle 15. L’ingresso al tempio costa 300 bath a persona (già incluso nel prezzo dell’escursione). Il tempio è un parco enorme che ospita oltre alle tigri anche cinghiali, cavalli, capre e animali vari, tutti in libertà. Ci sono una decina di tigri adulte e 5 cuccioli e sono assolutamente avvicinabili! Le opzioni sono: coda sotto il sole torrido del primo pomeriggio per fare la foto (a costo zero) con le tigri oppure 1000 bath per evitare la coda e fare le foto con tutte le tigri. L’ingresso è controllato, ogni visitatore entra con una guida che prende la tua macchina fotografica e ti fa fare il giro per fare le foto con tutte le tigri. Al termine del giro ti restituiscono la macchina fotografica con la marea di foto. Non bisogna indossare vestiti rossi e trattandosi di un tempio non si può andare in canottiera. Vanno bene pantaloncini corti, la gonna meglio di no perché ti fanno sedere per terra per fare le foto.
Weekend Market, nel quartiere di Chatuchak, fermata Mo Chit dello Skytrain. C’è tutto. Bisogna solo perdersi per 4 o 5 ore tra gli spazi residui tra le bancarelle. Ovviamente ci si può mangiare, qualsiasi pietanza Tailandese, compresi I famosi piatti del Nord della Thailandia: cavallette, crisalidi e scarafaggi fritti. Attenzione: si tiene solo l Sabato e la Domenica.
Jim Thompson’s house: Un museo raccolto in sei stupende costruzioni centenarie in legno di teak portate qui dalla vecchia capitale Ayutthaya alla fine degli anni ’50.
Jim Thompson fu un personaggio molto particolare, un americano di Greenville nel Delaware giunto nel Lontano Oriente alla fine della Seconda Guerra Mondiale tra le fila del O.S.S., i servizi segreti antesignani della C.I.A..
È a lui che si deve il rifiorire dell’industria tailandese della seta, con la nascita della Thai Silk Company, una tradizione che stava scomparendo. Amante dell’arte ha lasciato una splendida collezione di oggetti religiosi e non in questa affascinante casa tra i canali del centro di Bangkok. Il mistero, invece, avvolge la sua scomparsa, avvenuta il 27 marzo 1967, in Malesia, in circostanze ancora oggi inspiegate.
Il museo è aperto tutti i giorni dalle 9.00 alle 17.00 (6 Soi Kasemsan 2, Rama I road tel. 02-2167368 Ingresso 100 bath).

White Temple_111/02/09 MERCOLEDI’
Trasferimento da Bkk a Chiang Mai con volo interno prenotato dall’Italia.
Chiang Mai è il centro culturale del Nord della Thailandia. Fondata nel 1296, dodici anni dopo Sukhothai, la prima capitale del Regno, la città è sopravvissuta intatta allo scorrere del tempo, mantenendo il suo importante ruolo spirituale su tutta la regione. Chiang Mai è stata il luogo di nascita delle affascinanti tradizioni della cultura del nord e della religione buddista in Thailandia. Al di la delle attrazioni naturali e culturali, la città è famosa per la bellezza dei suoi abitanti e non solo per il leggendario fascino delle donne che ogni anno sono tra le favorite del concorso di Miss Thailandia.
I thailandesi assicurano che nessuno può reggere il confronto con la bellezza e la gentilezza propria della gente di Chiang Mai. Qui, il senso dell’ospitalità è profondamente radicato e, ogni anno, i thailandesi accorrono da ogni parte del regno per assistere ai festivals che si celebrano nella città, per divertirsi e per godere dell’amicizia e dell’accoglienza che caratterizzano gli abitanti del luogo. Situata a 700 km da Bangkok, Chiang Mai esercita un fascino magico e del tutto particolare.
Il fulcro della città vecchia circondato da un fossato e da mura fortificate è un movimentato labirinto di mercati, vicoli e bellissimi e antichi templi, ma anche la città moderna è tutta da scoprire, con i più moderni comforts e servizi di Bangkok in una dimensione più umana e ridotta. Chiunque si trovi qui non può certo mancare ad una visita a Doi Suthep, una collina ai margini della città. In questo luogo si trovano i due luoghi più affascinanti di Chiang Mai: Wat Pra That Doi Suthep, il tempio sacro della città e, il Royal Phuping Palace.
La campagna che circonda Chiang Mai, offre un ampia varietà di attrazioni: giardini magnifici, villaggi tribali delle montagne, scuole per gli elefanti nella giungla e bellezze naturali come cascate, grotte e alti picchi montani. I villaggi che si trovano nelle vicinanze sono famosi in tutto il mondo per il vasellame in celadon, legno inciso, ombrelli dipinti, argenteria, lacche, seta, cotone e una moltitudine di altri magnifici oggetti.
Arriviamo al BP Hotel, che avevamo prenotato a Bkk. Visto dall’esterno l’hotel è carino ma poi si rivela una vera schifezza. Squallido, sporco, puzzolente……da dimenticare.
Nonostante lo shock dell’hotel ci accorgiamo subito che al nord le cose sono diverse. Le persone sono disponibili e non cercano di fregarti. Il ritmo non è caotico come a Bkk ma tutto sembra muoversi in una dimensione di relax e serenità.
Girando per strada si ha la sensazione di un luogo dove il turista vive la città serenamente come le persone del luogo, dove non c’è l’assillo di chi ti vuole vendere per forza qualcosa o portarti da qualche parte per poi darti una fregatura. Certo, anche qui i tuc-tuc ti fermano per chiederti se vuoi un passaggio, ma quando dici di no, loro se ne vanno tranquillamente. Ecco finalmente la Thailandia di cui mi avevano tanto parlato.
Facciamo una passeggiata e ci soffermiamo a leggere fuori da un’agenzia TAT le escursioni che propongono.
L’agenzia si chiama: Sabai Tour 101 Ratchadamnoen rd Sriphum Muang. La ragazza, Sasi Khummen,  è molto carina e non fa niente per forzarci a comprare da lei ma si limita a parlare con noi del più e del meno, addirittura scusandosi per i comportamenti delle persone che avevamo incontrato. Ad istinto capiamo che possiamo fidarci e così compriamo l’escursione “Chiang Rai/Triangolo d’oro/Donne giraffa” per b1600=€32 (in 2 pranzo incluso). Le chiediamo inoltre se può trovarci un hotel a Phuket vicino a Bangla Road ma non troppo caro e le diciamo che saremmo tornati il giorno dopo per vedere cosa ci proponeva. Le chiediamo anche dove possiamo andare a farci fare un massaggio e ci consiglia Saita Massage 69/1 Radchapak Road. Il posto è carino e pulito. Facciamo un Thai Massage, un ora b160=€3 e un Oil Massage, un ora b290=€6. Usciamo rinati e felici. Sasi ci aveva anche consigliato di andare a vedere un incontro di Thai Boxe che si sarebbe tenuto la sera stessa allo stadio vicino al Night Bazar. Compriamo i biglietti da lei b1000=€20 per 2 posti VIP, praticamente sotto il ring. Turisti a parte, era pieno di Thai che facevano il tifo per uno piuttosto che per l’altro boxer e questo ci ha fatto pensare che non fosse una situazione creata appositamente per il turista. Una serata proprio magnifica, difficile da descrivere ma sicuramente deve essere vista.

12/02/09 GIOVEDI’
Contrattiamo con un autista di tuc-tuc per un giro a qualche wat (fuori e dentro la città) e la visita alle tigri per b250=€5.
Prima ci porta al Tiger Kingdom dove scegliamo di stare 15 minuti con i “nuovi nati” per b500=€10 oppure si poteva scegliere anche per i cuccioli cresciuti o i grandi per b300=€6 a testa.
Che esperienza fantastica. Ci siamo strapazzati i cuccioli di tigrotto e fatto foto indimenticabili. Ci giurano che non usano droghe ne calmanti ma stando a contatto con l’uomo si addomesticano diventando dei gattoni un po’ cresciuti. Speriamo!
Poi iniziamo il giro della città.
Chiang Mai è la più grande città, anche dal punto di vista culturale, della Thailandia del nord. Si trova a circa 700 km da Bangkok ed è situata vicino alle montagne più elevate del paese (Doi Intanon). E’ percorsa dal fiume Ping che è anche il principale affluente del Chao Phraya River che attraversa Bangkok. Negli ultimi decenni Chiang Mai è andata ad assumere un aspetto di città moderna, sebbene mancante di quell’aspetto cosmopolita che caratterizza Bangkok. Fondata da re Mengrai nel 1296 (il nome Chiang Mai vuol dire “città nuova”), prese il posto di Chiang Rai quale capitale del regno Lanna. Re Mengrai costruì attorno alla città un canale e le mura per proteggerla dalle frequenti incursioni birmane. Tutt’oggi, il centro storico è racchiuso in questo quadrilatero.
Con il declino del regno Lanna, la città perse importanza e fu spesso occupata dai birmani o dai thai del regno di Ayutthaya. Con la caduta anche di Ayutthaya in mani birmane, la popolazione di Chiang Mai fu deportata e la città rimase disabitata per 15 anni. In questo periodo, a fungere da capitale del regno Lanna fu la città di Lamphang. Formalmente, Chiang Mai divenne parte del Siam nel 1774 quando il re thai Taksin la riconquistò dai birmani. Cresciuta sia dal punto di vista culturale che economico, la città, anche se non ufficialmente, ha assunto il ruolo di capitale del nord della Thailandia ed oggi è seconda per importanza alla sola Bangkok. Qui la gente parla tra di loro il Kham Muang, ossia il thailandese del nord o Lanna, ma a livello scolastico è usato il Thailandese Centrale o di Bangkok. Le principali attrazioni della città di Chiang Mai sono quasi tutti dei siti religiosi. Alcuni wat (ce ne sono più di 300) sono davvero belli e meritevoli di una visita. Vale la pena di precisare che con il termine “Wat” si intende un complesso di costruzioni adibite a scopi religiosi, sociali e culturali.
Il più vecchio è il Wat Chiang Man che risale al XIII secolo. Re Mengrai visse in questo posto quando sovrintendeva alla costruzione della città. Nei due templi sono conservate due importanti e veneratissime statue di Buddha: il Phra Sila (in marmo) ed il Phra Satana Man (in cristallo). Altro splendido tempio è il Wat Phra Singh risalente al 1345, perfetto esempio di stile archittetonico del nord o Lanna. Presenta, infatti, due edifici di bellezza incommensurabile e dalla caratteristica ed unica struttura in legno sapientemente intagliato e decorato ed impreziosito da inserti in oro.
Custodisce il Phra Singh Buddha (o Buddha “Leone”), portato qui molti anni fa da Chiang Rai e le cui altre due copie si trovano una a Nakhon Si Tammarat e l’altra a Bangkok. Non lontano da Wat Phra Singh si trova il Wat Chedi Luang, costruito nel 1461 e gravemente danneggiato sia da un terremoto nel secolo sedicesimo che dai colpi di cannone sparati dall’esercito di re Taksin nella guerra contro i birmani.
Il “Wat Chedi Luang” (il “tempio della pagoda Regale”), la cui pagoda campaniforme (chedi) aveva un’altezza di dimensioni davvero ragguardevoli, ma è oggi parzialmente distrutta.
Questo tempio è comunque importante per la presenza di alcuni guaritori che operano al suo interno e soprattutto per l’idilliaca atmosfera ricreata dalla numerosa comunità di monaci che allietano il visitatore con i loro canti e preghiere in lingua “Pali”, la lingua classica dello Sri Lanka da dove provengono le origini del Buddismo Therawada.
Con il patrocinio dell’Unesco fu tentato di ricostruirlo ma l’idea fu abbandonata in quanto non esisteva alcun documento che attestasse l’esatta forma e le esatte dimensioni originali.
Esternamente alle mura si trova invece un tempio dalle forme bizzarre ed insolite. E’ fuori dai circuiti di visita classici ma merita senza dubbio di essere raggiunto. Si tratta del “Wat Jet Yot” (il “tempio dalle sette vett”) e deve il suo nome ad un edificio quadrangolare sorretto da possenti mura e sovrastato da sette pagode che si allungano verso il cielo. Molto particolari ed insolite anche le decorazioni delle mura stesse. Risale alla fine del XV secolo ed è unico nel suo genere.
Confinante con il Wat Chedi Luang, si trova il Wat Phan Tao, con un antico wihaan (edificio del tem in tek, considerato uno dei tesori nascosti di Chiang Mai. Sempre vicino a Wat Phra Singh, si trova il Wat Prasat, uno dei più antichi complessi templari di Chiang Mai non ricostruiti. I suoi tetti a più livelli e le pareti in legno e gesso sono tipici dell’architettura del regno Lanna. Il Wat Suan Dok, costruito nel secolo XIV, ha l’edificio principale aperto ai quattro lati. Tutto intorno ci sono diversi “chedi” contenenti le ceneri dei governatori di Chiang Mai. Il suo stupa principale contiene una reliquia del Buddha che, secondo la leggenda, si sarebbe miracolosamente duplicata. Il duplicato della reliquia fu posto sul dorso di un elefante bianco che fu lasciato libero di girovagare in attesa che si fermasse ed indicasse il luogo dove far sorgere un nuovo wat per custodire la reliquia. L’elefante si diresse sul Doi Suthep, dove si fermò e morì. In questo posto, nel 1383 venne eretto il Wat Phrathat Doi Suthep.Vi si accede per mezzo di una scalinata di 300 gradini circondata per tutta la sua estensione da due lunghissimi naga. All’interno del Wat si trova uno dei chedi (o stupa) più venerati (e fotografati) dell’intera Thailandia, completamente ricoperto in foglia d’oro.
Infine andiamo al “Wat Prathat Doi Suthep“, noto agli occidentali come il “Tempio sulla collina”. Vera e propria effige della città, il Doi Suthep è idillicamente dislocato in posizione arroccata su di un’alta montagna che domina Chiang Mai da 1060 mt di altitudine. Oltre che alla sua bellezza ed agli sfarzi delle sue rifiniture in oro, il Doi Suthep deve la sua fama alla leggenda del bianco elefante mitologico “Erewan” che con la sua morte indicò il luogo per la costruzione. Una lunga scalinata di oltre 300 gradini dominata da due serpenti Naga conduce fino alla vetta dove si trovano gli edifici principali del monastero, tra cui la celebre pagoda dorata. Le pareti delle mura perimetrali raffigurano invece le vicende del “Ramakien”, versione Thai dell’epopea mitologica del Principe Rama, la settima reincarnazione di Vishnu. E’ forse il più bel tempio visto in Thailandia (una funicolare evita la salita) ed è stato usato per le riprese iniziali di rambo III. Costruito nel 1383, è costituito da un bellissimo chedi in stile Lanna, rivestito di rame è sormontato da un ombrello d’oro a cinque ordini. Intorno al chedi, un chiostro dove sono affrescate le scene principali della vita di Budda. Da dietro il tempio si ha una vista sul triangolo d’oro ed il fiume Mekong.
Terminato il giro torniamo da Sasi per vedere se è riuscita a trovarci un hotel a Phuket. Restiamo a bocca aperta quando vediamo tutto il lavoro che la poveretta aveva fatto per noi. Partendo dalla base che gli avevamo detto essere il nostro budget, ha trovato una quindicina di hotel, li aveva chiamati tutti, si era fatta dare le disponibilità e aveva fatto una pre-prenotazione in quelli che riteneva più belli perché purtroppo in questo periodo a Phuket c’erano un sacco di turisti e poche opportunità di trovare delle “bazze economiche”. Alla fine scegliamo per Hotel Thanthip Villa a Patong per b3000=€60 a notte era un po’ troppo caro ma ci ha garantito che era un 4 stelle con i fiocchi.
Alla fine della giornata decidiamo di andare a farci fare un massaggio e torniamo dalle ragazze di Saita Massage, dopodichè andiamo a cena all’Antique House, vicino al fiume (e al night bazar), carinissimo, molto romantico. Più costoso di altri ma comunque sotto i 10 euro in due! Consigliato dalla Lonely Planet.

Donne Giraffa_113/02/09 VENERDI’
Lunga e faticosa escursione della parte più a Nord della Thailandia dalle 07.30 alle 21.30.
La visita inizia con le Hot Spring poi si va a visitare il Tempio Bianco, strano esempio di costruzione, unico nel suo genere, sembra di essere nel fil “Le cronache di Narnja”.
Si prosegue per CHIANG RAI.
Fondata dal re Mengrai nel 1262 per essere la capitale del regno Lannathai, la città oggi conta circa 80.000 abitanti ed è il punto di partenza principale per le escursioni nel Triangolo d’Oro, al confine con Laos e Myanmar.
Chiang Rai occupa un ruolo di rilievo nella storia thailandese. Chiangsaen, la prima capitale nord del regno fu costruita nel 1292.
Nonostante Chiang Rai divenne in seguito la maggiore città, Chiangsaen rimane tuttora un importante distretto a 60 km a nord sopra il fiume Mae Khong.
Tra le testimonianze dell’era di Chiangnsaen, quelle di maggior valore riguardano le immagini del Buddha incise all’epoca. La Chiangsaen Buddha’sa image è considerata la scultura più perfetta dell’immagine di Buddha e di valore inestimabile tra gli oggetti sacri del buddismo thailandese. Il Buddha di Smeraldo, l’immagine del Buddha più sacra in Thailandia, era originariamente esposta nel XV secolo nel tempio di Chiang Rai, il Wat Prakeo. Quando fu fondata Bangkok, il Buddha di Smeraldo fu trasferito nel 1892 nella Cappella Reale del Gran Palazzo.
Recentemente la gente di Chiang Rai ha messo a punto un progetto per realizzare una copia del Buddha di Smeraldo che sarà di nuovo esposta nel tempio originario.
Chiang Rai è la porta d’ingresso alla favolosa terra d’oro della cultura birmana. Pezzi di tale cultura si possono vedere ovunque sul territorio della provincia di Chiang Rai. Lo stile dell’architettura dei templi, conosciuta come Lanna, è molto influenzata dalla cultura birmana. Oggetti, prodotti tessili e pezzi d’antiquariato si trovano sia a Chiang Rai che anche sul confine, a Mae Sai.
Fino a vent’anni fa questa area era interdetta ai turisti. L’oppio era la base della vita in tutta l’area. Ora le cose sono cambiate e tutto quello che è rimasto di quell’epoca lo troviamo in due musei: “The Opium Museum at the Golden Triangle” posto fra Mae Sai e Chiang Saen, e “Hill Tribe Museum” che si trova proprio in Chiang Rai.
Un cartello posto davanti al fiume Mekong ci informa che stiamo al centro del triangolo d’Oro dove Tailandia, Laos e Birmania di congiungono.
Le tribù che si trovano su queste colline sono autentiche e non messe lì per attirare turisti. Sia che siano vestiti con gli abiti migliori sia che indossino degli sporchi stracci, sono comunque autentici.
Ahas, Karens, Yaos, Hmongs sono i nomi di queste fiere tribù.
Il mercato è circondato da vecchi negozi di mercanti cinesi. Scialbo, monotono, grigio, fiacco, noioso di giorno, il mercato diventa un luogo eccitante non appena scendono le ombre della sera.
E per mangiare, fidatevi, ed accomodatevi ad uno dei numerosi banchetti che popolano la zona. Bachi da seta e cavallette fritte sono delle specialità uniche da non perdere.
Però se siete schizzinosi c’è un’alternativa: il ristorante Rattanakosin. Un locale pieno di oggetti antichi e testimonianze delle locale cultura, e se siete fortunati vi troverete anche qualche ex capo trafficante di oppio.
Chiedete di farvi sedere ad un tavolino all’esterno, o meglio sulla balconata posta al primo piano. E mentre degusterete specialità locali a base pollo, pesce, curry e peperoncino vi sembrerà di vivere in una fiaba.
I ristoranti in città sono soprattutto concentrati in Trairat road, fra i vari va segnalato il rinomato Haw Ralinga, cucina cinese e thai.
In città si visitano il Wat Phrasing, tempio del XIV secolo, il Wat Phra Keo, dove si conserva una venerata copia del Phra Singh Budda di Chiang Mai , il Wat Ngam, con un “Cedi” che conserva le ceneri del re Mengrai.
Il tempio più sacro di Chiang Rai è il Wat Phra That Doi Tung, a 2000 mt di altezza, sulla cima del Mount Doi Tung, la montagna più alta della provincia. Il tempio custodisce una sacra reliquia del Buddha ed è un luogo di pellegrinaggi annuali da parte dei devoti buddisti.
Si prosegue arrivando fino al famosissimo Golden Triangle (ovvero il punto dove si incontrano i confini di Thailandia, Laos e Myanmar, qui  persino il colore dell’acqua cambia da una sponda all’altra ma questo in realtà è causato dagli affluenti!), dove si fa una gita in barca sul fiume Mekong B220=€4 a testa. Sulla sponda del Laos si visita un piccolo mercato con svariate bancarelle dove si vendono più o meno gli stessi prodotti ma una chicca sono i liquori che vanno provati, non tanto per la loro bontà, quanto piuttosto per come vengono fatti. Ci sono liquori di cobra, di armadillo, di pene di tigre ecc.
TRIANGOLO D’ORO
Ben più ricca di interesse della città è la provincia di Chiang Rai, che si incunea nel Triangolo d’Oro.
Si possono facilmente raggiungere i villaggi delle tribù Akha, Meo, Karen e Yao, sparsi sulle colline che circondano Chiang Rai, avamposti delle popolazioni che vivono nella parte inaccessibile del Triangolo d’Oro. Tutti conservano antiche abitudini tribali, ma chi ha lo spirito e il tempo per progettare escursioni ai villaggi più lontani e isolati  potrà evitare quelli a ridosso delle grandi strade, più turistici.
Mae Chan: a circa trenta chilometri dalla città è un centro commerciale e punto di incontro per le popolazioni Yao e Akha. Mae Salong, trenta chilometri a ovest di Mae chan, in una zona impervia fuori dal mondo, un micro universo con usi e costumi originali.
Mae Sai: a16 chilometri da Chiang Rai, la località più settentrionale della Thailandia è nel Triangolo d’Oro, al confine con Myanmar, ma ci si arriva con strade ampie e sicure. Coi Birmani si svolgono intensi scambi di merci valutati in oltre venti milioni di baht al giorno. Oltre al vasto mercato, si può visitare il tempio Phra Thai Doi Wao, posto su una collina dalla quale si gode una bellissimo panorama della città. Nel tempioTham Pham Hyom si può ammirare una originale pagoda Kmer.
Chiang Saen
: Sorge vicino al fiume Mekong, al confine fra Thailandia, Myanmar e Laos. La sponda laotiana del fiume mostra l’evidente contrasto del livello di sviluppo fra i due popoli. Dispone di sistemazioni alberghiere di livello internazionale. Nell’antica cittadina si possono visitare il pregevole stupa Wat Pa Sak (1340), con belle decorazioni a stucco ed i resti del monastero Wat Phrathat Chom Kitti, che sorge in posizione panoramica con vista sulla città, la venerata pagoda di mattoni del Wat Chedi Luang (XIII secolo) e un piccolo ma interessante Museo archeologico e antropologico. Nei dintorni si visitano gli insediamenti delle popolazioni Meo, Akha e Karen.
L’area del Mekong è un ottimo esempio dell’eccezionale adattabilità e capacità mimetica delle “società incivili” come le ha definite il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ma è anche una delle miscele più esplosive e potenzialmente pericolose che si possono incontrare nel lato oscuro della globalizzazione.
Il suo epicentro è il Triangolo d’Oro (Myanmar-Tailandia-Laos): una denominazione geografica imprecisa ma d’effetto, divenuta famosa negli anni ’70. L’oro era in realtà l’oppio e la ricchezza astronomica che genera la produzione di eroina. Il triangolo era in realtà un’esagono perché anche Cina, Vietnam e Cambogia ne facevano parte. Ma era tutt’altro che oro quel che luccicava e che rese famoso quel punto del fiume Mekong dove i confini dei tre paesi si incrociano.
I poveri coltivatori ricavavano dall’oppio, allora come oggi, meno di 100 euro per famiglia all’anno.
Diventavano invece ricchi sfondati i trafficanti e i politici corrotti che li proteggevano, i magistrati che chiudevano un occhio e i militari e la polizia che li chiudevano tutti e due. Per poi tenere gli occhi bene aperti a caccia di lautissime mance quando c’era da dare una mano come controllori delle frontiere e gestori dei relativi posti di blocco. Trent’anni dopo, le regole spietate dell’economia di mercato hanno normalizzato il Triangolo d’oro in un’esagono esemplare di economia depredatoria, diversificata, integrata, con un’efficientissima divisione del lavoro.
Nel triangolo d’Oro, area montuosa di ca. 400.000 Km fra Birmania, Laos e Thailandia, si produce il 60-70% dell’oppio e dell’eroina che giunge ai mercati illegali della droga. All’inizio degli anni ’90 la sola Birmania di nord-est forniva oltre 2000 tonnellate d’oppio; importante anche la produzione laotiana (200-300 t) e thailandese (25-30 t).
Il consumo di eroina in Occidente risale agli anni ’70; nel 1985 solo il 15% dell’eroina consumata negli Stati Uniti proveniva dall’Asia sudorientale, oggi raggiunge il 50-60%. I profitti sono ingenti: a Bangkok 1 kg di eroina pura al 95% (raffinata a partire da ca. 10 kg d’oppio) costa 10 000 dollari a New York può raggiungere al dettaglio oltre 200.000 dollari.
Il papavero da oppio (dal cui latice, l’oppio grezzo, si estraggono morfina ed eroina) è di origine mediterranea e solo nei primi secoli della nostra era giunse in Asia, dove assunse grande rilevanza nel commercio tra India britannica e Cina.
L’impero Cinese che aveva subito due guerre per opporsi all’importazione di oppio diventò nel XIX sec. Il principale mercato internazionale di droga. Tale rimase fino alla conquista del potere da parte dei comunisti, nel 1949, che soppressero l’imponente produzione locale di oppio (tra le 10000 e le 20000 t annue). Le colture di papavero si trasferirono, quindi, negli anni ’50 nell’area di frontiera tra Birmania, Laos e Thailandia per la sua instabilità politica, oltre che per l’inaccessibilità. La produzione di droga si associò ai conflitti etnici birmani e agli interessi dei servizi segreti francesi e americani al tempo delle guerre d’Indocina (1964-54) e del Vietnam (1960-75), e, soprattutto dal 1971-72, l’eroina si diffuse prima fra i soldati americani, in Vietnam, poi negli Stati Uniti. Nel triangolo d’Oro l’oppio è coltivato da gruppi etnici minoritari, come hmong, yao, lisu, lahu, akha, kachin e wa, insediati nelle aree altimetricamente più elevate della regione e dediti all’agricoltura itinerante. In questa parte dell’Asia le popolazioni sedentarie occupano le grandi piane alluvionali e hanno dato vita a società culturalmente complesse: birmani, thailandesi, vietnamiti, laotiani, cambogiani. Le popolazioni semisedentarie delle montagne, come i karen, hanno elaborato un’agricoltura di sussistenza in parte stabile (riso) e in parte itinerante in cui si procede al taglio e all’incendio della foresta per ricavare campi coltivati solo per 1-2 anni. Si tratta di popoli organizzati su base tribale, che non conoscono né organizzazione statale né forme di cultura scritta. Le popolazioni nomadi delle alte montagne con foresta tropicale, specializzate nello slash and burn, produzione di riso in campo asciutto, mais e papavero da oppio sono le sole attive nel circuito produttivo e commerciale della droga, in cui si intrecciano tecniche produttive “primitive” e scambi commerciali internazionali. Il ciclo annuale dell’oppio prevede che in marzo-aprile, prima della stagione delle piogge, si proceda ad abbattere e bruciare la copertura forestale; a maggio viene seminato il mais; tra giugno e agosto si diserba; a settembre viene seminato il papavero; a febbraio viene raccolto l’oppio incidendo la capsula del fiore con un coltello a tre lame.
L’oppio è un cash crop (cioè una “cultura di mercato”) ideale in regioni scarsamente controllate dallo Stato e povere di vie di comunicazione. Si tratta infatti di un prodotto facilmente trasportabile, non deperibile, che racchiude un grande valore in quantità di peso esiguo e di modesto ingombro. Fornisce altre rese (5-8 kg per famiglia all anno) e un reddito incomparabilmente superiore a quello di altri prodotti.
Il triangolo d’oro è la seconda area asiatica per importanza e dimensione (350.000 km²) della produzione dell’oppio, dopo la mezzaluna d’oro che si trova in Afghanistan. È compreso fra la Birmania, il Laos e la Thailandia; anche il Vietnam potrebbe esserne considerato dentro.
È considerato illegale ma i governi di Birmania, Laos e Thailandia fanno poco per contrastare la produzione e il commercio di eroina. Il recente arresto di Khun Sa, Shan a capo di molti traffici illegali, ha abbassato la produzione del Myanmar. Sono stati aperti dei dibattiti sul proibire ai contadini di quella zona di coltivare l’oppio, in quanto è la loro unica fonte di reddito.
Comunque dei controlli, sebbene scarsi, hanno diminuito produzione e commercio dell’oppio e per questo recentemente l’Afghanistan ha superato la Birmania in stime di esportazione ed estensione dei campi coltivati.
Triangolo d’Oro. Come e perché
E’ una storia lunga quella che vede fronteggiare Pechino, Rangoon, Vientiane e Bangkok per il traffico di oppio nel Triangolo d’Oro (Birmania-Myanmar, Laos e Thailandia). Un trafficante mezzo cinese e mezzo chan fece capolino sulla scena del commercio illegale dell’eroina durante gli anni cinquanta. Si chiamava Khun Sa e lavorava per conto del Kuomintang (KMT), l’esercito nazionalista cinese, i cui membri si erano in parte rifugiati in Myanmar. In Laos e Birmania si produceva l’oppio, in Thailandia una rete di raffinerie provvedeva a trasformarlo in eroina. I ricavati della vendita in occidente servivano a finanziare il KMT. Negli anni sessanta Khun Sa ebbe l’incarico da parte del governo birmano di annientare i gruppi guerriglieri del Partito Comunista birmano (BCP), anch’esso coinvolto nel commercio dell’oppio.
Sfruttò abilmente l’occasione e per consolidare il proprio potere formò lo Shan United Army (SUA), un gruppo di ribelli antigovernativo pesantemente coinvolto nel traffico dell’oppio in tutto il Triangolo d’Oro e in concorrenza con il BCP e il KMT. Nel 1967 dette vita a quella che divenne nota come la Guerra dell’Oppio. Khun Sa, dalla sua roccaforte nella provincia thailandese di Chiang Rai, diresse il traffico di eroina clandestino fino alla sua resa nel 1996, acquistando oppio dagli Shan e dalle tribù di coltivatori in Laos, Myanmar e Thailandia, trasportando e vendendo il prodotto alle raffinerie di eroina cinesi, laotiane e thailandesi. Queste a loro volta rivendevano il prodotto ai sindacati etnici cinesi (in genere Tae Jiu) che controllavano l’accesso ai mercati mondiali attraverso la Thailandia e la provincia cinese dello Yunnan. Negli anni ottanta il SUA si fuse con altre bande armate per formare la Mong Tau Army (MTA). La forza dell’MTA raggiunse i 25.000 uomini circa, che ne fecero il più imponente, meglio equipaggiato esercito etnico del Myanmar.
Secondo le stime effettuate dal Dipartimento di Stato americano, in Thailandia nel 1996 erano 1750 gli ettari di terreno coltivati a oppio per una produzione di circa 25 tonnellate di oppio grezzo e di circa 2 tonnellate di eroina. Solo in Thailandia. Le rotte di contrabbando lungo le quali viaggiano l’oppio e l’eroina laotiani continuano ad essere quelle di sempre: Chiang Mai, Chiang Rai, Nan, Loei, Nong Khai e Nakhon Phanom.
Ogni anno solo il 2% del raccolto viene intercettato dalle autorità nazionali e internazionali. Ogni volta che ricevono un grosso contributo finanziario da parte della Drugs Enforcement Agency (DEA) americana le guardie dell’esercito thai battono palmo a palmo il nord del Paese, distruggendo intere coltivazioni di papaveri e raffinerie di eroina, ma solo raramente arrestano i responsabili. Una tipica ‘battuta di caccia’ ha un costo di circa 1 milione di dollari. Nel frattempo il potere passa da un signore dell’oppio all’altro, mentre i coltivatori delle tribù delle colline e gli Shan continuano ad essere semplici pedine nel ciclo oppio-eroina che, per loro, non è mai stata una semplice questione morale, bensì di vita e sopravvivenza, di usi e costumi, di antiche tradizioni sociali e religiose.
La questione dell’oppio nel Triangolo d’Oro deve essere trattata alla stregua di un problema politico, sociale, culturale ed economico e non semplicemente come una normale faccenda di ordine pubblico. E non con metodi repressivi, irrealizzabili per l’intreccio di interessi che vedono coinvolti in primo piano i Governi di quei paesi e per le note difficoltà geo-ambientali. A causa delle misure restrittive applicate alle importazioni di sostanze oppiacee birmane e laotiane ­che risultavano costare il doppio del prezzo medio per chilo ­nella stagione 95-96 la coltivazione dei papaveri in Thailandia per uso personale è aumentata del 60%

Ci fermiamo a pranzo, che era già incluso nel prezzo del pacchetto, per poi proseguire verso il confine con la Birmania, che purtroppo non è oltrepassabile.
Dopodichè iniziano le visite ai villaggi tribali.
Le donne giraffa (tribù dal collo lungo e dalle orecchie grandi):
I tailandesi chiamano quelle popolazioni primitive che si sono insediate fin da tempi remoti sulle montagne con il nome di: KUN PU KAO; che tradotto poi, significa: “popoli della montagna”. Questi hanno da sempre avuto nella loro tradizione culturale, la coltivazione e l’uso di piante oppiacee per resistere meglio al duro lavoro quotidiano e forse chissà… anche per allietarsi quella dura e grama vita toccatagli in sorte. Solitamente, molti di loro masticano foglie di una pianta particolare e “corroborante” che appallottolano in bocca e che con l’andare del tempo gli tinge i denti completamente e indelebilmente di nero. Di popolazioni stabilitesi sulle montagne ve ne sono di varia natura ed estrazione territoriale di provenienza. Occupano le stesse terre in cui vivono e che coltivano, divisi tra loro in tribù ben distinte, ma con usi e costumi anche diametralmente diversi.
Gli HMONG, sono di origine cinese ed occupano una buona parte dei territori nord, ai piedi delle montagne. Sono arrivati qua in tempi molto remoti. Molti di essi, con le nuove generazioni e scendendo dalle montagne, sono giunti anche a popolare le vicine grandi città tailandesi, iniziando ad inserirsi nella società autoctona.
Gli AKHA sono di origine tibetana, così come i LAU. Questi due assieme infatti, costituiscono le popolazioni più primitive tra i tribali coltivatori dell’oppio. Alcuni Akha e Lau si stanno spostando adesso anche verso le grandi città, perché la proibizione e restrizioni circa la loro coltivazione tradizionale (nessuno evidentemente, ha pensato ad una sua riconversione con altre possibili coltivazioni) relegano le loro attività produttive al solo artigianato povero, dei propri tipici costumi ed accessori tradizionali. Ma sembra che in questo loro tentativo, incontrino notevoli ed insormontabili difficoltà di inserimento nella società cittadine thailandesi.
Poi ci sono le tribù dei KAREN … o come li chiamano i tailandesi i KO YAO, che tradotto significa “i lunghi colli” conosciuti nel mondo ed indicati su tutte le guide turistiche con l’equivalente di: LONG NEEK (lunghi colli appunto…).
La loro presenza sul territorio risale a più di 300 anni fa… quando scappando dagli orrori delle guerre intestine birmane, iniziarono a rifugiarvisi e quindi accolti e tollerati come profughi. Anch’essi hanno un passato come coltivatori di piante oppiacee, ma avendo poi avuto fortissime restrizioni dall’esercito, si sono riciclati in bravissimi artigiani nella lavorazione di oggetti in legno e metallo. Li aiutano non poco e sicuramente ad un prezzo altissimo, le entrate economiche dovute e derivanti da un certo flusso turistico di curiosi, per quella che è una particolarità delle loro donne e che ha reso questa tribù primitiva, veramente molto conosciuta e famosa in tutto il mondo. La particolarità delle loro donne è quella di portare fin da bambine dei “collari” metallici che le costringono a stare continuamente con il collo allungato… Mano a mano che crescono poi, questo collare viene sostituito continuamente da un’altro e progressivamente più alto del precedente. Questo stimola continuamente l’allungamento delle vertebre cervicali e quindi un conseguente allungamento del collo, considerato anche, si dice, sinonimo di bellezza e fascino femminile. Fino ad arrivare in età adulta dove, alla fine del processo di accrescimento fisico, hanno ormai dei colli lunghi più di una trentina di centimetri. Proprio per questa particolarità, sono anche dette “donne giraffa”! Si dice inoltre che nelle loro usanze culturali ci sia anche quella per cui nel matrimonio, il marito abbia potere di vita o di morte rispetto alla moglie. In caso di tradimento o altra colpa grave per esempio, lui è autorizzato a togliere il collare!
Quello che ci potrebbe sommariamente apparire come una liberazione risulta poi invece… una vera e propria condanna a morte. Infatti, dopo una vita che indossano quel collare… la muscolatura che sostiene il collo è ormai in gran parte completamente atrofizzata e la testa non più sostenuta… ricade sulle spalle. L’esofago e la trachea di conseguenza così, oltremodo allungati… pian piano si ripiegano su se stessi…impedendogli di deglutire il cibo e respirare. Questo le porta lentamente, ma inesorabilmente ed in breve tempo, alla morte!
Per andare al villaggio “BAAN YA PAA” servono più di tre ore, percorrendo stradine sterrate e scoscese.
Il villaggio è costituito da due agglomerati di capanne, costruite su palafitte e totalmente con materiale della foresta. Totalmente in tronchi d’albero o grosse canne di bambù la struttura portante, in cannicciato le pareti e pavimento, in paglia e foglie intrecciate tra loro, il tetto. Nel primo agglomerato vive una tribù di AKHA e nel secondo agglomerato (al di là del piccolo torrente che li divide) vive una tribù di KAREN. Le loro capanne sono abbastanza simili per forma e materiali se non fosse per le dimensioni, più piccole quelle dei primi e notevolmente più grandi quelle dei secondi.
Nel villaggio dei KAREN ci sono le donne KO YAO…Il lungo collare gli limita i movimenti e perciò non fanno grandi cose lavorative nel quotidiano. Anche bambine di varia età indossano già ognuna il proprio collare di varie progressive lunghezze ma la crudeltà vera e proprio è che non hanno una vita molto lunga proprio a causa del collare che portano.
Un collare da adulta, grezzo ed in metallo pieno, pesa oltre cinque chili! Di conseguenza non è solo il collo ad allungarsi, ma anche le clavicole ad abbassarsi e che non consentono quindi, una buona ossigenazione polmonare. Inoltre i pericoli di infezioni sono molto alti e la loro medicina è relegata ad una specie di sciamano con rimedi erboristici ed esoterici. Vivono in simbiosi con la foresta a cui devono tutto quello che hanno per il loro sostentamento e mantenimento.
Un’altra loro usanza è che le donne portano tutte una chioma lunghissima che, se sciolta, raggiunge i loro piedi, praticamente non tagliano mai i loro capelli.
ULTIME NEWS:
L’Onu accusa il governo tailandese di sfruttare il turismo del collo lungo e di bloccare chi cerca di scappare dallo zoo umano. Le Nazioni Unite hanno invitato a boicottare il turismo del “collo-lungo”: accusano infatti il governo tailandese di non permettere a 20 Kayan birmani di ricostruirsi una vita in Nuova Zelanda perchè sono diventati un’attrazione turistica in quello che è stato definito uno “zoo umano”.
I fatti.
A partire dagli anni ’80 circa 500 Kayan, popolazione famosa per la singolare tradizione secondo la quale le donne allungano il proprio collo indossando una serie di anelli dorati, si sono rifugiati in Tailandia per sfuggire alla guerra civile scoppiata fra i separatisti Karenni e l’esercito birmano. Invece che essere accolti nel campo profughi con gli altri rifugiati, però, i Kayan sono stati sistemati in un’area poco lontano. Una zona che ha conosciuto una straordinaria affluenza turistica: per 250 bath (circa 8 dollari) è possibile visitare i tre villaggi che la compongono, guardare e fotografare le donne dal lungo collo.
Boicottaggio.
Le Nazioni Unite, però, stanno prendendo in considerazione la necessità di boicottare il turismo del ‘collo-lungo’. Come ha riferito la portavoce dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Kitty McKinsey, infatti, i Kayan sono trattati dalle autorità tailandesi in “maniera particolare” e sono stati confinati in quello che definisce uno “zoo umano”: mentre ad altri 20mila rifugiati è stato dato il permesso di ricostruirsi una vita al di fuori della Tailandia, i Padaung, come vengono chiamati i Kayan in Birmania, non possono lasciare il paese. Quando nel 2005 l’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite aprì le registrazioni per il riposizionamento in paesi terzi degli oltre 50mila rifugiati della zona, quasi tutte le famiglie Kayan fecero richiesta: tre di queste risultarono idonee, ma da allora il governatore Direk Kornkleep non ha mai firmato l’autorizzazione necessaria a permettere loro di lasciare il paese.
Zember.
Una ragazza di 23 anni, Zember, è diventata l’emblema di questa disputa. Fa parte di una delle tre famiglie considerate idonee a lasciare la Tailandia: dovrebbe trasferirsi in Nuova Zelanda, ma insieme ad altri 20 Kayala non può partire. Anche lei, seguendo la tradizione, portava i tipici anelli al collo, poi, un po’ per frustrazione un po’ in segno di protesta contro quello che ormai vede come arma di sfruttamento, se li è tolti. “Quando ero giovane volevo indossarli e mantenere la tradizione”, ha affermato Zember, “li ho tolti così mi lasceranno andare. Quando sto qui nel villaggio, loro fanno soldi con i turisti e non mi piace”.
Turismo.
Secondo il governo tailandese le famiglie Kayan, non vivendo all’interno dei campi profughi, non possono essere considerate rifugiate, ma sono registrate come tribù di collina e vengono reputate alla stregua di famiglie emigrate che si guadagnano da vivere col turismo.
Secondo Kitty McKinsey, invece, i Kayan sono rifugiati al cento per cento e sono stati obbligati dalle stesse autorità tailandesi a vivere fuori dal campo. Il sospetto è che non venga loro permesso di andarsene per il cospicuo ritorno economico dell’industria turistica. Il turismo del collo lungo, infatti, è diventato un grosso business nella provincia di Mae Hong Son, ma pochi soldi entrano nelle tasche dei Kayan perchè tutto il mercato è gestito dai tailandesi: le donne che portano gli anelli al collo ricevono una paga di 1500 bath al mese per amministrare negozi di souvenir, ma, per alcune, essere pagate per permettere ai turisti di fissarle e fotografarle è un accordo inaccettabile. Il governo ha annunciato un piano volto a preservare la cultura Kayan e creare un centro turistico. Come incentivo il progetto prevede la costruzione di case libere dal controllo tailandese e la possibilità di ottenere la cittadinanza. A nessun altro rifugiato è stato proposto un simile accordo.
E’ assolutamente una gita che vale la pena essere fatta, anche se molto stancante. Mi astengo dal fare commenti relativi alle tribù. C’è chi le considera uno zoo umano e chi un modo per vedere tradizioni che stanno scomparendo. A voi il giudizio.

14/02/09 SABATO
Dopo le fatiche dei giorni passati, decidiamo di fare una giornata in assoluto relax, e visto che è anche S. Valentino, Roberto mi regala un pacchetto di 3 ore di massaggi all’Heaven Hut Massage Spa Moonmuang rd, soi 6,7. E’ un po’ spartano ma pulito e le ragazze molto brave.
Il pacchetto prevedeva: body scrub+aromatic oil massage+refresh thai herbal massage 9 steps+thai massage+manicure+pedicure. In 2 b3100=€60
Poi siamo andati a fare acquisti al Chiang Mai Cotton, 141/6 Ratchadamnoen rd, T. prasing A. Muan. Un negozietto piccolino ma con abbigliamento molto carino a prezzi bassissimi.
La sera abbiamo cenato al Blue Diamond 35/1 Moon Muang rd soi 9 T. Sripum A. Muang. Un ristorante vegetariano (pulito, economico e caratteristico) in 2 b500=€10, ma attenzione, chiude alle 20.30.
Dopo cena siamo andati finalmente al Night Bazar dove abbiamo fatto un sacco di acquisti, es, valiga Luis Vitton b2300=€46, valigia Samsonite rigida b2300=€46, T-shirt Polo (con cavallino grande) b200=€4…….. e tantissime altre cose. Il paradiso di una donna.
Però consiglio:
Acquisti:
Il Wong Wiang Handicrafts Centre (Wwhc) di Chiang Mai che si occupa di lavorazione del legno di mango per la produzione di una vastissima gamma di articoli: dalla tazzina da caffé ai soprammobili fino alle sedie intarsiate. La sorpresa più grossa è che tutti gli artigiani impiegati sono ex lebbrosi: molto vicino al centro di produzione c’è infatti il Mc Kean Rehabilitation Centre fondato nel 1908 dai missionari cristiani: è il primo centro in Thailandia per la cura e la riabilitazione di chi è affetto da questa grave malattia tuttora presente nelle foreste del Nord e negli altipiani dell’Est del Paese. Lavorando in collaborazione con il ministero della Sanità e con molte organizzazioni non-governative, questo centro ha assistito negli ultimi dieci anni più di cinquemila persone sia nella clinica sia nei villaggi.
Nel triangolo d’oro non ci sono soltanto oppio e prostituzione ma soprattutto una grande forza creativa che ha bisogno di essere alimentata da un lavoro costante e da un impegno come quello del Ttc e delle organizzazioni che lo sostengono da tutto il mondo.
A metà strada fra Chiang Mai e il confine con la Birmania c’è il centro di colorazione naturale di Mae Sariang: in grosse pentole di rame vengono fatti bollire fiori e foglie che crescono nei dintorni per ottenere miscele colorate nelle quali si immergono le matasse di cotone grezzo: dopo tre ore di bagnomaria il cotone assume sorprendenti tonalità vegetali, viene fatto asciugare al sole.
In questa zona si trovano parecchie comunità di Karen birmani fuggiti dalla dittatura del loro Paese. Così; il cotone è filato e tessuto secondo la tecnica dei Karen, fatta di colori che sfumano uno nell’altro incarnando profondi significati religiosi.
Prodotti e produttori
IL Thai Tribal Cafts. Niente oppio, siam tribali

Il Thai Tribal Crafts (Ttc), nato 1973, è un’agenzia di commercializzazione dell’artigianato tribale e lavora a tutt’oggi con circa 500 villaggi situati nella parte settentrionale della Thailandia. Questa zona è abitata da numerose etnie che continuano a conservare gelosamente costumi e consuetudini di vita. L’obiettivo principale di Ttc è valorizzare e diffondere l’artigianato tribale in tutto il mondo mediante i canali del commercio equo: ciò costituisce una valida alternativa rispetto alla coltivazione dell’oppio che, proibita dallo Stato, era tradizione antica di queste popolazioni. L’organizzazione riceve gli ordini dai clienti stranieri e distribuisce il lavoro ai villaggi: gli artigiani rimangono indipendenti e acquistano la materia prima con il pre-finanziamento del Ttc. Mentre la tessitura e la tintura vegetale avvengono nei villaggi, l’assemblaggio e la trasformazione sono realizzati da sarte che lavorano nella centrale di Chiang Mai. Parte degli utili serve per finanziare progetti di carattere sociale tra cui i New Life Centers, per giovani donne finite nel giro della prostituzione, e il Mc Kean Rehabilitation Centre, centro di riabilitazione al lavoro per lebbrosi, per il quale l’apporto di denaro si unisce alla commercializzazione dei prodotti in legno fatti dai pazienti stessi. Il Ttc ha aperto anche un grande negozio a Chiang Mai dove accanto ai prodotti vengono venduti video e libri sulla storia e la cultura delle tribù del nord.
Genti di collina. Il governo conta fino a sei
Il governo thailandese riconosce sei gruppi di “tribù delle colline” (chao khao letteralmente gente di montagna). Queste tribù (indichiamo tra parentesi la pronuncia) si chiamano: Karen (Yang), HMong (Meo), Mien (Yao), Lahu (Mussur), Akha (Kaw) e Lisu (Lisaw) e sono stanziate nel cosiddetto triangolo d’oro al confine settentrionale con Birmania e Laos nel quale sono migrate dal Tibet a dalla Cina fin da tempi antichi. La popolazione totale è di circa 500.000 unità di cui almeno la metà sono Karen. Tratti comuni: sono contadini e vivono in villaggi piuttosto che integrarsi nelle città; per tutti la festività più importante è quella del nuovo anno in cui si confezionano i nuovi tessuti, si celebrano danze, musiche e riti assai diversi fra loro. Tutta la vita sociale è regolata da leggi non scritte tramandate oralmente di padre in figlio. La foresta costituisce il loro ambiente naturale e, oltre a offrire un naturale riparo in casi di pericolo, offre legna per cucinare e costruire le case, e preziose piante medicinali.

Thai Boxe_115/02/09 DOMENICA
Visto che in hotel la colazione faceva decisamente rabbrividire, abbiamo trovato un bar, proprio di fronte al BP Hotel, il Coffee Lover, che era proprio una chicca. Ambiente lounge, pulito, caffé buonissimo e prezzi molto buoni, considerato che c’era anche il collegamento al internet gratis per 20 minuti.
Dopo colazione prendiamo un taxi, tariffa fissa b150=€3, per l’aeroporto per fare il trasferimento a Phuket.

Phuket_1Phuket  è una provincia insulare della Thailandia meridionale, situata sulla costa occidentale della penisola di Malacca nel Mare delle Andamane.
La provincia è divisa a sua volta in 3 distretti: Thalang, Kathu, Phuket. Il capoluogo dell’isola è la omonima città di Phuket situata al centro dell’isola appoggiata sulla costa orientale.
Per secoli Phuket non è stata altro che una zona depressa. La grande distanza da Bangkok, l’assenza di un ponte con la terraferma, le brutte strade dell’isola e la mancanza di interesse a sfruttare le sue bellezze, l’hanno tenuta per decenni in un relativo isolamento, nonostante le risorse di stagno, gomma e noci di cocco. L’aeroporto di Phuket è diventato internazionale soltanto negli anni ’70 per consentire ai commercianti di stagno e gomma di raggiungere facilmente Penang, Kuala Lumpur e Singapore, ma allora nessuno pensava al turismo.
Alla fine degli anni ’70, Phuket compariva negli itinerari dei saccopelisti poveri che si accampavano nei bungalow dei pescatori o sulla spiaggia di Patong. Diffusasi la voce, arrivarono presto i magnati del turismo. L’aeroporto fu ingrandito per ospitare jet europei, le strade asfaltate, e piano piano, mentre i dollari dei turisti si riversavano sulle spiagge, l’isola divenne la provincia più ricca della Thailandia, seconda solo a Bangkok.
La ricchezza di Phuket viene dal turismo, il cui boom ha avuto un notevole impatto sociale. Sebbene in Phuket ci siano solo 10.000 nativi, 240.000 emigranti thailandesi, provenienti da tutte le 76 province del regno, adesso vivono e lavorano nell’isola, svolgendo in gran parte attività collegate al turismo.
LA STORIA
Phuket, sorprendentemente, ha una storia che merita una certa considerazione. Si sa poco degli inizi dell’isola, ma gli archeologi ritengono che la regione fosse abitata da mon-khmer della Birmania che vivevano nei territori settentrionali e a Chao Lay o da zingari del mare che fondarono colonie lungo la costa meridionale. I thai raggiunsero l’isola nel XIII secolo, durante il regno di Ramkamheng di Sukhothai, insediandosi nella regione per sfruttare i vasti depositi di stagno che scorrevano superficialmente e che quindi erano facilmente accessibili.
Gli esploratori occidentali arrivarono nel XVI secolo per trovar riparo dalle tempeste nelle baie dell’isola e per evitare i pirati che terrorizzavano la costa andamana. In seguito Phuket ebbe un ruolo importante nelle aspirazioni imperialistiche occidentali dopo che il capitano Francis Light, un esploratore che lavorava per la East India Company, si stabilì a Phuket e sposò una donna del luogo. In seguito Light s’inchinò alla sovranità della corte reale thai di Bangkok e spostò il proprio avamposto a Penang in Malesia. Se Light fosse rimasto, Phuket avrebbe potuto essere incorporata nell’impero britannico che alla fine si spostò a Singapore.
Nel 1785 l’isola fu invasa dai birmani e si verificò un’insurrezione di cinque settimane che fece di due giovani sorelle le eroine nazionali. Dopo la morte del governatore della città settentrionale di Thalang, la sua vedova Chan e la sorella Muk assunsero la responsabilità della difesa di Phuket contro i birmani. Vestite da guerrieri maschi per intimidire i nemici, Chan e Muk guidarono con successo le forze thai e cacciarono i birmani da Phuket. Come premio del loro coraggio, Rama I conferì a entrambe un titolo nobiliare: Chan diventò la Signora Tepsatri, e Muk fu onorata come Tao Srisuntorn. Sulla via a Thalang ci sono ora due statue che ne onorano la memoria.
Sin dagli inizi del XX secolo la storia di Phuket è stata legata a rame, caucciù e turismo. Nel 1907 un capitano australiano introdusse la prima draga e aprì dozzine di miniere. Commercianti stranieri e lavoratori cinesi arrivarono per lavorare nelle miniere, per arricchirsi e costruire le case coloniali di Malacca che ancora abbelliscono le strade di Penang. Nel 1933 l’isola fu dichiarata provincia.
Sebbene quelle dello stagno e del caucciù siano ancora le industrie principali, il turismo ha dominato l’economia locale fin dalla metà degli anni settanta. L’apertura di un aeroporto internazionale e la costruzione di un Club Med e del Phuket Yacht Club hanno posto Phuket nell’itinerario turistico.
L’importanza del turismo fu dimostrata nel giugno 1986, quando alcuni dimostranti dettero fuoco e quasi distrussero uno stabilimento di tantalio da 44 milioni di dollari nella periferia nord della città di Phuket. Gli ambientalisti ritenevano che l’impianto avrebbe disturbato l’ecologia e rovinato il turismo. Oggi Phuket attrae oltre 1 milione di visitatori all’anno ed è la meta turistica di maggior successo nel Sudest asiatico
Le spiagge più belle si trovano nella parte ovest dell’isola, quella più turistica dove si trova il centro della movida di Phuket, Patong. Partendo da Sud troviamo Rawaii beach, per salire verso Nai Harn, una delle più belle e rilassanti spiagge. Avvicinandoci a Patong troviamo Kata beach, suddivisa da un promontorio nella grande baia (Kata Yai) e nella piccola baia (Kata Noi). Risalendo la costa troviamo Karon beach, dove vi è un mercato coperto di buone dimensioni e dove si possono fare buoni affari. Patong beach è la spiaggia più colpita dal turismo di massa, infatti è molto frequentata e “rumorosa” anche a causa delle tante moto d’acqua e del turismo molto giovane. Patong è consigliato più per la vita notturna che per la sua spiaggia. Spiagge che comunque tornano ad essere rilassanti in quel di Kamala beach, uno dei posti più incontaminati dell’isola e verso Surin Beach. Tra Kamala e Surin troviamo quella che per gli italiani è praticamente tappa obbligata, Laem Sing beach. Infatti in questa spiaggia la maggioranza dei turisti è italiana, anche se vi sono molti francesi.
Disneyland dell’erotismo, Patong, è un’esperienza da provare quella di girare in un posto dove sembrava esser capodanno perennemente, luci, paillettes, ragazze da un’età indefinita in un orgia di alcool e musica. Bangla road che sta a Phuket come Viale Ceccarini sta a Riccione. E’ il cuore di Patong ci sono miriadi di negozi, miriadi di locali, miriadi di ragazze o ragazzi (Boh). E’ un vero brulicare! I negozi espongono di tutto dalle borse con le griffe più famose, alle Nike Silver e affini, ai sandali di Gucci, Dior e compagnia bella, agli orologi, agli occhiali….insomma è un vero paradiso che può essere contrattato fino allo sfinimento. E’ piena zeppa di gente fino alle 5 del mattino ma tutti uomini occidentali che ricercano ragazze thai per il resto della notte (un problema se amate il divertimento vero e non il sesso a pagamento).
Merita una visita il famoso “Cristin Massage”, c’è un’immensa vetrata dove una trentina di ragazze in mise succinte, numerate e ordinate per prezzo aspettano di essere scelte per sfoderare le armi della seduzione in una delle tante camere di questo albergo.
LADIES BAR
Le circostanze che hanno dato origine al fenomeno delle Ladies Bar sono molteplici: alcune risiedono nell’eredità delle antiche culture indiana e cinese, nella poligamia e nel diffuso concubinato che queste praticavano. Un’ulteriore elemento che ne ha permesso la diffusione, o che comunque non l’ha ostacolato è nella concezione delle relazioni sessuali, considerate come una naturale manifestazione umana, non un’azione peccaminosa come invece lo è nella cultura cristiano-cattolica di cui sono impregnate le società occidentali. Altro elemento, che si pone al di là degli aspetti culturali entrando in quelli socio-politici, è determinato dalle dure condizioni di sopravvivenza quotidiana che accomuna molti Paesi del Terzo Mondo, inoltre nel caso della Thailandia (ma non solo) si è aggiunto un nuovo elemento con la fine dell’ultima Guerra mondiale: la concessione di basi militari USA sul territorio thailandese ha “generato”, come in altre aree geografiche, uno sviluppo imponente della prostituzione indirizzata ai soldati nordamericani.
L’origine e lo sviluppo di Pattaya, la cosiddetta capitale del sesso, è avvenuta in ragione della grande base militare, lì costruita, da cui partivano i B52 per bombardare il Laos e il Viet-Nam.
In larga misura le Ladies Bar provengono dall’Isaan, una vastissima zona sottosviluppata del Nord, la cui economia è basata sulla coltivazione del riso. La tipica famiglia dell’ISAAN si sveglia al canto del gallo e passa la giornata, fino al tramonto, lavorando in risaia o comunque nei campi, con strumenti arcaici e sotto un sole implacabile, i piedi nudi col tempo vengono deformati dalle inevitabili ferite che in questi climi si infettano con banale facilità, e dalle punture di insetti e dalle sanguisughe. Tutta la famiglia (ma in particolar modo le donne) è coinvolta nei lavori duri e faticosi, i bambini nei centri maggiori, dove sono presenti le scuole, aiutano i genitori dopo le lezioni, mentre nei piccoli villaggi, dove le scuole non esistono, non è infrequente che i bambini lavorino tutto il giorno. La maggioranza dei contadini poveri lavora per guadagnare lo stretto necessario che gli permette di sopravvivere per lavorare il giorno seguente, senza nessuna speranza di un futuro miglioramento della situazione. Le abitazioni, solitamente case in legno su palafitte, non hanno mobili, né tavoli, tantomeno sedie o letti: si cucina, si mangia e si dorme sul pavimento. I servizi igienici, staccati dalla casa, consistono in una latrina di lamiere con un buco in terra per i bisogni corporali e una grande vasca in cemento, solitamente tenuta piena d’acqua, dalla quale si preleva, versandosela addosso con una scodella in plastica, quella che serve per lavarsi.
L’alimentazione, anch’essa molto povera, è a base di riso bianco con verdure e un po’ di carne di maiale o pollo, è integrata con insetti fritti (coleotteri, cavallette, grilli, cicale, formiche, larve ecc…) e piccoli animali come topi e rettili.
Solitamente le donne si sposano molto giovani, spesso ancora minorenni, e normalmente si ritrovano presto con alcuni figli da allevare. Frequentemente i giovani mariti, spaventati dalle difficoltà inimmaginate, lasciano la moglie (e i figli) che ritorna dai genitori con un fardello maggiore di problemi.
In questo contesto a dir poco umiliante e disumano, diventa inevitabile fantasticare sulle meraviglie di ogni tipo offerte nelle grandi città luccicanti, in particolare a Bangkok, dove dalla TV (e dalle terribili soap-opera) si vedono vetrine che offrono ogni sorta di oggetti di consumo, oreficerie immense, strade illuminate, divertimenti di ogni tipo, abitazioni da sogno… e allora si matura l’idea di evadere da una situazione insostenibile e fare il salto verso una nuova e promettente vita.
Purtroppo il sogno si infrange nelle nuove difficoltà: lavori precari, nessuna garanzia sociale e salari bassissimi. L’alternativa, per non tornare alla condizione precedente, è quella delle zone turistiche, dove i ricchi stranieri gradiscono la compagnia delle giovani e graziose donne thai.
Le novelle Ladies Bar si trovano così scaraventate in un nuovo mondo che all’apparenza sembra freneticamente allegro ma che invece è pieno di insidie. Il nuovo lavoro, prevalentemente notturno, consiste nell’offrire compagnia agli avventori del bar invitandoli a bere e bevendo anch’esse per aumentare le quote economiche che percepiscono come percentuale sulle consumazioni ma, naturalmente, la mansione principale è quella di accettare gli inviti di carattere sessuale, che sono quelli maggiormente retribuiti.
Il fatto di esserci una retribuzione diretta in un rapporto sessuale, giustifica ai più, nei confronti delle Ladies Bar, l’appellativo di prostitute. Ma se proviamo a fare una pur superficiale comparazione tra la prostituzione che conosciamo nei Paesi occidentali e questa, vediamo che l’unica particolarità in comune è la retribuzione, per cui sarebbe necessaria anche una differenziazione nel termine usato per denominarla.
La prostituzione occidentale che molto spesso prolifera in ambienti e strati sociali degradati, prevede regolarmente la figura di un uomo che si appropria dei profitti, è tenuta a debita distanza dal resto della società, la pratica del rapporto è staccato, indifferente, spesso freddo e certamente fugace.
La cosiddetta prostituzione delle Ladies Bar non ha assolutamente nulla in comune con nessuna delle caratteristiche appena descritte, ma è normalmente caratterizzata da cordialità, allegria e affettuosità. Per cultura castale (di casta) le Ladies Bar ritengono loro compito rendere felice l’uomo che si trova con loro, trattandolo con dolcezza e coprendolo di premure e sorrisi finché dura la relazione, che non necessariamente si limita al semplice rapporto carnale, ma può durare (e molto spesso succede) anche giorni interi, durante i quali si comportano come se fossero semplicemente… fidanzate in affitto. Accompagnano il turista ovunque voglia andare, lo ascoltano con benevolenza e annuiscono anche quando non capiscono cosa stia dicendo, al ristorante gli verseranno da bere e gli saranno d’aiuto in ogni necessità possa presentarsi, nell’intimità dimostreranno riservatezza e pudore, senza smettere mai di offrire un largo sorriso, non è infrequente che al mattino si vegli per prima per preparare la colazione.
Le Ladies Bar svolgono questa attività essenzialmente per permettere ai propri figli e ai genitori (che si accollano l’onere di allevarli) un’esistenza meno degradante, nonché la ferma determinazione di rifiutare una vita fatta solo di stenti. Ma i problemi non finiscono mai… quelle che scelgono questa soluzione sono molte e di conseguenza si ritrovano numerosissime nei bar delle zone turistiche, cercando quindi di “accalappiare” chiunque passi, offrendo, a volte, i loro sorrisi anche ai turisti accoppiati, con grave disappunto delle loro compagne che, ignare delle gravi motivazioni all’origine del fenomeno, ne traggono negative e infastidite valutazioni di carattere etico, senza minimamente sospettare che quelle giovani donne, così insistenti nell’offrirsi, ogni giorno telefonano ai propri figli per sentirne almeno la voce, dato che non li possono vedere crescere giorno per giorno, come sarebbe diritto di ogni genitore.
Il tempo però scorre, gli anni passano e i turisti preferiscono le donne giovani, quindi le Ladies Bar sanno benissimo che quel lavoro non può durare molto, al massimo dieci o quindici anni, durante i quali si decide della loro vita futura, di quella dei figli e della vecchiaia degli stessi genitori, nonché della propria (per questa popolazione non esistono garanzie sociali né pensione). Quindi in un arco di tempo breve diventa necessario accumulare il più possibile, magari per potersi anche costruire una modesta casetta al paese. Per cui, a maggior ragione, debbono cercare di ricavare dagli stranieri quanti più soldi è possibile, propinando loro fantasiosamente emergenze inesistenti: malattie familiari per la cura delle quali mancherebbero i soldi, o chiedendo prestiti con la consapevolezza che non riusciranno mai a renderli, oppure facendo leva su sentimenti e innamoramenti in cui cadono immancabilmente molti turisti.
Normalmente questi inganni sono considerati inaccettabili e abietti dagli stranieri che giudicano riprovevolmente le responsabili come se l’onestà fosse un valore assoluto e non legato a un contesto concreto. Pur comprendendo l’amarezza di chi capita in queste situazioni, non si può evitare di osservare che comunque hanno una stretta correlazione con chi ruba per fame, e quindi la responsabilità non va ricercata in chi commette il “delitto” ma nei meccanismi della società che, pur dichiarandosi civile, permette, mantiene ed accresce diversità abissali tra i suoi cittadini, facendo sì che moltissimi siano inesorabilmente costretti a vivere di stenti ed espedienti, per permettere a pochi di vivere nel lusso più sfrenato.
Questa è una storia che ognuno di noi conosce molto bene anche se è certamente più comodo fingere di non conoscerla e colpevolizzare queste donne che, non avendo ancora la consapevolezza che possono avere dei Diritti (che nessuno regalerà mai loro spontaneamente, utilizzano la forza del loro sorriso per togliere “le briciole” ai turisti che credono tutti immensamente ricchi.
Altri aspetti negativi e i rischi a cui sono esposte le Ladies Bar sono essenzialmente l’alcolismo, il tabagismo, le droghe e la possibilità di contrarre malattie veneree e l’AIDS. E’ vero che per queste giovani esiste un servizio medico gratuito di controllo al quale debbono rivolgersi regolarmente, ma in realtà non credo proprio che tutte vi si sottopongano e che, in caso di positività si astengano dal lavoro, infatti la necessità vitale di denaro per vivere prevale necessariamente su ogni altra valutazione.
Come se tutto ciò non bastasse, il richiamo delle sirene del consumismo, propalate senza pudore e ritegno con ogni mezzo pubblicitario, induce le più ingenue e deboli a spendere con una frenesia inarrestabile.
Quindi, quelle Ladies Bar che avranno la forza di resistere almeno agli inganni maggiori della società opulenta, quanto falsa e cinica, potranno ritornare al paese con il necessario per vivere, ma molte invece, durante il percorso rimangono vittime di degrado personale, di malattie e oltretutto senza risparmi, mentre gli spensierati turisti continueranno a divertirsi con le nuove generazioni, considerandole spesso, in modo cinico, crudele, malvagio e scellerato, come dei “deliziosi animaletti da compagnia”.
E’ difficile concettualizzare il fenomeno delle Ladies Bar, e infatti non esiste nemmeno un termine specifico che lo possa esprimere, tant’è la locuzione “prostituta” (e simili) può essere sostituita con la più adatta “fidanzata in affitto”.
La descrizione fatta delle Ladies Bar è generica e naturalmente ciò comporta che ci siano le debite eccezioni di carattere personale su molti aspetti culturali e comportamentali, inoltre la società in continuo movimento impone comportamenti adattativi, per cui molti degli aspetti che derivano essenzialmente dalla cultura thai potrebbero subire modificazioni e non essere più così determinanti nei comportamenti delle nuovissime generazioni che ormai vivono in un contesto sociale in decadenza, in un tipo di società che, per dirla con una metafora di Majakovskij: da vitello forte e vigoroso qual era, è diventata una vacca grassa che non regge più il suo peso.
Chissà se l’umanità avrà il coraggio, la forza, la volontà e soprattutto l’intelligenza di produrre i cambiamenti necessari per consentire un ulteriore salto di qualità per tutti, permettendo così, anche alle giovani donne thai (assieme a tutte quelle del cosiddetto Terzo Mondo), maggiori opportunità di diventare ingegneri, o medici, o tecnici… o quant’altro possa servire allo sviluppo della collettività, invece di essere condannate a divenire Ladies Bar.

Arriviamo a Phuket e prendiamo un mini bus della P.M.K., b150=€3 a testa (tutti gli altri ne chiedono b500) per portarci in hotel. Prima però ti fanno fare una sosta nella loro agenzia viaggi per provare a venderti qualcosa, tipo tour, escursioni o altro. Io gli ho detto che avevo già tutto il pacchetto comprato dall’Italia, anche se non era vero, così mi sono liberata in 3 minuti.
Arriviamo in hotel, il Thanthip Villa  41/3 Chalermphrakiat rd Patong beac (info@thanthipvilla.com). Finalmente un hotel di tutto rispetto. Bello, pulito, elegante e a veramente 5 minuti a piedi dalla famosa Bangla Road.
Ceniamo al Sabai Beach Restaurant 45 Thaveewong Road con i piedi sulla sabbia e una fantastica vista sul mare a b3800=€80 in 2 e facciamo una passeggiata lungo Bangla Road facendoci prendere a quel luna park di go go bar, discoteche e venditori….sembra di essere in un film.

16/02/09 LUNEDI’
Affittiamo un motorino per b200=€4. Attenzione, però, la guida è a sinistra e molti turisti si sbagliano causando incidenti. A noi è capitato di fare una caduta per evitare un frontale con un turista che pensava di essere in Europa e visto che i motorini non hanno l’assicurazione, il fedigrafo turista ha pensato bene di svignarsela senza neanche vedere se ci eravamo fatti male. Per fortuna ci siamo solo fatti qualche graffio ma sarebbe potuta andare anche peggio. Controllate sempre che il motorino che vi daranno non abbia ammaccature o graffi evidenti, perché alla riconsegna se il noleggiatore scopre qualcosa ve lo farà pagare profumatamente. Tenteranno di chiedervi il passaporto come cauzione. Mai dare l’originale, al max consegnate la fotocopia del passaporto con b1000 di cauzione. Ma se noleggiate lo scooter nell’albergo non vi chiederanno assolutamente nulla.
Ci dirigiamo verso Laem Sing Beach da Alì dove pranzo (spaghetti con gamberi, gamberi alla griglia), ombrellone e 2 lettini ci viene a costare b1200=€24 e qui troviamo spiaggia bianca, palme e bel mare.

17/02/09 MARTEDI’
Decidiamo di andare a Surin Beach dove trascorriamo tutta la giornata alternando bagni (attenzione le onde sono enormi) e sole.
Nel tardo pomeriggio decidiamo di andare al Jungecylon al centro di bellezza giapponese Takashi Tokio dove per 45 minuti facciamo: pulizia del viso, trattamento con ozono e  cocumber care e facial massage con varie creme al costo totale di 300 bath=6 €!
Anche a Phuket i massaggi sono  incredibili (nei centri specializzati però) a costi irrisori, 5 € per un’ora di massaggio, oil/thai/foot/facial, l’importante è che se si vuole il massaggio vero vi affidiate a centri massaggi veri o spa di professionisti, altrimenti vi troverete ragazze bellissime che vi chiederanno altro e non sanno nemmeno cosa vuol dire massaggiare!

18/02/09 MERCOLEDI’
Andiamo verso sud. La nostra prima tappa è Rawai. Ci fermiamo in un villaggio di pescatori dove compriamo 4 aragoste e 6 gamberoni giganti e ce le facciamo cucinare al bar di fronte. In tutto spediamo b1100=€ 22 (in 2).
Con la pancia piena e soddisfatti, ci dirigiamo a Kata Beach. Bella spiaggia, molto grande ma l’acqua non è un granché. Inoltre risulta un po’ troppo caotica per i nostri gusti, visto che il riposino pomeridiano è stato più volte interrotto dai motori dei jet sky, moto d’acqua, motoscafi, paracaduti……..
Dopo un paio d’ore andiamo a goderci un fantastico tramonto al View Point assaporando un fantastico frullato al mango.
Per cena andiamo a Lair Lay Tong Restaurant Soi dr. Wattana Patong, carinissimo, i camerieri sono un po’ fru fru, e in 2 spendiamo b600=€12.
Dopo cena ci fermiamo in un baracchino per strada a  Thaplamu Andaman Tour 60/50 Moo 5 Lamkan, Taimjang, Phang-nga 82210 tel. 0/7644/3411 e compriamo l’escursione per le Similan (2 giorni-1 notte in bungalow) in 2 b11000=€220.

19/02/09 GIOVEDI’ + 20/02/09 VENERDI’
Ci vengono a prendere in hotel alle 06.30 per fare il tour delle Similan. Facciamo il giro per andare a prendere anche altre persone e ci dirigiamo verso il porto (h 2 di auto) da dove prenderemo la barca per l’arcipelago.
Le Similan sono tra le più belle e affascinanti isole della Thailandia.
Il loro nome in Thai significa nove, infatti l’arcipelago è costituito proprio da nove isole che si susseguono verso nord, caratterizzate da sabbia finissima e bagnate dalle splendide acque dell’oceano tropicale.
Disabitate ed incredibilmente verdi, queste lingue di sabbia bianca appaiono in tutta la loro selvaggia bellezza. L’arcipelago sorge nel Mare delle Andamane, circa 100 km a nord/ovest di Phuket, in un mare incontaminato, cristallino e ricchissimo di flora e fauna. Alle Isole Similan esistono due tipi di fondali e di costa, diversi fra di loro. A ovest la costa è granitica, dura e severa, con cadute verticali; prevale il corallo soffice ed il fondale è intagliato da gole e caverne abitate da centinaia di forme di vita stanziali. A est invece, lato più tranquillo e protetto dal vento e dal moto ondoso, la costa è più dolce e la vegetazione copre la terra fino al limite delle acque ed è formata da insenature e spiagge; il fondale è formato nei primi metri da giardini di incredibile colore per lasciare posto, con l’aumentare della profondità, ad alcionarie, gorgonie, corallo duro, piccole catene di reef e molto pesce pelagico oltre che fauna stanziale.
Tutto il comprensorio Similan-Surin è Parco Marino dal 1982 e le sue coste presentano enormi massi granitici che si inabissano nelle acque trasparenti. Le superfici di questi grandi massi rotondeggianti sono completamente colonizzati da coralli e ospitano anche colonie di pesci come triglie gialle, dentici striati, farfalla dal collare, giovani barracuda, pipistrelli e grugnitori grigi.
Da qualche tempo le Isole sono anche sotto la tutela diretta della famiglia reale Thailandese, che limita ancora di più la presenza di turisti sulle due isole accessibili.
Tra i luoghi di immersione più interessanti da segnalare:
Morning Edge: costa est – pendio sabbioso – 25/30 metri – abbondanza di razze, cernie, pappagalli, chirurghi, pagliacci – tra i 15 e 20 metri si trovano due pinnacoli rocciosi letteralmente coperti da alcionari, gorgonie e nuvole di glass-fish;
Richelieu Rock: forse la più entusiasmante ed emozionante – sulla rotta per le Isole Surin. E’ un pinnacolo di 40 metri di diametro le cui pendici sono totalmente coperte da: alcionari, le cui sfumature di colore vanno dal viola acceso al rosso porpora; gorgonie e anemoni dai tentacoli rossi che ospitano altrettanto rari pesci pagliaccio. Tutto intorno è un continuo via vai di pesci, dai più piccoli abitanti della barriera agli squali leopardo. Famoso anche per i banchi di barracuda, carangidi e grandi mante. Il vero signore di Richelieu, però, è lo squalo balena, infatti è questo uno dei punti del pianeta sommerso dove è più facile incontrarlo.
Ko Tachai: a nord, sulla rotta verso le Surin – chiamata “twin peaks” per i suoi 2 pinnacoli collegati da un reef – avvistamento di razze, mante, squali balena;
Ko Born: a nord, sulla rotta verso le Surin – caduta rocciosa su 40 metri – sul fondo squali leopardo e razze. A sud di Koh Born, a pochi metri di profondità, si apre una spaccatura verticale nella parete che si protrae verso l’interno per alcuni metri dove si possono trovare tutte le specie di pesci tropicali.
La crociera di 2 giorni include: transfert in minibus AR dall’hotel, all’arrivo in porto colazione a buffet, pinne, maschera e telo mare gratis. Per la notte si può scegliere fra passare la tenda (incluso nel prezzo ma sconsigliata per la scomodità e la scarsità igienica) e il bungalow. Se si decide per il bungalow il costo è di 40 euro a notte in più (nel prezzo del tour è già incluso il bungalow). Consigliato il bungalow “sea view” n.3, con balcone, vista mare, aria condizionata e bagno privato con acqua calda. Ci sono asciugamani, spazzolini da denti, dentifricio e 2 bottiglie d’acqua incluse nel prezzo. Sono semplici ma ricordate che siete in un parco naturale, non potete pretendere chissà che. Evitate i bungalow n. 9 e 10 perché sono vicini al generatore (in funzione per tutta l’isola dalle 18 alle 6). Il primo giorno: speedy boat per l’arcipelago (1 h) dove a bordo offrono soft drink a volontà, frutta e biscotti, un paio di soste per fare snorkeling, pranzo su un isola attrezzata. Verso le 14 sosta sull’isola n.4 e, chi fa i 2 giorni ha il pomeriggio libero, gli altri (quelli dell’escursione in giornata) verso le 15 ripartono per la terraferma. Alle 17.30 appuntamento per la cena in barca facendo il giro dell’isola al tramonto.. molto carino. Alle 20 per chi vuole c’è una guida dell’isola che fa un giretto a piedi per far vedere i granchi rossi, caratteristici dell’isola (dalle 19 è notte fonda e l’unico neo dell’organizzazione Jack Similan è che non ti danno la pila per cui si dipende dagli altri!).
La mattina successiva, verso le 8.30 – 9.00 colazione sulla stessa barca della sera prima e 3 soste per snorkelling, pranzo a bordo. Durante lo snorkeling si possono vedere tartarughe, murene, pesci pagliaccio, pappagallo e una marea di altri tipi. Come diversi tipi di corallo. Dovete assolutamente munirvi di macchina fotografica subacquea. Vale la pena cercare di addormentarsi sentendo lo squittio dei topi che passeggiano; vale la pena svegliarsi in piena notte dal casino insopportabile dei “graziosi pipistrellini di 50 cm”: vale la pena svegliarsi e vedere che sull’albero c’è un varano di notevoli proporzioni, vale la pena fare la fame per 3 giorni, nutrendosi solo con riso bollito, pollo con gli anacardi, brodetti vari, e pesce cotto alla griglia da dividere con altri! vale la pena subire e sopportare per vedere le bellezze che ti offrono queste isole; vale la pena subire per potere essere quasi da sola, tu con altre 5 persone al massimo, sulla bellissima spiaggia-alloggio delle Similan, quando tutti i turisti giornalieri se ne ritornano a casa…giorni bellissimi, intensi, faticosi, ma questo è il paradiso terrestre.
Tornati dal tour andiamo in hotel dove collegandoci ad internet prenotiamo un hotel nel nord di Phuket, un po’ meno turistico ma adatto agli ultimi giorni di vacanza in assoluto relax.

Similan_121/02/09 SABATO
Arriviamo in hotel al Naithonburi Beach Resort 9 Moo 4 Tambon Sakamphur Thalang. L’hotel è bellissimo. 4 stelle. Piscina fantastica (si può fare il bagno fino alle 23). Stanze grandi e pulite. Personale cordiale e gentilissimo. 2 notti prenotate con agoda € 84 (nel prezzo è compreso anche bus gratis da e per l’aeroporto, ombrellone, lettino, telo da mare e acqua a volontà).
La spiaggia è bellissima, grande e pulita e il mare è di un colore blu brillante. Ottimo dopo aver visto lo splendore delle Similan.
Nel tardo pomeriggio andiamo alla SPA di fianco all’hotel a farci fare un Thai Massage b800=€16 in 2 e poi andiamo in un ristorantino sulla spiaggia a goderci gamberi e calamari (in quantità industriali) e in 2 spendiamo b1000=€20 (al nord, essendo meno turistico, tutto è un po’ più caro).
Al termine della cena, visto che non c’è molto da fare e tutti i bar e negozi sono chiusi, decidiamo di andare a fare un bel tuffo in piscina!!!!

22/02/09 DOMENICA
Noleggiamo uno scooter a b250=€5 e ci dirigiamo a Layn Beach. Anche qui troviamo spiagge enormi con acqua molto bella, ci sono talmente pochi turisti che per più di una volta ci siamo trovati a fare il bagno completamente soli!!!!!

23/02/09 LUNEDI’
….. e purtroppo è arrivata la fine della vacanza. Una vacanza iniziata non proprio nel migliore dei modi ma che è progredita in un modo assolutamente fantastico e meraviglioso.
E’ vero, la Thailandia è un vero paradiso, basta sapere dove si va e cosa si trova. Le persone Thai sono veramente gentili e premurose. Per cui, non lasciatevi ingannare dai primi giorni, ma seguendo qualche piccola accortezza ci si trova immediatamente nella loro vita….. ed è bellissimo.

Ultime info:
PICCOLO DIZIONARIO

THAILANDESE – ITALIANO
Amé tha hin (Birmania) –
Manzo brasato
Chaa jiin – The cinese
Chaa dam yen – The thai ghiacciato con solo zucchero
Chaa dam ràwn – The thai caldo con zucchero
Chet thà hsi byan (Birmania) – Pollo
Chued mu ba-chaw – Zuppa con polpette e verdure
Chued pla – Zuppa con polpette di pesce secco
Chued wun sen – Zuppa con vermicelli (noodles), funghi e ortaggi verdi
Kàew – Bicchiere
Kafae ràwn – Caffé caldo con zucchero e latte
Kaeng chued – Zuppa
Kang rong – Minestra di vermicelli trasparenti
Kao lao luk chin – Zuppa con polpette e germogli di fagiolo
Kao tom kai – Minestra con riso e carne di pollo sfilacciata
Kaeng massaman – Curry di manzo o pollo
Kai panem – Pollo in salsa di cocco
Kai tod – Pollo fritto con aglio, coriandolo e pepe
Kaeng phet kai – Curry thailandese piccante con pollo
Kaeng phet muu – Curry thailandese piccante con maiale
Kaeng kari kai – Curry delicato all’indiana con pollo
Khai cheow – Frittata
Khai yad sai – Frittata ripiena di maiale macinato e spezie
Khanon sai kai – Frittelle caramellate
Khao jao – Riso bianco
Khao hawm mali – Riso alla fragranza del gelsomino
Khao tom plaa – Zuppa di riso con pesce
Khao tom Kung – Zuppa di riso con gamberetti
Khai – Uova
Khai dao – Uovo fritto
Khai jiaw – Omelette semplici
Khai khan – Uova strapazzate
Khao phat – Riso fritto
Khai phat pak – Riso fritto con verdure
Khao phat muu – Riso fritto con maiale
Khao phat kai
– Riso fritto con pollo
Khao phat kung – Riso fritto con gamberetti
Khao kaeng  – Riso al curry
Khào phòht – Mais
Kha-nùm – Jackfruit (simile all’apparenza al durian ma molto più facile da apprezzare ha polpa a spicchi giallo-arancione e un consistenza leggermente gommosa)
Khàwng wàan
– Dolci
Khai jan – Pollo alla griglia
Khùat – Bottiglia
Khào nìaw mà-mùang – Riso glutinoso con crema di cocco e mango maturo
Kluay chap – Banana allo sciroppo
Klùay – Banana
Klùay bùat chii – Banana nel latte di cocco
Klùay khàek – Banana fritta all’indiana
Kràtiam – Aglio
Kung pao – Gamberi alla griglia serviti con peperoncino e nam pla
Kung – Gamberetti
Kung jan – Gamberi alla griglia
Kung nam maprik – Gamberetti crudi con aglio e succo di limone (piccanti)
Dàwk kà-làm – Cavolfiore
Fàk thawng – Zucca
Ghaw-be thot (Birmania) –
Cavolo fritto
Hae kun – Rollini di scampi
Haw mok – Pesce a pezzetti, ricoperto di una crema di peperoncino, cipolla, citronella, aglio, latte di cocco e salsa di soia e cotto al vapore
Ho mok – Pesce al vapore
Hoi – Cozze/Vongole
Hùa hàwm – Cipolla
Yang – Pollo marinato alla griglia
Lao argoon
– Vino di riso
Luk kuey – Uova fritte con nam pla
Mae khong – Whisky thailandese. Molto vigoroso
Ma hor – Arance o altri frutti tagliati a metà e ripieni di un composto speziato a base di macinato di maiale
Màrà-jiin – Melone amaro
Màkhèua mùang – Melanzana
Man faràng – Patata
Màkheuathèt – Pomodoro
Màphrào – Noce di cocco
Màlàkaw – Papaya
Mang-khùt – Mangostano (è un frutto viola di forma circolare dalla succosa polpa bianca a spicchio d’arancia. Ha un sapore agro dolce che può ricordare una combinazione di fragole e uva)
Mee grob – Vermicelli fritti e croccanti con erbe aromatiche e spezie. Serviti con un composto di gamberi, verdure, carne di maiale e di pollo
Mon la u hin gyo (Birmania) – Zuppa di pesce
Muh daeng – Maiale arrosto
Muh jan – Maiale alla griglia
Nàwy naa – Anona (pronta da mangiare quando la buccia verde esterna appare leggermente andata a male; la dissetante e cremosa polta bianca ha un gusto vagamente simile al limone)
Nam cha rorn – Tè cinese
Nam pla – Salsa salata a base di pesce
Nàam sòm phrìk – Aceto con peperoncino affettato
Nàam sii-yù – Salsa di soia
Nàam phòn-là-mài – Succo di frutta
Nàam sòm – Succo d’arancio
Nàam taeng moh – Succo di anguria
Nàam khàn – Succo spremuto
Nàam sàpparòt khàn – Succo di ananas
Nàam manao – Succo di limone ghiacciato e zuccherato leggermente salato
Nàam plào – Acqua naturale
Nàam yen – Acqua fredda
Nàam sòh-daa – Acqua frizzante
Nàam dèum khùat – Acqua minerale in bottiglia
Ngàw – Rambutan (frutto rosso dalla forma pelosa con polpa simile a quella dell’uva)
Nom jèut – Latte
Nua – Carne di manzo fritta con cipolle, aglio e zenzero e poi cotta con una crema al curry speziata, latte di cocco e pomodori
Nua pud prik – Manzo in salsa di peperoncino con aglio, zucchero e nam pla
Oh-liang – Caffé freddo zuccherato senza latte
Palo – Uova bollite con aglio, pepe, zucchero e carne di maiale
Pazun ngabaung jaw (Birmania) – Frittelle ai gamberetti
Pad ho-ra-pa kub nua – Manzo saltato al basilico
Ped kai
– Curry di pollo
Ped yang – Anatra marinata e poi arrostita
Peek kai namdang – Ali di pollo all’agrodolce
Pet tun – Zuppa d’anatra
Phrik khii nuu – Peperoncini piccolissimi piccantissimi
Phrik bon – Peperoncino rosso macinato
Phàk – Verdure
Phàk kà-làm – Cavolo
Phàk kàat – Lattuga
Phòn-là-mài – Frutta
Pla chien – Pesce fritto e poi al vapore con salsa piccante
Pla prio wan – Pesce fritto in agrodolce
Pla newa awn pae sa  – Sogliola in agro-dolce con funghi
Plaa muuk phet phat – Calamari fritti piccanti
Plaa muuk – Calamari
Plaa – Pesce
Plaa tunà – Tonno
Plaa muuk – Polipo/Calamaretti
Poh-taek – Zuppa di frutti di mare e funghi
Pra ram long song – Manzo fritto con aglio e cipolle
Prik – Salsa piccantissima per verdure o pesce
Pud prik – Gamberi fritti con peperoncino
Pu ja – Composto di polpa di granchio, macinato di maiale, funghi, cipollotti, peperoncino, zenzero e aglio, versato nei gusci di gambero e fritto
Pud – Riso fritto con granchio, pollo, maiale, uova, cipolla e zafferano
Pud thua ngork – Germogli di fagioli soffritti con gamberi, zucchero e nam pla
Rad prik – Pesce fritto
Sadung fai – Gamberoni fritti con aglio ed erbe aromatiche
Sa-nwin-makin (Birmania) – Pasticcini di semola tostata con semi di sesamo
Sarim – Soia in latte di cocco
Sàp-pàròt – Ananas
Sàngkha-yaa – Crema thai
Sàngkha-yaa ma-phrào – Crema di cocco
Sen mee – Vermicelli di riso
Sòm – Mandarino
Sòm oh – Pomelo (grosso agrume dalla polpa che spesso mostra sfumature violette e un sapore simile a quello del pompelmo, anche se il frutto è più sodo e asciutto)
Sunkaya – Dessert di latte di cocco, uova e zucchero
Taeng mnh
– Anguria
Tao chiew lon – Pinzimonio caldo al cocco
Taeng kwaa – Cetriolo
Ta-kòh – Gelatina Thai con crema di cocco
Tha-gu mon – Dolci di cocco
Thùa bon – Arachidi macinate
Thùa phuu – Fagioli
Thùrian – Duriam (non molto popolare per il suo odore è un grosso frutto ovale dall’involucro duro e spinoso, disponibile in diverse varietà. Molto apprezzato dai thailandesi, di solito la sua polpa bianca e verdina non piace agli occidentali. Il suo gusto potrebbe essere paragonato a un ipotetico gelato alla cipolla)
Tom yam kung – Zuppa acida preparata con citronella, foglie di lime, aglio, peperoncino, cipollotti, nam pla, menta fresca tritata e foglie di coriandolo. Si serve con gamberi interi bolliti
Tom yam khai – Brodino con pollo
Tod man pla – Pesce d’acqua dolce macinato con fagiolini e crema al curry e poi fritto
Tom kai – Petti di pollo con riso
Tom khaa kai – Zuppa di pollo, radici di galanga e noce di cocco
Un no kauk swe (Birmania) –
Pollo stufato con tagliatelle

ITALIANO – THAILANDESE
Acqua naturale
– Naam plao
Acqua fredda – Naam yen
Acqua frizzante – Naam soh-daa
Acqua minerale in bottiglia – Naam deum Khuat
Aceto con peperoncino affettato – Nàam sòm phrìk
Aglio – Kràtiam
Ali di pollo all’agrodolce
– Peek kai namdang
Angostano (è un frutto viola di forma circolare dalla succosa polpa bianca a spicchio d’arancia. Ha un sapore agro dolce che può ricordare una combinazione di fragole e uva)Mang-khùt
Anona
(pronta da mangiare quando la buccia verde esterna appare leggermente andata a male; la dissetante e cremosa polpa bianca ha un gusto vagamente simile al limone)Nàwy naa
Anatra marinata e poi arrostitaPed yang
Ananas – Sàp-pàròt
Anguria
– Taeng mnh
Arance
o altri frutti tagliati a metà e ripieni di un composto speziato a base di macinato di maiale – Ma hor
Arachidi macinate – Thùa bon
Banana allo sciroppo
– Kluay chap
Banana – Kluay
Banana nel latte di cocco – Kluay buat chii
Banana fritta all’indiana – Kluay Khaek
Bicchiere – Kaew
Bottiglia – Khuat
Brodino con pollo – Tom yam khai
Caffè caldo con zucchero e latte – Kafae rawn
Cavolfiore – Dawk ka-lam
Cavolo fritto – Ghaw-be thot (Birmania)
Carne di manzo fritta con cipolle, aglio e zenzero e poi cotta con una crema al curry speziata, latte di cocco e pomodori – Nua
Caffè freddo zuccherato senza latte – Oh-liang
Cavolo
– Phak ka-lam
Calamari fritti piccanti – Plaa muuk phet phat
Calamari – Plaa muuk
Cetriolo – Taeng kwaa
Cozze/Vongole – hoi
Cipolla – Hua hawm
Composto di polpa di granchio, macinato di maiale, funghi, cipollotti, peperoncino, zenzero e aglio, versato nei gusci di gambero e fritto – Pu ja
Crema thai – Sangkha-yaa
Crema di cocco – Sangha-yaa ma-phrao
Curry di manzo o pollo – Kaeng massaman
Curry thailandese piccante con pollo – Kaeng phet kai
Curry thailandese piccante con maiale – Kaeng phet muu
Curry delicato all’indiana con pollo – Kaeng kari kai
Curry di pollo – Ped kai
Dessert di latte di cocco, uova e zucchero – Sunkaya
Dolci – Khawng waan
Dolci di cocco – Tha-gu mon
Durian (non molto popolare per il suo odore è un grosso frutto ovale dall’involucro duro e spinoso, disponibile in diverse varietà. Molto apprezzato dai thailandesi, di solito la sua polpa bianca e verdina non piace agli occidentali. Il suo gusto potrebbe essere paragonato a un ipotetico gelato alla cipolla) – Thurian
Fagioli – Thua phuu
Frittata – Khai cheow
Frittata ripiena di maiale macinato e spezie – Khai yad sai
Frittelle caramellate – Khanon sai kai
Frittelle ai gamberetti – Pazun ngabaung iaw (Birmania)
Frutta – Phon-la-mai
Gamberi alla griglia serviti con peperoncino e nam pla – Kung pao
Gamberetti – Kung
Gamberi alla griglia – Kung jan
Gamberetti crudi con aglio e succo di limone (piccanti) – Kung nam maprik
Gamberi fritti con peperoncino – Pud prik
Gamberoni fritti con aglio ed erbe aromatiche – Sadung fai
Gelatina Thai con crema di cocco .- Ta-koh
Germogli di fagioli soffritti con gamberi, zucchero e nam pla – Pud thua ngork
Jackfruit (simile all’apparenza al durian ma molto più facile da apprezzare ha polpa a spicchi giallo-arancione e un consistenza leggermente gommosa) – Kha-num
Latte – Nom jeut
Lattuga – Phak kaat
Maiale arrosto – Muh daeng
Maiale alla griglia – Muh jan
Mais – Khao phot
Mandarino – Som
Manzo brasato – Ame tha hin (Birmania)
Manzo in salsa di peperoncino con aglio, zucchero e nam pla – Nua pud prik
Manzo saltato al basilico – Pad ho-ra-pa kub nua
Manzo fritto con aglio e cipolle – Pra ram long song
Melone amaro – Mara-jiin
Melanzana – Makheua muang
Minestra di vermicelli trasparenti – Kang rong
Minestra con riso e carne di pollo sfilacciata – Kao tom kai
Noce di cocco – Maphrao
Omelette semplici – Khai jiaw
Papaya – Malakaw
Patata – Man farang
Pasticcini di semola tostata con semi di sesamo – Sa-nwin-makin (Birmania)
Pesce – Plaa
Pesce a pezzetti, ricoperto di una crema di peperoncino, cipolla, citronella, aglio, latte di cocco e salsa di soia e cotto al vapore – Haw mok
Pesce al vapore – Ho mok
Pesce fritto e poi al vapore con salsa piccante – Pla chien
Pesce fritto in agrodolce – Pla prio wan
Pesce d’acqua dolce macinato con fagiolini e crema al curry e poi fritto – Tod man pla
Petti di pollo con riso – Ton kai
Peperoncini piccolissimi piccantissimi – Phrik khii nuu
Peperoncino rosso macinato – Phrik ben
Pinzimonio caldo al cocco – Tao chiew lon
Pollo – Chet tha hsi byan (Birmania)
Pollo in salsa di cocco – Kai panem
Pollo fritto con aglio, coriandolo e pepe – Kai tod
Pollo alla griglia – Khai jan
Polipo/Calamaretti – Plaa muuk
Pesce fritto – Rad prik
Pollo marinato alla griglia – Yang
Pollo stufato con tagliatelle – Un no kauk swe (Birmania)
Pomelo (grosso agrume dalla polpa che spesso mostra sfumature violette e un sapore simile a quello del pompelmo, anche se il frutto è più sodo e asciutto) – Som oh
Pomodoro – Makheuathet
Rambutan (frutto rosso dalla forma pelosa con polpa simile a quella dell’uva) – Ngaw
Riso bianco – Khao jao
Riso alla fragranza del gelsomino – Khao hawm mali
Riso fritto – Khao phat
Riso fritto con verdure – Khai phat pak
Riso fritto con maiale – Khao phat muu
Riso fritto con pollo
– Khao phat kai
Riso fritto con gamberetti – Khao phat kung
Riso al curry – Khao kaeng
Riso glutinoso con crema di cocco e mango maturo – Khao niaw ma-muang
Riso fritto con granchio, pollo, maiale, uova, cipolla e zafferano – Pud
Rollini di scampi – Hae kim
Salsa piccantissima per verdure o pesce – Prik
Salsa salata a base di pesce – Nam pla
Salsa di soia – Naam sii-yu
Soia in latte di cocco – Sarim
Succo di frutta – Naam phon-la-mai
Succo d’arancio – Naam som
Succo di anguria – Naam taeng moh
Succo spremuto – Naam khan
Succo di ananas – Naam sapparot khan
Succo di limone ghiacciato e zuccherato leggermente salato – Naam manao
Sogliola in agro-dolce con funghi – Pla newa awn pae sa 
Tè cinese
– Nam cha rorn
The cinese – Chaa jiin
The thai ghiacciato con solo zucchero – Chaa dam yen
The thai caldo con zucchero – Chaa dam rawn
Tonno – Plaa tuna
Uova – Khai
Uovo fritto – Khai dao
Uova strapazzate – Khai khan
Uova fritte con nam pla – Luk kuey
Uova bollite con aglio, pepe, zucchero e carne di maiale – Palo
Vermicelli di riso
– Sen mee
Vermicelli fritti e croccanti con erbe aromatiche e spezie. Serviti con un composto di gamberi, verdure, carne di maiale e di pollo – Mee grob
Verdure – Phak
Vino di riso – Lao argoon
Whisky thailandese – Mae khong
Zucca – Fak thawng
Zuppa con polpette e verdure – Chued mu ba-chaw
Zuppa con polpette di pesce secco – Chued pla
Zuppa con vermicelli (noodles), funghi e ortaggi verdi – Chued wun sen
Zuppa – Kaeng chued
Zuppa con polpette e germogli di fagiolo – Kao lao luk chin
Zuppa di riso con pesce – Khao tom plaa
Zuppa di riso con gamberetti – Khao tom kung
Zuppa di pesce – Mon la u hin gyo (Birmania)
Zuppa d’anatra – Pet tun
Zuppa di frutti di mare e funghi – Pho-taek
Zuppa acida preparata con citronella, foglie di lime, aglio, peperoncino, cipollotti, nam pla, menta fresca tritata e foglie di coriandolo. Si serve con gamberi interi bolliti – Tom yam kung
Zuppa di pollo, radici di galanga e noce di cocco – Tom khaa kai

 

ALCUNE PAROLE PER FARE CONOSCENZA
– bella, bello
/ suei
– buono, buona / aroi
– buona notte sogni dolci/ ratree sawad fun dee mak
– come ti chiami? / kun ciù arai ?
– come stai? / sabai dee mai?
– ciao /sawasdee khrap( detto da un uomo) sawasdee ka( detto da una donna)
– caldo / rown
– cosa hai detto,come? / arai na?
– dove andiamo , dove vai? / pai naii?
– freddo/ nauu
– grazie/ kop kun khrap( detto da uomo) kop kun ka(detto da donna)
– mi chiamo / pom ciù + il vostro nome
– profumato / hoom
– puzza / meen
– poco / nit noi
– piove / fontò
– quanto costa? / tao rai?
– stò bene / sabai dee
– tanto / mak mak
– telefono / torasap

ALCUNE FRASI
ITALIANO                                                             THAI                                                                      INGLESE
ALL’AUTISTA……
Possiamo fermarci qui?                             Rao yud tini mai?                                                      Can we stop here?
Possiamo fermarci sulla spiaggia?           Rao yud ti had mai?                                                 Can we stop on the beach?
Dove possiamo pranzare?                        Rao ja tan ar-harn tinai dee?                                   Where can we have lunch?
E’ sicuro nuotare qui?                                Wai nam tini plodpai mai?                                        Is it safe to swim here?
Come si chiama questa spiaggia?           Had ni chue ar-rai?                                                   What is this beach called?
Quanto tempo possiamo fermarci?          Rao yud tini kee chuamong?                                  How long can we stop here?
Possiamo andare (ind. su cartina)            Rao pai tini dai mai…                                               Can we go to…
Mi viene da vomitare, possiamo               Chan rooseuk mai-sa-by, ha                                   I’m feeling sick, can we go
andare da qualche parte più calma?            ti yudpak noi?                                                         somewhere calm?
Vorremmo tornare in hotel                         Rao yak klub rong-ram                               We would like to go back to the hotel
Quanto ci metteremo ad andare a            Chai wa-la tao-rai ti ja pai                                         How long will it take to go
(ind. su cartina)                                             tini…..                                                                              to….
A che ora partiremo?                                  Rao ja ook jark ti-ni kee                                           What time will we need to
mong?                                                                        leave?
Dove possiamo andare dopo?                 Rao ja pai nai too?                                                     Wher can we go next?
Che strada stiamo facendo oggi?             Wan-nee rao ja pai tang-nai?                                  Which way are we going  today?
Ho toccato un riccio di mare                      Chan don hoy-men                                                   I touched a sea urchin

L’AUTISTA A NOI….
Dove vuoi andare oggi?                               Wan-nee khun ja pai-nai?                                     Where would you like to go today?
L’acqua è troppo bassa per andare           Wan-nee ti-ni nam-long                                         The water is too low to go
là oggi                                                                  mark pai mai-dai                                                 there today
E’ troppo brutto per andare là oggi             Puen-ti lum-bark mark pai                                     It is too rough to go there
mai-dai                                                                   today
Il vento è troppo forte e pericoloso             Lom rang lea un-ta-rai mark                          the wind is too strong and dangerous
Tra poco pioverà                                           Fon klai ja tok leaw                                                 It is going to rain soon
Vuoi andare da un’altre parte?              Khun tong karn ja pai ti-nai                                  Do you want to go to another
too?                                                                        location?
Dobbiamo andare via adesso, prima         Rao tong pai jark ti-ni torm-                                   We must leave now before the
che il tempo peggiori.                                    ni korn ar-kad ja yae kwa ni                                  weather gets worse.
Mi dispiace il tempo è cambiato                   Chan tong khor-thod duay                                   I’m sorry the weather has
possiamo andare là oggi                               ar-kad plian-plang rao pai c                                 hanged, we cannot go there
ti-ni mai-dai                                                          today
Ti aspetterò qui                                               Chan roo khun ti-ni                                                I will wait for you here
Lo snorkeling qui è molto buono                  Snorkeling ti-ni dee mark                                      Snorkeling here is very good
Qui è sicuro                                                     Ti-ni plod-pai                                                           It is safe here
Ti posso portare a (ind. su cartina)              Chan pa khun pai ti-ni dai…                                 I can take you to…

nicolettamazzetti@tin.it


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