Siria, Giordania, Israele 2008


Da Damasco a Gerusalemme

(diario di viaggio dal 17 settembre – 1 ottobre di Marzia)

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Itinerario:
Siria: Damasco-Bosra-Palmyra-Hama-Aleppo
Giordania: Madaba-Mar Morto-Petra-Wadi Rum-Aqaba
Israele: Gerusalemme

Prima alcune premesse.
Per organizzare questo viaggio in Medio Oriente ci sono stati utili i diari dei viaggiatori trovati in rete e le tre guide:
La lonely planet inglese di Siria e Libano.
La rough guide italiana della Giordania.
La lonely planet inglese di Israele e territori palestinesi.
Le tappe da noi toccate on quindici giorni sono state:
In Siria: Damasco-Bosra-Palmyra-Hama-Aleppo
In Giordania: Madaba-Mar Morto-Petra-Wadi Rum-Aqaba
Israele: Gerusalemme.
Tranne che a Damasco, dove abbiamo scelto un cinque stelle, abbiamo sempre soggiornato in hotel di categoria media e abbiamo fatto sempre un pasto al giorno in un bel ristorante.
In Siria abbiamo viaggiato soprattutto con i mezzi pubblici, tranne tra Hama e Aleppo dove un auto con autista è indispensabile per visitare i dintorni delle due città. I bus sono puntuali, economici (per la tratta più lunga pagherete massimo 3 euro a persona) e frequenti. Basta recarsi nelle stazioni ed entro massimo mezz’ora partirà un bus dove volete andare, perché le zone più turistiche sono anche quelle più abitate. Ad Hama ci siamo affidati ai servizi del Cairo Hotel per noleggiare due giorni di auto con autista e ci siamo trovati molto bene.
In Giordania i collegamenti pubblici sono abbastanza scarsi, per muoversi ci siamo affidati quasi sempre a taxi divisi spesso con altre persone.
Per andare da Siria a Giordania abbiamo scelto un volo della Royal Jordanian da Aleppo ad Amman. Non costa molto se preso con il dovuto anticipo (tra visto di uscita e volo ci è costato 80 euro a testa) e visto che partono solo la mattina presto o la sera tardi permette indubbiamente di risparmiare tempo. Caldamente consigliato.
Per andare da Amman a Gerusalemme abbiamo scelto la soluzione indubbiamente costosa (300 euro in due) di un volo della Royal Jordanian. Qua la differenza di prezzo tra il viaggio via terra e il viaggio via volo sono indubbiamente pesanti, ma considerate che un viaggio via terra prevede l’attraversamento del ponte di re Hussein, i cui tempi possono andare dalle tre fino alle otto ore, come confermatoci sul posto. Se non avete il tempo come noi, forse vale la pena di considerare la soluzione del volo.
In tutto la vacanza, esclusi i voli dall’Italia ma compreso davvero tutto il resto (tre voli interni, assicurazione medica, visto siriano, visto giordano ecc…), è costata 2800 euro in due. E’ però importante sottolineare che solo Gerusalemme, che è molto cara da raggiungere via aereo e ha prezzi di vitto (a meno di non mangiare solo alle bancarelle dei souk) e alloggio assolutamente occidentali è costata 500 euro per 3 notti volo da Amman compreso, mentre l’hotel di Damasco, di lusso, è costato 314 euro per 3 notti. Queste due voci sicuramente sfalsano una spesa giornaliera che nel resto è rimasta abbastanza costante, anche se aspettatevi di trovare la Giordania più cara della Siria.
Attenzione alle carte di credito: la mastercard è praticamente inutile, accettano quasi solo VISA, specie in Siria, e in molti bancomat specie di Damasco è impossibile prelevare con le nostre carte, funzionano solo quelle siriane. Quindi portatevi dei contanti per la prima parte della vacanza (nessun problema invece ad Hama e Aleppo).
Nonostante le voci che circolano da noi, abbiamo trovato Siria e Giordania sono paesi assolutamente sicuri da girare da soli. La microcriminalità è praticamente inesistente, visto che in entrambi, specie in Siria, vigono regimi totalitari che garantiscono l’incolumità del viaggiatore straniero. Non ci sono quartieri interdetti o malfamati in nessuna delle zone da noi visitate, e ho trovato la popolazione, specie quella siriana, disponibilissima e veramente gentile verso il prossimo. Visto che specie in questo stato i servizi per il turista sono pochi e predominano le istruzioni solo in arabo, non so davvero come avremmo fatto senza la grande disponibilità del popolo siriano ad aiutarti sempre e comunque, spesso senza tornaconto personale. Ovunque abbiamo percepito calore e senso di accoglienza, mai ostilità o sensazioni di giudizio.
Questo, che non vuole essere certo un giudizio insindacabile, è quello che abbiamo percepito e vissuto sulla nostra pelle noi in due settimane di viaggio.

17 settembre 2008
Il volo dell’Alitalia atterra a Damasco a un orario infame, intorno alle 3 di mattina. Non so se è colpa dell’ora o è sempre così, ma il prezzo di una corsa in taxi verso l’hotel è fissa, senza nessuna possibilità di negoziazione. Mi avevano detto tutt’altro ma quando usciamo dall’areoporto, tutti i taxi sono prenotabili da una cabina a destra con i prezzi esposti. Forse ci potrebbe tentare qualcosina di meno con qualche taxi non ufficiale, ma qualcuno si fiderebbe in piena notte?
Tra una cosa e l’altra siamo in Hotel che sono le cinque del mattino e riusciamo anche a dormire qualche ora. Puntiamo la sveglia alle nove e trenta, perché alle dieci smettono di servire la colazione. Essa si rivelerà non all’altezza del prezzo chiesto (circa 12 USD a testa) ma siamo in pieno Ramadan e non ci fidavamo molto delle alternative disponibili. Che poi ci sono, non così tante (le scopriremo man mano diventeremo più agili) ma ci sono.
Prima delle undici siamo già in pista, desiderosi di iniziare veramente la nostra vacanza. Il primo approccio con Damasco è..frastornante, credo sia la definizione esatta. Il frastuono è creato dai clacson delle auto che i siriani suonano con entusiasmo, sempre e comunque, incessantemente. Guidano anche come pazzi, a Damasco dove il traffico è notevole si nota più che altrove.
Dopo aver passato i primi minuti ad abituarci al frastuono ci rendiamo conto che la cartina della LP con le indicazioni per raggiungere l’old city, circa a 10 minuti a piedi dal nostro albergo a occhio e croce, ci sarà indispensabile. Non ci sono indicazioni in inglese, solo esclusivamente in arabo. Grazie al senso di orientamento di mio marito, lo devo dire, che come una bussola sa sempre dov’è il nord, raggiungiamo senza sbagliare Bab al Jabiye, ovvero una delle due porte di ingresso ai souk, vera anticamera della città vecchia. Un manifesto di Bashar al Assad, “il presidente”, saluta il nostro ingresso ai souk. Quell’uomo è ovunque, si trova la sua effigie in tutta la Siria. Ti guarda con aria sorniona da adesivi sui parabrezza delle auto, dai magneti per frigorifero (praticamente l’unico souvenir per turisti acquistabile in Siria!), dalle porte delle case.. abituatevi alla sua immagine se andate in Siria, perché vi accompagnerà per tutta la vacanza. Appena ci addentriamo nei souk di Damasco, ci è inevitabile fare un paragone con quelli di Marrakech, esperienza ancora abbastanza fresca per noi, e la nostra impressione è di essere in un mondo molto diverso dalla città marocchina. A conti fatti qui ognuno si fa i fatti suoi. Quasi nessuno ci approccia per invitarci a comprare la sua roba, i venditori se ne stanno seduti accanto alla merce esposta, senza importunarti nemmeno se ti avvicini a sbirciare.
Si può girare indisturbati, ed è quello che facciamo noi.
Vediamo molte cose in una giornata, l’old city non è molto grande, ma qua voglio raccontarvi di ciò che mi ha colpito davvero, e di qualcosa che mi ha sorpreso.
In cima a tutto, sicuramente di Damasco ricorderò sempre la splendida Moschea Omayade. Vero gioiello artistico e architettonico, merita di essere girata in lungo e in largo. Si può farlo con tranquillità, nessun spazio è interdetto, nemmeno i luoghi di preghiera. Nel caso delle donne, viene data una tunica all’ingresso per coprirsi.
La cosa che mi ha sorpreso invece, perché non me l’aspettavo, è stato scoprire all’interno di Damasco un quartiere cristiano, neanche molto piccolo, con le sue chiese e le sue donne vestite all’occidentale. Come forse molti occidentali che non vedono grosse differenze tra un paese musulmano e l’altro, credevo che la Siria fosse uno stato islamico. Ho scoperto solo sul posto che gli stato islamici sono altri, che la Siria non rientra tra questi. In realtà la costituzione siriana garantisce la libertà di culto e il 10% della sua popolazione appartiene alle varie confessioni della religione cristiana. Nel nostro viaggio incontriamo cimiteri musulmani e cimiteri cristiani a vedremo anche sfilare un funerale cattolico per le vie di Hama.
Damasco mi ha fatto uno strano effetto: mi è sembrata una città povera ma affatto arretrata, con una certa occidentalizzazione dei costumi che non troveremo da altre parti in Siria. Ne discutiamo insieme mentre rientriamo a piedi in albergo, al tramonto, e ci rendiamo conto per la prima volta di cosa è davvero il Ramadan per i musulmani. Manca poco le sette, ma i negozi sono già chiusi e le strade piene di traffico. Chi può cerca di tornare a casa per cenare con la famiglia, rompendo il lungo digiuno diurno. Chi non può, improvvisa cene conviviali dove può, dentro il negozio o mettendo un tavolino lungo la via del souk. Mi sarebbe piaciuto farvi vedere quei momenti, ma per una forma di rispetto ci è sembrato giusto non fotografarli, ci è sembrato un momento molto intimo per loro.
I nostri piani della serata prevedevano una cena al ristorante del four season, che rimane proprio accanto al nostro albergo è che la Lonely consiglia caldamente. Appena varchiamo però le soglie del lussuoso hotel, un gentile portiere ci avverte che dei due ristoranti del four season uno è chiuso per il Ramadan e l’altro… ha finito il cibo. Scopriremo che non è una cosa insolita e impareremo a regolare i nostri orari sui loro, senza grossa difficoltà: alle sette in punto, ci spiega il portiere, spesso i clienti si presentano affamati dopo il lungo digiuno e in un’ora fanno fuori tutto, bisognerebbe avere pazienza di aspettare un’oretta per il secondo giro della cucina. E se non volessimo aspettare? Il portiere gentilissimo ci spiega dove possiamo trovare un ristorante a pochi passi, ci scrive il nome e ci indica come arrivarci. Ci accompagna anche per un pezzo di strada, di più non può perché è in servizio, si fa sostituire per qualche minuto per farci la cortesia. Scappa prima che possiamo anche accennare a dargli una mancia, cosa che mi capiterà spessissimo con i siriani e impareremo a non stupircene.
Il ristorante indicato all’inizio ci convince poco, è più un bar serale, con divanetti bianchi e maxi schermo dove trasmettono.. le partite di calcio italiane. Però c’è un menù, un menù apposta per il Ramadan ci spiegano. Nessun problema per noi, è tutto nuovo, che differenza fa il menù del Ramadan che ci viene presentato, forse in quanto occidentali, quasi con aria di scusa? Accantonate le incertezze iniziali, mangiamo davvero bene spendendo poco più di 10 euro in due.

18 settembre 2008
Il programma della giornata prevede la visita di Bosra, cittadina un paio di orette a sud di Damasco famosa per il suo teatro di epoca romana. La prima cosa da fare nella giornata è tentare di raggiungere la stazione dei bus, visto che abbiamo deciso di servirci di questo mezzo per tutti gli spostamenti lunghi. In Siria hanno un metodo tutto loro: le città più grosse come Damasco, Aleppo e Homs (e con questi i grandi centri urbani sono finiti!) hanno due stazioni, una solitamente ha i bus che vanno al nord e una i bus che vanno a sud. Quindi, se voi arrivate da sud poniamo a Homs e poi dovete andare a nord verosimilmente dovrete cambiare stazione dei bus. Chiaro no?
Accertata con la reception dell’hotel che la stazione indicata dalla LP per Bosra era quella corretta tra le due disponibili, ci mettiamo in strada per cercare un tassista che ci porti, visto che rimane alla periferia di Damasco. Prima Luciano ha la brillante idea di chiedere al receptionist di scriverci il nome della stazione in arabo… mai idea fu così brillante. I tassisti di Damasco non solo parlano solo arabo ma sembrano leggere solo quello. Ne troviamo uno libero alla svelta, la Siria pullula letteralmente di taxi, e con l’aiuto di due passanti che fanno da pseudo-interpreti riusciamo a stabilire un prezzo. Mica facile, bisogna fare attenzione perché anche i loro numeri sono diversi dai nostri, ma alla fine la carta canta… nel senso che ce la caviamo facendogli vedere la cifra che secondo l’hotel avremmo dovuto pagare. Si parte. Arrivati alla stazione di Damasco veniamo presi in carico all’ingresso da un addetto… o da uno che passava per caso, non lo so bene, in ogni caso è una gran fortuna, perché non esiste un cartello in inglese. Si fa il controllo al metal detector, come tutte le stazioni dei bus della Siria, e poi si entra nella stazione vera e propria. La stazione è solo un piazzale con fermi vari bus, con davanti un cartello con presumiamo le destinazioni, il nostro angelo custode cerca di capire dove dobbiamo andare, al terzo tentativo capisce “Bosra” e si illumina (lo pronunciavo proprio così male?), ci fa salire su un bus e ci dice quanto dobbiamo pagare all’autista (una fesseria, tipo 1 euro a testa). Gli diamo qualche spicciolo di mancia, cerchiamo di capire quando partirà il bus ma sembra oltre le capacità di inglese di tutti e siamo gli unici turisti. D’accordo, ci sediamo buoni buoni, visto che il bus è abbastanza pieno speriamo che partirà entro breve e avremo ragione, tempo forse dieci minuti e partiamo.
Il viaggio procede rapido, troppo rapido… in effetti, comincio a capire perché mi avevano detto che in Siria conviene prendere il bus invece dell’auto perché tanto si arriva nello stesso tempo. Scommetto che avete già capito anche voi perché è così.
Il nostro viaggio sembra finito, il bus si infila in una stazione. Solo che non mi sembra Bosra, mi pare un paesino di campagna, o piuttosto di deserto. Ci guardiamo un attimo interdetti e aspettiamo che tutti scendano per poter tentare di comunicare con l’autista. Questo ci fa grandi segni di seguirlo, non abbiamo molta scelta quindi gli andiamo dietro. Ci porta a un minibus, un piccolo van con meno di dieci posti che si sta riempiendo di siriani. Ci fa capire che ci porterà a Bosra, e di prenderlo. Stiamo per salire quando ci richiama e …si tira fuori di tasca degli spiccioli, che ci dà per darli all’autista! Tale onestà mi lascia attonita, poteva anche intascarseli lui… non riesco neanche a dargli la mancia, ci fa salire come fossimo bimbi piccoli, ci fa un sorriso e sparisce nella folla.
Il minibus parte pieno zeppo, a un certo punto uno dei passeggeri fa una colletta degli spiccioli e li passa all’autista che senza neanche controllarli se li mette in tasca. Noi vediamo finalmente il primo cartello stradale in lettere occidentali che indica “Bosra” a pochi km e ci sentiamo un po’ meno sperduti in mezzo al nulla. In realtà ci stiamo divertendo molto e commentiamo ancora increduli la gentilezza dell’autista.
Arrivati a destinazione sbagliamo purtroppo la fermata, o meglio capiamo solo dopo che il minivan non fa fermate fisse e dobbiamo chiedergli noi dove fermarsi! Vediamo il teatro sfilarci davanti e finiamo per scendere nel paese (paese.. diciamo quattro case con una strada in mezzo… se non fosse per lo splendido teatro non meriterebbe una visita!). Pazienza… torniamo indietro a piedi per neanche 1 km.
Il teatro romano di Bosra è veramente bellissimo, specie perché da fuori non si immagina lo splendore che attende all’interno. Dall’esterno si vedono solo i muri della cittadella araba, dopo aver pagato l’irrisorio biglietto di meno di 2 euro a testa ci si infila in un cunicolo buio e dopo pochi passi ci si trova sugli spalti illuminati dal sole di questo teatro romano di 1800 anni fa, ancora integro quasi nella sua totalità. Uno spettacolo. E’ un teatro immenso, che ancora ospita festival una volta ogni due anni e accoglie fino a 9000 posti a sedere. Gli arabi, quando vi costruirono intorno una cittadella fortificata, forse non si resero conto che ciò avrebbe contribuito a fargli attraversare i secoli quasi senza una scalfittura.
Dietro il teatro ci sono i resti dell’antica città romana, in uno stato di abbandono che mi ha un po’ intristito. Le persone abitano dentro le rovine e spesso si offrono di vendervi reperti storici che hanno trovato nel loro salotto, cosa che consiglio caldamente di non fare!
Anche girando tutto con calma in un paio d’ore abbiamo concluso la visita, torniamo in paese per cercare di capire dove e come partirà un bus per Damasco. So che dobbiamo cercare un’agenzia di cui parla la LP, peccato che le insegne siano tutte in arabo.. solito problema. Fermiamo un passante, e promettendogli una piccola mancia chiediamo di portarci. Grazie al cielo capisce, perché di gente in giro ce n’era poca, e in venti minuti siamo su un bus diretto a Damasco. Arriviamo che sono solo le quattro, quindi da un tassista ci facciamo portare all’ingresso dei souq per finire la visita in città.
Giriamo per qualche ora, e di nuovo ci stupiamo dei pochi turisti che incrociamo per la strada.
Verso le sette decidiamo di cercare un posto per cenare, a pranzo abbiamo piluccato, la colazione non l’abbiamo fatta e siamo davvero affamati. Insomma, anche noi oggi un po’ di ramadan l’abbiamo fatto. Scegliamo “l’Elissar”, consigliato in molti diari oltre che dalla LP, che si trova in quartiere cristiano. Il cameriere all’ingresso ci spiega che a nostra scelta hanno due piani, oltre che due menù: al piano sotto menù del ramadan, al piano superiore menù normale. Optiamo per il menù normale, mangiamo delle buonissime mezze e io assaggio una delle loro ottime zuppe, il conto è come al solito sui 10 euro in due. Chissà se il menù del Ramadan era altrettanto buono?
Torniamo in Hotel a piedi per vedere un’ultima volta la città, domani mattina lasceremo Damasco.

19 settembre 2008
Lasciamo l’hotel di prima mattina, facciamo check out lasciando di tutto 314 euro per 3 notti (primo e ultimo cinque stelle della vacanza! Meritatissime comunque…) per prendere il bus in direzione Palmyra. Solito taxi per la stazione dei bus, che ovviamente non è la stessa del giorno prima ma l’altra. Come dicevo ieri, stavolta si va a nord ieri si andava a sud… stazione diversa e stavolta più semplice da girare. Non si tratta di un semplice piazzale, ci sono varie agenzie che vendono i biglietti dei loro bus, con scritte fuori le destinazioni non solo in caratteri arabi per fortuna!!! Scansati i vari personaggi che ci propongono le loro mete scegliamo una delle agenzie raccomandate dalla LP e prendiamo due biglietti per Palmyra. Paghiamo circa 5 euro in due, e visto che il bigliettaio parla un po’ di inglese riusciamo a sapere che il bus partirà entro venti minuti e ci metterà circa 2 ore e mezzo.
Trovare il bus è un pochino più complicato, perché bisogna trovare il numero del bus e non sono proprio in ordine ma.. ce la facciamo. Siamo di nuovo i soli turisti, il biglietto è in arabo e quindi chiediamo conferma all’autista prima di affidargli i nostri zaini… va a Palmyra missione compiuta!
Il bus si avvia in orario ma si ferma ancora in stazione, alla fine ci sono dei disguidi, il nostro autista si fa una litigata in arabo di buoni venti minuti non capisco bene con chi, visto che lui strepita dal finestrino e da giù qualcuno gli risponde per le rime. Alla fine parte visibilmente imbufalito, visto che è l’unico bus di quelli presi a essere partito in ritardo sospettiamo che il ritardo per loro non sia la norma e sia quello in parte il motivo dell’arrabbiatura dell’autista, che pigia sull’acceleratore e guadagna quasi tutto il ritardo! Per fortuna la strada è praticamente deserta…
Il viaggio va via veloce, un po’ ascoltiamo musica, un po’ dormicchiamo e molto leggiamo la guida, un po’ per capire cosa ci aspetta e un po’ per decidere in che albergo scendere. Alla fine scegliamo il Villa Palmyra, un hotel di media categoria di cui la LP parla bene.
A un certo punto il bus pare fermarsi in mezzo al nulla, questa strada polverosa con dietro due case diroccate non mi sembra una città! Invece, scendono tutti e scopriamo di essere a Palmyra. Ma dov’è esattamente?? Non abbiamo ancora recuperato gli zaini che veniamo letteralmente attorniati da tassisti, veri e presunti, che fanno a gara per portarci dovunque vogliamo. Mio marito, che si trova nel suo habitat, si rimbocca delle fantomatiche maniche e inizia a contrattare con quattro o cinque di loro assieme, visto che parlano solo arabo non capisco come si intendano ma dalla gestualità mi pare che la cosa proceda, io da brava moglie secondo le usanze orientali aspetto accanto senza fiatare. Alla fine la decisione sembra presa, uno dei tassisti ci ruba letteralmente gli zaini, fregandoci alla concorrenza, e ci porta per mezzo euro all’hotel che dista appena un chilometro.. ma non l’avremmo mai trovato! Confermo che l’autobus si era praticamente fermato in mezzo al nulla e non c’era un cartello che indicava il “centro”…Che poi centro è una parola azzardata. Palmyra consta di quattro strade in croce e di una via principale su cui ci sono tutti gli alberghi, i ristoranti e i negozietti. Le rovine sono a 10 minuti a piedi dalla “via dello shopping.”
L’hotel scelto si rivelerà un’ottima scelta, credo che come rapporto qualità/prezzo sia il migliore di tutta la Siria. Di tutti quelli visti (si fa presto, sono tutti attaccati!) il nostro è l’unico rinnovato da pochissimo (la LP diceva nel 2007), la nostra stanza è minuscola ma tinteggiata di fresco e con il bagno rifatto e la colazione è buona. Il tutto per 60 dollari compresi di servizio lavanderia (gli ho fatto lavare una borsa di roba).
Sbrigate le pratiche di registrazione ci concediamo un leggero pranzo al bar di fronte all’hotel, che ha pure il wi-fi (wi-fi criceto ma c’è!). A menù non c’è molto, ci avvertono (lo sappiamo, ramadan!) , noi non abbiamo voglia di decidere, gli diciamo di fare loro e ci portano delle insalate, delle patate deliziose il tutto condito con i loro straordinari aromi. Inoltre assaggiamo per la prima volta la spremuta di limone profumata alla menta, una bevanda che scopriremo si trova dovunque in Siria ed è semplicemente deliziosa….ne siamo diventati schiavi durante il nostro soggiorno. Non ci Dilunghiamo troppo con il pranzo, siamo troppo impazienti di visitare la città antica. Questa si raggiunge con una suggestiva passeggiata in mezzo alle palme… suggestiva a parte di prestare sempre attenzione ai siriani che guidano qualsiasi cosa, dal cammello al motorino, come indemoniati. Quasi tutta la città antica è a disposizione gratuitamente, non si sono vincoli o recinzioni. L’unica cosa a pagamento è il tempio di Bel, ma decidiamo di vederlo l’indomani mattina. I resti dell’antica città romana, sviluppata dai romani come loro avamposto in Oriente, sono talmente vasti e ben conservati da lasciare di sasso. Ci sono decine e decine di colonne perfettamente conservate, racchiuse in un contesto affascinante, quello di un deserto circondato da palme. Meraviglioso e poetico. Nessuna foto purtroppo può rendere appieno la vastità del sito, noi abbiamo camminato tutto il pomeriggio, fino al tramonto, in mezzo a rovine sempre diverse.
Decidiamo di concludere una giornata davvero incantevole con una cena al ristorante del Cham Palace Zenobia Hotel. Questo hotel a cinque stelle gode di una posizione invidiabile proprio accanto alle rovine, e anche se non si è ospiti si può cenare al loro ristorante. Ci godiamo il nostro pasto su una terrazza guardando le rovine, uno spettacolo incomparabile. Nell’euforia del momento dimentichiamo anche che le loro porzioni non sono certo leggere, finiamo per ordinare troppo cibo, avanziamo metà roba e spendiamo 21 euro in due.

20 settembre 2008
Stamattina vogliamo andare a vedere la Valle delle Tombe, che si trova a qualche chilometro da Palmyra. Se non abbiamo intenzione -e non l’abbiamo- di fare una bella scarpinata in salita, l’unico modo è trovare un tassista che ci porti. Andiamo al piccolo museo della città, l’unico posto dove si può fare il biglietto per le Tombe, pensando che lì davanti troveremo anche stazionati dei taxi che ci potranno portare. E difatti.. non riusciamo neanche a mettere piede davanti alla biglietteria che si avvicina un tassista che si offre di portarci. Dopo breve contrattazione raggiungiamo un accordo, prendiamo i biglietti e saliamo sulla sua “vettura”.
Dalla valle si gode una bella vista anche delle rovine della città vecchia, le vediamo mentre saliamo alla Torre di Elhabel, data di nascita primo secolo d.C., l’unica visitabile all’interno. Facciamo qualche foto fuori mentre aspettiamo le 10, ora in cui verrà aperta per poter visitare le camere mortuarie all’interno. Alle 10.01, con la loro solita puntualità siriana, dalla città sale il guardiano a togliere i sigilli alla Torre, che viene aperta solo quattro volte al giorno in orari ben prestabiliti. E’ molto carina, le scale per salire fino in cima alla torre sono un po’ spezzagambe ma ce la caviamo senza troppi problemi.
Dopo la torre, con lo stesso biglietto, visitiamo l’Ipogeo dei tre fratelli, che ha differenza dell’altra è una camera mortuaria scavata nel deserto, più o meno dello stesso periodo, primo secolo dopo Cristo. E’ molto ben conservata, peccato che non si possano fare foto!
Al ritorno dalla Valle delle Tombe ci facciamo lasciare davanti al Tempio di Bel, la cui visita abbiamo trascurato il giorno prima e salutiamo il nostro tassista.
Questa enorme struttura, databile entro il primo secolo dopo Cristo, fu creata originariamente per onorare il dio Bel, il Giove degli abitanti della regione. In epoca ottomana, tutto il tempio fu circondato da mura alte 15 metri ancora originali in molte zone. Con questa visita ci parte il resto della mattina, ma ne vale decisamente la pena. Se tutte le rovine di Palmyra sono eccezionali, il tempio di Bel è sicuramente la ciliegina sulla torta.
Torniamo al nostro albergo che manca poco al bus dell’una per Homs, se ci sbrighiamo possiamo prenderlo. Ci facciamo chiamare un taxi dall’hotel mentre recuperiamo i nostri bagagli dal deposito e ci facciamo portare alla stazione dei bus, che non è affatto dove siamo arrivati il giorno prima (avevo detto io che ci aveva lasciato in mezzo al nulla)!
Qua un paio di tassisti cercano di convincerci ad andare con loro, ma a noi pare assurdo pagare cinquanta volte tanto (è esattamente quello che ci chiedono) quando poi i bus dei siriani sono comodi. Facciamo i nostri biglietti e aspettiamo da bravi insieme ai siriani che il bus parta. C’è solo quello in tutta la stazione, stavolta non possiamo sbagliarci!
Durante il viaggio Luciano dorme e io cerco di documentarmi leggendo la Lp su come cavarcela una volta arrivati a Homs. La destinazione finale della nostra giornata è Hama, piccola cittadina a nord di Homs. Quindi noi da Homs dobbiamo prendere il bus per Hama ma secondo la guida pare proprio che noi arriveremo a una stazione mentre il bus per Hama parte dall’altra. Arrivati alla stazione, cerchiamo di avere informazioni ma stavolta pare complicato, la stazione è pienissima e un sacco di arabi si avvicinano per aiutarci, alla fine non ci si capisce più nulla perché parlano cinque per volta! Luciano cerca di scegliere un interlocutore che gli sembra affidabile, io ne approfitto per defilarmi e comprare un panino dolce a una bancarella lì vicino visto che abbiamo saltato il pranzo (la mia non è stata una diserzione, lui sembrava cavarsela benissimo da solo!). Alla fine abbiamo la conferma per Hama dobbiamo cambiare stazione quindi… chi ci porta a quell’altra stazione?? Parte una seconda contrattazione, stavolta ne veniamo a capo rapidi, ce ne andiamo con un tassista che ci fa attraversare tutta Homs suonando il clacson per far scansare tutti quelli che gli stanno tra i piedi (e a giudicare da quando suona devono essere molti!).
Questa stazione di Homs è la più grande che abbiamo mai visto qua in Siria fino ad ora! Dove diavolo è la biglietteria?????????? Cerca e ricerca, alla fine chiediamo a un tassista, che superata la momentanea delusione per non doverci portare lui ad Hama ci porta fino alla biglietteria e ci affida a uno sportellista spiegandogli dove dobbiamo andare. Io ci rimango anche male, perché mi giro per ringraziarlo e dargli una mancia per il disturbo e lui è già sparito!!!!!!!!!!!!!
Compriamo i nostri biglietti per Hama finalmente, il bus partirà entro 15 minuti, ci scrive sul solito biglietto in arabo un nome che noi pensiamo sia quello della fermata mentre è quello del bus insomma… attimo di smarrimento ma alla fine come al solito chiedendo qualcuno gentilissimo ci porta la bus giusto.
Il viaggio è molto breve stavolta, dura poco meno di mezz’ora, noi intanto scegliamo dalla LP uno degli hotels consigliati, “Il Noria Hotel”, che sorge proprio a due passi dal Cairo Hotel, che volevamo usare per le nostre escursioni. Come Hotel non si rivelerà granché, anzi stavolta l’ho trovato poco fedele alla spiegazione della LP. Sarà che ospitava un gruppo organizzato, non ci sono capitate delle gran camere… pulite erano pulite, ma di certo avevano visto molti inverni! Di contro il prezzo è stato adeguato, abbiamo pagato 48 euro per due notti. E, altra nota positiva, la colazione non si rivelerà affatto male.
Sbrigate le formalità del check in, ci facciamo una doccia e per prima cosa passiamo al Cairo Hotel per definire le escursioni che vogliamo fare da Hama. Alla reception troviamo gente molto competente, io gli apro la cartina davanti gli dico cosa voglio vedere e in cinque minuti definiamo il tutto. Nei prossimi due giorni avremo a nostra disposizione un autista personale che ci porterà in giro, per lasciarci dopodomani sera ad Aleppo, meta finale siriana. Il tutto ci costa 160 euro ma se andrà tutto per il verso giusto saranno sicuramente ben spesi.
Concludiamo la giornata passando il tramonto ad ammirare le vecchie ruote da macina di Hama, alcune sono del 1400 incredibile che siano ancora in piedi! La cena ce la concediamo all’Aspasia, ristorante extralusso di Hama, davvero interni da mille e una notte, dove mangiamo dell’ottimo pesce spendendo i soliti 20 euro in due.

21 settembre 2008
Alle 8 in punto siamo al Cairo Hotel dove ci incontriamo con Roma, il nostro autista per i prossimi due giorni. E’ un signore di mezza età molto gentile, peccato che parli pochissimo inglese e le comunicazioni siano perciò ridotte al minimo!
La prima metà di oggi è il Krak de Chevalier, probabilmente il castello crociato meglio conservato al mondo. Con il senno di poi, la giudico una visita imperdibile.
Il castello è conservato benissimo, non sembra quasi risentire dei suoi ottocento anni. Qui per la prima volta incontriamo un po’ di turisti, ma il castello è talmente grande che è facile perdersi di vista. La visita ci porta via due ore buone, quando torniamo in auto il nostro autista Roma se ne sta dormendo beato sui sedili posteriori dell’auto. Ci spiega che durante il Ramadan, specie con il caldo è dura: niente cibo e soprattutto niente acqua, quindi….se si può dormire è tutto di guadagnato!
In ogni caso aspettare i turisti mentre fanno la loro visita deve essere noiosissimo, quindi come dar loro torto se si fanno un sonnellino, Ramadan o meno?
Risaliti in auto ci comunica che ci porterà a fare due foto al castello dall’alto, in un posto dove la vista è splendida. In effetti la vista merita davvero, peccato che per farci fare le foto imbocca tranquillamente una stradina stretta a senso unico nel verso contrario suonando come un pazzo per essere certo che nessuno venga dalla parte opposta!!!!!!
Dopo il Krak ci dirigiamo verso la seconda meta della giornata, il castello di Saladino Il Grande, come è conosciuto da noi (Salah ad Din il nome arabo). Ci fermiamo per un pranzo veloce nel ristorante che ha la vista migliore sulle rovine del castello. Nonostante a prima vista rimaniamo un po’ delusi, perché paragonato al Krak sembra di vedere due macerie, quando arriveremo sul posto ci renderemo conto che ogni delusione era prematura: i resti del castello sono talmente ricchi e vari da renderlo un sito ugualmente unico e affascinante.
Dopo due foto e un pranzo veloce, ripartiamo per visitare il castello. Roma ci spiega che dal ristorante c’è una via diretta ma poco agevole, è una stretta strada di montagna molto sterrata. Quindi noi faremo un giro più lungo, arriveremo venti minuti dopo ma per una strada migliore. Dopo la paura presa poco prima assentiamo con entusiasmo alla proposta, anche se la strada più agevole si rivelerà una pista asfaltata ma impervia, dove passa a pelo un’auto e per tutto il tragitto continuiamo a chiederci che si fa se si incontra un altro veicolo che viene in senso opposto, cosa che grazie al cielo a noi non succede… non vogliamo neanche immaginare come era l’altra strada!
Arriviamo ai piedi del castello e non c’è anima viva, regna un silenzio quasi spettrale. Roma si ferma ai piedi di una stretta scalinata e ci indica di salire di lì, noi siamo assolutamente certi che sarà chiuso.. non c’è nessuno! Ci facciamo gli innumerevoli gradini e siamo sempre più certi che stiamo salendo per nulla, invece….il portone è miracolosamente aperto. Dentro c’è solo uno che vende i biglietti e una donna che propone qualche souvenir, soprattutto collanine. Il bigliettaio ci spiega che il castello chiuderà di lì a un’ora (c’è mancato poco!) ma che comunque se ci mettiamo anche un’ora e venti di non preoccuparci, nessun problema, ci aspetterà. Lo spero bene, ci accorgiamo ben presto che nel sito ci siamo solo noi!!!! Se non ci aspetta non la vedo molto divertente…
Il castello di Saladino, pur se molto diroccato, è per certi versi affascinante quanto il Krak. Anzitutto la location è da mozzare il fiato: su un monte, circondati da pini, con una vista magnifica sulle valli intorno. Inoltre i resti sono abbastanza integri da far intravedere chiaramente qual’era la grandiosità della struttura. C’è da dire che da un simile sito da noi in Europa non sarebbe probabilmente aperto al pubblico: non ci sono transenne di sicurezza verso i dirupi, nessuna parte, anche la più pericolante, è chiusa da delle corde… tutto è lasciato al caso e alla propria discrezione. La visita ci piace molto, e in effetti usciamo oltre l’ora che avevamo a disposizione ma il bigliettaio come ci aveva promesso non pare scocciato.
La via del ritorno verso Hama è abbastanza lunga, finiamo per assopirci in auto. Manca poco al tramonto quando Roma ci lascia davanti al nostro hotel, ci salutiamo e ci diamo appuntamento per il mattino dopo. Quando saliamo in hotel troviamo che come promesso ci hanno cambiato la stanza, da una che è stata costruita ai tempi dei nostri antenati ce ne hanno data una che pare costruita all’epoca dei nostri nonni….vabbeh, accontentiamoci del piccolo miglioramento! Almeno il materasso è come al solito eccellente!!! Una nota positiva questa da sottolineare: anche gli alberghi più economici da loro hanno dei gran materassi, non come da noi che spesso nelle pensioni ti capitano bitorzoluti.
La serata è una replica di quella precedente.. bissiamo anche il ristorante visto che c’eravamo trovati molto bene.

22 settembre 2008
Stamattina quando usciamo dall’hotel il cielo è bello nero, sembra proprio che voglia piovere. E’ il primo giorno brutto dall’inizio della vacanza, non possiamo lamentarci troppo, ma potrebbe scombinarci i piani della giornata. Ci rechiamo puntuali all’appuntamento con Roma e siamo appena saliti in auto che arriva il temporale. Ci sorprende proprio mentre stiamo andando a vedere Apamea, il primo sito della giornata. Attendiamo in auto qualche minuto e poi per fortuna spiove… anche se dobbiamo scarpinare in mezzo alle pozzanghere saremo fortunati, per il resto della giornata il tempo reggerà.
Apamea, fondata da uno dei generali di Alessandro Magno, merita una visita per la ricchezza del sito, davvero notevole. Anche qui, come a Palmyra, ci troviamo di fronte a chilometri di colonne in fila, tutte ancora in piedi!!!!
Pur essendo a pagamento (soliti 2 euro, prezzo standard per tutta la Siria), il sito non ha una vera e propria biglietteria, diciamo che periodicamente passa uno lungo le rovine a vendervi il biglietto. Io pensavo che volesse vendermi delle collanine e gli giravo al largo.. poveraccio mi è dovuto correre dietro!!!!
Dopo Apamea, ci dirigiamo verso le città morte a sud di Aleppo. Queste sono delle ghost towns siriane: abbandonate da circa 15 secoli per motivi a tutt’oggi inspiegabili, come se gli abitanti fossero scomparsi nel nulla. Legate a queste città non state trovate delle cause storiche come quelle che hanno portato al declino e al successivo abbandono di città come Palmyra o Petra in Giordania, e questo ha reso la loro nomea abbastanza affascinante, insieme al fatto che le città non erano certo due, visto che i siti fino ad ora portati alla luce sono quasi seicento… Per ovvie ragioni pratiche (e anche perché sospettiamo che si somiglino un po’ tutte!) decidiamo di visitarne solo uno, Serjilla, uno dei più vasti e meglio conservati.
La visita per certi versi più sorprendente della giornata è però l’ultima, la basilica di San Simeone a nord di Aleppo.
Questa deve il suo nome a un individuo molto peculiare. Nato intorno al 390 d.C., Simeone era il figlio di un pastore che sin dalla giovane età si sentiva portato a una vita ascetica. Si ritirò in un monastero, ma trovava la vita non abbastanza ascetica per i suoi gusti. Così andò a vivere in una grotta sopra delle colline, a pregare e a digiunare in completa solitudine.
La sua fama di asceta molto devoto cominciò a circolare, e sempre più pellegrini andavano a trovarlo alla sua grotta. Ma Simeone, che sospetto fosse un po’ demofobico, diventava sempre più intollerante a questa invasione della sua privacy, così costruì un palo di 3 metri sopra cui si trasferì a vivere, in modo che le altre persone non potessero toccarlo! Sfortunatamente questa singolare iniziativa non fece che accrescere la sua fama tra i pellegrini, così man mano aumentava la gente che chiedeva di vederlo lui costruiva pali sempre più alti. Spese quarant’anni in cima ai suoi pali, quando morì viveva su un palo alto 18 metri a cui era attaccato con una catena di ferro, per non rotolare giù nel sonno..ora ditemi voi….
Quando morì, nel 459, intorno al famoso palo fu costruita la basilica che abbiamo visitato. I lavori della basilica furono completati nel 491 ed era la chiesa più grande del suo tempo,. Le pareti esterne sono ancora ben conservate e fanno chiaramente intuire quanto fosse maestosa.
Dopo la basilica diamo l’addio al nostro autista, Roma ci lascia davanti al nostro hotel di Aleppo. Lo salutiamo con grande piacere, gli facciamo gli auguri di riuscire a tornare ad Hama in tempo per festeggiare la fine di quel giorno di Ramadan con la sua famiglia e noi facciamo velocemente check in, per sfruttare il resto del pomeriggio a nostra disposizione.
Senza fare piani, lo passiamo a gironzolare per i souk di Aleppo che, purtroppo per le nostre finanze, sono una cosa splendida. Facciamo razzia di un po’ di tutto ciò per cui è famosa la Siria: tessuti, saponi e quant’altro. Il mezzo zaino che ho tenuto apposta per lo shopping sembra non essere sufficiente, ma a forza di spingere di qua e di là e di inventarmi incastri fantasiosi ci farò stare tutto.
Mentre giriamo ci accorgiamo anche di quanto Aleppo sia diversa da Damasco. Sembra una città molto più ricca, ma le donne qua girano praticamente quasi tutte velate di nero, tranne le poche cristiane. Dei bei veli multicolore incontrati ovunque in Siria non c’è quasi traccia.
Come tutti gli altri posti dove ci siamo fermati anche Aleppo é deserta in maniera quasi spettrale quando più tardi ci rechiamo a cena. Durante il Ramadan subito dopo il tramonto tutto è chiuso per la cena e la preghiera per almeno un paio d’ore. Gli unici suoni che si sentono sono i canti degli Imam delle varie moschee, illuminate da una tenue luce verde che le rendono riconoscibili anche da lontano in mezzo al buio.
Per cena decidiamo di provare il ristorante del Beit Wakil, hotel a cinque stelle situato vicino al quartiere cristiano. Io assaggio il loro kebab alle amarene, citato in tutte le guide e nei diari.. piatto buonissimo anche se dal sapore insolito, da provare assolutamente. Luciano invece decide di sperimentare il vino libanese ma non è così contento della sua scelta come lo sono io, scopre che è troppo dolce per il suo palato e non gli va molto a genio doverlo mangiare con la carne come lo servono loro. Il conto stavolta causa vino sale a ben 20 euro in due! Ci stiamo abituando male, la prima volta che usciremo a cena a casa ci verrà un colpo.
Quando usciamo Aleppo ha di nuovo cambiato faccia. La cena e la preghiera sono finite, i negozi hanno riaperto e la gente si riversa a fiumi per le strade. Facciamo due passi per il quartiere cristiano, ripromettendoci di tornare per una visita approfondita domani perché pare molto bello, come tutta la città. Ci facciamo anche un’altra promessa per l’indomani: di stare lontani dai souk, perché non possiamo tirarci dietro borse di roba per tutto il resto del viaggio!

23 settembre 2008
Stamattina quando ci svegliamo purtroppo il tempo è brutto. Stavolta piove e sul serio! Scendiamo a far colazione sperando che intanto spiova ma non avremo questa fortuna…
Spendere due parole sul Baron Hotel, dove alloggiamo, è quasi un obbligo. Ho voluto a tutti i costi pernottare qui perché è un pezzo di storia di Aleppo. Al suo tempo ospitò personalità importanti, come Churchill, Lawrence d’Arabia e Agatha Christie, e quello che era un hotel lussuoso è diventato un pezzo da museo. Tutta la struttura è vetusta e langue, le camere pur se spaziosissime sentono il peso degli anni (bagni a parte, questi grazie al cielo sono stati rifatti!), il personale di servizio sembra adagiato sulla sua gloria passata e si dà poco da fare, probabilmente per il prezzo pagato (68$ a notte con colazione-la quale è probabilmente la più misera di tutta la vacanza) c’è di meglio ma… io consiglio lo stesso di soggiornare qui se passate da Aleppo.
Sempre se, come me siete facili a cedere al fascino della storia, e vi lasciate un po’ trasportare dalle vestigia di glorie-molto-passate.
Visto che dopo colazione sta ancora piovendo indugiamo a fare qualche foto dentro l’hotel ma alla fine dobbiamo deciderci a mettere il naso fuori.
Il tempo farà il capriccioso tutta mattina, alternando violenti scrosci a intere mezz’ore in cui non verrà giù una goccia d’acqua. Solo dopo mezzogiorno tornerà il sole. Per fortuna per visitare Aleppo bisogna per buona parte transitare dai souk, che sono al coperto… quindi ci risparmiamo un po’ di acqua.
Aleppo mi piace infinitamente di più di Damasco. Entrambe le città hanno il loro fascino, ma Aleppo ha secondo me quel qualcosa in più.
Una delle parti più eleganti di tutta la città è quella del quartiere cristiano.
Qui ci sono parecchie old houses convertite a hotel di grande charme. Sono dei piccoli gioiellini, questo è l’indirizzo del mio preferito: www.tourathhouse.com.
Molto bella, sempre in questo quartiere, la chiesa armena, costruita in ricordo delle vittime del genocidio del 1915.
Prima di tornare in hotel per la doccia ci scappa l’ultimo immancabile souvenir: un enorme vassoio di dolcetti siriani, che sono deliziosi e ci mancheranno moltissimo!
Ceniamo al ristorante Sissi, secondo la LP il miglior ristorante di tutta la Siria, a pochi passi dal Beit Wakil.
Non so se ci siamo fatti influenzare dal giudizio, ma di sicuro rimane una delle cene migliori di tutta la vacanza. Il locale è molto elegante, con tanto di camerieri in smoking, e la cucina è di alto livello. Di un paio di mezze facciamo anche il bis! Qua incredibile accettano la carta di credito, ci viene strisciata in dollari americani e paghiamo un conto di 30 USD mancia e servizio compresi.

24 settembre 2008
Alle 8.30 del mattino atterriamo in Giordania e alle 9 stiamo già uscendo incontro al nostro autista mandato dall’hotel, dopo aver perso non più di dieci minuti in aeroporto con la pratica dei visti.
E’ stata una levataccia prendere il volo delle 7.30 da Aleppo, ma fa sicuramente risparmiare quasi un giorno di viaggio.
Come base d’appoggio per le successive due notti abbiamo scelto Madaba invece della capitale Amman: la distanza di entrambe dall’areoporto Queen Alia è più o meno simile. Il Mariam Hotel, situato a una decina di minuti a piedi dal centro della cittadina, é probabilmente, come rapporto qualità/prezzo, il migliore di tutta la vacanza. Alloggiamo in una spaziosa doppia con vista piscina per poco meno di 30 euro a notte, con compresa una buona e abbondante colazione. Il Mariam inoltre ha già convenzionato una serie di taxi, con prezzi già stabiliti e visibile anche sul loro sito internet, per le varie mete della Giordania.
Ne approfitteremo subito. Dopo aver portato in camera i nostri bagagli, chiediamo di avere per le due un taxi che ci porti al Mar Morto e poi usciamo per visitare Madaba.
Piccola cittadina molto piacevole da girare, Madaba vanta una ricca collezione di mosaici di epoca bizantina. Il più famoso, ma a mio parere non il più bello, è il Mosaico della Terra Santa. L’opera era sicuramente notevole in origine, quando più di 2 milioni di tessere rappresentavano la mappa di tutta la Terra Santa, ma ne sopravvivono solo pochi frammenti.
Vale la pena di fare il biglietto cumulativo per il parco archeologico, il museo di Madaba e la Chiesa degli Apostoli dove sono conservati molti altri bellissimi mosaici.
Passiamo la mattinata a visitare tutti i siti storici di Madaba, ci fermiamo anche a prendere un caffè da
Alle due ci rechiamo all’appuntamento con il nostro autista, che puntuale ci aspetta davanti al nostro hotel, per andare al mar Morto.
Durante il viaggio facciamo anche una sosta sul Monte Nebo, purtroppo però a parte il panorama c’è poco da vedere perché la chiesa che ci trova sulla sua sommità è chiusa per restauri. Riusciamo a vedere solo due dei bellissimi mosaici qua conservati.
Dopo la breve sosta, ripartiamo per il mar Morto e l’autista ci lascia ad Amman Beach, una spiaggia attrezzata fuori dalla struttura dei grandi alberghi che popolano le sue rive. Si paga l’ingresso al complesso, che comprende l’affitto di un asciugamano e ha spogliatoi e piscina, oltre a un accesso alla spiaggia. La spiaggia non è nulla di che, ma non siamo qui per quello, ma per provare la strana sensazione di immergersi in queste acque così salate. E’ davvero stranissimo: sentendosi come in una culla, è impossibile fare altro che lasciarsi tenere a galla. Qualsiasi tentativo di nuotare finirà solo per farvi rifinire a pancia all’aria!
Proviamo anche a farci cospargere di fango, ma alla fine non riusciremo a tenerlo su i quarantacinque minuti prescritti perché ci fa venire un prurito pazzesco quindi correremo nel mare a lavarci!!!!
Dopo il bagno ci asciughiamo guardando il panorama dal bordo della piscina, si vedono le coste israeliane dall’altra parte del mare.
Dopo un paio d’ore di sosta torniamo a Madaba. Ceniamo in quello che secondo la nostra guida è il miglior ristorante di Madaba, il Saraya Restaurant nel complesso Haret Jdoudna. La cena è davvero buona, prendiamo una selezione di varie mezze, i prezzi sono un po’ più alti di quelli siriani ma comunque inferiori a quelli europei.

25 settembre2008
Stamattina ci alziamo presto con l’intento di andare a visitare la città romana di Jerash. Siccome il prezzo del taxi dall’hotel è fisso, prima di andare a far colazione chiediamo in reception se qualcun altro vuole andare di farlo presente. Siamo fortunati: al ritorno da colazione troviamo ad aspettarci due signori francesi che vogliono fare la nostra stessa gita. Il tempo di salire in camera a prendere le nostre cose e si parte!
Prima di andare a Jerash passiamo per una breve visita al castello di Ajlun, castello saraceno del tredicesimo secolo (anche se in origine sull’insediamento sorgeva un monastero cristiano ben più antico).
Che devo dirvi.. la mia rough dice che era una visita da non perdere.
Secondo me, se si sono visitati i castelli siriani, è una visita perdibilissima.
Diciamo poi che mentre stiamo arrivando, quando sbircio dall’auto, a momenti mi viene un colpo. Da lontano si vede benissimo che davanti alle mura hanno creato un’area di parcheggio di cemento armato per i bus… ora, certe cose vanno fatte e lo so. Ma vanno fatte con criterio!! Io avrei preso ad accettate chi ha approvato il progetto, l’impatto da pugno nello stomaco è abbastanza deprimente.
Per fortuna il castello non entusiasma nemmeno i francesi e in poco tempo siamo fuori e siamo diretti verso la vera visita della giornata, Jerash!
Questa bellissima città romana andrebbe visitata solo per lo splendido arco di Adriano, la cui bellezza e le cui dimensioni lasciano senza fiato. Solo per lui, vale la pena di venire fino a Jerash.
Il brutto (o forse no?) di Jerash è che la cosa più spettacolare viene all’inizio. Il sito è tutto molto bello, vasto e con monumenti davvero pregevoli, peccato che ci sia davvero troppa gente!! E noi, abituati troppo bene (o troppo male!) rimpiangiamo un po’ la pace di Palmyra…
Giriamo il sito fino al tramonto, dopo un po’ la gente finalmente se ne va.
Torniamo a Madaba in tempo per la cena. Doppiamo il ristorante della sera prima dove finiamo per trovare i nostri compagni di viaggio francesi. Ma del resto, con le stesse guide si finisce negli stessi posti… così chiudiamo la serata con dell’ottimo cibo e dell’ottima compagnia.

26 settembre
Alle nove, dopo due notti di splendida permanenza, lasciamo il nostro hotel di Madaba alla volta di Petra. Siamo in un taxi/minibus con altri compagni di viaggio: due signori australiani, i due signori francesi e due ragazzi spagnoli. A parte i signori australiani, gli altri sono vecchie conoscenze.
Il nostro viaggio si snoda lungo la strada dei re, attraverso il Wadi Mujib, ma siamo sfortunati perché nonostante il sole oggi c’è molto vento e a causa della foschia praticamente non si vede nulla. Quindi, saltano quasi tutte le soste che dovevamo fare al Wadi e rimane solo quella al Castello di Karak.
..Hmm, carino. Decisamente migliore da fuori che da dentro, visto che all’interno è stato ristrutturato molto pesantemente. Ribadisco: se avete visitato i castelli siriani lasciate perdere, meglio forse dedicare più tempo a qualcos’altro.
Inoltre io e Luciano scalpitiamo, non vediamo l’ora di arrivare a Petra!!! L’autista, quasi che lo sappia, sembra insistere a volerci far scorgere la nebbia londinese dal wadi Mujib, visto che altro non si vede. Luciano alla terza sosta del genere vorrebbe ammazzarlo…..
Nonostante l’autista ce l’abbia messa tutta per favorire il contrario, arriviamo a Petra in anticipo sulla tabella di marcia, sono appena le tre del pomeriggio. Il minibus ora deve smistarci tra i vari alberghi, ma il nostro è il primo della lista per fortuna. Molla noi e i due australiani davanti al Petra Moon Hotel, noi facciamo il check in cinque secondi, molliamo gli zaini oltre la porta della stanza in forse dieci (quindi al momento non sapremo nemmeno se il nostro hotel è una topaia o meno) e probabilmente il minibus non ha ancora svoltato l’angolo che siamo al visitor center di Petra a comprare il pass per due giorni. In questo ci aiuterà la posizione davvero strategica dell’hotel: accanto al lussuoso Movenpick, quindi a pochi minuti a piedi dall’ingresso del sito.
Il biglietto di due giorni è un po’ una presa in giro, o forse lo è l’ingresso di un giorno, visto che il primo costa 26 euro e il secondo 21 euro….morale: guadagnano tanto sulle comitive dei viaggi organizzati che fanno un giorno solo, quindi meglio farne almeno due, tanto c’è davvero molto da vedere.
Prima di arrivare al Tesoro, la facciata monumentale più stupefacente di Petra, c’è da camminare per buoni venti minuti attraverso il siq. Mentre ce ne stiamo scendendo di buon passo, dicendoci tra di noi che non ci sembra così terribile come prospettata dalla guida, veniamo redarguiti da una signora italiana che ci fa presente che al ritorno ce ne accorgeremo….io confermo: la passeggiata non è affatto terribile, neanche dopo aver camminato tutto il giorno!
La prima volta funziona così, o almeno è funzionato così per noi. Si cammina allungando in continuazione il collo come galline sperando di scorgere il Tesoro oltre la curva successiva. E quando questo accade…..beh, chi c’è stato, sa l’emozione che si prova!!
Visto che davanti al Tesoro c’è davvero tanta gente in questo momento, decidiamo di vedercelo con calma più tardi e dedichiamo il resto del pomeriggio a visitare il siq esterno, il teatro e il centro di Petra.
Quanto torniamo al Tesoro, ormai il tramonto è arrivato e non c’è più nessuno. Ci sediamo a contemplarlo con calma. E’ proprio splendido!!!
Alla fine, anche se un po’ riluttanti ci decidiamo a tornare in albergo. Sulla strada incontriamo anche il nostro compagno di viaggio australiano che sembra entusiasta pure lui! E meno male, visto che si è fatto tutte quelle ore di aereo.. per inciso, quando mi ha detto che avevano una fattoria tra Melbourne e Sidney, in mezzo all’Australia, un pochino l’ho invidiato…!!!
Finalmente diamo un’occhiata seria alla nostra stanza. Non è affatto male, è molto grande, e per 40 euro a notte davvero non mi aspettavo tanto. Ci facciamo una doccia veloce e visto che Luciano è in costante litigio con il cibo arabo decidiamo di provare il buffet del Movenpick, secondo la nostra guida buonissimo anche se un po’ costoso, ma soprattutto per lui internazionale. In effetti c’è di tutto e di più, ma alla fine nessuno di noi assaggia nessun piatto di cucina internazionale, mangeremo invece un buonissimo shwarma, forse il migliore di tutta la vacanza. Buffet in effetti carissimo per gli standard mediorientali!!! quasi 50 euro in due ma.. per una sera si può, consigliatissimo. Prima di rientrare in hotel facciamo tappa a un supermarket a prendere dell’acqua e dei biscotti per il giorno dopo (…lo devo dire? La frutta l’abbiamo rubata al buffet del Movenpick e per fortuna…. perché non ce n’era traccia in nessun supermarket!) e poi a nanna presto. Domani si cammina!

27 settembre 2008
Stamattina sveglia alle sette, rapida (e buona!) colazione in hotel in una sala da pranzo deserta (in due giorni a parte gli australiani non abbiamo incontrato nessun altro.. il dubbio ci è venuto che fossimo solo noi e loro in hotel! Dubbio mai risolto per altro…). Quando transitiamo per il siq è ancora abbastanza presto da non esserci nessuno, anche il Tesoro è deserto. Quasi deserto se tralasciamo i cammelli.
Le uniche persone che incontriamo sono camminatori, scarponcini da trekking e bastoni, che danno l’idea di partire per percorsi molto seri.
Visto che siamo freschi decidiamo di salire subito sull’altura del sacrificio, uno dei due programmi impegnativi che abbiamo per la giornata. La salita va bene, la facciamo in compagnia di un gruppo di persone che sembrano sapere il fatto loro. E’ una salita abbastanza impervia ma fattibilissima. Peccato che sbagliamo completamente il ritorno.
Mentre siamo lì che ci godiamo il paesaggio e la splendida vista dall’altura…. e ci chiediamo quale sarà la “strada” diversa dall’andata da cui scendere di cui parla la nostra guida, vediamo il gruppo che è salito con noi partire convinto per un sentiero. Ci diciamo che loro stanno quasi sicuramente imboccando la strada che vogliamo prendere noi, voglio dire… quante ce ne saranno? Ecco, mai essere così ottimisti.
All’inizio va tutto bene, anche perché vediamo monumenti davvero bellissimi.
Ma dopo un po’ i monumenti sembrano spariti e siamo in mezzo al nulla! Dopo aver cercato di star dietro ai trekkeristi per quarantacinque minuti (e vi assicuro che non era facile, noi non siamo messi male ma quelli erano camminatori evidentemente esperti e andavano a una velocità diversa!) mio marito insiste che stanno andando nella direzione opposta da quella del centro di Petra. Io protesto, ma ormai dovrei aver imparato a non farlo, semplicemente perché il mio senso dell’orientamento è PARI a zero mentre lui sa dove si trova anche se gli bendi gli occhi e lo fai ruotare su se stesso tre volte. Cartina alla mano scopriamo che ha ragione lui (ma va?), il gruppo di capre di montagna che stavamo seguendo é evidentemente diretto al monumento del serpente (vi dico solo che è fuori dalla mappa di Petra della nostra guida…), quindi abbiamo camminato per 45 minuti dalla parte opposta rispetto al centro di Petra dove dovevamo ridiscendere. Ma che bella notizia…
Gambe in spalla, c’è poco da fare, Luciano si inventa una strada che non so nemmeno dove la pesca, ormai siamo finiti in mezzo a chi a Petra ci abita ancora che dopo un po’ ci rassicura (ok, mi rassicura perché lui era già certo) che la strada è giusta.
Dopo.. un bel po’!! sbuchiamo proprio davanti al ristorante Basin che si sta riempiendo di gruppi di turisti. Tra una cosa e l’altra abbiamo fatto mezzogiorno. Ci sediamo a mangiucchiare qualcosa anche noi, mentre riposiamo mezz’oretta e poi affrontiamo la salita verso il Monastero.
Questi è, dopo il Tesoro, probabilmente il monumento più imponente di tutta Petra.
Però arrivarci costa caro: un’arrampicata di quasi quaranta minuti in salita lungo dei gradini dove dovrete continuamente far passare gli asini che portano su le persone che non vogliono farsela a piedi. E’ questa la vera parte estenuante dell’ascensione, più che la salita stessa…
In ogni caso non sognatevi nemmeno di non farla, perché il premio finale vale ogni fatica.
Dopo essercelo goduto con calma, riscendiamo per esplorare meglio alcuni monumenti del centro che il giorno prima non avevamo approfondito.
Il resto della giornata si conclude come la volta precedente: io e Luciano seduti davanti al Tesoro in attesa che tutti gli altri escano dal sito. Stavolta lo salutiamo per sempre, ma chissà che non sia un arrivederci.
Dopo una doccia veloce, c’è la scelta del ristorante per la cena: stavolta tra quelli proposti dalla nostra guida optiamo per il “Red Cave”, a pochi passi dal Movenpick dove, sorpresa! Troviamo di nuovo i nostri due signori francesi. Ricordate il discorso che facevo a proposito delle guide che conducono negli stessi posti? Cena buona, conto economico, compagnia sempre simpatica. Peccato che il nostro ormai sia un saluto certo: noi domani proseguiremo per il deserto del Wadi Rum, loro risaliranno verso Amman.

28 settembre 2008
L’unico bus che da Petra va al Wadi Rum parte alle 6 del mattino.. che splendido orario! Tanto più che sembra che non sia puntuale, voci confermate sul posto dicono che passa a un orario indicativo tra le 6 e le 6 e 30. Visto che il nostro hotel è pure a un buon quarto d’ora (facciamo venti minuti) di cammino dal centro di Wadi Musa, dove passa il bus, usciamo intorno alle 5 e 20. Non abbiamo riservato un taxi, semplicemente abbiamo deciso che ci incammineremo a piedi e vedremo se saremo così fortunati da incontrarne uno per strada, sennò pazienza. Quando alla fine ne troviamo uno, siamo quasi in cima alla salita che porta al centro (pant pant), ma per un paio di euro lo prendiamo lo stesso per non dover metterci a cercare la stazione degli autobus.
Una vera stazione poi non c’è, quella che la guida chiama con ottimismo così è solo un piazzale con due panchine. Non c’è nemmeno la biglietteria, sembra che il biglietto si faccia sul bus… speriamo!
Arriva un bus e sono quasi le sei… vuoi vedere che è puntuale?? Assolutamente no, ci dice l’autista che quello va ad Amman. Ci sembrava troppo bello per essere vero……
In quel mentre ci si accosta un’automobile, il guidatore si offre di portarci lui al Wadi Rum. Parte una feroce contrattazione sul prezzo e alla fine riusciamo a strappare lo stesso del bus. Sospetto che ci sia andata bene perché il tipo doveva andare ad Aqaba per i fatti suoi ma a conti fatti… a noi che importa? L’unica cosa è che guida davvero come un pazzo quindi arriviamo al Wadi Rum non alle 8, come da programma, ma alle 7.15, con il visitor center ancora sbarrato! Inganniamo il tempo mangiando qualcosa che avevamo portato con noi come colazione e quando aprono i battenti facciamo chiamare Aodeh, la nostra guida, al telefono dall’ufficio informazioni e paghiamo l’ingresso al parco del Wadi Rum (2 JOD, poco meno di 2 euro, a testa). Aodeh si presenta a prenderci dopo pochi minuti che è stato chiamato. Si stupisce di vederci: ha telefonato a chi gestisce i bus ma gli avevano detto che era in ritardo, così gli spieghiamo che siamo arrivati fin lì con mezzi alternativi. Ci porta a casa sua, a pochi minuti d’auto dentro il parco, dove ci offre il tè e ci fa conoscere il suo splendido bambino mentre viene pronta la nostra jeep.
Io e Luciano siamo anche stupiti dalla bontà del tè che ci servono, è la prima volta che ne bevo così buono da quando sono in Medio Oriente, di solito ti rifilano il lipton in bustina…
Ci spiega che è il tè beduino, ne berremo anche al campo e mi sono pentita di non averlo comprato al visitor center del Wadi Rum!
La nostra jeep viene pronta: Aodeh ci presenta suo fratello, che sarà la nostra guida nel corso della giornata, con lui ci rivedremo al campo la sera.
Quando si è trattato di prenotare la guida al Wadi Rum, che ho scelto di fare da casa, ho mandato delle mail a diversi indirizzi di guide consigliate dalla nostra rough ed ho scelto Aodeh (aodeh25@yahoo.com) perchè è stato velocissimo a rispondere alle mie mail e mi ha proposto in maniera chiara e esauriente un itinerario che andasse incontro ai nostri desideri. Abbiamo scelto uno degli itinerari più cari su due giorni nel Wadi Rum, visto che abbiamo voluto una jeep tutta per noi e abbiamo concordato di fare la pista nel deserto fino ad Aqaba. Il tutto ci è costato 160 JOD (poco meno di 150 euro), compreso tutto (cibo e acqua in bottiglia a volontà durante il giorno) ma ogni singolo soldo è stato meritato.
Abbiamo fatto tutto quello che volevamo noi per la giornata, con i nostri tempi e come ci andava. Abbiamo sempre seguito i consigli della nostra guida quando ci invitava a fare dei percorsi a piedi e ci siamo divertiti molto. Inoltre, il campo era davvero molto pulito e ben tenuto, noi abbiamo usato i nostri sacchi a pelo per dormire ma loro fornivano tutto e in ottimo stato.
Il Wadi Rum è probabilmente dopo Petra il posto che mi è piaciuto di più di tutta la Giordania. Per certi versi ricorda l’ovest americano.. per i colori rosso intenso, per essere così diverso dal Sahara che avevo visto pochi mesi prima ma ugualmente bello.
Dopo un po’ di ore lo confesso, si comincia ad avere le natiche doloranti visto che le jeep sono tutto fuorché morbide! Piccolo consiglio: siccome dovrete portare i vostri bagagli sempre con voi, nel nostro caso erano ai nostri piedi nel retro della jeep, non è la vacanza adatta a dei trolley rigidi…
Al tramonto raggiungeremo il campo per la notte, che divideremo con soli due giovani medici italiani che abbiamo già incrociato un paio di volte durante la giornata.
Per la cena come promesso ci raggiunge Aodeh.
Finalmente Luciano è felice come una Pasqua quando ci servono del delizioso pollo cotto alla brace senza aggiungere nessuna spezia. Se chiedete a lui vi dirà sicuramente che è la migliore cena di tutta la vacanza! Quando diventa buio in cielo compaiono una quantità incredibile di stelle, vale la pena di dormire nel deserto solo per questo spettacolo incredibile… Noi siamo davvero cotti, anche perché siamo in piedi dall’alba, ma cerchiamo di resistere il più possibile prima di crollare addormentati.

29 settembre 2008
Sveglia e colazione al campo, davvero abbondante e gustosa. Dopo avere mangiato, ci separiamo dai nostri compagni di campo: il nostro autista è arrivato, ed è pronto per portarci ad Aqaba. Il viaggio dura quasi due ore, nella pista in mezzo al deserto che dal wadi Rum conduce fino alle porte di Aqaba. Qua ci separiamo dal nostro autista, ci affida a un tassista che ci dovrebbe portare fino al centro della città. anche se noi gli diamo un piccolo extra per un diving center consigliato dalla nostra rough dove abbiamo programmato di passare la giornata a rilassarci un po’.
Il diving center è stata la prima (e a dire il vero l’unica) cantonata presa dalla nostra guida, perché corrispondeva ben poco alla descrizione. L’abbiamo trovato un po’ troppo poco curato e i prezzi rispetto a quanto riportato dalla guida, che ha comunque solo un paio d’anni, erano almeno triplicati. Ma tant’è, ci dobbiamo stare solo un pomeriggio e alla fine lo passiamo a riposarci al sole, a fare un bagno ed ammirare la bella barriera corallina di Aqaba. E’ praticamente attaccata alla riva, non serve nemmeno immergersi con la maschera per vederne le meraviglie!
Nel tardo pomeriggio prendiamo il bus del diving (a pagamento, e non gratis come dichiarava la guida) per il centro di Aqaba e lì un taxi per l’aeroporto, dove abbiamo il volo per Amman. In aeroporto dobbiamo aspettare poco meno di due ore prima di prendere il nostro volo per Tel Aviv, tutti voli molto brevi di forse trentacinque minuti. A Tel Aviv, dove atterriamo intorno alle 23, ci fermano al controllo passaporti, come immaginavamo, appena vedono il timbro siriano. Ci portano in una stanzina dove ci lasciano mezz’ora a macerare (secondo noi, volutamente) prima di interrogarci. Alla fine l’interrogatorio è abbastanza blando: interrogano solo mio marito, non tutti e due e anche se gli fanno domande molto particolareggiate sul nostro itinerario in Siria e in Giordania il tutto si risolve abbastanza velocemente in una ventina di minuti.
Il modo più economico ma anche più comodo per raggiungere Gerusalemme dall’aeroporto sono i nesher taxis. Sono dei minibus che partono quando sono pieni (bastano pochi minuti!) e al prezzo fisso di 45 NIS (circa 14 euro) a testa vi conducono direttamente davanti al vostro hotel di Gerusalemme. Molto comodo e anche non caro, se si pensa che il Ben Gurion airport dista 36 km da Gerusalemme.
Si trovano facilmente, appena usciti dall’aeroporto sulla destra c’è un cartello che indica la loro fermata.
Siccome il nostro hotel si trova dentro le mura in una zona pedonale, il nesher ci lascia davanti alla Damascus Gate, a pochi minuti a piedi. La Damascus Gate è l’ingresso del quartiere musulmano e c’è una grande festa per la fine del Ramadan. Ci sono bancarelle di cibo e luci, è l’una di notte ma sembrano nel pieno dei festeggiamenti. Il fatto che ci sia molta gente in giro ci aiuta, perché non troviamo subito il nostro hotel, abbiamo bisogno di qualche indicazione.
L’Hashimi hotel è dentro i souk musulmani ed ha una gestione islamica piuttosto rigida. Un cartello all’ingresso avvisa che il pernottamento nella stessa stanza non è consentito alle coppie non sposate anche se poi a noi si limitano a chiederlo senza pretendere prove!
L’atrio è molto bello…
Mentre le stanze sono un po’ delle celle monacali, semplici semplici. Andiamo subito a nanna perché è già tardi, ma nella strada i festeggiamenti per la festa ci terranno svegli ancora a lungo.

30 settembre 2008
La colazione nel nostro hotel non è compresa e costa anche un’esagerazione secondo noi, quasi 7 euro a testa. Per chi capitasse da queste parti, avviso che a pochi passi dall’Hashimi Hotel, verso la via Dolorosa, c’è una bakery spettacolare dove con due o tre euro abbiamo comprato svariati tipi di biscotti e brioche per far colazione. Abbiamo fatto colazione con quelli a un bar dove abbiamo preso due tè (lipton, certo che dopo i tè dei beduini…).
Noi abbiamo prelevato dei NIS appena arrivati al bancomat dall’aeroporto ma volendo ne potete fare a meno. Tutti, anche l’ultimo banchetto dei souk, accetta gli euro e anzi, tenderà a dirvi prima il prezzo in euro della cosa che chiedete per poi convertirlo in moneta locale.
L’Hashimi hotel, se ha alcune pecche (il bagno minuscolo ad esempio) non ha quella della posizione. Di fatto è eccellente, a tre minuti a piedi dalla chiesa del Santo Sepolcro che è la prima nostra visita della giornata.
La chiesa é una delle più strane e insieme delle più affascinanti che abbia mai visto.
Strana perché al suo interno si incrociano diversi stili, affascinante perché non ho mai visto una chiesa così gremita di persone di ogni nazionalità, intenta a pregare nei vari angoli della poliforme costruzione. Tutto questo la rende unica al mondo.
La chiesa riunisce in sé le varie congregazioni cristiane, non solo di Gerusalemme ma del mondo intero. Sono però quelle di Gerusalemme ad avere seri problemi di comunicazione tra di loro: siccome proprio non riescono a mettersi d’accordo sulla gestione della chiesa, le chiavi le tiene una famiglia musulmana quale organo superpartes, famiglia che ogni mattina ha il compito di aprire la chiesa e ogni sera di chiuderla.
Dopo la chiesa del Santo Sepolcro cominciamo ad esplorare i vari quartieri di Gerusalemme: la città vecchia è divisa in vari quartieri: ebraico, musulmano, cristiano e armeno. La parte musulmana della città è barricata, con tanto di guardie armate a difesa delle transenne per evitare che chiunque le attraversi. Chiediamo spiegazioni ai soldati israeliani di guardia e ci spiegano che oggi è giorno di festa per i musulmani, perciò non sono ammessi visitatori, domani se vorremo potremo andare.
I souk musulmani oggi sono quasi tutti chiusi, quelli aperti sono di proprietà di ebrei e di cristiani.
Gerusalemme non è solo una città presidiata da forze armate. E’ una città videosorvegliata ventiquattr’ore su ventiquattro. Credo. Di fatto non ho avuto modo di verificare se le molte telecamere viste fossero accese oppure no. Di certo queste sono ovunque.
Alcune sono in bella vista, altre più nascoste, vanno cercate. Ma ogni via è sotto l’occhio elettronico.
Gerusalemme ci ha colpito, tra le altre cose, anche per la sua cosmopoliticità. La città santa di tre religioni é un luogo dove in pochi metri si incontrano ideologie, religioni e stili di vita diversissimi tra di loro.
In questo risiede gran parte del fascino della città e l’ha resa, almeno per noi, così unica e speciale.
Insieme, logicamente, con le sue bellezze artistiche e culturali. E al bagaglio storico che si portano dietro.
In molti dei luoghi visitati siamo letteralmente circondati da gruppi di preghiera al seguito del loro parroco, manco a dirlo la maggior parte di loro sono italiani.
Chiudiamo la giornata alla ricerca dell’ultimo acquisto serio del viaggio, il narghilè che vogliamo portarci a casa dall’arrivo in Siria (ma che per ovvie ragioni di ingombro, non abbiamo potuto fare prima). Ne scoviamo uno molto bello in un souk, la contrattazione non è delle più serrate a Gerusalemme ma riusciamo lo stesso ad avere un piccolo sconto. Gli zaini sono già stracolmi, questo verrà con me in una borsina. Sbrigata la commissione, ci rimane da pensare solo alla cena.
seguiamo come al solito i consigli della Lonely planet e scegliamo l’Armenian Tavern, che rimane manco a dirlo nel quartiere armeno e fa cucina… indovinate? Il locale è molto caratteristico e la cena gustosa, io assaggio un piatto di specialità armene miste, Luciano decide che il suo stomaco è saturo di esperimenti e si prende un filetto alla brace.

1° ottobre 2008
La giornata inizia con una piccola discussione alla reception dell’hotel, perché il giorno prima non ci hanno fatto la stanza e vogliamo essere certi che oggi ce la rifacciano.
Oggi troviamo chiuso il bar dove abbiamo fatto colazione il giorno prima, quindi dobbiamo trovare un altro posto dove consumare i nostri dolcetti. Eh sì, perché ieri era festa musulmana mentre oggi è festa ebraica quindi è chiusa un’altra fetta della città… questa è Gerusalemme!
Oggi camminiamo ancora molto e copriamo tutta la parte antica di Gerusalemme. Non è molto grande e in due giorni si può visitare praticamente tutto.
Due cose ci colpiscono su tutte in questa giornata. La prima è la tomba di re David. Non è un monumento oggettivamente bellissimo, ma quando arriviamo per visitarlo è gremito di ebrei dediti alle loro preghiere.
Ci dicono che dobbiamo aspettare, appena avranno finito con le preghiere potremo entrare. E’ la prima volta che assistiamo a una loro preghiera e ci piace molto, per certi versi ci ha ricordato una messa gospel. Sono tutte preghiere cantate, e accompagnano i canti con le mani o battendo ritmicamente i piedi per terra. Ci siamo seduti fuori ad ascoltare, è stato intenso e bellissimo. Finita la preghiera, la gente ha iniziato a uscire, per primi i bambini che sono corsi a giocare nel cortile interno, mentre gli adulti gentilissimi ci hanno fatto segno che ora possiamo entrare. La tomba si può visitare rispettando la divisione tra i sessi al suo interno, abbastanza rigida: le due zone sono divise da delle tende così che io e Luciano finiamo per visitarla ognuno per nostro conto senza neanche vederci. Il monumento in sé non è nulla di memorabile, ci è piaciuto molto di più ciò che l’ha preceduto.
L’altra cosa che ci colpisce su tutte è la passeggiata intorno alle mura di Gerusalemme. La consigliamo tantissimo perché anche se c’è da camminare (la vecchie mura circondano quasi tutta Gerusalemme tranne la parte che passa dietro il Dome of the Rock dove non si ha accesso) consente di vedere Gerusalemme dall’alto quindi da una prospettiva completamente diversa si ammira sia la città vecchia al di qua delle mura che quella nuova dall’altra parte
Nella parte musulmana incappiamo in uno spiacevole incidente: mentre stiamo passando sulle mura che la sovrastano dei ragazzini ci prendono di mira con le loro pistole giocattolo e ci sparano dei pallini, per fortuna senza conseguenze. I bambini di Gerusalemme ci hanno impressionato molto, giocano solo alla guerra e in modo molto violento. Gli unici giocattoli che ho visto transitare nelle loro mani sono armi, logicamente finte, ma spesso caricate con palline di plastica che si sparano contro l’un l’altro. Una tristezza che non vi dico… questa è sicuramente un’impressione non gradevole che riporteremo a casa da Gerusalemme, insieme a un rimpianto: non aver trovato il modo di visitare il Dome of the Rock. La blindatura intorno era totale, ogni accesso interdetto ai visitatori.
Finita la visita delle mura, è ormai sera e la nostra vacanza é giunta al termine. Torniamo in Hotel, dove facciamo prenotare il nesher taxi per le tre del mattino dopo. Ci verrà a prendere davanti alla New Gate, una delle porta di ingresso alla Old City, ci aspetta una bella levataccia perché avremo buoni dieci minuti a piedi per raggiungerla.
Per la nostra ultima cena di questa bellissima vacanza scegliamo Amigo Emil, a pochi passi dal nostro hotel. Di nuovo e per l’ultima volta cucina araba, io non posso che salutare il Medio Oriente l’ordinando l’hummus, uno dei miei piatti preferiti!
E come si dice… The game is over.

martiab@libero.it


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