India 2008


Taste of India

(racconto di viaggio dal 12 al 27 febbraio di Giuliano)

Anche quest’anno ci proponiamo un viaggio alla scoperta del mondo, non per fare i turisti ma per vivere una piccolissima parentesi di avventura e arricchire contemporaneamente la conoscenza di questo pianeta così variegato e multicolore.
Premetto che, nonostante tanti viaggi, non provo alcun entusiasmo per la partenza, ma un senso di insicurezza nel dover lasciare la casa, gli animali e il pensiero di mia madre ormai 92enne. Vado dunque a darle un saluto rassicurandola del viaggio e sopratutto incrociando le dita. Lei non dice niente, ma vedo nei suoi occhi la solita malinconica tristezza di un distacco, e quanto Edna la saluta, nei suoi occhi scorre furtivamente una lacrima, che al mio ritorno si illumina in un sorriso e un materno rimprovero di quando la smetterò di girare il mondo.

Arrivati in UK, passiamo due giorni da Janet, cugina di Edna, in una casa favolosa e nella solita accoglienza familiare. Janet, alla continua offerta di cibo con la sua cucina e patisserie da gourmet. Rientrata la figlia Clare da Londra, provo l’emozione di andare nel più vecchio pub inglese nella sua MG spider anni 6o.
Lasciamo gli UK a bordo del 747, come al solito strapieni e dopo otto ore siamo a Delhi. Non ho paura degli aerei, anzi i jumbo mi danno maggiore sicurezza, ma quello che mi da un poco di ansia è il vedere tutta quella marea di gente prima di salire sull’aereo.

Se pensavo di prendere una bella boccata di ossigeno all’arrivo a Delhi, non avrei avuto altro che una bella delusione, una coltre fumosa da inquinamento avvolge la città, sembra di entrare in un incubo. Accoglienza della guida, a notte profonda, e corsa al Oberoi Maidens Hotel, hotel di lusso con colazione unica nell’arco del viaggio.
L’indomani abbiamo a disposizione la giornata per il tour della città e la visita all’India Gate, Raj Ghat, Jama Mosque e il Red Fort.
Siamo dunque risucchiati in mezzo al caos del traffico della città. Sembra quasi impensabile poter circolare in mezzo a una moltitudine incontrollata e disordinata di carretti, biciclette, moto camion, mucche, moto a tre ruote (tuk tuk) e un’orchestra di clacson da far impallidire il peggiore dei concerti hard rock. Questa è Delhi, questa è l’India.
Questa marea umana che sembra incontrollata, eppure si muove nella sua logica e alla fine ogni tassello va al suo posto come in un puzzle indecifrabile per la nostra mente europea.
Decine di carretti, stracarichi all’inverosimile da far impallidire un elefante, spinti da persone, che sembrano più che avere una forza sovrumana, essere aiutati da uno dei milioni di dei in cui loro credono.
Bici, con un unico rapporto, che sembrano reggersi ormai per abitudine, anche con tre persone, moto con quattro persone, bici e tuk tuk che fungono da taxi, da tre posti, ne caricano 4 dietro, due avanti di fianco all’autista e due fuori attacate a qualche appiglio, eppure tutto scorre in mezzo all’orchestra dei clacson, tra lo slalom delle mucche che con una lentezza ormai atavica, non si curano minimanente di alcunché. Ho visto all’uscita delle scuole, maree di bambini trasportati da una bici con attaccata una gabbia (sicuramente per i polli) e trasformata in carrozza per l’opportunità.
I bus, con i passeggeri pigiati come sardine, alle volte seduti sul tetto (abusivi) e attaccati fuori.
La situazione dei negozi naturalmente deve fare da coreografia al traffico, non pensiate di vedere una serie di boutique ordinate e scintillanti, ma mille bancarelle, piccole nicchie o loculi disordinati, ove una marea umana vende, lavora, da far impallidire il più vecchio suk di Istanbul che avevo visto nel 69.
Il risultato di tutto questo non potrebbe essere che una marea di rifiuti a cielo aperto, dove mucche, cani, cercano di fare la raccolta differenziata, lasciando soltanto le buste di plastica a pezzi dopo avervi rovistato in cerca di qualche sapore di cibo.
Naturalmente questo è il paese dei contrasti e degli estremi, fuori il caos, la povertà e all’arrivo in albergo, vieni servito e riverito da una schiera di camerieri con sevizi d’argento, dove il cibo viene conservato al caldo in cloche sempre d’argento o di rame.
Peccato che la cucina non sia mai all’altezza della presentazione
Delhi è divisa in due parti, la vecchia e la nuova dove naturalmente vivono i ricchi.
Siamo stati al mausoleo, il RAJ GHAT dove è stato cremato Ghandi. Un gruppo di donne girolonzava attorno recitando preghiere.
Sulle alture della vecchia Delhi abbiamo iniziato il tour dei Forti, questo Red Fort LAL QUILA, costruito da Shah Jahan, quando aveva trasferito la capitale da Agra a Delhi, e sembrerebbe abbia usato lo stesso architetto del Taj Mahal.
Questi forti sono situati sempre nei punti più alti e circondati da mura enormi (vedi le muraglie cinesi) e all’interno una vera e propria città.

Sveglia presto al mattino e partenza per Agra, capitale di Akbar il Grande, situata sul fiume YAMUNA. Location presso l’hotel Masingh Palace per due notti. L’indomani partenza per il Forte di Agra, costruito da Akbar nel 1565.
Non vorrei ancora annoiarvi su quanto si vede durante il viaggio, la situazione descritta a Delhi, non cambia, anzi, manifesta veramente il volto più vero e umano di quest’India, che nonostante il pil aumenti del 9% annuo, ancora vedi la gente che fa i suoi bisogni davanti a tutti nei campi vicino alle case, usa l’unica fontana (devi pompare l’acqua a mano) che funge da lavatrice/bagno/cucina, e naturalmente tutto scorre all’aperto, lascio a voi immaginare lo scampi.
Ah, dimenticavo, all’arrivo Bupi ci dice che siamo 17!!, che fortuna, penso e non dico niente, e comunque viaggiamo sempre con un nuovo bus da 50 posti.
Vi racconterò chi è Bupi in un altro momento, un vero personaggio.
Mattino, sveglia alle 5.30, bisogna vedere il Taj Mahal (unico mio sogno per il viaggio), in quanto ci dice Bupi, bisogna aspettare l’alba e vederlo cambiare colore.
Fa un freddo cane, per fortuna mi ero attrezzato, ma qualcuno no, in ogni caso tutti abbiamo sofferto il freddo.
All’arrivo il Taj, come lo chiamano loro, ci appare come in un miraggio, come un sogno che emerge all’improvviso dal mare e sembra quasi irreale. Siamo tra i primi, e non possiamo ancora avvicinarci, lo ammiriamo da 100 metri e aspettiamo che l’alba colori i suoi marmi di rosa. Oltretutto è proibito portare la video camera all’interno e sono un poco deluso. Pazienza. Tutti aspettano in un’atmosfera magica, sembrano ipnotizzati, e comunque è davvero di una bellezza incredible, supera le mie aspettative. Sorto il sole, ci incamminiamo all’interno e ci laciamo rapire dai suoi segreti e dai suoi misteri.
Per costruire questo momunento, l’Imperatore Mumtaz Mahal ha impiegato 20 anni e 22 mila operai, e naturalmente ha chiamato i migliori architetti da tutto il mondo.
Eravamo li proprio il 14 di febbraio, giorno di S. Valentino, e questo mausoleo è stato costruito per amore di una delle sue
mogli (o per rimorso) dopo mille concubine e amanti, che come d’abitudine questi personaggi potevano permettersi.
Al pomeriggio, siamo andati naturalmente a vedere il Taj dall’altra parte del fiume e abiamo aspettato il tramonto per vederlo sotto ancora cambiare colore.
Di fronte a noi, abbiamo assistito alla cremazione dei morti sulle pile di legno.
La visita in India ha avuto per il momento una sua giustificazione…………

Quinto giorno, si parte alla volta di Jaipur, la città rosa. Nel tragitto visita ad un altro forte, e intanto Bupi, con la sua solita risata ci racconta e si racconta. Non potreste mai immaginare di essere in India e di avere avuto il privilegio di essere accompagnati dal capitano della squadra di polo, e non è finita…
Arriviamo al solito albergo di lusso e veniamo accolti all’ingresso dal solito personaggio vestito con il costume tradizionale locale che ci apre la porta, e all’ingresso nella hall, ci mettono una corona di fiori di benvenuto e altre volte anche un puntino rosso sulla fronte.
Entrato in camera butto subito via la corona di fiori e aspetto le valigie che ci vengono sempre recapitate in camera.
Aspettiamo l’ora di cena per essere serviti da camerieri con i turbanti, vestiti come marajat. Posate e anche i bicchieri sono d’argento, ma purtroppo la cucina…..
Questa è una città incredibile, per la parte vecchia si entra attraverso le sue porte, e dentro tra i palazzi rosa bellissimi che nonostante il caos infernale non smetti mai di ammirare, ti ritrovi ancora circondato dal solito caos e dalla solita sporcizia di fronte alle case. E’ un oltraggio a tanta bellezza. Peccato che il palazzo più bello, il HAWA MAHAL, lo si possa vedere solo dall’esterno.
Assistiamo alla vendita del latte per strada, dove 20 litri diventano 30 con l’acqua. Per fortuna che in albergo ci viene servito quello in busta.
Intanto Bupi ci racconta qualche fatto incredible, come quando, nonostante il divieto del governo inglese di immolarsi sulla pila, le “Sati”, una di loro nel ‘85, davanti a 20000 persone si sia buttata sul fuoco per immolarsi insieme al marito.
Il giorno seguente visita a l’AMBERT FORT, CITY PALACE I suoi giardini e il JANTAR MANTAR palace, l’osservatorio astronomico costruito in pietra, il più grande al mondo. Visitiamo anche il PALACE OF WINDS.
Per l’Amber Fort bisogna alzarsi presto, gli elefanti ci aspettano, sono tutti vestiti a festa e anche pitturati. Una fila incredibile, così essendo l’unico per la salita con l’elefante, ci rinuncio e andiamo tutti con le jeep. Sembrava di essere ad una festa folkloristica, solo che qui, il folklore non è inventato, ma tutto è ancora naturale come prima.
Finita la festa a Jaipur, e lasciato l’Ambert Fort, si ritorna in jeep al bus per la visita alla fabbrica di tappeti e stoffe. Gli indiani sono degli autentici commercianti e naturalmente ci accolgono con il the o altri drinks.
Ci spiegano come stampano i disegni, timbrano la carta fino a ottenere i disegni, la imprimono nella stoffa e che poi immergono in un liquido per fissare i colori. Il colore oro, lo sapevate? E’ ottenuto dall’urina delle mucche essicate (ed è anche sacra!!) Da una parte un gruppo di donne coloratissime che tessono la lana e dall’altra gli uomini che fanno i tappeti su telai di legno, sono veramente dei personaggi dolcissimi e particolari che cercano furtivamente con i gesti e con gli occhi di ottenere da noi qualche rupia, certo non saranno molto pagati!!!
Ritorniamo in albergo e lo sguardo, a parte i palazzi rossi si sofferma sul groviglio infernale di fili elettrici che portano la corrente nelle case, alcuni sorretti da pali di bamboo!!! Chissà se avranno il certificato obbligatorio per la sicurezza!!

Giorno 7 partenza x Kota, città industriale e pernottamento.
Bupi, come ogni mattina dopo averci chiesto se abbiamo dormito bene e se stiamo bene!!, ci racconta di come ha iniziato a fare questo lavoro. Essendo figlio di un marajat e oltretutto il padre è membro del governo, viveva di notte facendo il playboy con i soldi di mummy e daddy. Ma un giorno… tutto è cambiato nella sua vita.
Arriviamo così a Udaipur, capitale del Raiput stato del Mewar, città dei laghi e dei giardini.
Al mattino alberghi e isolette sul lago sembravano sorgere come d’incanto dal lago, sembrava galleggiassero.
Dopo colazione andiamo quindi a fare il giro del lago Pichola in battello. Tutto attorno splendidi palazzi, il Palace Hotel, City Palace, il più grande palazzo dell’India, dove dall’alto, a mio parere si ha una delle più belle vedute al mondo. All’interno c’è anche un albergo, Jagdish Temple, peccato che il lago sia ricoperto di un limo verde (inquinamento) da non far vedere il fondo. A riva decine di donne lavano la biancheria e si fanno il bagno!! Siamo ora veramente circondati da una parte da tanto splendore e ricchezza e dall’altra dall’estrema povertà. Si dice che la povertà sia nata in India, ma io credo anche la ricchezza sia nata qui.
Visitato City Palace, andiamo nuovamente in barca per il lunch in un antico palazzo che ora funge da albergo/ristorante.
A 100 km da Udaipur andiamo a vedere il Kumbalgarth Fort, le cui mura attorno si assomigliano alla muraglia cinese.
In questa parte vedo veramente i colori dell’India nei vestiti delle donne.
Sulla strada vediamo le piantagioni di papaveri da oppio, consentite dal governo per usi farmaceutici. Naturalmente non tutto finisce all’industria, ma ne viene fatto uso molto ai matrimoni, offerto agli ospiti sotto forma di bevanda, è un uso tollerato e dai “santoni” che devono trovare l’ispirazione e la sublimazione dell’anima!!!
Visitiamo una fattoria dove assistiamo alla cerimonia della bevanda dell’oppio da parte del patriarca (70enne). Viene gratuity, pestato, filtrato e sciolto nell’acqua. Dopo le litanie per ingraziare il suo dio o Bupi che gli porta i soldi (!) beve e ce ne offre (ma non era sciolto con l’acqua minerale). Lo consumano 4 volte al giorno.
La raccolta è faticosissima, viene fatto un taglio e l’indomani raccolto goccia a goccia.
Arriviamo quindi ad un Heritage Hotel (vecchi palazzi dei marajat) adibito ad hotel. E di chi potrà mai essere, se non della famiglia di Bupi?
All’arrivo del bus, due donne con i tamburi e il volto coperto ci accompagnano fino all’ingresso dove, dopo corona di fiori, puntino rosso sulla fronte, un uomo sulla terrazza fa tre spari di benvenuto per il figlio del marajat, per il padre sarebbero 19.
Bupi ci mette a disposizione buffet, drinks ecc e ci dice che siamo suoi ospiti. Grazie Bupi.
Lasciamo il suo heritage hotel da 365 stanze e proseguiamo il ns. viaggio.

Da Udaipur facciamo una strada secondaria in mezzo alle valli, il paesaggio è suggestivo, ma la strada e gli incontri scontri con gli altri mezzi sono da cardiopalma per chi sta davanti. Arriviamo nella zona dei pozzi. Due buoi con un uomo seduto, continuano a girare attorno per pescare l’acqua che da una vasca scorre per la vallata. Donne multicolori abbeverano le loro capre, mentre più avanti abbiamo l’appuntamento con le scuole elementari. Abbiamo fatto provviste di sciampi, saponette, creme che gli alberghi ci hanno lasciato in bagno.
I bambini sono tutti seduti per terra, divisi per età, ci spiegano il funzionamento della scuola e dopo iniziamo la nostra distribuzione fra mille occhi che si illuminano di felicità.
Intanto Bupi ci racconta degli “intoccabili” che vivono molto male nelle campagne, lontano da tutti, non possono fare molti lavori e mischiarsi agli altri, possono in compenso frequentare le scuole. Ci dice anche dei matrimoni, il 90% fallisce, mentre durano di più quelli combinati, perché ci si innamora dopo, mentre negli altri si vuole sempre dimostrare quello che non si è. Le famiglie si rovinano con i debiti per la festa che dura giorni.
Altro grave fattore dell’India è il problema delle persone con handicap. Sessanta milioni, 93% della popolazione rimane indifferente, solo 1% lavora. Solo il 2% è istruito e 1800 di loro frequentano l’università. Vengono considerati delle persone con delle stigmate (peccato che non abbiano conosciuto Padre Pio!!!!)
In compenso tanti che chiedono l’elemosina nelle cittàe divenano ricchi.
Siamo arrivati al tempio dei Jain Shrines. I loro seguaci, tutti completamente vegetariani, hanno una vita molto difficile in quanto non mangiano alcunché che nasca dalla terra, potrebbe esserci qualche animale, si coprono il viso con un fazzoletto per non inalare qualche insetto… (Mah le credenze.. E ancora non è finita)
Credo che ne abbiate avuto abbastanza di monumenti e di forti, forse è meglio ritornare al party dove Bupi è stato morso da un serpente cobra, lo hanno rassicurato che non era velenoso, e intanto fattogli un taglio un ragazzo ha succhiato e sputato per dieci minuti il sangue. Tutto ok.. fino a due settimane dopo che la notizia della morte del ragazzo non è arrivata a Bupi lasciandolo in stato di shock per dieci giorni e cambiandogli la vita.
Manda i soldi x matenere la famiglia di quel ragazzo.

Siamo ormai nella zona del Thar desert, il terreno è sottile come la polvere, e nonostante tutto esistono alberi e vegetazione. Molte parti dove viene irrigato sono verdissime.
Arriviamo all’unico tempio esistente al mondo. Bikaner. Tempio dove adorano I topi.
Entriamo, c’è la coda (non quella dei topi), ma una fila che aspetta per pregare. Davanti a me, arrivato all’”altare” un devoto con le mani giunte prega e si inchina, io nel frattempo mi tappo il naso per la puzza…
La sera nell’albergo, al ristorante l’atmosfera è magica. Grosse tende con al centro grosse pile di legno che brucia e riscalda, luci soffuse, grande buffet, ma io e Edna preferiamo il menù alla carta ed allora ci accompagnano nella nostra tenda, il maitre ci fa accendere il fuoco, ma io mangio solo riso, pane, e la Signora un caffè che non finisce. Chiaccheriamo a lungo con il maitre che adora l’Italia ci dice che è bellissima, ma non ci è mai stato, solo vista per tv e raccontata dai tanti italiani che passano da lui.

Quest’India la abbiamo vissuta non in mezzo alla gente, come in altri nostri viaggi, ma da una sfera di cristallo (il bus) e pertanto quello che mi è mancato è stato il contatto con la gente, ma d’altronde sarebbe stato difficile camminare per strada in mezzo alla sporcizia ed alla polvere.
Un assaggio dell’India (Tasfe of India), lo abbiamo avuto, il sapore è stato dolce/amaro, non credo di ritornarci, continuerò ad informarmi e a seguire le notizie, come faccio dopo ogni viaggio in quanto, anche se vissuta per poco tempo, non ci portiamo mai tutto nelle valigie, ma una parte di noi rimane sempre da qualche parte, forse negli occhi di quella bambina della scuola, triste, che alla fine sono riuscito a far quasi sorridere.

P.S. Grazie x la pazienza se siete riusciti ad arrivare fin qui

Bupi ci ha detto che non si dimentichera mai di noi (ha ricevuto la notizia della nomina a Capitano della nazionale Indiana di Polo)


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