Kenya 2010


diario di viaggio dall’8 al 23 dicembre di Massimo P.

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Abbiamo programmato questo viaggio molto rapidamente, il Kenya non era nei nostri piani immediati di viaggio, ma la scelta è stata quanto mai azzeccata. Purtroppo per il poco tempo a disposizione non abbiamo potuto organizzarci con un fai da noi e pertanto abbiamo optato per la scelta agenzia, cosa molto insolita per noi. Avendo avuto un po’ di più tempo a disposizione per le ricerche avremmo potuto assaporare di più la vera Africa e risparmiare più di metà. Sarà per un’altra volta.

Volo Milano MPX – Mombasa. Arriviamo mattina presto e l’impatto con Mombasa periferia è allucinante. Subito appare evidente l’estrema povertà di questo popolo…una moltitudine di persone va e viene per la strada ai cui lati è un continuo susseguirsi di negozi-capanna affiancati l’uno all’altro, sporcizia e immondizie ovunque. E’ un immenso mercato immerso nella polvere, nel caos, nel fumo grigio e denso degli scappamenti della moltitudine di mezzi che vanno a rilento… immagini già viste nei film… ma dal vero è tutt’altra cosa…. siamo in Africa! Sul minibus diretto al Jacaranda di Watamu siamo solo io e Stefy… possibile?!?! Ma se doveva essere tutto pieno! Mah!
Arriviamo alle 13 al Jacaranda, dopo due ore e mezza…con gli ultimi chilometri su di una strada sterrata immersi nella vegetazione e tra i villaggi di capanne di fango e foglie di palma, con immagini di donne che trasportano le taniche dell’acqua in testa, con bambini dai vestiti sgualciti e unti ma con gli occhi dalla brillantezza indescrivibile. La strada che percorriamo è quella ‘bella’, perché avremo modo in seguito di assaporare quella disastrosa di 7 km che collega il villaggio a Watamu. Noi stiamo andando in un villaggio 4*, all inclusive, con ogni confort, e appena fuori la vita kenyana è ben diversa…mi assale già un po’ di tristezza e di rimorso… e dentro di me mi vergogno non poco!
In internet avevamo letto di opinioni positive ma anche molte negative sul Jacaranda. La struttura è molto bella, immersa in un giardino di bouganvile curatissimo, affacciata su una meravigliosa spiaggia, chiamata Sardegna 2, e non capisco a questo punto le recensioni negative.
Il problema grande di tale struttura è la distanza da Watamu e Malindi. La strada per Watamu: 7 km di sterrato disastroso! Che lo si percorra in taxi 20 euro a/r, tuc tuc 10 euro a/r (Apecar coperto) o pic pic 5 euro a/r (moto) ci vuole sempre mezzora! Non esiste navetta dal Jacaranda a Watamu quindi sei praticamente in prigione. L’unica ‘navetta’ del resort a pagamento – e pure salato – è per Malindi, solo a patto che ci sia il numero adeguato di turisti (minimo 4-5).

Altro aspetto che sta rovinando la zona paradisiaca è la presenza di orde di Beach Boys! Non la decina che ti aspetti, ma il centinaio!!! Un giorno ne abbiamo contati 110 stazionanti davanti agli unici tre resort della zona Jacaranda-Eden Viaggi-Twiga. Appena arrivi ti inquadrando e ti catalogano e per tutto il soggiorno non te li scrolli di dosso. Alcuni sono simpatici, ci scambi volentieri 4 chiacchiere, altri sono invadenti, pedanti e sono lì solo per chiederti euro… di carta ovviamente dai 5 in su! Oltre alle targhette di finto ebano e ai braccialetti, che propongono safari ed escursioni a prezzi decisamente più convenienti dell’agenzia del villaggio, però solo pochi di loro utilizzano campi tendati o strutture all’altezza presso i parchi. Abbiamo avuto modo di conoscerne di alcuni molto validi e affidabili: G. Napolitano, Picasso, Catanzaro, Luciano.

Purtroppo il fenomeno Beach Boys si sta allargando a macchia d’olio, viene alimentato solo da noi italiani perché francesi, inglesi e tedeschi non se li filano di striscio. Da sfatare il fatto che sono poveri… all’interno del Kenya c’è gente ben più povera che non ha neanche di che nutrirsi e vestire. Alcuni di questi beach boys prima ti chiedono la farina per mangiare e poi se la rivendono per recuperare gli euro.
I Beach Boys affidabili (nel senso dei costi/sistemazioni previsti dalle loro escursioni) li conti sulle dita di una mano. Molte volte le loro richieste di danaro rasentano l’offesa poiché sembra che noi non siamo consci del valore dei soldi. Se arrivi a chiedermi 5 euro solo per aver parlato con te allora sotto sotto mi pare mi stia dando dell’imbecille, visto e considerato che la gente veramente povera del Kenya vive con meno di 1 euro al giorno. Non puoi nemmeno decidere di aiutarne uno che devi di riflesso aiutarne altri 10! E se intendi andare a fare qualche acquisto alle bancarelle sulla spiaggia ti inseguono e pretendendo di fare loro la trattativa per spillarti 1-2 euro o più, cercando di interporsi tra te e il proprietario della bancarella.
Questo aspetto a mio avviso alla lunga inciderà notevolmente sulla scelta di tale tratto di costa… e i primi effetti li abbiamo visti tutti, dato che nei tre resort in alcuni giorni le presenza non superavano in totale la trentina di persone.
E’ da dire che nella zona di Watamu l’oppressione dei BB è molto minore e ben più gestibile.

Per coerenza non ci siamo affidati ai BB per i safari/escursioni, ma ad una guida di Watamu contattata via internet già dall’Italia: Samuel Karisa (sito internet http://samuelsafarikenya.blogspot.com/). Abbiamo scelto l’opzione 3 giorni 2 notti Amboseli e Tsavo Est, prenotati direttamente dall’Italia, rigorosamente in Jeep (Toyota Landcruiser guidata dal mitico Alì) e Campo Tendato (Sentrim ad Amboseli e Ndololo a Tsavo Est). La scelta è stata super azzeccata per affidabilità, sistemazione ai camp, organizzazione. 10 le ore di transfer da Watamu ad Amboseli ma, non appena arrivati e non appena vedi la savana con il Kilimanjaro da sfondo tutto lo sforzo del viaggio viene ripagato.
Samuel era l’unico che ci proponeva 3 giorni completi di Safari, tant’è che siamo partiti alle 3 di mattina di domenica 12 e siamo rientrati alle 18:30 di martedì 14! Innumerevoli gli animali e gli uccelli visti, indescrivibili le immagini che ti offre la savana. La mutevolezza e varietà di paesaggi è infinita. Una volta che sei ritornato a casa senti che quella pace, quei colori, quell’insieme di sensazioni che ti hanno pervaso sono diventati parte di te e vorresti riviverle ancora e ancora e ancora.
Il mal d’Africa esiste davvero!

Al ritorno dai tre giorni di safari ci siamo fermati a Watamu per trovare i nostri amici Alessio Jesus e Gloria che alloggiano in una casa in centro paese. Alessio era in Kenya dal 20 di novembre e ci ha raccontato delle sue innumerevoli avventure in Diani Beach e Mombasa. Per l’occasione ci prenotato il ‘ristorante’ per la cena in paese: 4 granchi, 4 aragoste, Tusker Beer e un super pescione (tipo branzino) che non siamo riusciti nemmeno a toccare dalla sazietà! 25 euro a testa!!!

Insieme ai nostri amici abbiamo organizzato una giornata all’Isola di Robinson e Marafa, sempre con Samuel. L’isola si trova una decina di chilometri a nord di Malindi. La spiaggia non merita un granché, ma vale la pena recarsi al vicino villaggio di pescatori, dove abbiamo avuto la fortuna di assistere al loro ritorno con il pescato del giorno e alla pulizia del pesce in spiaggia! E poi il pezzo forte: mentre sto facendo il bagno mi si avvicinano tre ragazzini del villaggio e, a motti, li invito a fare qualche salto acrobatico. Non l’avessi mai detto…due ore di lanci e tuffi, per fortuna aiutato da Alessio mentre Stefy e Gloria scattano foto all’’impazzata per immortalare questo bellissimo momento. Altro pezzo forte dell’Isola di Robinson è il pranzo nel ristorante-capanno, pavimento di sabbia, copertura altissima di foglie di palma, tavoloni di legno inghirlandati di fiori, zone di relax con cuscini e tappeti. Il pranzo è stato a dir poco divino e il granchio offertoci era il migliore che avessi mai mangiato.
La tappa successiva prevedeva Marafa – La cucina dell’inferno. Una zona di depressione del terreno che ha formato un canyon particolare dai colori stupendi. La visita è consigliata nel tardo pomeriggio sia per le maggiori sfumature dei colori delle conformazioni, sia per il caldo terrificante (e nonostante siano le 4 passate capiamo ora perché si chiama Hell’s Kitchen).

Altra escursione che abbiamo fatto sempre con Samuel è stata la visita alle Rovine di Gede. Resti di un insediamento arabo del XV secolo. All’ingresso, con le banane portate da Samuel, veniamo circondati dai cercopitechi che la guida chiama con i nomi più disparati. Ci spostiamo a seguire in direzione Malindi per visitare la fabbrica del legno, dove sono esposte centinaia e centinaia di statue, animali, ornamenti, batik. E’ incredibile vedere come e dove lavorano gli intagliatori e i decoratori: un gigantesco capanno con tronchi, segatura e semilavorati sparsi ovunque; sedie? banchi da lavoro? macchinari elettrici? nulla di tutto ciò, rigorosamente opera di mani abili, pazienti e capaci! Qui non si contratta (meno male), il prezzo è scritto sull’oggetto e quello è! Terminata questa visita abbiamo appuntamento con Marina, una organizzatrice della associazione-missione WatotoKenya (www.watotokenya.com/), che aiuta un villaggio di circa 15.000 anime. Ci spiega l’elemosina da sola non può aiutare questo popolo, anzi è la forma di aiuto più sbagliata; l’unico metodo per far rinascere e dare autonomia a questa gente è quello di insegnare loro a coltivare, realizzare, guadagnare con il proprio operato e con le proprie forze. A questo servono gli aiuti e gli investimenti, e solo così anche un kenyano potrà non solo riscattarsi dall’estrema povertà, ma avere anche una dignità personale. WatotoKenya si sta impegnando da qualche anno a fare questo. In un piccolo ufficio di Malindi, Marina e Piero ci mostrano i lavorati che questo villaggio produce: meravigliosi, borse, sandali, tovaglie, portaocchiali-portacellulari di stoffa, raffinatissimi portatovaglioli, originalissimi bigliettini di auguri e tanto altro ancora. Indescrivibile la bellezza di questi manufatti la cui produzione e vendita è tutta gestita dal villaggio. I proventi della vendita di questi oggetti servono per alimentare i bisogni della comunità: dare istruzione dai bambini ai giovani, dagli asili sino all’università, acquistare medicine e cure sanitarie, acquistare i materiali per la creazione dei loro manufatti, etc. Mentre Marina ci spiega le iniziative in corso, si legge nei suoi occhi la soddisfazione e l’entusiasmo della sua opera, mentre parla è raggiante e orgogliosa di quanto stanno facendo, e ci sta contagiando. Facciamo qualche acquisto e ci facciamo lasciare qualche opuscolo, per poter far conoscere anche ad altri questa fantastica opera.

Trascorriamo gli ultimi giorni di vacanza al mare, passeggiando ore e ore sul bagnasciuga visto che la marea si ritira sempre più, lasciandoci esplorare l’immenso acquario profondo 30 cm.. Facciamo una puntatina all’Isola dell’Amore che per la bassissima marea, riesci a raggiungere a piedi, e una ultima visita all’interno del paese di Watamu.

Chiudo esprimendo le cose del Kenya mi sono piaciute:
I Safari con i paesaggi mutevoli e le sterminate distese della savana;
Il Mare dai mille colori
I Bambini dei villaggi, dagli occhi sorridenti e dal cordiale saluto musicale che non dimenticherò mai: Ciaaaoooooo!
L’Associazione WatotoKenya e l’entusiasmo di Marina
La cortesia, disponibilità e affidabilità di Samuel Karisa

Ma anche quello che non mi è piaciuto:
Il fenomeno Beach Boys, frutto della nostra cultura e brutto esempio del nostro essere italiano;
La sensazione di prigionia del Jacaranda dalla quale però sono riuscito sempre ad evadere.

Jambo Kenya!!!

hermes.ve@libero.it


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