India 2009


Sessantenni in viaggio fai da te

(diario di viaggio dal 29 gennaio al 21 febbraio di Mirella)

Itinerario: Delhi, Mathura, Agra, Gwalior, Khajuraho, Varanasi, Varkala, Vellanad, Trivandrum, Delhi

Eravamo un gruppo di sei amici in età dai sessanta anni in su, dei quali mio marito ed io al nostro primo viaggio fuori dall’Europa. Tanti ci avevano detto che un tour dell’India richiede esperti viaggiatori e non è per tutti, perciò eravamo un po’ timorosi. Volevamo, tuttavia, compiere un viaggio non organizzato, per avere tempi più lenti e maggiore flessibilità nelle visite ai monumenti e per potere entrare in maggior contatto con la popolazione.
Il nostro viaggio è iniziato il 29/01/09 ed è finito il 21/02/09 con una spesa complessiva a testa di circa 1900 euro di cui 1370 per i viaggi in aereo, il visto, i diritti di agenzia e l’assicurazione. Nei ristoranti abbiamo speso da 3 a 5 euro a testa, con forte incidenza del costo della birra, peraltro buona.

PREPARAZIONE DEL VIAGGIO
Per prima cosa tramite internet abbiamo prenotato con tre mesi di anticipo i viaggi aerei da Bologna a New Delhi e ritorno con Air France, per avere prezzi migliori. I voli interni sono stati prenotati tramite un’agenzia locale. In India abbiamo viaggiato con Jet Airways, sempre in ritardo, e con Air India, sempre puntuale e che consigliamo.
Su Trip Advisor abbiamo cercato nominativi e recensioni di alberghi nelle località che volevamo visitare, poi abbiamo steso un programma con località, tempi e alberghi preferiti e lo abbiamo inviato via e-mail a diverse agenzie indiane, perché tramite esse si ottengono prezzi molto più bassi che attraverso agenzie italiane.
Abbiamo interpellato le agenzie indiane suggerite dalla Lonely Planet e dalla Routard, ma la risposta migliore per prezzo e per disponibilità a venire incontro alle nostre esigenze è giunta dall’agenzia His Own Travel Concept di Francis Singh, consigliata in alcuni resoconti di viaggio: possiamo confermare che Francis Singh è una persona molto seria, affidabile, disponibile e di profonda umanità. Uomo distinto, parla bene l’inglese.
Su nostra richiesta Singh ci ha fornito un pulmino Tempo con autista che parla inglese, per il primo tratto da Delhi a Khajuraho, ed ha prenotato per noi gli alberghi di tutto il viaggio ed alcune guide locali per i monumenti di maggior interesse artistico (anche se il documentarsi prima del viaggio ed un manuale guida come quello del Touring rendono non necessario l’accompagnamento da parte di guide turistiche). Non abbiamo effettuato alcun anticipo di pagamento dall’Italia. Prima della nostra partenza per l’Italia ci ha invitato tutti a cena a casa sua, come fa di solito per ringraziare i clienti.
L’autista Anil Bali, accompagnato nel nostro viaggio dall’educatissimo figlio Rishabh che parla un inglese fluente, è sempre stato puntuale, sicuro e prudente nella guida, attento a comprendere le nostre esigenze e non ha mai cercato di portarci in ristoranti o negozi da cui riscuotere mance.

IMPRESSIONI GENERALI
Grazie alla buona compagnia degli amici e alle suddette persone il viaggio è stato tranquillo ed estremamente interessante, anche se faticoso.
Volendo entrare in contatto con la popolazione e con il suo modo di vivere, siamo andati in hotel dignitosi ma non di lusso ed abbiamo evitato i ristoranti per turisti, mangiando spesso sui tavoli per strada dei locali dove cucinano per la gente del posto o in piccoli ambienti in condomini, che sono ristoranti per indiani. Solo una nostra amica ha avuto problemi intestinali con febbre alta, per ragioni che non abbiamo capito dal momento che ha mangiato ciò che abbiamo consumato anche tutti noi senza alcuna conseguenza: forse ha bevuto acqua non minerale, che abbiamo sempre evitato.
L’India è un Paese pieno di contrasti e di contraddizioni, con Internet point dovunque e con miseria altrettanto diffusa.
Spesso manca la corrente elettrica, a volte manca l’acqua, il cibo comune è povero e piccante, la polvere fa da padrona per le strade, i percorsi in auto sono lentissimi, il rumore in città è intenso, gli arredi sono più che essenziali: per trovarsi bene è necessario mettere da parte i propri riferimenti occidentali e lasciarsi andare ad un’altra dimensione di realtà e di vita, che ha differenti parametri frutto di cultura e di una situazione contingente diverse, in ascolto aperto di tutto ciò. Così si superano gli eventuali disagi e ci si arricchisce di qualcosa di impalpabile ma profondo.
Molto importante è essere muniti di torce a pile per i periodi in cui manca la corrente elettrica.
La popolazione indiana è molto gentile, aperta e socievole ed è facile entrare in empatia con loro.
Non abbiamo visitato ashram  e la religiosità che abbiamo incontrato è molto semplice e popolare, vissuta insieme nei templi fra suoni di campanelle o da soli in mezzo al trambusto cittadino davanti ad un’edicola sacra sotto un albero, sempre fra tanti petali di fiori.
I monumenti che abbiamo visto sono tutti molto interessanti e bellissimo è il famoso Taj Mahal, ma a noi sono piaciuti particolarmente i templi indù, espressione di una cultura molto diversa dalla nostra ma che tocca corde profonde dell’animo umano. Comunque, ciò che ricordiamo in modo più vivo e che ci manca un po’ sono gli indiani, la loro umanità ed il pulsare della loro vita per le strade.
Le donne sono tutte bellissime, con i lunghi capelli neri lucidissimi e gli abiti tipici colorati ed eleganti, ma molte di loro di aspetto decisamente anziano erano assai più giovani di quanto potessimo pensare.
Gli indiani portano le scarpe per girare in strada, ma le tolgono appena possono: nei templi, nei negozi, in casa….
Grande differenza c’è fra la zona nord che abbiamo visitato, che ha un paesaggio piuttosto arido ed è decisamente povera, ed il Kerala a sud, lussureggiante di palmizi a perdita d’occhio e più benestante.

NORD (Delhi – Uttar Pradesh – Madhya Pradesh):
La meccanizzazione del lavoro è pochissimo diffusa perché la mano d’opera costa pochissimo e anche le donne sono impiegate in pesanti lavori da manovale.
Orinatoio per uomini è qualunque punto della via non particolarmente in vista, mentre per esigenze corporali più impegnative si utilizzano campi o altre zone nascoste. Tutto ciò perché sono rari i servizi igienici nelle abitazioni, ma gli indiani si lavano ugualmente moltissimo ad ogni fonte o fiume e perfino sotto il getto dei tubi per innaffiare.
Le strade sono accidentate e piene di polvere ma la gente vive su di esse ed  è frequente vedere letti di legno e corda sui bordi delle vie, occupati da persone che dormono nel caos del traffico.
Il traffico cittadino è congestionato in un intrico di risciò, biciclette, motorini, auto, camion, tutti pieni di persone e cose fino all’inverosimile, che si intrecciano con mucche, bufali, capre, cani, cinghiali, maiali e tanti pedoni.
Lungo le vie una ininterrotta fila di bancarelle di fortuna, in cui indiani lavorano, vendono, mangiano e spesso dormono di notte, mentre qualcuno ha la sua casa solo su qualche telo steso per terra.
Spesso si vede qualcuno spazzare il bordo della strada con fasci di saggina, sollevando nuvole di polvere, per ammucchiare rifiuti che gli animali cercheranno di smaltire, in una apprezzabile ma non particolarmente efficiente catena biologica, in cui si utilizzano anche gli escrementi delle mucche che, seccati al sole come tante frittate e raccolti in eleganti cataste, vengono usati  come combustibile nei fornelli domestici.
Il concetto di manutenzione non è diffuso, per cui anche edifici recenti sembrano decadenti, per non parlare di bei palazzi costruiti durante la dominazione inglese e lasciati andare in malora.
Girando per le strade ci è sembrato spesso di essere in un medioevo contemporaneo.
Nelle zone più turistiche gruppi di indiani si affollano intorno ai turisti offrendo servizi anche inutili o insignificanti (es. trasporto di valigia per pochi metri) per ottenere mance, mentre altri cercano insistentemente di vendere chincaglieria. Il sistema migliore per scoraggiare gli importuni è ignorare i venditori e rifiutare garbatamente ma fermamente i servigi non desiderati. Varie volte, però, queste persone non ci sono sembrate particolarmente insistenti e, una volta ambientati, ci è spesso piaciuto entrare in contatto scherzoso con loro, che hanno riso insieme a noi della loro insistenza.
I mendicanti ci sono, ma rispettosi dei passanti. Abbiamo avuto l’impressione che alcuni poveri non abbiano la forza della progettualità per la loro vita e vivano alla giornata, con la mente occupata solo dal presente.

SUD (Kerala):
Il Kerala è molto diverso dal nord: per strada non ci sono mucche e altri animali, non ci sono risciò a pedali ma solo quelli a motore, per la maggior parte della Piaggio.
Le donne più o meno ingioiellate (il Kerala è uno dei paesi dove si vendono più oggetti di oreficeria nel mondo) e gli uomini spesso con il pareo lungo fino ai piedi o raccolto al ginocchio sembrano per la maggior parte dediti ai propri lavori e non sembra che ci sia gente che vive alla giornata come nelle contrade del nord.
Sulla costa ci sono zone completamente turistiche visitate tutto l’anno soprattutto dagli europei e ciò è una notevole fonte di guadagno locale, ma i prezzi non sono tanto più alti di quelli del nord e forse, essendoci più concorrenza, c’è meno rischio di avere fregature. Comunque pare di cogliere una mentalità più “imprenditoriale”.
Essendo poi stati ospitati nella sede dell’associazione umanitaria ONLUS “Namasté – Onore a te” sita a Vellanad, un piccolo villaggio dell’interno a 20 km da Trivandrum, abbiamo potuto vedere da vicino la situazione di diverse famiglie povere, i cui figli sono stati adottati a distanza da alcuni di noi o da conoscenti, le scuole materne, i doposcuola e le altre attività dell’associazione. L’impressione è che in questo Stato ci sia meno fatalismo e rassegnazione che a nord.

IL VIAGGIO
I giudizi sugli alberghi sono riferiti agli standard indiani.

1° giorno: Partenza all’alba dall’aereoporto di Bologna con l’Air France. Scalo a Parigi ed imbarco per l’India. Arrivo a Delhi nella tarda serata. Pernottamento per due notti in Hotel De Holiday Inn, centrale e accettabile per gli standard di Delhi.

2° giorno: New Delhi – Monumenti visitati: Forte Rosso, moschea di Jami Masjid, sacrario in memoria di Gandhi (suggestivo), Indian Gate, tomba di Humayun, il sito del Qutb Minar (affascinante).

3° giorno: Trasferimento a Mathura: visita della cittadina, dei suoi ghat lungo il fiume Yamuna, cerimonia sul fiume molto suggestiva (una fila di barche piene di pellegrini stende una lunga fascia di sari colorati cuciti assieme per rivestire il fiume sacro, che, come tutti i fiumi, è femminile per gli indiani), visita di templi. Mathura è risultata molto interessante e poco frequentata dai turisti.
Proseguimento per Agra, dove abbiamo pernottato per tre notti in Hotel Ganga Ratan, migliore dell’hotel di Delhi ma solo accettabile.

4° giorno: Agra – Monumenti visitati: Taj Mahal (bellissimo), Forte Rosso (molto bello), mausoleo di Akbar.
La città è molto grande, caotica, affollata di turisti e brutta nelle parti da noi visitate.

5° giorno: Facendo base ad Agra, visita di Fatehpur Sikri (molto interessante) che ha impegnato l’intera giornata.
Qui siamo stati sommersi dai venditori di cianfrusaglie, che non ci hanno dato tregua ma senza insolenza.

6° giorno: Partenza per Gwalior, dove abbiamo pernottato per una notte in Hotel Gwalior Regency, buono.
Monumenti visitati: Forte con Man Mandir Palace, templi “della suocera” e “della nuora” Sas-Bahu-Ka Mandir e il più antico Teli-Ka Mandir (bellissimi), grotte jainiste (interessanti), tombe di Muhammad Ghaus e Tansen, palazzo di Jai Vilas.

7° giorno: Viaggio verso Khajuraho, dove abbiamo pernottato per due notti all’hotel Marble Palace, buono.

8° giorno: Khajuraho – Monumenti visitati: due zone di antichi templi indù e jainisti (molto interessanti), vecchio villaggio (interessante, ma con alcuni giovani uomini che volevano farci da guida in modo un po’ insolente)
La città è piccola, molti parlano italiano, l’ambiente è piacevole e rilassato, senza confusione.

9° giorno: All’aeroporto ci siamo congedati dall’autista Anil e da suo figlio Rishabh, che sono ritornati a Delhi con il pulmino. Partenza in aereo con la Jet Airways (in ritardo di circa un’ora) e arrivo a Varanasi, dove abbiamo pernottato per la prima notte in Cresent Villa, hotel appena inaugurato, molto elegante e confortevole, con personale molto gentile, un po’ lontano dal Gange. Nelle due notti successive abbiamo pernottato in Hotel Palace on Ganges, sull’Asi Ghat, molto bello ed accogliente.
Visita serale dei ghat sul fiume (emozionante; addirittura straniante la vista notturna dei falò per le cremazioni e di una barca che si allontanava piano per depositare sul fondo del fiume un bambino morto avvolto in teli bianchi).

10° giorno: Varanasi – Visita dell’Università e del suo tempio indù.
Visita della parte vecchia della città (interessantissima), con i suoi templi, i suoi laboratori per la tintura manuale della seta ed i telai meccanici per i tessuti.
Gita in barca al tramonto per assistere ai riti di preghiera serali (emozionante).

11° giorno: Varanasi – Gita in barca all’alba per vedere la vita che comincia a pulsare sulle rive del fiume, le persone che si lavano, pregano, meditano, fanno yoga (emozionante).
Visita di Sarnath (un po’ deludente).

12° giorno: Varanasi – Ancora passeggio per le interessanti viuzze e sui ghat della città.
Varanasi è una città che non si dimentica.
La guida Ravi che abbiamo avuto a Varanasi è stata molto efficiente ma ci ha dato l’impressione di essere un boss del turismo locale.
Partenza in aereo per Delhi con la Jet Airways, che ha avuto un ritardo di oltre un’ora, impedendoci di prendere la coincidenza per Trivandrum.
Abbiamo così dovuto ritardare di un giorno il nostro programma ed abbiamo pernottato nei pressi dell’aeroporto in Hotel Lohmod, costoso, con ascensore bloccato, alcune finestre ed un rubinetto rotti anche se l’edificio è recente ed in fase di ampliamento, con personale poco accogliente e scarsamente disponibile, con un servizio di cucina scarso in un ambiente squallido: lo sconsigliamo vivamente.

13° giorno: Viaggio aereo con Air India da Delhi a Trivandrum. Arrivo a Varkala dove abbiamo pernottato per sette notti nel resort Jicky’s Rooms, ottimo, immerso nel verde, vicino al cliff sulla spiaggia dell’Oceano Indiano. Il gestore del resort è stato estremamente gentile e disponibile.

14° – 18° giorno: Varkala – Riposo in ambiente bello ed accogliente, molto organizzato per i numerosi turisti, con natura rigogliosa e palmeti a perdita d’occhio.
Cene di pesce ai ferri o tandoori nei numerosissimi ristorantini che si susseguono affacciati sull’Oceano, al lume di candela perché metodicamente manca la corrente, con lo sguardo sulle luci delle barche che escono di notte per pescare e, nel buio, formano una lunghissima fila luminosa sull’orizzonte.
Gita in barca alle Backwaters (natura stupenda e rilassante).
Festa del tempio in un villaggio dell’interno, non per turisti, molto animata ed interessante, con musica assordante dal vivo, corteo di elefanti elegantemente bardati e trasporto rituale a spalle, per tre volte intorno al tempio, di un’altissima torre di legno dipinta a colori vivaci con figure di dei. Durante tale rito le due squadre di uomini che sostenevano le sbarre portanti della torre cercavano di squilibrarsi a vicenda facendo ondeggiare pericolosamente la torre in mezzo alla folla che si scostava serpeggiando. In tale occasione alcuni uomini del luogo vicini a noi, vedendoci stranieri ignari, ci si sono messi davanti per guidarci e proteggerci.
Spettacolo di teatro Katakali solo per turisti, ma da vedere, assistendo anche alle preventive lunghe operazioni di trucco degli attori.

19° giorno: Trasferimento in auto da Varkala a Vellanad, dove si trovavano già da due giorni i nostri  quattro amici, partiti prima di me e di mio marito.
Pernottamento per quattro notti presso la sede di Namasté – Wings to fly.

20° -22° giorno: Vellanad – Visita alle famiglie di alcuni bambini adottati a distanza e di scuole materne ed altre iniziative dell’istituzione.
Partecipazione all’inaugurazione del secondo piano di un edificio, dedicato all’istruzione, costruito con i contributi di benefattori italiani. La cerimonia si è svolta secondo il rito locale ed è stata molto suggestiva, con addobbi vegetali e offerte alla divinità prese dalla natura, portate in processione nell’edificio, in cui, sul pavimento protetto da un cumulo di terra, è stato acceso un fuoco che ha fatto bollire latte con sale e riso dentro un piccolo otre di terracotta, finché il liquido si è sparso portando benedizione e prosperità.
Visita di Trivandrum.
Partecipazione alla festa del tempio del villaggio, non per turisti (molto interessante). Un giorno un tronco votivo di palma è stato portato a spalla in processione per le vie del villaggio, dove le donne avevano allestito altarini davanti alle loro case, al rullo di tamburi che hanno accompagnato la lunga danza di un bramino, fino all’ingresso del tempio. Purtroppo, lì giunto, l’uomo è entrato in trance con convulsioni ed è stato subito adagiato a terra in disparte perché si riprendesse, come è avvenuto in breve tempo. La festa è continuata con riti e spettacoli teatrali all’aperto, fra stupende decorazioni composte di fiori, frutti e foglie, figurazioni di dei realizzate con miriadi di lampadine colorate e maestosi fuochi d’artificio.
A causa della festa, durante la permanenza a Vellanad  musica a tutto volume, sparata da altoparlanti disseminati ovunque lungo le strade, ci ha fatto compagnia ininterrottamente giorno e notte, con una pausa notturna di solo tre ore per notte. Quando veniva a mancare la corrente elettrica il suono aveva tregua solo per un attimo, perché purtroppo venivano subito messi in funzione autogeneratori. La festa ha la durata di una settimana e noi abbiamo avuto la “fortuna” di capitare proprio allora! Comunque anche quella è stata un’esperienza molto interessante.

23° giorno: Partenza per Trivandrum, dove quando era ancora buio abbiamo preso il volo per Delhi con la Air India, sempre puntuale.
Giornata in giro fra il caotico traffico di Old Delhi, per la vecchia via Chandni Chowk, per il mercato di Old Delhi (interessantissimi), dove si trova di tutto e ovviamente anche i ricordini da portare a casa per spendere le ultime rupie, visita del tempio sikh Gurudwara Sis Ganj e delle infrastrutture di accoglienza e cura ad esso collegate, destinate ai poveri ed ai pellegrini (interessante).
Prima che ci recassimo al mercato lo stesso Francis Singh ci aveva consigliato di stare attenti al portafogli in quella zona con le stradine strettissime. Noi abbiamo adottato le precauzioni di sempre quando si viaggia, ma quando siamo arrivati sul luogo non ci siamo per nulla sentiti minacciati, fra persone che portavano sulle spalle grandi pesi per approvvigionare le botteghe, perché le viuzze anguste non permettono il passaggio di automezzi, e fra negozianti che non sollecitavano a comperare o che erano più insistenti con le persone del luogo che con noi. Abbiamo comperato alcune semplici cose ad un prezzo più basso del solito da venditori molto gentili. Per spiegare tutto ciò abbiamo supposto che, dopo 23 giorni di India, dovessimo apparire ormai ben integrati e forse anche un po’ pezzenti. Certo è che saltellavamo fra una cacca ed un sputacchio rosso con una grande disinvoltura, rilassati e comunicativi come un novellino non potrebbe fare.
Riguardo agli sputi rossi di bethel, devo dire che in tutto il viaggio abbiamo incontrato pochissime persone che lo masticassero e nessuno che lo sputasse, anche se varie tracce per terra le abbiamo viste a Old Delhi ed alcune altrove nel nord, specialmente a Varanasi.
In nottata partenza con Air France per Parigi e poi per Bologna, dove siamo arrivati il 24° giorno.


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