Spagna 2008


Le Asturie: tutta un’altra Spagna

(racconto di viaggio dal 26 al 29 agosto di Luca V.)

Itinerario: Madrid – Avilés – Gijón – Cudillero – Salinas – Oviedo – Madrid

Senza dubbio, da italiano a Madrid quale sono, ho il vantaggio, rispetto a molti connazionali, di essere quotidianamente immerso nella cultura spagnola ed ho potuto così imparare a distinguere tra le varie realtà, estremamente diverse, che compongono questo regno chiamato Spagna, ma che, in realtà, sarebbe più corretto chiamare “le Spagne”. Queste profonde differenze non esistono soltanto a livello culturale, politico, linguistico, ma anche a livello geografico, cosa che in molti ignorano, bombardati come siamo da immagini stereotipate fatte di corride, paella, paesi bianchi, flamenco; immagini senza dubbio corrispondenti alla realtà, ma solo ad una frazione della realtà. La Spagna è quello, ma è anche molto altro. A chi volesse andare oltre certi luoghi comuni, consiglierei un viaggio nelle Asturie. Ne rimarreste sorpresi.
Le Asturie (Asturias) sono una regione autonoma della Spagna fregiata del titolo di principato. Ancora oggi, l’erede al trono spagnolo viene chiamato príncipe de Asturias.
La regione occupa una porzione della costa Atlantica settentrionale, a est della Galizia e a ovest della Cantabria. Tutte queste regioni, insieme ai Paesi Baschi più ad est, sono caratterizzate da paesaggi in estremo contrasto con quelli della parte centrale della penisola, dove si estende la Castiglia e dove sorge Madrid, caratterizzati da polverose distese sì baciate dal sole, ma molto poco lenite dalla pioggia, e per questo molto povere di vegetazione e a tratti molto brulle e inospitali. Il nord della Spagna è un altro mondo. Superate le montagne che lo separano dalla Castiglia, vi troverete immersi in una vegetazione rigogliosa, in un verde esplosivo, intenso e imperante, disteso su morbide colline che qua e là si arrampicano verso alture più ardite, spesso ricoperte da toni più scuri di verde, quelli di foreste vergini di conifere. Paesaggi idilliaci, insospettabili eppure dignitosissimi concorrenti di terre parecchio più settentrionali quali Gran Bretagna e Irlanda o montane come la Svizzera o l’Austria. E allora non aspettatevi di trovare, una volta giunti sulla costa, palme, sdraio e corpi unti di creme e bruciati dal sole. Siamo in Spagna, è vero, ma questa è la Spagna atlantica, dove il sole è un privilegio, non una costante. I bagnanti ci sono, eccome, ma sanno bene che nuvole, pioggia e maree potranno rovinare da un momento all’altro quell’angolino di estate “da manuale” che in realtà è più l’eccezione che la regola, da queste parti. La costa asturiana ricorda la già menzionata Irlanda: i prati e le foreste si estendono fino all’oceano e spesso in questo sembrano voler saltare, quando il loro avanzare tranquillo e pacato viene bruscamente interrotto da alte scogliere e faraglioni, schiaffeggiati da un mare poco caldo e clemente, spesso ruggente, che mangia, con le sue potenti maree, le larghe spiagge sabbiose che a tratti interrompono la costa alta e frastagliata.
L’ente turistico asturiano ama descrivere la propria terra come un paradiso, come qualsiasi altro ufficio simile, d’altra parte. Non a torto, direi: le Asturie sono un paradiso naturale, sia dal punto di vista spagnolo, spesso abituato come già detto ad una natura più avara, sia da un punto di vista più internazionale. Eppure le Asturie, tassello peculiare in un mosaico spagnolo di diversità, risulta persino al suo interno una piccola contraddizione in termini. Se vi sistemerete, come ho fatto io, o vi sposterete, all’interno del triangolo formato dalle tre principali città asturiane di Oviedo (il capoluogo), Gijón e Avilés, vi renderete conto che questo paradiso naturale è stato ampiamente insultato e deturpato da spaventose installazioni industriali e portuali che forse, proprio a causa dei preziosi paesaggi che le circondano, risultano ancora più offensive e fastidiose all’occhio. Viaggiare in autostrada per la pianura padana, anch’essa infestata di stabilimenti industriali, non provoca il senso di frustrazione che sentirete qui. In Asturias sembra che un mostro dispettoso abbia voluto intenzionalmente imbrattare un ameno quadro romantico. Purtroppo, c’è da dirlo, qualunque paese ha bisogno di industrie per potersi sostentare, eppure sfido chiunque a non porsi la domanda, forse un po’ ingenua di “sì, ma perché proprio qui?”. In effetti ho visto steppe desolate e disabitate estendersi tra Madrid e Saragozza che senza dubbio avrebbero sofferto meno la presenza di tali mostri produttivi.
Ebbene, dopo la mia ampia introduzione condita di polemica, vi racconto quello che ho fatto nei miei pochi giorni nelle Asturie.
Si è trattato di viaggio improvvisato, quindi senza nessuna nozione preliminare. Saltato all’ultimo minuto un viaggio in Galizia abbiamo dovuto inventarci un piano B… a fine agosto. Abbiamo scelto AVILÉS come base perché è la città più vicina all’aeroporto, che da questa dista una decina di chilometri, mentre Oviedo si trova a una quarantina. Volevamo anche stare vicini al mare, quindi Oviedo era da escludere e Gijón, la più grande città asturiana, ci sembrava eccessiva per un viaggio ad agosto. Vada per Avilés, allora.
Prenotiamo un hotel visto su internet che sembrava avere un ottimo rapporto qualità prezzo, compriamo i voli e partiamo la mattina presto da Madrid diretti all’Aeropuerto de Asturias con easyJet. Arrivati alla stazione degli autobus di Avilés ci guardiamo e lo sconforto ci pervade. La città, a circa 5 chilometri dal mare propriamente detto, sorge lungo una ría, una insenatura stretta e lunga che ha più l’aspetto di un fiume che del mare, invasa da stabilimenti industriali con alte ciminiere fumanti che rendono l’aria opaca e diffondono un odore non proprio gradevole, il tutto coronato da gru, navi, ed altri strutture portuarie. Lungo la strada che percorriamo per raggiungere l’hotel, tristi edifici anni ’60 che incombono su altri più bassi, abbandonati e diroccati, di antica bellezza ormai cancellata dal nero del fumo e dall’oblio. L’hotel, el Magistral, tre stelle, per fortuna ci restituisce un po’ di buon umore. È effettivamente un bell’hotel, piccolino, ma veramente ben tenuto, moderno, anzi di design, direi. La stanza non è grandissima, ma è bella, ben arredata e con un bel bagno.
Purtroppo, dalla finestra, la vista spazia sulle industrie e sul porto. Piccoli dettagli quali un minibar gratuito in ogni piano (solo con acqua, però), giornali gratis al mattino, wi-fi gratuito in camera, una colazione ottima e il personale attento, lo rendono un posto davvero piacevole in cui soggiornare. Tutto questo per 65 euro a notte con colazione. Infine, scopriamo che l’hotel è proprio sul limitare del centro storico di Avilés, altra gradevolissima sorpresa. Ci accorgiamo che il rapporto poco amichevole della città con la ría e i suoi dintorni è cosa tutta moderna. Anticamente Avilés era una città elegante, architettonicamente ricca e pregevole e per fortuna, alle spalle della zona industriale, tale rimane ancora oggi. Il centro è davvero molto bello e curato, con un bel parco e moltissimi posti in cui mangiare e bere bene. Senza volerlo ci troviamo in città durante la festa di San Agustín, il patrono, quindi la troviamo invasa dalle bancarelle di un mercato in stile medievale, da concerti in piazza e da moltissimi visitatori, il che sicuramente le dà un’aria meno noiosa di quella che probabilmente nei giorni normali deve possedere. Ne approfittiamo con piacere visto che siamo costretti a passare tutte le serate ad Avilés dato che non abbiamo un’automobile. Facciamo un giro e poi mangiamo in un ristorante (Casa Moisés) che, a quanto pare, è il più caro della città, ma che offre un menù a 8 euro di ottima qualità ed eccessiva quantità. Non ne abbiamo usufruito, ma l’ufficio del turismo offre due visite gratuite della città tutti i giorni.
Il secondo giorno decidiamo di visitare GIJÓN, la città più grande del principato (più di 200 mila abitanti), uno dei principali porti della Spagna atlantica. I circa 30 chilometri di autostrada per arrivarci si snodano tra verdi colline, casette bucoliche e spaventosi impianti industriali… non sono un esperto in materia, ma direi che si trattava di acciaierie o qualcosa del genere, fatto sta che le strutture erano troppo grandi e troppo fumose per stare dov’erano, soprattutto perché, trovandosi ad est di Avilés, col vento che soffia quasi sempre verso ovest, fanno sì che questa sia costantemente investita dai loro scarichi.
Gijón, nella zona della stazione degli autobus, sembra come un po’ tutte le città spagnole in periferia: brutta, impersonale, costruita in uno stile pseudo-grandioso tipico durante il regime franchista. Avvicinandosi al centro la vista si fa più interessante: vie pedonali piene di negozi e caffè ci conducono verso il porto, evidentemente recuperato in tempi recenti, tanto che l’ufficio del turismo è proprio lì, su un molo. A est, su una piccola penisola, si sviluppa Cimadevilla, il vecchio centro di Gijón, con alcuni edifici storici, molto belli, qualche vestigia romana, una zona verde sulla punta della penisola, con belle vedute, ristorantini con tavoli all’aperto e decidiamo di fermarci in uno di questi per pranzo. Una sosta molto piacevole. Spolpata la parte vecchia, che è molto piccola, ci dirigiamo allora verso la Bahía de San Lorenzo, a est della penisola. Sulla cartina è disegnata una spiaggia larghissima e lunghissima, sulla quale si affaccia un reticolo di viali dal tessuto regolare… si capisce che si tratta della zona nuova di Gijón, e allora inizio ad avere paura. Ed ho ragione. La spiaggia e il lungomare che la costeggia sono splendidi; purtroppo il mare è molto agitato e la marea è alta, perciò tutti sono costretti a stare distesi su una superficie sabbiosa molto ristretta e poco asciutta. Inoltre c’è divieto di balneazione per il mare grosso. Quello che fa veramente male però è quello che sorge alle spalle del lungomare… una visione, quella sì, purtroppo, tipicamente spagnola: la stessa che vedreste lungo la costa mediterranea, sconquassata dalla speculazione edilizia, che ha scambiato intenzionalmente graziose località di mare per Manhattan, la sua brutta copia, però. Ed ecco alzarsi torri di decine di piani, dall’aspetto orrendo, più anni ’60 di Twiggie o dello stesso twist. Ecco com’è ridotto il lungomare di Gijón. Arriviamo quasi alla fine della passeggiata e decidiamo di tornare verso il centro, stavolta passando per l’interno, illusi chissà di trovare qualche deliziosa villetta liberty nascosta tra i dinosauri.
Niente da fare.
Percorriamo un’interminabile tragitto tra strade tutte uguali, annientati dalla bruttezza di quei quartieri, dai negozi rimasti fermi anche loro agli anni ’60, un brutto sogno durato una mezz’oretta, fino a quando non recuperiamo viste familiari della parte meno nuova attraversata in mattinata, anch’essa purtroppo in gran parte rovinata, ma resa più piacevole dai negozi, dalle isole pedonali e da un piacevole arredo urbano. Gli abitanti di Gijón sostengono che la loro città dovrebbe essere capoluogo della regione. Il campanilismo, si sa, non ha il minimo di obiettività. Fortunatamente, Oviedo è una città incomparabilmente più bella di Gijón, più antica ed elegante e senza dubbio merita quel titolo… a meno che non si debba assegnarlo per numero di abitanti, e allora fa niente se questi vivono in scatoloni mostruosi che hanno stuprato una baia bellissima.
Il secondo giorno decidiamo di vivere altri due aspetti di una vacanza asturiana: l’atmosfera di un paesino e “prendere il sole” sulla spiaggia.
Partiamo in autobus la mattina per CUDILLERO, un paese poco ad ovest di Avilés, situato in una gola che serpeggia ripida fino al mare, dove si trova una piccola cala con un porticciolo. Arrampicarsi tra le casette colorate di Cudillero, alcune delle quali in rovina, è un piacevole passatempo per una mattinata. Si può salire lungo il pendio sul quale sono disposte a mo’ di anfiteatro, fino a raggiungere una punta dalla quale si vede la costa, con sotto il porto e un faro e pensare nell’aria umida e fresca che davanti a noi non c’è che oceano fino ad arrivare all’Irlanda e alla Gran Bretagna, e allora forse ci si spiega perché queste terre hanno con le Asturie tanto in comune. Poi si può riscendere fino alla parte bassa del paese, l’unica pianeggiante, dove il turismo fa incetta di ingenui con grigliate di pesce a prezzi proibitivi. Noi ci limitiamo ad un caffè, mangiamo un panino e ripartiamo alla volta di Avilés, sostando a SALINAS, località dotata di una lunghissima spiaggia vicino allo sbocco della ría. Attraversiamo Salinas a piedi… una sensazione strana ci pervade. Non eravamo mai stati in una località balneare atlantica. Manca qualcosa. Mancano le palme, manca un’aria di pigrizia e sonnolenza, un’aria d’estate che si respira e ti apre lo stomaco, mancano i gelati, o meglio, ci sono, ma manca la voglia di mangiarne uno. Per un attimo ci sentiamo a Gallarate… ed è un’osservazione molto triste. Giungiamo finalmente al mare e l’estate non è ancora arrivata. Un vento rabbioso alza sabbia e flutti, molta gente stesa, ma nessun ombrellone, niente juke box, i bar ci sono, ma sanno di città fantasma. Scendiamo comunque sulla sabbia, ci stendiamo, ma dopo poco siamo innervositi dalla sabbia che ci vola addosso. Cerco di togliermi dalla mente il mio stampo mediterraneo, quello che mi costringe a pensare che il mare sia un’altra cosa… mi sento un turista italiano di quelli che non si accontentano mai, che criticano qualsiasi cosa non sia italiana o per lo meno italo-compatibile… eppure vi assicuro non sono così. Però una cosa è vera, e forse non solo per me. Nella mia testa l’estate è cielo blu, è mare caldo, è spiaggia cocente. Sono convinto che anche per i poveri asturiani, bianchi come il latte che in grandi quantità produce la loro terra, esiste un’estate migliore. Che non è l’unica estate possibile, certo, ma quella che un po’ tutti in fondo cerchiamo. Archiviamo il capitolo e decidiamo di percorrere i cinque chilometri che ci separano da Avilés a piedi, ancora una volta sotto l’ombra di brutti grattacieli che si allineano sul lungomare e tra un capannone e l’altro rieccoci in città. Meno male, almeno qui possiamo dimenticare che è estate, nonostante tutto.
Ultimo giorno, si va a OVIEDO. Lo ammetto, avevo un po’ paura. Un’altra Gijón? Altre fabbriche? Altri grattacieli? Temevo che dopo questa vacanza sarei diventato un ambientalista fanatico, dopo tutta quell’umanizzazione selvaggia. E invece no. Oviedo è una città abbastanza grande, si vede. È poco più piccola della nemica Gijón. Ha edifici imponenti nella periferia, ma che non arrivano mai ad opprimerti. Già iniziamo bene. Arriviamo alla stazione degli autobus e chiediamo informazioni all’ufficio turistico che è proprio lì nel terminal. Ci danno una cartina e moltissime informazioni. Piacevoli vie pedonali ci portano verso il centro storico. Qui sembra esserci stato perfino un ottocento e la cosa è una bella sorpresa. Di quest’epoca vediamo il teatro e la sede del governo regionale, con un elegante parco al suo fianco. Poi ci imbattiamo in una serie di piazzette, nell’università, che quest’anno compie 400 anni, il comune, un antico mercato coperto, una cattedrale gotica, un interessante museo di pittura gratuito. Il centro di Oviedo offre un eccellente compromesso tra luoghi di interesse storico e culturali, moderne vie commerciali, piazzette intime dove prendere un caffè… insomma un posto in cui si passa piacevolmente una giornata come abbiamo fatto noi. Alle 19:00 prendiamo l’autobus con destinazione aeroporto e verso le 22:00 siamo di nuovo a Madrid, felici del viaggio, ma anche di ritrovare una temperatura estiva finalmente, anche se nelle Asturie abbiamo avuto molta fortuna, con quattro giorni di sole quasi ininterrotto e temperature relativamente alte. La cosa più strana? Tornare da un “paradiso naturale” ed essere felice di respirare l’aria “pulita” di Madrid!


scrivi qui il tuo commento